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Rassegna Stampa del 13/07/2017

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Indice Articoli

Il nemico immaginario “digitale”

La7 potenzia i talk show politici

Caltagirone Editore, ok Consob all’ Opa di Chiara Finanziaria

De Agostini nel 2016 torna in utile e supera 5 miliardi di ricavi

Edizione, maxi cassa per crescere all’ estero

Cairo, mai pensato di cedere La7

L’ Ansa francese batte cassa

Basket, la Serie A 2017-20 a Eurosport per 6 mln

chessidice in viale dell’ editoria

Diritti Tv: esce Sky, serie A alla Rai e ad Eurosport

Gli ascolti di La7 crescono nonostante Tv8 e Nove, dice Cairo alla presentazione dei palinsesti della rete per la prossima stagione. Rinnovato il contratto con Gruber fino al 2022 e da novembre torna in video anche Guzzanti

Giornali, film e carte prepagate le edicole abbracciano il digitale

Il futuro dei media e la sfida del digitale

De Agostini sfonda quota 5 mld

Cairo apre all’ asta della Serie A

«Contro le fake news serve una sfida culturale e l’ avvocatura può vincerla »

Il nemico immaginario “digitale”

Il Foglio

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Alla ottima (per analisi) e abbondante (per dati) relazione alla Camera dell’ Agcom, l’ autorità per le comunicazioni, i grandi giornali hanno reagito al solito: “Serve una legge per combattere i colossi del web”, mentre l’ avanzata del digitale viene vista come minaccia, anziché opportunità; o meglio l’ ultima spiaggia per l’ industria italiana della comunicazione. Che è sì cresciuta nel 2016 dell’ 1,5 per cento, più del pil; ma al suo interno i media, pure in crescita (3,9), presentano profonde differenze: la carta stampata scende del 6 per cento, tv e radio salgono del 6,5, internet del 14,8. Per la prima volta il fatturato del web (1,9 miliardi) supera i quotidiani. Il tutto escluso l’ e-commerce. Del resto in otto anni l’ editoria tradizionale ha perso metà delle copie e il 40 per cento del fatturato. Tutta colpa di inter net? Si può fare come il bambino Hans che salvò il proprio villaggio olandese infilando un dito nel buco della diga: però è una leggenda. O si può cercare di sfruttare il digitale e la globalizzazione come altri settori di Industria 4.0, e come raccomanda anche l’ ultimo G20 di Amburgo. Il Foglio ha raccontato molti esempi: da Axel Springer, primo editore d’ Europa, che ha tratto dall’ e-commerce le risorse per la carta stampata, all’ accordo per la piattaforma pubblicitaria digitale comune tra Le Figaro e Le Monde. In Italia ci prova la Mondadori mentre Rai e Media set dopo tante guerre generaliste si orientano sullo streaming “customizza to”, in grado di fornire contenuti a misura dei singoli clienti. Anche se il dominus resta Sky -Fox. Gruppo che controlla il Dow Jones, proprietario del Wall Street Journal: che intende vendere fuori dagli Stati Uniti solo copie digitali. Appunto.

La7 potenzia i talk show politici

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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«Siamo soddisfatti dei risultati raggiunti quest’ anno. E pensiamo di migliorare ancora». Nella sua veste di editore di La7 Urbano Cairo guarda ai prossimi mesi ritenendo che la rete abbia tutto da guadagnare dal momento storico. «Si suppone – dice Cairo – che le elezioni politiche si terranno a febbraio o marzo e quindi abbiamo davanti sei mesi in cui analisi e approfondimenti saranno importanti». Informazione e approfondimento, dunque. Proprio ciò che è considerato il valore aggiunto dell’ emittente che ha chiuso la passata stagione in crescita quanto a share, sia nel giorno medio (+6% rispetto al 2015-2016 a 3,19% secondo i dati snocciolati da Cairo ieri durante la presentazione dei palinsesti autunnali della rete) sia in prime time (3,91% di share, in crescita del 3%). In questa prima parte dell’ anno, spostando il focus sulla raccolta pubblicitaria, «abbiamo avuto un primo trimestre con segno meno, ma nel secondo trimestre c’ è stato un ottimo miglioramento, un buon maggio e ancor migliore giugno. La tendenza è positiva e siamo contenti». In questo quadro Cairo ha “blindato” le sue punte di diamante. A Lilli Gruber che conduce Otto e Mezzo è stato fatto un contratto fino al 2022, per «un quinquennale come si fa con i calciatori a cui tieni». Il contratto è stato rinnovato per tre anni anche a Corrado Formigli (scadeva il 30 giugno) e a Giovanni Minoli per la prossima stagione. Nei palinsesti confermatissimi, fra gli altri, anche Enrico Mentana, Giovanni Floris, Myrta Merlino. Nuovi programmi non ancora definiti saranno affidati a David Parenzo, Luca Telese e Gianluigi Paragone. La novità forte è invece sicuramente il ritorno alla tv in chiaro di Corrado Guzzanti che da novembre, dal lunedì al venerdì, farà una cartolina satirica di 5 minuti (con ogni probabilità impacchettati poi in una striscia di un’ ora nel weekend) dopo Otto e mezzo. Il Tg di Mentana avrà invece il traino di una striscia quotidiana – alle 19,30 – del fumettista Makkox, collaboratore storico di Diego Bianchi, in arte Zoro, fresco arrivo da Rai3 e il cui programma in prime time dovrebbe partire a fine settembre. Con Zoro e Andrea Salerno come direttore di rete La7 si sposta a sinistra? «Prima ci accusavano di essere vicini a Grillo. Noi non siamo da nessuna parte. Continueremo a fare una tv di approfondimento, credibile, che vada a intercettare i cambiamenti della società in modo nuovo» ribatte Cairo. Nessun contatto, poi, con Massimo Giletti o con Fabio Fazio («ho incontrato più volte Beppe Caschetto, ma senza nulla di concreto») aggiunge poi Cairo rispondendo ai giornalisti. Su Crozza invece un gelido «nessuna particolare nostalgia». Il futuro di La7, per ammissione dello stesso editore, dovrebbe intanto vedere un maggiore impegno su sport e musica. «Mai dire mai» dice a tal proposito Cairo sul possibile interesse per l’ asta dei diritti tv della Serie A. «Non è da escludere, con Andrea Salerno stiamo ragionando perché c’ è da capire se ci sono ritorni». Più che sulla Serie A però l’ interesse di La7 sarebbe in realtà sulla Coppa Italia. Tutto ciò non vuol comunque dire l’ avvio di una nuova tv sportiva di cui si è anche vociferato: «Non ha avuto molta fortuna in passato. Ricordo che Gazzetta Tv fu un’ operazione molto costosa per Rcs, circa 10 milioni». Inevitabile che a margine il discorso cada proprio su Rcs. Cairo resta sull’ obiettivo di un utile netto di 45 milioni a fine 2017: «La guidance è la nostra bussola. Mi sento di confermare che viaggiamo per fare quello. L’ obiettivo è sfidante perché il mercato non è brillantissimo». E sulla possibile unione con Cairo Communications: «La fusione è sempre una ipotesi che abbiamo», aggiungendo che «è una cosa che sicuramente valuteremo nel prossimo futuro». Parole da considerare, queste, nella chiave strategica di un gruppo in cui «non c’ è alcuna idea di vendere La7, che è un business complementare in una realtà che ha quotidiani, periodici, internet, tv». La radio rappresenterebbe un ideale completamento, ma «non vedo in giro grandi possibilità ora» precisa Cairo aggiungendo anche di non aver mai trattato per Radio24. Ciò che in prospettiva potrebbe portare altro business è il Mux che Cairo si è aggiudicato nel 2014 e sul quale da inizio 2017 sono stato trasferiti i canali La7 e La7d. «Abbiamo occupato un terzo dello spazio disponibile», con risparmio «di un milione» rispetto a quando i canali giravano sul Mux di Persidera. Lo spazio «per ospitare futuri clienti c’ è». La parola al mercato. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Caltagirone Editore, ok Consob all’ Opa di Chiara Finanziaria

Il Messaggero

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La Consob ha approvato il documento relativo all’ offerta pubblica di acquisto volontaria totalitaria su azioni ordinarie di Caltagirone Editore promossa da Chiara Finanziaria, società controllata indirettamente da Francesco Gaetano Caltagirone. Lo rende noto Caltagirone Editore. Il periodo di adesione all’ Opa, concordato con Borsa Italiana, andrà dal 24 luglio 2017 fino all’ 8 settembre 2017. L’ offerta, viene spiegato, è su 33.876.862 azioni, pari a circa il 27,101% del capitale sociale di Caltagirone Editore e pari alla totalità delle azioni in circolazione. «Il corrispettivo che sarà corrisposto dall’ offerente per ciascuna azione portata in adesione all’ offerta – viene ricordato – è pari ad un euro».

De Agostini nel 2016 torna in utile e supera 5 miliardi di ricavi

Il Sole 24 Ore
Simone Filippetti
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Sull’ autostrada Torino-Milano,all’ altezza di Novara davanti alla sede DeAgostini, sventolano ancora le bandiere degli Stati del mondo.L’ Istituto Geografico, dopo 110 anni,è ormai un impero da oltre 5 miliardi di ricavi che spazia dall’ Italia all’ America, dai format televisivi, alle Assicurazioni Generali, dove l’ editoria è ormai marginale. La seconda vita di Novara è stata la finanza; poi le lotterie; la terza gli immobili. Ora la quarta vita, per la famiglia Boroli Drago, che ha la redini del gruppo piemontese, potrebbe essere quella dell’ ennesima trasformazione: diventare una «banca». Il gruppo ha molte gambe, ma quella più ipertrofica è la finanza: il futuro sarà fare credito alle imprese. L’ idea è quella di lanciare un fondo di Private Debt, di fatto: prestare soldi. Sarebbe la chiusura del cerchio perché già oggi, tramite la divisione DeA Capital, il gruppo svolge attività bancaria: ha lanciato i fondi CCR1 e IDea Npl, il primo che di fatto ripulisce le banche di crediti; il secondo che gestisce le sofferenze bancarie. Nel 2017 partirà il secondo giro. Il grosso degli affari per De Agostini, nata con le cartine geografiche che qualsiasi italiano nato dagli anni ’50 agli anni ’90 ha visto appese a scuola, è oggi altrove: nei giochi (la ex Lottomatica che ora si chiama IGT ed è quotata a New York). Paolo Ceretti è l’ uomo dei numeri e snocciola i dati di un anno «positivo» per l’ unica vera conglomerata internazionale italiana: ha rilevato le storiche Cartiere Pigna; ed è entrata in affari con Eataly, investendo nelle acque minerali Lurisia, marchio di fascia alta. Nel 2016 per la prima volta il gruppo ha superato i 5 miliardi di ricavi; è torna in utile (273 milioni dopo il maxi-rosso di 180 milioni nel 2015). Sono pure calati i debiti (a 580 milioni) grazie al generoso assegno pagato dalle Generali (21 milioni) di cui DeA ha l’ 1,3 per cento. Con ricavi in caduta del 14% e superati dai costi (-11 milioni il Mol), la storica casa editrice invece arranca, ma va a gonfie vele la parte tv con Banijay, il più grande produttore indipendente di format tv, che ha messo nel mirino l’ Isola dei Famosi. De Agostini continuerà a fare l’ editore tradizionale, di carta. Sarà come avere il cavallo di cui parla Jeff Bezos? No, meglio. A Novara promettono un cavallo redditizio e non solo da esposizione. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Edizione, maxi cassa per crescere all’ estero

Il Sole 24 Ore
Laura Galvagni
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Un net asset value di 12,1 miliardi e una cassa di 1,85 miliardi, di cui 258 milioni gestiti dal fondo Questio. È questa la fotografia aggiornata a fine giugno del portafoglio di Edizione, la holding della famiglia Benetton che tiene le redini di Atlantia, Autogrill e Benetton Group. La finanziaria nei giorni scorsi ha messo il sigillo al bilancio consolidato 2016 e ha chiuso i conti con ricavi in crescita del 2,3 % a 11,6 miliardi e un margine operativo lordo in aumento del 2,5% a 3,85 miliardi. Per un utile che si è attestato a 388 milioni, inferiore agli 1,598 miliardi dell’ anno precedente che erano però frutto della maxi plusvalenza generata dalla cessione di World Duty Free (1,06 miliardi). Il tutto a fronte di oneri finanziari in discesa a 583 milioni dagli 816 milioni del 2015 e di un debito in ascesa a 11,08 miliardi dai 10,1 miliardi dell’ esercizio precedente. In questo contesto il patrimonio netto è cresciuto di oltre 1,7 miliardi passando da 13,137 miliardi a 14,92 miliardi. La capogruppo,invece, ha archiviato il 2016 con profitti per 308 milioni complici dividendi per 321,4 milioni, di cui sostanzialmente 270 milioni ricorrenti e circa 50 milioni generati dalla cessione di Grandi Stazioni. Nel 2015, sempre sulla scorta della vendita di WDF, l’ utile era stato di 529,6 milioni. Dai numeri di bilancio consultati da Il Sole 24 Ore emerge chiaramente il peso sempre più rilevante che il segmento infrastrutture e servizi per la mobilità ha sui conti della holding: quell’ area di business, forte degli oltre 5,2 miliardi di ricavi, vale quasi il 45% del fatturato mentre l’ abbigliamento è scivolato ancora e genera appena il 12,5% del giro d’ affari. D’ altra parte il 2016 è stato un anno particolarmente complesso per Benetton Group. Guardando i conti, la storica azienda di famiglia ha registrato una contrazione dei ricavi dell’ 8,5% a 1,37 miliardi per un margine lordo industriale in discesa a 616 milioni dai 651 milioni del 2015 e un risultato netto negativo di 81 milioni, contro il rosso di 46 milioni dell’ anno precedente. A pesare, in parte, sono stati gli accantonamenti che sono saliti da 29 a 50 milioni. Tanto che l’ ebitda pre accantonamenti è stato di 70 milioni contro gli 84 milioni dell’ anno precedente. Tuttavia, appare evidente che il settore non si sia ancora lasciato alle spalle la fase di crisi. Gli sforzi dell’ azienda, tuttavia, sono tesi a invertire la rotta e lo si vede dal trend crescente degli investimenti: 54 milioni contro i 41 milioni del 2015. Le previsioni per il 2017 sono per un aumento del giro d’ affari sul canale diretto e una contrazione del fatturato su quello indiretto. Il 2017, più in generale, sarà comunque un anno chiave per Edizione. Atlantia entro l’ anno completerà il dossier Abertis: per farlo ha messo in agenda un aumento di capitale dal servizio dello scambio di azioni per massimi 3,8 miliardi. L’ operazione sposterà il baricentro della holding all’ estero, e porterà la finanziaria della famiglia Benetton a scendere attorno al 25% della nuova realtà, una soglia che tecnicamente permetterà alla società di risalire fino al 29,9% del capitale dell’ agglomerato senza incappare in obblighi d’ Opa. Si vedrà se ciò accadrà, di certo Atlantia e le sue controllate già ora hanno un peso particolarmente rilevante sul portafoglio di Edizione. Autogrill, invece, sta riorganizzando la parte food in Italia con l’ intenzione di creare un’ azienda dedicata al retail autostradale nel paese e una per i punti vendita nelle grandi città. L’ idea, in sostanza, è di trasformare Autogrill in una sorta di holding, come Atlantia, per poi studiare al meglio possibili percorsi di valorizzazione. Non basta. Edizione ha a disposizione oltre 1,85 miliardi di cassa. Di questi circa 258 milioni sono gestiti da Questio ma gli investimenti sono facilmente liquidabili, tanto che a fine 2016 i denari “vincolati” nella sgr erano circa 500 milioni. Insomma, la società ha liquidità in abbondanza e intende utilizzarla per sviluppare investimenti di lungo periodo e allo stesso tempo agevolare progetti di espansione delle proprie partecipate, rafforzandone la presenza nei settori di competenza. In ragione di ciò Edizione si è data alcuni target precisi: i nuovi investimenti dovranno avere una forte esposizione internazionale e una posizione di leadership nel settore; dovranno essere gestiti da management con una forte visione imprenditoriale; dovranno appartenere a settori non correlati con il portafoglio esistente; dovranno generare una significativa crescita di valore nel medio lungo periodo in una logica di total shareholders return; e infine dovranno avere una dimensione dell’ investimento tale da consentire un’ influenza strategica. Sulla scia di queste linee guida si cercheranno nuove opportunità ma con l’ obiettivo di spostare l’ ago della bilancia sempre di più verso le attività estere che oggi, non considerando l’ operazione Abertis, valgono il 43% del giro d’ affari. Ed è in quest’ ottica, probabilmente, che va letta anche l’ ultima scelta strategica di Edizione, ossia quella di abbandonare il settore dell’ editoria: un percorso inziato con la vendita della quota in Rcs, la successiva valorizzazione delle azioni che deteneva ne Il Sole 24 Ore e ora aderirà all’ Opa di Caltagirone Editore per il delisting. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Cairo, mai pensato di cedere La7

Italia Oggi
PAGINA A CURA DI CLAUDIO PLAZZOTTA
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A Urbano Cairo, naturalmente per paradosso, verrebbe quasi voglia di chiedere altri soldi a Telecom Italia per averla sgravata dalle perdite di La7. «Beh, i conti son presto fatti. La7, sotto la gestione Telecom Italia, ha perso circa un miliardo di euro. In media, negli ultimi anni, prima che la rilevassi io (nel maggio 2013, ndr), perdeva 100 milioni di euro all’ anno. Quando l’ ho comprata, mi è stata data una dote di 88 milioni di euro. Ma se La7 fosse rimasta a Telecom Italia, nei quattro anni successivi avrebbe probabilmente perso altri 400 milioni di euro. Quindi Telecom Italia, cedendomela, ha fatto un grande affare, e ha risparmiato almeno 312 milioni di euro. Dico almeno perché se erano riusciti a perdere 100 milioni all’ anno in una fase di mercato pubblicitario in espansione, forse i loro conti avrebbero potuto essere anche peggiori dal 2013 in poi, coi mercati, invece, in parziale recessione. Ovvio, non è che mi metta a chiedere a Telecom Italia delle percentuali sui loro risparmi. Però, ribadisco, per loro la cessione di La7, pur versandomi anche una dote di 88 milioni di euro, è stata un vero affare». Domanda. Beh, di sicuro un affare lo ha fatto anche lei. Grazie alle sue cure, la situazione di La7 è tornata in equilibrio, nonostante la società, nel suo bilancio civilistico, continui a perdere qualche milione di euro ogni anno. Gli ascolti sono piuttosto stabili, la raccolta pubblicitaria non cresce (malino il primo trimestre 2017, bene maggio e giugno, ma il primo semestre 2017 chiuderà comunque con un calo dell’ 1-2% sullo stesso periodo 2016), e ci si ritrova a giocare un campionato, quello dei canali generalisti, dove i competitor hanno fatturati 10-15 volte più alti di La7. Lei potrebbe avere voglia di vendere la tv? Risposta. No, non ho mai avuto nessuna idea di vendere La7, e non ci sono cifre che tengano. Per me La7 è molto importante e complementare all’ interno di un gruppo con quotidiani, periodici, web e tv. E’ vero che nel bilancio civilistico La7 chiude in rosso. Ma sono spesso fattori tecnici legati a vecchie quote di ammortamenti. In realtà la posizione finanziaria netta di La7 è superiore a 88 milioni di euro. Significa che non abbiamo toccato neppure un centesimo di quel contributo versato da Telecom Italia nel 2013. Il business, quindi, funziona. D. Restando in ambito televisivo, e tenuto conto che dal 1° gennaio 2017 il gruppo Cairo ha reso operativo il mux di proprietà, si parla di ipotesi legate al lancio di un nuovo canale sportivo, magari griffato o in collaborazione con la Gazzetta dello sport. C’ è qualcosa di fondato? R. A La7, insieme con il direttore Andrea Salerno, stiamo pensando a fare delle cose in ambito sportivo. Ci sarà la nuova asta dei diritti tv della Serie A e della Coppa Italia, e vediamo il nuovo bando, mai dire mai. Ovvio, faremo mosse solo nella certezza di avere ritorni economici, non tanto per farle. Sul canale sportivo, invece, ci andrei veramente cauto. C’ è già stato l’ esperimento di Gazzetta tv, che alla Rcs è costato 10 mln di euro. E prima di rifare cose del genere, meglio pensarci bene. D. Ci potrebbero essere nuove acquisizioni nel gruppo Cairo-Rcs? R. Ovviamente monitoriamo il mercato, e qualora ci fossero buone opportunità, perché no. D. La radio, per esempio? R. La radio mi è sempre piaciuta, ma poi, per mille motivi, non si è mai fatto nulla. Adesso mi pare che il mercato radiofonico italiano si sia consolidato, e non mi sembra facile entrarci. Insomma, mi sento di dire che la radio va bene, ma la tv è anche meglio. D. I conti di Rcs come procedono? R. Il primo trimestre è andato molto bene, con un ebitda positivo per oltre tre milioni di euro, rispetto ai -12,5 milioni dello stesso periodo 2016. E il trend è buono e positivo anche in aprile, maggio e giugno. D. È vero che ha offerto la vicedirezione del Corriere della Sera a Lilli Gruber? R. No, mai, è una invenzione. È bravissima ma non avrebbe tempo, è già molto impegnata con Otto e mezzo. D. Sta pensando a un nuovo magazine maschile per Rcs? R. No, assolutamente. E il nostro Style va bene così, e ha una raccolta pubblicitaria in crescita del 5%. D. Soddisfatto del rilancio de L’ Economia del Corriere della Sera e di Sette? R. L’ Economia, nel periodo marzo-luglio, ha una raccolta pubblicitaria in crescita del 33% rispetto allo stesso periodo del 2016. Sette, tra aprile e luglio, aumenta la raccolta del 100%. D. Altre novità sui periodici? R. Beh, per esempio rifaremo completamente Sportweek e usciremo alla domenica con un nuovo speciale di 48 pagine allegato alla Gazzetta dello sport. Sono molto soddisfatto pure di Oggi, che ha una diffusione in crescita del 12%, e di Oggi enigmistica, che prima vendeva 4 mila copie, e che, dopo il restyling e l’ abbassamento del prezzo, adesso ne vende 60 mila. D. Si è ventilato di Cairo interessato a raccogliere la pubblicità del canale che la Lega Serie A di calcio potrebbe lanciare. È vero? R. No, non ne ho mai parlato con nessuno. © Riproduzione riservata.

L’ Ansa francese batte cassa

Italia Oggi
DA PARIGI GIUSEPPE CORSENTINO
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Produce 250 video, 6 mila «dispacci» e 3 mila fotografie ogni giorno. Che, naturalmente, vende ai giornali e ai media di tutto il mondo con un giro d’ affari di oltre 290 milioni di euro. Ma non le bastano. L’ agenzia France Presse, guidata da sette anni da Emmanuel Hoog, uno di quei grand commis che riescono a «mélanger», a mescolare cultura e amministrazione (ha lavorato con due ministri socialisti, Jack Lang e Laurent Fabius, ha sostituito per un breve periodo Giorgio Strehler al Piccolo Teatro di Milano, è stato presidente dell’ Ina, Institut national de l’ audiovisuel, come a dire archivio Rai e Istituto Luce insieme fino al 2010), l’ agenzia France Presse, dicevamo, ha bisogno di nuove risorse finanziarie. Ed essendo, a differenza dell’ Ansa che è una cooperativa di editori, una società pubblica, un’ azienda controllata dal Tesoro e verificata dalla Corte dei conti, li chiede allo Stato. Una cifra non indifferente: almeno 60 milioni di euro, quasi un quarto del fatturato, perché (sono parole di Hoog) altrimenti corre il rischio di non poter competere con i grandi player mondiali del mercato dell’ informazione, dall’ Associated Press, che è una cooperativa di 1.300 editori americani (un po’ sul modello Ansa) alla Reuters e Bloomberg, specializzate nell’ informazione economica e, quindi, con la possibilità di intercettare (legittimamente, si capisce) risorse aggiuntive dal mondo delle imprese. Per non dire dell’ agenzia Nuova Cina che conta ormai più di 6mila giornalisti, il doppio dell’ AP e il triplo di Reuters e Bloomberg, e delle tante agenzie giornalistiche russe sostenute, più o meno ufficialmente, dal Cremlino. A fronte di questi colossi dell’ informazione, France Presse, carica di storia (è stata fondata nel 1835, ai tempi delle prime imprese coloniali della Francia, da Charles-Louis Havas) e di onori professionali (da cinque anni è l’ unica che segue giorno per giorno, 365 giorni l’ anno, la guerra civile siriana con cronisti, reporter e fotografi «sur place», sul terreno) sembra, in effetti, un player di medio livello, con 1.500 giornalisti e un numero infinitamente più piccolo di collaboratori e una struttura commerciale, essenziale per la tutela e la gestione dei diritti, da piccola azienda. Eppure France Press, come fa notare con orgoglio tutto francese Monsiuer Hoog, che ha piazzato due foto emblematiche dietro la sua scrivania, una del nostro Strehler e l’ altra di Winston Churchill («il primo rappresenta il genio creativo, l’ altro la tenacia della democrazia», spiega), può essere considerata un asset strategico del Paese, un pezzo importante di quel «soft power» di una Francia che, ora con un presidente «jupiterien» come Emmanuel Macron, ha deciso di esercitare in pieno su tutti gli scacchieri mondiali, a cominciare da quello tradizionale dell’ Africa. Come a dire, insomma, che France Presse è (anche) una sorta di diplomazia parallela al Quai d’ Orsai. Così rappresentata dall’ ammanicatissimo Hoog, la richiesta dei 60 milioni di euro ha tutte le chance per essere accolta nella prossima legge finanziaria. A che cosa serviranno? «A crescere, naturalmente» risponde il pdg di France Presse «ad assumere altri giornalisti, a rafforzare il nostro reseau informativo in tutto il mondo, a conquistare nuovi segmenti di mercato, dallo sport, dove siamo ben piazzati, alla produzione di video che già genera 42milioni di euro di fatturato in continua crescita». France Presse sogna anch’ essa la grandeur giornalistica. © Riproduzione riservata.

Basket, la Serie A 2017-20 a Eurosport per 6 mln

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Tutte le partite della serie A di basket italiana, nel triennio 2017-2020, andranno in onda a pagamento in tv e in modalità ott su Eurosport (gruppo Discovery), che si è aggiudicata l’ asta versando, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, poco più di 6 milioni di euro complessivi sia per i diritti nazionali (prima detenuti da Sky, che pagava circa un milione di euro all’ anno), sia per quelli internazionali (solo per le due stagioni 2018-2020) in precedenza detenuti da MP Silva. I canali di Eurosport sono visibili sia sulla piattaforma pay di Sky sia su quella di Mediaset Premium. Quanto al pacchetto in chiaro (una partita alla domenica), a prevalere è stata invece ancora la Rai. Le decisioni sono state prese ieri dall’ assemblea della Lega Basket, con la consulenza dell’ advisor Demet srl e dell’ avvocato Enzo Morelli dello studio legale Morelli, che hanno valutato le offerte pervenute dai vari broadcaster. Entusiasta, naturalmente, Alessandro Araimo, executive vice president e general manager di Discovery Italia: «Eurosport mette a segno un grande colpo acquisendo l’ esclusiva pay di uno degli sport più seguiti e amati in Italia. Siamo particolarmente orgogliosi di questa operazione che arricchisce un palinsesto già ricco di grandi eventi ed esclusive e dimostra la grande attenzione di Eurosport per il pubblico e lo sport italiani. Con la Lega Basket Serie A iniziamo una partnership che nei prossimi tre anni contribuirà ad accrescere la popolarità del basket in Italia».

chessidice in viale dell’ editoria

Italia Oggi

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Fabio Fazio diventa produttore con L’ Officina e scatta la polemica Rai anti-Mediaset. Fabio Fazio diventa produttore tv e, dalla prossima stagione, confezionerà i propri programmi attraverso L’ Officina, nuova società creata dallo stesso presentatore tv insieme con Magnolia (gruppo Banijay-De Agostini). Che un presentatore diventi produttore è un modello di business europeo ma anche italiano, come succede nel caso di Maria De Filippi e della sua Fascino. La nascita de L’ Officina ha portato però il cda di Viale Mazzini a congelare l’ avvio di nuovi programmi con Fazio per evitare che, tramite Magnolia, rientri nell’ accordo anche la concorrente Mediaset. Infatti, nel gruppo di Magnolia, Banijay, compare tra i soci Vivendi, a sua volta azionista Mediaset. Il Biscione, invece, non ha mai avuto partecipazioni dirette in Magnolia. Visibilia Editore, Daniela Santanchè cede azioni. Il presidente e a.d. di Visibilia, controllante di Visibilia Editore quotata all’ Aim di Borsa italiana, ha venduto 476.700 azioni, al prezzo medio di 0,2495 euro. L’ operazione ha comportato un incasso di 118.936 euro. Famiglia Cristiana, giornalisti non votano fiducia al piano editoriale. All’ unanimità, la redazione del settimanale ha sospeso il voto di fiducia al piano editoriale presentato ieri dal direttore don Antonio Rizzolo. «Il piano editoriale, presentato a distanza di sette mesi e mezzo dall’ insediamento ufficiale, è un’ occasione mancata e dà corpo a tutte le nostre preoccupazioni e inquietudini per il futuro di Famiglia Cristiana», hanno fatto sapere i giornalisti che hanno già scioperato nell’ ambito di nuove trattative aziendali con l’ editrice, che fa capo alla Famiglia religiosa dei Paolini. Verizon smentisce interesse per Disney. Lo ha annunciato ieri lo stesso a.d. del gruppo americano dei media Lowell McAdam, dopo che il New York Post aveva pubblicato l’ ipotesi di acquisizione. Verizon è invece nel mezzo delle trattative per Time Warner. Rai4 compie 9 anni. Per festeggiare il canale tv proporrà domani 9 film che si sono contraddistinti negli anni per aver ottenuto i maggiori ascolti di Rai4. Da La bussola d’ oro a The Hurt Locker. Feltrinelli, consigli di lettura per l’ estate. Cento librai per cento libri è il titolo che riunisce le recensioni dei librai Feltrinelli per i lettori sotto l’ ombrellone. Il piccolo volume cartaceo sarà distribuito a luglio e agosto nelle librerie del gruppo. Fox estende alleanza con Nexstar. I vertici di Fox hanno dichiarato di aver esteso fino alla fine del 2019 l’ accordo di affiliazione di lungo termine con Nexstar media group. L’ intesa, che riguarda i programmi Fox su un totale di 19 stazioni di Nexstar, comprende anche la distribuzione digitale over-the-top (ott) della società. L’ amministratore delegato Perry Sook ha affermato che la programmazione di Fox, i suoi contenuti sportivi Nfl, Mlb e Nascar nonché serie tv come Empire e The X-Files, sono già famosi fra gli spettatori di Nexstar. Nell’ intesa rientrano anche i piani per lanciare i prodotti su tutte le piattaforme di streaming via internet che già distribuiscono la programmazione targata Fox. Cattivissimo Me 3 viaggia su Italo. Alcune carrozze smart cinema della flotta di treni Ntv sono state brandizzate sul tema del film Cattivissimo Me 3, in uscita nelle sale.

Diritti Tv: esce Sky, serie A alla Rai e ad Eurosport

Corriere della Sera

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Resta la Rai, esce di scena Sky e sbarca Eurosport. L’ assegnazione dei diritti Tv da parte della Lega basket di serie A ha riservato sorprese: il pacchetto «free» (una partita domenicale) rimane all’ emittente statale; il pacchetto «pay» (le partite trasmesse il sabato, la domenica e il lunedì attraverso pay tv e piattaforme Internet) va ad Eurosport, che si aggiudica pure la diffusione internazionale degli incontri. L’ assemblea dei club ha confermato Egidio Bianchi alla presidenza: eletto nel 2016, il rinnovo è di tre anni.

Gli ascolti di La7 crescono nonostante Tv8 e Nove, dice Cairo alla presentazione dei palinsesti della rete per la prossima stagione. Rinnovato il contratto con Gruber fino al 2022 e da novembre torna in video anche Guzzanti

Prima Comunicazione

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“Siamo passati da 3.2 punti di share a 3.9, nell’ intera giornata. Siamo in crescita nonostante tv8 e Nove”. Urbano Cairo ha aperto così la presentazione dei palinsesti per la prossima stagione di La7. “Otto e mezzo è un programma simbolo, con 6.11 % di share”, ha continuato l’ editore, annunciando la conferma della trasmissione di Lilli Gruber da lunedì al venerdì fino al 2022. “Il 31 agosto scade il suo contratto. Abbiamo rinnovato con un quinquennale, come si fa con i calciatori a cui tieni”. “Anche per Enrico Mentana e Giovanni Floris ci sono numeri autorevoli”, ha spiegato poi. “Benissimo Piazza Pulita e l’ infotainment del day time”, ha detto Cairo, esprimendo soddisfazione anche per i risultati di ‘Tagada’, e confermando per il futuro anche Corrado Formigli e Gianni Minoli. Sui prossimi impegni di Gianluigi Paragone, ha detto: “è stato in onda dal 2013. Rimane con noi e sta studiando qualche proposta”. Nella foto, Andrea Salerno, Urbano Cairo e Marco Ghigliani (foto Primaonline.it) “Con le elezioni in arrivo il nostro palinsesto è avvantaggiato”, ha scherza l’ editore, che sull’ ultimo arrivo Andrea Salerno, approdato alla direzione di La7 poche settimane fa, ha detto: “Si è integrato velocemente, ora vedremo gli ascolti”. “C’ è una grande intesa, creativa e professionale”, ha aggiunto, annunciando anche il ritorno in video di Corrado Guazzanti, con “una cartolina satirica di qualche minuto”, dal lunedì al venerdì dopo il programma di Lilli Gruber, da novembre a giugno. “Sarà una cosa simpatica, divertente e di grandissima qualità”. Sull’ arrivo di qualche altro talento comico su idea del nuovo direttore di rete, Cairo ha detto “Salerno ha tanti contatti. Ha fatto ‘L’ ottavo Nano’, il ‘caso Scafroglia’. E’ quello il tipo di approccio satirico che va bene per noi”. Inevitabile anche il riferimento a Massimo Giletti con cui, ha detto Cairo, non c’ è stato nessun contatto, pur non nascondendo la sua stima per il conduttore. Mentre su Fabio Fazio, che più volte è stato avvicinato alla sua rete, l’ editore ha detto: “ho incontrato Caschetto, ma senza fare mai una trattativa su di lui”. Sulla connotazione politica della rete l’ editore ha detto: “Non ci spostiamo a sinistra come non eravamo grillini”. “Seguiamo l’ evoluzione della politica e della società, con i giornalisti liberi di interpretare la realtà”. Dall’ editore parole di stima per Enrico Mentana. “Con lui il rapoorto non è mai stato così buono come adesso. Enrico è bravo come maratoneta e come centometrista”, ha detto. “E’ un pò Bolt, muscolare e forte, ed un pò senegalese o etiope da lunghe distanze”. Passando alla raccolta pubblicitaria, Cairo ha parlato di un primo semestre in lieve calo, ma si è mostrato positivo sui prossimi mesi: “il secondo semestre è in ottimo miglioramento, con un buon maggio e giugno”. Categorico sulla sua intenzione di restare proprietario di La7: “Nessuna idea di venderla”, ha detto Cairo. “E’ fondamentale averla se hai anche giornali e tutto il resto”. “Al momento non c’ è stata una marcata sinergia editoriale tra La7 e Rcs”, ha detto Cairo, “Ma vedremo per il futuro”. “Con Salerno stiamo pensando allo sport, ma anche la musica è un tema che dovremmo trattare”, ha detto, spiegando che sui diritti tv “non è da escludere la partecipazione”. Restando sempre in tema di sport Cairo si è mostrato più cauto sull’ idea di fare una tv sportiva. “Gazzetta Tv è costata una decina di milioni. Prima di fare un passo del genere”. Tornando a parlare dei giornali, e nello specifico del digitale, Cairo ha detto: “Credo nel web, ma vanno fatti investimenti proporzionali ai ricavi, continuando a investire sulla qualità e l’ innovazione del cartaceo”. “Un buon esempio sono le strategie seguite da Axel Springer”, ha evidenziato, anticipando: “porteremo in Italia l’ infine scrolling che proponiamo in Spagna sui siti dei nostri quotidiani”. Bocca cucita sui conti del Corriere: “Non ho i dati semestrali”, ha detto Cairo. “Posso solo dire che questi primi sei mesi i conti del gruppo sono positivi, ma c’ è da lavorare alacremente”. Su un eventuale interesse per la radio, ha spiegato: “mi è sempre piaciuta, ma per adesso non ho mai fatto nulla. Ora è difficile entrare in un settore consolidato. In Spagna abbiamo Radio Marca”. “In Italia la vedo difficile entrare”, ha ribadito, aggiungendo anche di non aver mai trattato per Radio24. Passando al calcio Cairo ha parlato di Torino Channel: “piace ai tifosi del Toro, spero che ora si abbonino”. E su una tv della Lega? “L’ ipotesi è futuribile, potrebbe diventare realtà. Ma al momento nessun ragionamento in atto”.

Giornali, film e carte prepagate le edicole abbracciano il digitale

La Repubblica

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ROMA. Andare all’ edicola per ritirare un pacco che ci è stato inviato (già oggi è possibile farlo, ma in pochi esercizi) e per spedire una nostra lettera. Appoggiare il cellulare a un QR code per scaricare un film o un giornale digitale che questo edicolante – più dinamico – ci ha appena venduto. Fare dell’ edicola il punto di distribuzione di carte prepagate, di quelle in uso tra chi (giovane o anziano) non può permettersi un conto corrente. L’ edicola multi-servizi, l’ edicola 4.0, è stata progettata dal Sindacato Nazionale dei Giornalai d’ Italia (il Sinagi) che ha presentato questo modello ieri pomeriggio a Roma, alla Casa del Cinema. Dice Giuseppe Marchica, segretario generale: «Noi non intendiamo perdere tempo in inutili, stupide guerre contro le altre piattaforme distributive. Noi vogliamo che le edicole si integrino con queste piattaforme, soprattutto se digitali. Dovranno trasformarsi quindi in un luogo che offre sia cultura sia servizi avanzati. Il cambiamento, che è indispensabile, non tradisce la missione storica dell’ edicola, semmai la arricchisce. La crisi economica? C’ è stata e ci ha fatto male. Ma non intendiamo piangerci addosso. Vogliamo agire». ©RIPRODUZIONE RISERVATA.

Il futuro dei media e la sfida del digitale

La Repubblica

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ROMA. “Stampa e tv: la sfida digitale e i nuovi padroni della Rete”. È il titolo di un incontro che si tiene oggi nella sede della Fieg, la Federazione italiana editori giornali, per discutere del futuro dei media in occasione della presentazione del libro di Vittorio Meloni Il crepuscolo dei media (Laterza). Al centro del dibattito la rivoluzione digitale e le nuove prospettive dei giornali. Ne discuteranno con l’ autore il direttore di Repubblica Mario Calabresi, Giuseppe Laterza, Enrico Mentana e il presidente della Agcm Giovanni Pitruzzella (ore 17). L’ evento sarà introdotto da Maurizio Costa, presidente della Fieg.

De Agostini sfonda quota 5 mld

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ANDREA MONTANARI
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Sempre meno libri ed editoria e sempre più gaming. E ora anche «banca» privata. Sempre meno Italia, sempre più resto del mondo, in particolare Nord America. È questa la fotografia industriale del gruppo De Agostini. La società che fa riferimento alle famiglie Boroli e Drago ha chiuso il 2016 con ricavi che per la prima volta hanno sfondato il muro dei 5 miliardi (5,193 miliardi, 5,89% rispetto al 2015) con la sola Igt che vale 4,675 miliardi (il 90% del totale). L’ ebitda è cresciuto del 5,6% a 1,584 miliardi ed è tornato l’ utile: 273 milioni (che si confronta con la perdita di 180 milioni del 2015). Numeri che hanno permesso di distribuire dividendi per 27 milioni. Il debito invece è salito da 7,7 a 8,08 miliardi, mentre a livello di holding l’ indebitamento è sceso da 600 a 582 milioni. In questo senso va registrato che l’ anno scorso e in questa prima di 2017 il gruppo ha rifinanziato parte dell’ esposizione a livello di capogruppo e di singole società (Bannijay, partecipata al 37%, ha appena emesso un bond da 365 milioni con scadenza 2022, mentre Igt ha utilizzato parte dell’ incasso legato alla vendita di Double Down per ridurre il debito e riacquistare una fetta di un prestito obbligazionario). L’ obiettivo, come ha sottolineato il direttore generale del gruppo De Agostini Paolo Ceretti, è sfruttare le favorevoli condizioni di mercato per abbassare il costo del debito e allungare la scadenza dello stesso. Analizzando l’ evoluzione dei singoli business, se la storica attività editoriale (ricavi in calo del 14,8% a 444 milioni e mol negativo per 11 milioni dai +25 milioni del 2015) è oggetto di un profondo turnaround, in particolare nell’ area dei collezionabili, il focus per il big Usa del gaming Igt sarà la ricerca di lotterie in Brasile, di nuovi business in Grecia e di opportunità in Asia e Australia. Mentre per la casa di produzione Banijay (800 milioni di ricavi e 100 di mol) il progetto di crescita condiviso con gli altri soci (tra i quali Vivendi) prevede l’ acquisizione per 365 milioni di Castaway (produzione), l’ ingresso nel settore delle fiction, il rafforzamento negli Usa e la caccia ad acquisizioni e partnership nel ricco e finora inesplorato mercato tedesco. Per quel che riguarda la controllata Dea Capital, il gruppo De Agostini è pronto a fare entrare nel capitale nuovi soci anche per valutare opzioni di sviluppo internazionale, in particolare per Idea Fimit, la sgr che a fine 2017 avrà asset in gestione per oltre 10 miliardi. Nel frattempo sono in rampa di lancio: un nuovo fondo per l’ acquisto di crediti deteriorati dalle aziende da 230 milioni; il fondo Agro destinato a investimenti in società con un target di raccolta di 80 milioni; un fondo di Idea Fimit dedicato agli npl che avrà una dotazione superiore ai 200 milioni; l’ ingresso nel mondo del private debt con la costituzione di un fondo da 100 milioni destinato a prestare soldi ad aziende solide che vogliono crescere ma che non trovano sponda nel sistema bancario. (riproduzione riservata)

Cairo apre all’ asta della Serie A

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ANDREA MONTANARI
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Per Urbano Cairo, che adesso media e tv trattano una vera e propria rockstar (ieri il salone delle conferenze del Four Seasons di Milano era tutto esaurito e l’ assalto delle telecamere è stato incessante), la stagione politica dovrebbe durare all’ infinito. Per questo il patron di La7 auspica in cuor suo che davvero, come poi sembra, si vada alle elezioni la prossima primavera. Così la sua emittente, il cui focus è ormai sull’ informazione e l’ approfondimento giornalistico, può fare ascolti da record. Per questa ragione, oltre ai soliti volti noti (Enrico Mentana, Lilli Gruber, Corrado Formigli e Giovanni Floris), la rete ora potrà contare su Diego Bianchi, in arte Zoro, scippato a Rai3 dal nuovo direttore Andrea Salerno, e sulle incursioni di Corrado Guzzanti. «Con le elezioni in arrivo il nostro palinsesto è avvantaggiato. Seguiamo l’ evoluzione della politica e della società, con i giornalisti liberi di interpretare la realtà». Sarà una La7 più schierata a sinistra ora e meno pro Movimento 5 Stelle, come era stata bollata nei mesi scorsi? «Non ci spostiamo a sinistra come non eravamo grillini prima». Chiusa la parentesi politica, Cairo nel suo solito one-man-show (niente ospiti o star e niente video tranne una clip di 1 minuto) è poi tornato sul tema sport. Essendo anche il proprietario del Torino, oltre che di Rcs Mediagroup, l’ imprenditore piemontese ha aperto alla partecipazione alla prossima asta (si terrà in autunno) per l’ assegnazione dei diritti tv della Serie A. «Mai dire mai», ha risposto Cairo a chi gli chiedeva di una possibile partecipazione alla gara. «Ci sarà un secondo bando e ci ragioneremo per vedere se la cosa può avere un qualche interesse per noi. Dunque non è da escludere del tutto, ma bisogna vedere se ci sono ritorni». Mentre per quel che riguarda un eventuale coinvolgimento di La7 nel progetto della tv della Lega Serie A, Cairo ha sottolineato che «l’ ipotesi è futuribile, potrebbe diventare realtà. Ma al momento nessun ragionamento in atto». Al suo gruppo, nel caso, potrebbe interessare la gestione della raccolta pubblicitaria del nascente network, che svilupperebbe Infront, l’ advisor della Lega e che potrebbe essere rivenduto a Sky, Mediaset, Telecom e Rai. «Non si è mai parlato di raccolta pubblicitaria di una cosa che è di là da venire» chiarisce Cairo. Certamente, però, ha sottolineato il patron del Torino «il calcio è la ragione per cui ti abboni a un servizio. È la killer application». Per questa ragione, la Gazzetta dello Sport si appresta a lanciare un nuovo dorso domenicale e c’ è chi in Rcs continua a studiare l’ eventuale rilancio del canale tematico e anche di una radio, magari in streaming. «Prima di fare una cosa del genere uno ci pensa non dieci ma cento volte», ha ribadito Cairo, il quale poi ha aggiunto di guardare con attenzione al mercato radiofonico anche se ormai il livello di saturazione dell’ offerta è alto (non è interessato a Radio24). Positivo il sentiment sul fronte della raccolta dopo un non brillante inizio d’ anno: -2,6% a fine maggio. «Abbiamo avuto un primo trimestre con segno meno ma ne abbiamo avuto un secondo in ottimo miglioramento. Maggio è andato bene e giugno ancora meglio. C’ è un’ ottima tendenza, siamo contenti». Parole che hanno messo le ali al titolo Cairo Communication, che ieri ha chiuso a 4,1 euro con un balzo del 7,56%. Anche se va sottolineato come il 9 maggio scorso le azioni quotavano 4,8 euro. In due mesi, di fatto, il titolo aveva perso 1 euro di valore. (riproduzione riservata)

«Contro le fake news serve una sfida culturale e l’ avvocatura può vincerla »

Il Dubbio
ERRICO NOVI
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Enon si lascia coinvolgere nel gioco delle aporie con chi legge il tema delle fake news secondo punti di vista opposti. A proporre una chiave del tutto particolare è stata per esempio Barbara Spinelli, eurodeputata e relatrice del rapporto del Parlamento di Strasburgo su “Libertà e pluralismo dei media nell’ Unione europea”, che due giorni fa è intervenuta sul tema a Bruxelles e il cui discorso è stato integralmente ripreso sul Fatto quotidiano di ieri Ebbene, la giornalista ed europarlamentare ha intanto affermato che le fake news sono «una malattia che ha prima messo radici nei media tradizionali, nei giornali mainstream» e che anzi si tratta di «un residuo della guerra fredda». Ma soprattutto, Spinelli ritiene esista una «offensiva» contro internet» da parte degli stessi media tradizionali, secondo un modello sperimentato addirittura nell’ 800 «contro il suffragio universale», quello per cui «’ troppa democrazia uccide la democrazia’. Quand’ anche alcuni di questi timori fossero giustificati», conclude la deputata di Strasburgo, «le loro fondamenta si sgretolano se poste da pulpiti sospetti o screditati». Come a dire: è tutto da dimostrare che le fake news siano una caratteristica propria della rete. Soro evita di inserirsi tra quelli che definisce «gli estremi del dibattito sulle fake news». Però propone «un articolato e complesso impegno pubblico e privato nell’ educazione civica alla società digitale e al pensiero critico». Che vuol dire anche tendere alla promozione diffusa di una «sistematica verifica delle fonti» e appunto a «una forte assunzione di responsabilità da parte di ciascuno». Davvero un contributo ideale significativo per la risoluzione che sarà approvata il prossimo 14 settembre dalle avvocature dei G7, nell’ evento su “Sicurezza e linguaggio dell’ odio” che si svolgerà appunto a Roma con l’ iniziativa del Consiglio nazionale forense e sotto gli auspici della Presidenza italiana del G7. Di fatto, il primo G7 dell’ avvocatura, in cui sarà individuata una «strategia sovranazionale» per «la tutela della persona e la protezione dei dati personali nell’ era dei social media». Presidente Soro, naturalmente neppure l’ onorevole Spinelli mette in dubbio che all’ assoluta democraticità della rete possa corrispondere anche un elemento di rischio per la demo- crazia stessa e a maggior ragione per i diritti. Sotto la definizione di fake news ricorrono una serie di fenomeni anche diversi e già per questo motivo non ha molto senso affrontare il tema in termini di contrapposizione. Casomai lo si deve innanzitutto comprendere, perché la natura stessa della rete determina un paradigma completamente nuovo anche in termini di produzione e ricezione delle notizie. E allora come potremmo definire, in senso generale, le fake news? Appunto, è una definizione attribuita a cose molto diverse tra loro: errori giornalistici, bufale in quanto tali, teorie complottiste, contenuti satirici decontestualizzati e usati come fonti giornalistiche, informazioni false per generare profitti attraverso il click- baiting, la propaganda politica ma anche il il linguaggio d’ odio. Ecco, il G7 dell’ avvocatura si occuperà in particolare della protezione rispetto al linguaggio d’ odio: si tratta dunque di una specifica modalità di manipolazione dell’ informazione on line? È una modalità particolarmente pericolosa e grave, e tra un attimo le dirò come può e comincia ad essere contrastata. Mi lasci dire che trovo molto significativa e importante l’ attenzione della classe forense in questo campo. Sarò presente al G7 dell’ avvocatura e considero condivisibile il proposito di formare competenze legate ai valori della convivenza civile nell’ era della comunicazione digitale, perché è appunto l’ attrezzatura culturale il bagaglio più prezioso per affrontare i fenomeni riconducibili alla definizione di fake news. Vuol dire che non ci sono soluzioni normative possibili? Un momento. Un attimo fa le dicevo che il linguaggio d’ odio è una forma manipolativa della comunicazione in rete particolarmente pericolosa, e che in quest’ ambito una specifica risposta del legislatore italiano, senza dubbio efficace, è arrivata con il ddl sul cyberbullismo. Vi si è coniugato l’ approccio preventivo con quello riparatorio. A quest’ ultima esigenza si è offerta una risposta attraverso una specifica procedura di rimozione dei contenuti lesivi della persona presenti in rete, che può essere attivata anche dal minore ultraquattordicenne. Ma è assolutamente apprezzabile aver inserito nella legge la promozione dell’ educazione digitale. Tenga conto che se si ritiene, a mio giudizio opportunamente, di puntare sulla prevenzione in un campo delicatissimo come quello in cui le notizie impropriamente messe in rete sono lesive della dignità di un minore, a maggior ragione evidentemente la strategia di risposta ad altre forme di informazione manipolata deve basarsi sul pluralismo dialettico e sulla sempre maggiore responsabilità, non solo sulla repressione. Sotto quale aspetto la forma digitale delle fake news è davvero nuova rispetto a quanto avveniva con i media tradizionali? Lo è per quel meccanismo che è il fattore comune a tutte le diverse modalità del fenomeno: un meccanismo autoconfermativo che finisce con il far dipendere l’ attendibilità della notizia non dalla sua verificabilità, ma da quante condivisioni ha ottenuto. Non è vero ciò che è verificato ma ciò che viene ripetuto più volte. Ecco: il riscontro delle fonti è stato quasi completamente sostituito dal consenso di massa quale unico parametro di valutazione delle notizie. Con un paradossale capovolgimento del giudizio, perché a fare più notizia è proprio ciò che è talmente lontano dal realistico da non essere colto nella sua probabile falsità, ma anzi da essere apprezzato come la verità finalmente disvelata e sottratta ai tentativi di mistificazione del potere. La democrazia in rete come ribellione diffusa ma anche grammatica della falsificazione. Se si parte dal discutibile presupposto per cui una notizia è tanto più vera quanto più libera è la fonte, si scivola nel paradosso per cui basta che quella notizia si opponga alla verità fornita dai media tradizionali perché la si possa considerare credibile. Se a questo aggiungiamo la frammentazione dei centri informativi prodotta dalle rete, si rischia di arrivare a una sorta di autismo informativo. A cosa si riferisce? Alla tendenza ad informarsi solo da fonti in grado di confermarci nelle nostre convinzioni preesistenti. Si genera insomma una circolarità che sclerotizza, piuttosto che accrescere, il senso critico. E come se ne esce? La risposta può essere anche penale, naturalmente: le norme a tutela della dignità delimitano il confine oltre cui la libertà d’ espressione non può spingersi. Ma per contrastare il fenomeno delle fake news nel suo complesso dovremo per forza arrivare a una responsabilizzazione diffusa, che in concreto rende possibile il pluralismo dialettico. La sola strada, direi da millenni, che la democrazia conosca per poter verificare i fatti.


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