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Rassegna Stampa del 07/07/2017

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Indice Articoli

Fake news, Google premia l’ idea di Caltagirone editore

Giornalismo digitale, Google premia il progetto del Corriere

Fact checking, Google premia l’ idea di Caltagirone Editore

News del futuro Gedi si aggiudica i fondi di Google

Fondo innovazione Google, Gedi e Corsera tra i vincitori

I fondi Google premiano Il Secolo XIX

Mondadori (ri)vive in digitale

Mediaset si dà alla radio e alla Gialappa’ s

Trattativa con Sky per i diritti di Champions

«Mediaset tornerà all’ utile, danno terribile da Vivendi»

Svolta a Cologno: ora si punta sulla tv generalista

Premium, evoluzione verso Infinity

Tv in ripresa ma segnali timidi

Chessidice in viale dell’ Editoria

Copie, si salvano solo 10 mensili

‘Corriere dello Sport – Stadio’ e ‘Tuttosport tornano alle Baleari per l’ estate 2017

I dati Ads di diffusione della stampa dei mensili ad aprile

Google-Youtube: pubblicità oltre quota 1,6 miliardi

“Il futuro è multi-piattaforma e non lineare”

Caltagirone Editore, “il prezzo non è giusto”

Così la pubblicità della Regione riempie le casse del giornale di Storace

Paolo Cognetti vince il Premio Strega

Fake news, Google premia l’ idea di Caltagirone editore

Il Mattino

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ROMA Si è concluso il terzo round del progetto Dni, Digital News Initiative, lanciato da Google, attraverso il quale Big G ha destinato 150 milioni di euro per supportare progetti innovativi nel settore dei media. Tra i premiati c’ è anche il progetto di fact checking Vis, Veritas in silico, di Ced Digital, la digital house di Caltagirone editore, il gruppo che edita Il Messaggero. Per questo terzo round sono stati presentati oltre 988 progetti da 72 Paesi e, di questi, 107 progetti hanno ottenuto un finanziamento da parte di Google. Il totale delle risorse distribuite è stato di 21,9 milioni di euro. Dei 107 progetti finanziati, 49 sono prototipi, ossia progetti ancora agli inizi che hanno bisogno di finanziamenti fino a 50 mila euro, 31 sono progetti di medie dimensioni, che necessitano di finanziamenti fino a 300 mila euro e 27 sono progetti di grandi dimensioni, con un supporto fino ad un milione di euro. La novità di questo round, ha sottolineato Google, è il crescente interesse in esperimenti di fact checking. Tra i progetti selezionati proprio in questo ambito, c’ è anche Vis (Veritas in Silico), proposto da Ced Digital e finanziato con 350 mila euro. Si tratta di un progetto collaborativo basato sulle reti digitali e sull’ intelligenza artificiale, il cui scopo è di accelerare il fact checking e combattere il fenomeno delle fake news direttamente nelle redazioni di testate cartacee e on line, ma anche all’ interno di blog indipendenti. Vis non è in competizione con altri progetti dedicati alle tecnologie per il fact checking come Factmata e Full Fact nel Regno Unito (già beneficiari di fondi Google-Dni) ma mira a sviluppare ulteriormente quanto già fatto con queste esperienze molto specializzate ed esterne alle redazioni dei grandi media per sviluppare uno strumento intuitivo e immediatamente utilizzabile dalle redazioni perché integrato nei sistemi editoriali già presenti, sia per il cartaceo che per l’ online. Il nuovo sistema di fact checking, ha commentato il gruppo Caltagirone, «è un passo importante per innovare il mondo del giornalismo perché aiuterà a identificare e contrastare le fake news. Il nostro scopo», si legge ancora nella nota, «è dare ai nostri lettori informazioni di alta qualità a un costo competitivo». Tra i progetti premiati anche quelli di Mondadori Scienza, Gedi (Gruppo l’ Espresso) e Radio Radicale. a. bas. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Giornalismo digitale, Google premia il progetto del Corriere

Corriere della Sera
Marco Castelnuovo
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DAL NOSTRO INVIATO AMSTERDAM Tra le varie figure che stanno nascendo nella professione giornalistica digitale, una ha un nome curioso: viene definita «elephant man», l’ uomo-elefante. Succede infatti che nelle redazioni da sempre occupate a seguire diversi temi e notizie che arrivano con sempre maggiore frequenza, non ci si accorge dell’ elefante che passa. Di quel tema di cui magari le persone parlano e su cui servono approfondimenti, ma che non trovano online. Le redazioni, semplicemente, non vedono passare l’ elefante. Non riescono cioè a trarre dall’ enorme quantità di dati che arrivano, le analisi giuste per sapere cosa c’ è bisogno di spiegare in quel preciso istante, mentre una notizia (magari falsa) sta diventando virale. Il Corriere della Sera ha messo a punto un progetto che ha vinto il Digital Initiative Fund di Google, un fondo per sostenere iniziative che migliorino la qualità del giornalismo, e potrà sviluppare un software ad hoc. Una piattaforma che riassume in tempo reale i dati che arrivano sia dal sito del Corriere sia dall’ esterno e provi a predire il successo di una notizia. Dove per successo si intende informare al meglio più persone possibili secondo i desiderata dei lettori. È il momento giusto per mandare una notizia in Rete? Ha un titolo corretto, che incontra le ricerche che per esempio i lettori fanno su Google? La parte visiva ha un impatto decisivo nella diffusione e condivisione di un articolo: la foto scelta è corretta? Il formato dell’ articolo è giusto per quel contenuto? Il Corriere predictive news si propone di elaborare un software capace di rispondere a queste domande, in modo che il giornalista possa soddisfare l’ esigenza di un cittadino di essere informato nel modo corretto, tralasciando quel rumore di fondo dei social e del web che rischia di confondere il lettore. Google da due anni mette in palio la possibilità di accesso a un fondo per migliorare la qualità del giornalismo digitale. In questo terzo round, l’ Italia è il Paese che ha ricevuto il maggior numero di finanziamenti per progetti di grandi dimensioni (e il secondo dopo la Germania per valore complessivo finanziato), cioè oltre i 300mila euro. In totale sono stati assegnati progetti di innovazione del mondo dell’ editoria per più di 3 milioni solo in Italia, sul totale di oltre 20 milioni in Europa. Il software predittivo così avanzato nell’ analisi di una mole sempre maggiore di dati sarà uno strumento essenziale per i giornalisti. Capire come portare notizie nel modo corretto migliora il servizio ai propri lettori. E il Corriere è in prima fila.

Fact checking, Google premia l’ idea di Caltagirone Editore

Il Messaggero

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INNOVAZIONE ROMA Si è concluso il terzo round del progetto Dni, Digital News Initiative, lanciato da Google, attraverso il quale Big G ha destinato 150 milioni di euro per supportare progetti innovativi nel settore dei media. Tra i premiati c’ è anche il progetto di fact checking Vis, Veritas in silico, di Ced Digital, la digital house di Caltagirone editore, il gruppo che edita Il Messaggero. Per questo terzo round sono stati presentati oltre 988 progetti da 72 Paesi e, di questi, 107 progetti hanno ottenuto un finanziamento da parte di Google. Il totale delle risorse distribuite è stato di 21,9 milioni di euro. Dei 107 progetti finanziati, 49 sono prototipi, ossia progetti ancora agli inizi che hanno bisogno di finanziamenti fino a 50 mila euro, 31 sono progetti di medie dimensioni, che necessitano di finanziamenti fino a 300 mila euro e 27 sono progetti di grandi dimensioni, con un supporto fino ad un milione di euro. La novità di questo round, ha sottolineato Google, è il crescente interesse in esperimenti di fact checking. Tra i progetti selezionati proprio in questo ambito, c’ è anche Vis (Veritas in Silico), proposto da Ced Digital e finanziato con 350 mila euro. Si tratta di un progetto collaborativo basato sulle reti digitali e sull’ intelligenza artificiale, il cui scopo è di accelerare il fact checking e combattere il fenomeno delle fake news direttamente nelle redazioni di testate cartacee e on line, ma anche all’ interno di blog indipendenti. Vis non è in competizione con altri progetti dedicati alle tecnologie per il fact checking come Factmata e Full Fact nel Regno Unito (già beneficiari di fondi Google-Dni) ma mira a sviluppare ulteriormente quanto già fatto con queste esperienze molto specializzate ed esterne alle redazioni dei grandi media per sviluppare uno strumento intuitivo e immediatamente utilizzabile dalle redazioni perché integrato nei sistemi editoriali già presenti, sia per il cartaceo che per l’ online.Il nuovo sistema di fact checking, ha commentato il gruppo Caltagirone, «è un passo importante per innovare il mondo del giornalismo perché aiuterà a identificare e contrastare le fake news. Il nostro scopo», si legge ancora nella nota, «è dare ai nostri lettori informazioni di alta qualità a un costo competitivo». Tra i progetti premiati anche quelli di Mondadori Scienza, Gedi (Gruppo l’ Espresso) e Radio Radicale. A. Bas. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

News del futuro Gedi si aggiudica i fondi di Google

La Repubblica

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ROMA. Gedi, attraverso la sua divisione digitale e il Secolo XIX, si è aggiudicata i finanziamenti nel terzo round di fondi di Digital News Initiative (DNI), la partnership creata da Google e alcuni editori europei per sostenere il giornalismo di qualità. Per i due progetti, su 7 italiani premiati, Gedi avrà 450 mila euro per Thriving News, piattaforma che permetterà alle redazioni di gestire il lavoro in un modo più innovativo ed efficiente con indicatori predittivi e un marketplace interno per la distribuzione delle notizie. Al Secolo XIX andranno 550mila euro per il suo Journalist Digital Assistant, che utilizza l’ intelligenza artificiale. ©RIPRODUZIONE RISERVATA.

Fondo innovazione Google, Gedi e Corsera tra i vincitori

Italia Oggi
MARCO LIVI
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Si conclude il terzo round di assegnazione di risorse da parte del Fondo per l’ Innovazione della Dni (Digital news iniziative) di Google: sono stati presentati oltre 988 progetti da 27 paesi ma tra loro sono 107 i progetti che verranno finanziati in 27 paesi, ricevendo in tutto quasi 21 milioni di euro sui 150 totali a disposizione del Fondo. Tra i nuovi temi più seguiti dai progetti in gara emerge il fact checking, l’ intelligenza artificiale, il giornalismo investigativo e ancora la realtà virtuale e quella aumentata. Al terzo round di finanziamenti della Digital news initiative (Dni), la partnership creata due anni fa da Google e alcuni editori europei per sostenere il giornalismo di alta qualità, Gedi Divisione digitale si è aggiudicata 450 mila euro destinati al progetto «Thriving News», piattaforma che permetterà alle redazioni del gruppo editoriale di gestire il lavoro in un modo più innovativo ed efficiente con indicatori utili a coprire i temi giusti al momento giusto, ottimizzando al contempo la distribuzione dei contenuti editoriali sulle pagine social più appropriate. Tra i vincitori del bando c’ è anche Il Secolo XIX, sempre testata del neonato gruppo Gedi, che ha ottenuto 550 mila euro per il suo «Journalist digital assistant», sistema che utilizza l’ intelligenza artificiale, basata sulle tecnologie del machine learning, per la creazione di contenuti. Lo strumento sarà quindi in grado di suggerire autonomamente informazioni e fonti. Ancora, tra i principali progetti italiani finanziati, c’ è «Corriere Predictive News» (Rcs) per gestire ed elaborare la quantità di dati giornalieri che entrano in redazione, mentre «Focus Ar Cms» (Mondadori) contribuirà ad associare facilmente pagine di giornali e contenuti realizzati in realtà aumentata, che aggiornano in automatico l’ applicazione. Ced Digital & Servizi (Caltagirone Editore) creerà infine Vis (Veritas in silico), sistema completo per fact-checking assistito e direttamente integrato con le attuali piattaforme per la gestione dei contenuti.

I fondi Google premiano Il Secolo XIX

Il Secolo XIX

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DUE SU DUE: Il Secolo XIX vede per la seconda volta premiato un proprio progetto dal fondo di Google per lo sviluppo dell’ editoria digitale. Il colosso della Rete con il suo Dni (digital news initiative) fund ha stanziato 150 milioni di euro in 3 anni per aiutare gli editori a migliorare la qualità dei loro prodotti. Il Secolo XIX ha partecipato al primo e al terzo bando, aggiudicandosi in entrambi i casi i finanziamenti. Ampio il lotto dei “concorrenti”: 988 i progetti presentati, provenienti da 27 Paesi. Tra questi Google ha scelto di sostenerne 107, di cui 7 in Italia, con il progetto del Secolo XIX al primo posto come entità dell’ importo. L’ assistente giornalista L’ idea premiata dal Dni fund è stata elaborata dal team del Secolo XIX insieme ad Accenture, società di consulenza che vanta un’ esperienza riconosciuta nell’ ambito di progetti di intelligenza artificiale. Si tratta di fornire alla redazione una sorta di aiutante digitale, sgravando il giornalista in tutto o in parte da alcuni compiti meccanici (ricerca di archivio, fact checking, elaborazione dati, individuazione delle fonti, suggerimento di ipertesti, revisione lessicale sono solo alcuni esempi). Il Journalist Digital Assistant è dunque un progetto che si basa sull’ intelligenza artificiale e sull’ apprendimento automatico della macchina, che attingerà informazioni oltre che dalle memorie digitali del giornale, anche dall’ esperienza quotidiana. L’ elemento umano, dunque, non solo non viene sostituito dalla macchina, ma viene in centivato a utilizzare la propria creatività e capacità di analisi. Il Journalist Digital Assistant sarà esportato e integrato nelle redazioni di altri editori italiani e internazionali inte ressati. L’ obiettivo è dare al lettore contenuti di maggiore qualità, più accurati, completi e approfonditi, con rimandi ampi e puntuali e con meno errori o refusi di testo. Il Dni fund di Google in questo bando ha scelto anche un altro progetto della divisione digitale del gruppo Gedi, di cui Il Secolo XIX fa parte. E’ “Thriving News”, a sua volta basato sull’ intelligenza artificiale, ma finalizzato anziché alla redazione di contenuti, alla gestione del flusso di notizie in arrivo. Gli altri progetti italiani scelti sono stati presentati da Corriere della Sera, Focus (gruppo Mondadori), gruppo Caltagirone, Radio Radicale e OnData.

Mondadori (ri)vive in digitale

Il Foglio

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La Mondadori pare lasciarsi alle spalle la crisi: nel primo semestre 2017 gli introiti pubblicitari aumentano del 15 per cento tra carta e web, “traina ti dal digitale” come dice l’ ad Ernesto Mauri. Un anno fa l’ azienda pagò 45 milioni a Banzai, il maggior gruppo italiano di e -commerce, per siti (Giallo Zafferano, Studenti.it, Pianetadonna, Mypersonaltrainer) con 50 milioni di utenti unici, oltre a un accordo per l’ utilizzo dei dati. La casa di Segrate ha fatto un’ inversione a “U” rispetto alla vecchia strategia aziendale della crescita interna, prima la carta poi internet. Autarchia seguita anche da Rcs – dalla quale la Mondadori ha comprato la divisione libri – che solo in ritardo ha virato sul digitale (il nuovo proprietario Urbano Cairo può ora annunciare la ri negoziazione del debito con Intesa). Og gi Mondadori è il primo editore digitale italiano, e i suoi siti i terzi dopo Google e Facebook. Si afferma così anche in Italia la lezione globalista spiegata al Foglio (24 giugno) da Giuseppe Vita, presidente del gruppo tedesco Axel Springer, primo editore d’ Europa, il cui fatturato viene al 72 per cento dal digitale a sostenere testate stampate famose come la Bild e la Welt. Per non parlare del Washington Post, che nel 2013 è stato salvato dal proprietario di Amazon, Jeff Bezos. Mentre in Francia due giornali da sempre politicamente opposti, il gauchista Monde e il conservatore Figaro, hanno annunciato ieri un’ al leanza in Skyline, nuovo gruppo per la raccolta pubblicitaria sul web. Obiettivo: rompere il monopolio di quello che lì sciovinisticamente chiamano Gafa: Google, Apple, Facebook, Amazon.

Mediaset si dà alla radio e alla Gialappa’ s

Il Fatto Quotidiano
Nanni Delbecchi
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Fermi tutti: abbiamo preso Radio Subasio. Quando Pier Silvio Berlusconi prende la parola davanti ai giornalisti generosamente accompagnati in gita sulla Costa Azzurra, abbronzati ma in chiara crisi di astinenza da notizie, la prima rivelazione è proprio questa: il closing delle trattative per Radio Subasio, magari da ribattezzare Subasiò, alla faccia dei francesi di Vivendì. Pare una battuta, ma alla presentazione dei palinsesti Mediaset niente è come sembra; è serissimo l’ impegno di Mediaset nel costituire un polo radiofonico, ed è altrettanto forte il richiamo della foresta, ovvero il ritorno al mercato domestico, stante il naufragio delle alleanze internazionali. Nel clima di preliquidazione di Premium, Pier Silvio non esclude nemmeno accordi in extremis per l’ ultimo anno di Champions. “Ho capito che con il calcio si perde sempre”, osserva amaro. “Se lo compri perdi soldi, se non lo compri perdi abbonati” (“Ma siccome avete sempre scritto che abbonati ne avevamo pochi”, lo consola il ceo di Premium Marco Giordani, “ne perderemo pochi”). Viva allora la piattaforma in streaming Infinity, viva il pay-per-wiew anche sulla singola partita, e viva la piattaforma Mediaset Play, che permetterà di rivedere qualsiasi programma quando e dove si vorrà. Senza però dimenticare l’ immutabile dna di Mediaset, la Tv generalista. La cena sulla terrazza a mare con vista sul Principato, roba degna di Montalbano, è perfetta per dimenticare la calma piatta del telemercato. Lontani i tempi in cui papà Silvio strappava a suon di milioni gli uomini d’ oro della concorrenza; adesso Pier Silvio glissa con eleganza sia su Fazio (“ottimo professionista, ma non ho mai pensato che avrebbe lasciato la Rai”), sia su Giletti (“ottimo professionista, ma non ci sono trattative in corso”); dopo Nicola Savino, sfila a Viale Mazzini anche la Gialappa’ s Band (un ritorno che indebolisce ancora di più la Rai), ma nega di avere fatto la campagna acquisti di Italia1 con il solo scopo di indebolire Rai2 (“Con Ilaria Dallatana ci conosciamo e ci stimiamo. Ottima professionista”). Pier Silvio stesso non sarà proprio uno che si è fatto da sé, ma è un ottimo professionista: in fase di assoluto fair play, ammette che nella fiction c’ è parecchio da rilanciare. La crisi e la bolla dei canali tematici, spiega, ci hanno costretti a giocare al risparmio, a puntare su melodrammi e soap opera, ma ora si volta pagina. Meno onore, meno rispetto e meno peccati in vista per Gabriel Garko (al massimo, resta la vergogna), e più racconto della realtà, meglio se sorretto dall’ impegno. Pezzo forte dell’ autunno, il ritorno alla fiction di Gianni Morandi con L’ Isola di Pietro, dove interpreta un medico così eroico che, tra una vita salvata e l’ altra, si mette a risolvere delitti. Infine, l’ inevitabile l’ evento. Nei primi mesi del 2018 dovrebbe approdare in prima serata il film di animazione Adrian, scritto e diretto da Celentano. Sono quattro anni che viene annunciato, ormai tutti si sono affezionati all’ annuncio e dispiacerebbe vederlo andare in onda, ma pare proprio che questa sia la volta buona.

Trattativa con Sky per i diritti di Champions

Il Giornale

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Il nodo dolente: Mediaset Premium, la pay tv nata per sfidare Sky, poi entrata in crisi, venduta a Vivendi che ha rotto i patti causando un danno enorme stimato in 341 milioni di euro e portando a risultati «terribili» nell’ ultimo anno. È lo stesso Pier Silvio Berlusconi a riassumere così la situazione del ramo aziendale a pagamento. In attesa di risolvere giudizialmente la questione con Vivendi, si cambiano gli obiettivi: «La priorità non è più il numero di abbonati, ma massimizzare il margine», cioè meno costi e meno clienti. In sostanza: Mediaset non abbandona la gara per i diritti del campionato italiano dal 2018, ma se non andrà a buon fine, terminati i diritti della Champions (2017/2018), Premium non offrirà più il calcio, ma serie, film e documentari. Prevista ovviamente una forte perdita di abbonamenti. Ancora possibile, intanto, un accordo con Sky per cedere alcuni diritti della Champions della prossima stagione (così andrebbe su entrambe le piattaforme) , in modo da alleggerire il carico economico di Mediaset, «ma dipenderà da quanto Sky sarà disposta a spendere».

«Mediaset tornerà all’ utile, danno terribile da Vivendi»

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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montecarlo All’ utile si tornerà. Per parlare di dividendi però «è ancora troppo presto». Il colpevole non tarda a essere indicato: nel bilancio 2016 «le perdite provocate da Vivendi sono state sui 350 milioni di euro. È stato terribile». A Montecarlo, dove nella serata di mercoledì sono stati presentati i palinsesti Mediaset, si percepisce la voglia di lasciarsi alle spalle un’ avventura sfortunata finita a carte bollate e tribunali. Il ripudio da parte dei francesi della piattaforma Premium brucia. «Su Vivendi – dice Pier Silvio Berlusconi – non ci sono novità, né trattative. La vicenda avanza sotto il profilo giudiziario». Si nota l’ amarezza. Anche perché, come precisa poi il cfo Marco Giordani, «la pay tv o si consolida a livello internazionale o si integra con le telco: l’ accordo con Vivendi (che controlla Tim, ndr.) aveva le due strade aperte sia come consolidamento internazionale con Canal+ sia come consolidamento con Telecom». Niente di tutto questo, ma anzi, riprende la parola il vicepresidente e ad di Mediaset «il comportamento di Vivendi ha messo in difficoltà e in imbarazzo anche Telecom. Non escludo accordi ma oggi tutto è più difficile» anche perché «c’ è grande attenzione da parte delle Autorità». Per ora su Premium si agisce cercando di aumentare la marginalità e pensando anche a formule come l’ introduzione della “pay per view” per il calcio (15 euro per singola partita). A questo punto possibile una condivisione dei diritti per la Champions visto che la prossima sarà l’ ultima stagione in cui il gruppo di Cologno avrà i diritti, prima di passarli a Sky? «Ad oggi non ci sono accordi, ma si sente che sta succedendo qualcosa. Le telco sono pronte a fare la mossa: i grandi gruppi vogliono gli eventi per portare abbonati». Le telco, ma «anche Sky potrebbe essere interessata ad avere la Champions con un anno di anticipo». Parole che sanno di apertura alla condivisione, ma «il tempo corre: è qualcosa che va fatto nel prossimo mese o mese e mezzo». Se l’ avventura della Champions sta per concludersi e su quella di Premium in futuro non ci sono grandi certezze (si veda articolo a lato), il gruppo di Cologno sta però aprendo altri capitoli. È stato ufficializzato il closing dell’ acquisto del canale 20 del digitale terrestre. Chiuso poi l’ accordo anche per l’ acquisto di Radio Subasio, per cui ora è atteso l’ ok delle Autorità». Al polo radiofonico di Mediaset (105; Virgin Radio; R101 e partnership con Rmc) si aggiunge Subasio per la quale Mediaset raccoglieva comunque la pubblicità. L’ ad di RadioMediaset, Paolo Salvaderi, ha indicato ricavi 2017 per circa 72 milioni: +7%. In generale la raccolta di gruppo nei primi sei mesi ha avuto, dice Pier Silvio Berlusconi, una crescita «intorno al 2%», in un quadro «complicato e, a livello totale di mercato, in discesa fra il 2,5 e il 3%». Il 2017 è intanto anche l’ anno della sperimentazione per l’ addressable advertising: pubblicità profilata per base geografica e abitudine d’ acquisto anche sulla tv free, grazie a un nuovo protocollo di trasmissione, Hbbtv. Vale solo sulle smart tv e si stima possa pesare il 2% sul totale raccolta pubblicitaria al 2020. Innovazione anche sul versante tecnologico tout court con Mediaset Play, piattaforma per vedere i programmi Mediaset dove e quando si vuole, sfruttando anche funzionalità innovative come i chatbot (esempio di intelligenza artificiale applicata alla tv) e la possibilità di rivedere o riprendere programmi in totale autonomia e su qualsiasi apparecchio (telefonino, tablet, tv). La nuova piattaforma trasmetterà anche produzioni create ad hoc, raccogliendo i frutti degli investimenti del gruppo nei “multichannel network”, quelle realtà che garantiscono ai creatori di video per il web e i social, visibilità e e dunque monetizzazione. Del resto Mediaset ha investito in Studio 71, la più grande rete di produzione e distribuzione multicanale di video. Ultima notazione sui contenuti. Oltre al ritorno della Gialappa’ s e alla serie animata Adrian, di Adriano Celentano, largo all’ intrattenimento, ma anche ritorno alla fiction, con prodotti originali . Parole che suonano dolci per i produttori tv indipendenti che avevano lanciato l’ allarme puntando l’ indice su un immobilismo seguito al bailamme con Vivendi. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Svolta a Cologno: ora si punta sulla tv generalista

Il Sole 24 Ore
Simone Filippetti
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Montecarlo La prima fake news nella storia della televisione gira da anni. Almeno dieci. Ancor prima che il neologismo, di cui tutti oggi si riempiono la bocca, venisse inventato. E profetizzava la “morte” della Tv generalista, uccisa dalle pay Tv, da internet e dai social media. Ma siccome la Storia dimostra sempre che niente è più falso delle previsioni, la fine dei canali generalisti e gratuiti non c’ è mai stata. Anzi, casomai, a non sentirsi bene in Italia è invece la Pay Tv. Nella notte dei palinsesti, eccezionalmente trasferita a Montecarlo sulla terrazza dell Hotel Hermitage, Pier Silvio Berlusconi che non risparmia endorsmenet per un ritorno, l’ ennesimo. Del padre in politica («lo dico da italiano, non da figlio»),riporta la rotta su quello che la sua famiglia di editori sa fare meglio e lo fa da quasi 40 anni. Con amara constatazione che «con il calcio si perde sempre», Berlusconi lancia una sorta di ritirata strategica dalla pay tv. La parola switch-off, lo spegnimento del segnale, non è nel vocabolario di Pier Silvio, ma le sue parole suonano un po’ come un mea culpa: «Di errori ne avremo pure fatti, ma nessuno poteva immaginare che il mercato si sarebbe dimezzato». Non si può dargli torto. Nel 2007 le previsioni immaginavano una torta enorme per la Pay tv: 12 milioni di famiglie avrebbero pagato per avere film e sport. Dieci anni dopo la Tv a pagamento in Italia è ferma, e da molto tempo, sulla paludosa soglia dei 6 milioni di abbonati. Non si muovono. Nell’ arena della pay Mediaset c’ era entrata per difendersi: con la Tv generalista data per spacciata, con una sovraofferta di banda, con un mercato in sbornia collettiva da Pay Tv, chi non aveva canali a pagamento era emarginato. Dopo il debutto, il blitz sulla Champions: «Fu una mossa di sviluppo» ricorda PierSilvio, ma fu anche un assalto, senza precedenti, al nemico per strappargli uno dei suoi storici pezzi forti. Il prezzo, col senno di poi ma anche con un po’ di senno di allora, fu esagerato (circa 650 milioni) e con risultati inferiori al previsto. A quel punto in Mediaset hanno capito che bisognava cercare un marito per Premium: ci furono contatti con Al Jazeera, poi si vociferò pure di un clamoroso matrimonio con Sky. Lo sposo fu infine individuato in Vivendi dell’ allora amico Vincent Bollorè. Che però ha ripudiato Premium, lasciando Mediaset nei pasticci, e con un buco in bilancio di 120 milioni. Che succederà ora alla Pay tv? Per un altro anno ancora, Premium trasmetterà in esclusiva Champions League e Serie A (unica tv ad avere entrambe le competizioni). Poi però dalla stagione 2018-2019, la ex Coppa dei Campioni traslocherà (mentre per la Serie A è ancora tutto in alto mare) di nuovo a casa Sky. Dovesse rimanere del tutto senza calcio, con gli abbonati che a quel punto crollerebbero sotto il milione, Premium potrebbe confluire dentro Infinity, la piattaforma pay on demand, magari con una formula commerciale. Qualcuno dei manager presenti ieri sera sussurrava di un modello Spotify della tv. Una base gratuita e dei servizi a pagamento per una clientela ridotta. Anche perché la Pay Tv classica, quella che si fa oggi, «non ha futuro» chiosa Berlusconi: ormai funziona solo con i grandi eventi e le trasmissioni dal vivo, «prodotti costosissimi sui quali il rischio di perdere è altissimo». Le parole “Pay TV” e “Premium” non sono quasi mai state nominate a Montecarlo. Sostituite da parole storiche come TV o pubblico. Altro che social media, altro che Facebook. Oggi il 90% dei giovani si informa ancora con i telegiornali; la metà di loro li ritiene attendibili (contro appena il 20% dei vari social media). E Mediaset ha leadership sul pubblico dei giovani, il più pregiato (ma su questo c’ è una sorta di guerra a distanza con la Rai che ha il primato sugli over 60): la TV tradizionale è più viva che mai. Quello che è morto è il vecchio modo di vederla. L’ immagine della TV “nuovo focolare” attorno a cui la famiglia si riuniva, intuito da Renzo Arbore nella Vita è tutto un quiz, non esiste più. Il consumo di Tv è tutto spezzettato e senza orari. E allora ecco che la TV generalista e gratuita diventerà completamente on demand. Tradizionale, ma con un tasso di innovazione tecnologica altissimo, come dimostra il caso Mediaplay (si veda altro articolo in pagina). Il segnale del cambio di rotta, più che gli annunci o le parole, è sempre però nei numeri: la nuova Mediaset rifocalizzata sulla Tv generalista tornerà in utile già quest’ anno. Non è difficile: il maxi-rosso dell’ Annus Horribilis 2016 era tutto dovuto alla tegola Premium. Una volta sterilizzato quel problema, la macchina torna automaticamente a macinare soldi. Come ha sempre fatto. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Premium, evoluzione verso Infinity

Italia Oggi
DA MONTECARLO ANDREA SECCHI
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«Evoluzione verso Infinity». Sta in questa frase di Pier Silvio Berlusconi l’ ipotesi più probabile sul futuro di Mediaset Premium, la pay tv del Biscione che da un anno a questa parte sta vivendo un momento difficile dopo che Vivendi non ha rispettato il contratto d’ acquisto. E mercoledì sera alla presentazione dei palinsesti di Mediaset a Montecarlo si è parlato molto di come il gruppo possa riuscire a superare l’ impasse di un’ attività non più core con 341,3 milioni di oneri anche a causa della vicenda nel 2016. Infinity è il servizio di streaming on demand, il Netflix di Mediaset: il gruppo non ha ancora deciso esattamente cosa accadrà fra i due business, ma secondo Berlusconi jr. è chiaro che la pay tv tradizionale in generale non ha un grande futuro: «penso che la pay tv classica con un abbonamento alto e con tanti canali lineari sia un po’ arrivata», ha spiegato durante la conferenza stampa chiarendo poi di non aver detto che sia «morta, ma quel tipo di offerta difficilmente avrà sviluppi, superata dalla tv generalista da un lato e dagli ott dall’ altro». In sostanza nel caso che per Premium si avveri lo scenario peggiore nel 2018 previsto dal piano presentato a Londra, ovvero l’ assenza di diritti del calcio, la pay potrebbe essere alleggerita dalla sua struttura e restare sul mercato in altra forma. Per cominciare, però, le partite della prossima stagione Champions saranno vendute anche on demand singolarmente (il prezzo dovrebbe essere di 11 euro). Resta da vedere cosa accadrà con i diritti della Serie A in autunno, e con un vociferato accordo con Tim sul quale però non ci sono «passi concreti». Sul fronte Champions, invece, che dal 2018 passerà a Sky, Pier Silvio si è mostrato possibilista su un’ intesa con altri operatori per i diritti pay per l’ ultima stagione che resta ancora a Mediaset. L’ attenzione è sulle telco ma ovviamente il pensiero va anche a Sky: «avere la Champions con un anno di anticipo potrebbe interessare a Sky», ha risposto Berlusconi jr a una domanda, «ma bisogna chiederlo a loro. Noi potremmo valutare, dipende da diverse cose». A breve, in ogni caso, sarà presentata una nuova politica commerciale di Premium, ha spiegato il cfo del gruppo (oltre che presidente della pay) Marco Giordani, che terrà conto della mancanza della Champions il prossimo anno. Si lavora sui margini, non più sugli abbonati. Ma se il lancio della pay tv era una «mossa difensiva» contro Sky, in cui ammette Pier Silvio, «avremmo fatto tanti errori, ma è anche vero che il mercato non si è mosso», a dare soddisfazione al Biscione è ora la radio la cui raccolta crescerà del 7% nel semestre. Durante la conferenza è stata annunciata l’ acquisizione di Radio Subasio, l’ emittente locale del centro Italia che aiuterà a completare l’ offerta di Radio Mediaset (105, Virgin, R101 e la partnership con Rmc) con la musica italiana (si veda ItaliaOggi di mercoledì). Nessuna nuova acquisizione in vista su altre radio locali, secondo quanto dichiarato. Anche perché, se è vero che Subasio ha una licenza locale, nulla vieta a Mediaset di espanderne la ricezione oltre le regioni del centro-Italia, perché le locali hanno un limite nel numero di ascoltatori raggiungibili (15 milioni), non di tipo territoriale. Il business radiofonico ha la percentuale di crescita maggiore tenuto conto che la tv avrà comunque un segno positivo e il digital crescerà a una percentuale tripla rispetto al mercato, quindi intorno al 2%. In totale i sei mesi del gruppo si sono chiusi con una crescita del 2% dei ricavi pubblicitari. L’ operazione di Subasio deve ora passare per l’ Agcom, mentre è definitivo l’ acquisto dell’ lcn 20 della televisione digitale terrestre da Rete Capri. Mediaset sta lavorando sul tipo di canale da offrire quindi i dettagli per questo, così come dei palinsesti dei canali tematici, si avranno in autunno. Per la tv generalista il gruppo vuole puntare ancora di più sull’ autoproduzione. «Vogliamo sempre più prodotto fatto da noi, più made in Mediaset», ha detto Marco Paolini, direttore generale palinsesto e distribuzione, sottolineando come nel target commerciale (15-64 anni) Mediaset sia stata prima nella stagione 2016/2017 (34,8% contro 30,6% Rai) e come Canale 5 si dimostri più generalista di Rai 1 il cui ascolto si concentra soprattutto sul target dei più adulti. Di sicuro il Biscione negli ultimi anno ha perso terreno rispetto alla Rai sulla fiction. I motivi secondo Alessandro Salem, d.g. contenuti sono stati la moltiplicazione dell’ offerta e dei canali, l’ overdose del genere e soprattutto la crisi del mercato che ha portato a lavorare in maniera difensiva, senza sperimentare come invece ha fatto la Rai. L’ intenzione è ora di ripartire. Sull’ informazione il modello è collaudato, dai tg alla all news, all’ infotainment. Il d.g. informazione Mauro Crippa ha sottolineato il successo del TgCom, il sito news più seguito sul mobile e «primo esempio di integrazione multimediale in Italia», oltre alle 7.600 ore di informazione in un anno. Crippa ha difeso inoltre il ruolo della tv nelle news: «se un editore parla a tutti in maniera contemporanea e tutti questi sono milioni di persone e dice una fesseria, una fake news, viene scoperto immediatamente e deve risponderne. Dietro una notizia c’ è un professionista, un conduttore, che va a cercare una notizia e ci mette la faccia». Ma c’ è un’ altra novità che Mediaset dovrebbe lanciare entro 2018: Mediaset Play, una sorta di Rai Play (il nome è simile, ma già Premium Play esiste da molti anni, sottolineano) con contenuti in streaming live e on demand ma con funzioni che sono tipiche di un servizio pay, alcune presenti sul MySky: rivedere dall’ inizio un programma in corso, riprendere la visione dal punto in cui si era lasciata su un diverso dispositivo, ricevere notifiche personalizzate, scaricare per guardare successivamente e così via. Si tratta del lavoro del gruppo guidato da Pier Paolo Cervi, a capo del digital dallo scorso anno. Un’ evoluzione dell’ attuale Mediaset on demand che sarà fruibile da diversi dispositivi e soprattutto dalle smart tv, l’ ambiente in cui saranno servite le pubblicità personalizzate, la cui raccolta dovrebbe pesare per il 2% del totale entro il 2020. Sia Mediaset Play, che Premium e Infinity potrebbero essere però i tasselli di un disegno più ampio, ancora non annunciato, che porterà a creare una tv stile Spotify, modello freemium: una piramide con alla base contenuti gratuiti e successivamente offerte e pacchetti differenziati con contenuti più pregiati a pagamento in diverse forme per acquisto singolo o per pacchetti. © Riproduzione riservata.

Tv in ripresa ma segnali timidi

Italia Oggi
MARCO LIVI
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«La crisi del settore televisivo locale non conosce fine. La raccolta pubblicitaria è letteralmente crollata, i ricavi totali sono passati da 647 milioni di euro in era analogica a 318 milioni di euro nel 2015. Dal 2008 al 2015 il settore ha accumulato perdite per oltre 210 milioni di euro, che hanno intaccato pesantemente il capitale sociale delle aziende e bruciato le ricapitalizzazioni effettuate dai soci negli anni». Lo ha detto il presidente di Confindustria Radio Televisioni (Crtv), Franco Siddi, durante il suo intervento all’ Assemblea annuale 2017 di ieri a Roma. «Imprese televisive storiche da nord a sud hanno cessato l’ attività, per liquidazione volontaria o, peggio, per fallimento. Stiamo perdendo quote di un patrimonio unico, di libertà e pluralismo, di presidio informativo del territorio, di conoscenze. Stiamo perdendo centinaia di professionisti, giornalisti, tecnici, amministrativi», ha sottolineato Siddi. Nonostante ciò «ci sono ancora 70-80 emittenti locali che, con grandi sforzi economici, creano occupazione e forniscono un servizio informativo, di comunicazione, promozione e pubblica utilità sul territorio. Queste aziende proseguono il loro imprescindibile servizio di editori, in attesa di una seria riforma di sistema». Ci sono inoltre «Timidi segnali di ripresa», ma a bassi margini e al di sotto dei livelli pre-crisi». Per Siddi il sistema dei media globalmente inteso, può svolgere un ruolo importante «sia per mettere a fuoco i canali di intervento più utili, sia per invertire un clima di sfiducia permanente facendo comprendere le ragioni di un investimento e di un’ iniziativa industriale avanzata. Viviamo nell’ era della connessione sempre e ovunque e della globalizzazione. In questo contesto, particolarmente sfidante per le industrie e gli operatori nazionali, c’ è un’ unica certezza: all’ aumentare della capacità delle reti aumenta la richiesta di servizi e contenuti, soprattutto audiovisivi». Il presidente di Crtv ha affrontato anche il tema della concorrenza sleale degli gli over the top, che in pochi anni «hanno creato posizioni dominanti a livello globale e nazionale sfruttando il vantaggio competitivo offerto loro dall’ assenza di paradigmi normativi e regolamentari, senza doveri (e oneri) a tutela di diritti fondamentali ed eludendo la contribuzione fiscale nazionale. Ma il clima sta cambiando, come dimostrano le iniziative in tema fiscale intraprese in diversi Paesi, tra cui l’ Italia con la citata proposta di legge Mucchetti, nonché le multe comminate dalla Ue alle multinazionali della rete». Ovviamente «non si chiede certo di fermare l’ evoluzione e l’ innovazione. Si chiede di gestire il cambiamento ponendo le basi per una equa competizione nel sistema esteso alla rete». Dal canto suo il commissario dell’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Antonio Martusciello ha sottolineato la necessità di «garantire un nuovo framework regolamentare, capace di assicurare allo stesso tempo protezione, monetizzazione e distribuzione dei contenuti, nonché il corretto dispiegarsi del gioco concorrenziale tra gli operatori». Il commissario Agcom ha spiegato che il contenuto viaggia sulla rete indipendentemente dal mezzo per il quale è stato in origine prodotto ma tale accessibilità risulta però ancora «priva di una cornice normativa capace di fornire un’ adeguata tutela dell’ opera alla luce dei mutamenti tecnologici». © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Repubblica, Bellasio a capo degli esteri. Daniele Bellasio approderà al quotidiano diretto da Mario Calabresi dopo la metà di luglio, lasciando il Sole 24 Ore dove ricopre oggi la carica di caporedattore centrale web. Con un passato professionale anche al Foglio tra gli altri, si è occupato di esteri ed economia. Bellasio sostituisce Stefania Di Lellis, che passa al settimanale di Repubblica il Venerdì come inviata. Famiglia Cristiana, giornalisti in stato di agitazione. I giornalisti di Famiglia Cristiana, Credere e Jesus (tutte testate edite dalla Periodici San Paolo) hanno proclamato lo stato di agitazione contro la disdetta del contratto collettivo aziendale, affidando al comitato di redazione altri 12 giorni di sciopero che si aggiungono ai 12 già votati a inizio dello scorso marzo (vedere ItaliaOggi del 4/7/2017). Gazzetta di Modena diventa oggetto di cult su eBay, dopo il concerto di Vasco. È diventato un oggetto di culto il numero della Gazzetta di Modena, diretta da Enrico Grazioli, in edicola il 2 luglio scorso con la cronaca del maxi concerto a ModenaPark e la copertina poster dedicata Vasco Rossi. Ventimila copie esaurite in edicola (il doppio della diffusione abituale) già nelle prime ore della mattina, le 16 pagine sull’ evento ristampate come fascicolo in regalo, nel giornale uscito il mercoledì successivo. Pagine nel frattempo finite anche all’ asta su eBay con quotazioni fino a 20 euro mentre arrivano richieste dei numeri arretrati, compreso quello di giovedì 29 giugno con l’ inserto di presentazione (40 pagine di guida, biografia, canzoni, foto con i fans, ricordi di amici e colleghi, aneddoti e curiosità aperti da una copertina disegnata dall’ artista Marco Lodola). Le copie arretrate sono disponibili in versione digitale sul sito http://quotidiani.gelocal.it/edicola/gazzettadimodena/offertacopiasingola.jsp Vogue Italia, via al nuovo corso. È in edicola il primo numero del nuovo corso di Vogue Italia, firmato da Emanuele Farneti. Il mensile di Condé Nast è stato ripensato nei contenuti, nella grafica, nella carta e nel formato. Ad affiancare Farneti ci sono i nuovi vicedirettori Alan Prada, che si occuperà del magazine, e Sara Maino per i progetti speciali moda e di Vogue Talents. Fieg e Ferpi sulle derive dell’ informazione. Si è tenuto ieri a Roma l’ incontro organizzato dalla Federazione italiana editori giornali e dalla Federazione relazioni pubbliche italiana, dal titolo «Fieg e Ferpi sulle derive attuali dell’ informazione e del comunicare». Il confronto parte dal libro, edito da Hoepli, di Diomira Cennamo e Carlo Fornaro Professione brand reporter. Brand journalism e nuovo storytelling nell’ era digitale. Nel parterre Fabrizio Carotti, d.g. di Fieg, Daniele Chieffi, consigliere nazionale Ferpi ed head of digital pr di Eni, Andrea Falessi, direttore relazioni esterne di Open Fiber, e Paolo Iammatteo, responsabile comunicazione di Poste Italiane. Ford Italia, Mecacci è il nuovo capo ufficio stampa. Monica Mecacci è la nuova chief press officer di Ford Italia. Prima dell’ attuale nomina, ha ricoperto il ruolo di brand manager large cars.

Copie, si salvano solo 10 mensili

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Sono dieci i mensili in terreno positivo sui 57 complessivi rilevati da Ads lo scorso aprile. Tra le principali testate, confrontate con lo stesso mese del 2016, hanno il segno positivo davanti alle diffusioni carta+digitale Cotto e mangiato (+14,9%), Cucinare bene (+14,7%), Bell’ Europa (+8,1%), Elle (+3,9%), Casa in fiore (+1,2%) e ancora Bell’ Italia (+0,4%). Se non per qualche caso in più di crescita, i dati resi noti ieri non si discostano molto dalle precedenti indagini, che fotografavano un settore con pochi aumenti nelle diffusioni complessive carta+digitale e senza un tema particolare che sapesse attirare lettori. In particolare, i dati di ieri riguardano eccezionalmente i soli mensili visto che quotidiani e settimanali ad aprile sono stati già comunicati ma soprattutto perché il prossimo 20 luglio Ads renderà disponibili i nuovi trend di maggio, sia per i quotidiani sia per i settimanali sia per i mensili, in modo da «rendere omogenea la pubblicazione dei dati a seguito dell’ entrata in vigore del nuovo regolamento Ads edizioni digitali approvato il 3 febbraio scorso», hanno fatto sapere ieri dalla stessa società di certificazione Accertamenti diffusione stampa. Tornando agli andamenti dei mensili ad aprile, il segno negativo continua a dominare il segmento editoriale: ci sono i femminili Cosmopolitan (-25,5%), Glamour (-15%), Vogue (-14,7%) e Amica (-9,5%). Ci sono i maschili For men magazine (-11,5%) e Gq (-4,8%). Compaiono sia testate come Casa facile (-12,6%) e Ad (-7,3%) sia quelle dedicate ai motori (Quattroruote -14,2%, Al volante -6,8%, In sella -5%). Tra i culinari, Cucina moderna è a -41,9%, Cucina no problem a -22%. Completano la panoramica Dove (-15,7%), Focus (-12,1%), Airone (-13,1%). Invece la classifica a 10 dei più diffusi tra carta e digitale vede, nell’ ordine, Al volante, 50 & Più, Focus, Cose di casa, Quattroruote, Io e il mio bambino, Glamour, Casa facile, Touring e Silhouette donna. In edicola, da notare che in alcuni casi l’ andamento passa in positivo, rafforza il trend complessivo al rialzo o aiuta ad arginare le perdite. Così tra gli altri per Amica (+7,6%), Bell’ Europa (+19,5%), Marie Claire (+8,9% rispetto a -0,6%), Casa in fiore (+1,7% da +1,2%) e per Cucina italiana (a -2,7% da -9,5%). Non mancano comunque i casi in cui l’ edicola accentua l’ andamento diffusionale al ribasso: in edicola Glamour è a -24,6%, Vogue a -18,4% e Quattroruote a -17,4%. I primi 10 mensili in edicola sono Al volante, Cose di casa, Silhouette donna, Casa facile, AM Automese, Quattroruote, Focus, Elle, Casa in fiore e Guida cucina. Infine i mensili che puntano sul digitale sono soprattutto Focus (12,8%), Quattroruote (-6,5%), Focus junior (+3,8%), Cucina moderna (-10,5%), Sale & Pepe (-4,2%), Casa facile (-3,6%), Focus Storia (-0,4%), Dove (-16,8%), PleinAir (a 12.340 copie da 4.293), Cucina italiana (-5,3%).

‘Corriere dello Sport – Stadio’ e ‘Tuttosport tornano alle Baleari per l’ estate 2017

Prima Comunicazione

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Come nel 2016, i quotidiani ‘Corriere dello Sport – Stadio’ e ‘Tuttosport’ tornano alle Baleari anche questa estate. Fino al 3 settembre i due quotidiani saranno distribuiti anche in tutte le edicole e rivenditori di Ibiza, Formentera, Palma di Maiorca e Minorca. Secondo l’ Istituto di Statistica delle Isole Baleari nel 2016 sono giunti in queste isole 15.402.120 viaggiatori, di cui 689.801 (il 5,6% in più rispetto al 2015) provenienti dall’ Italia, precisa una nota dell’ editore.

I dati Ads di diffusione della stampa dei mensili ad aprile

Prima Comunicazione

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I dati Ads stimati dagli editori, riferiti al mese di aprile per le testate a periodicità mensile. Ads – Accertamenti Diffusione Stampa è la società che certifica e divulga i dati relativi alla tiratura e alla diffusione e/o distribuzione della stampa quotidiana e periodica di qualunque specie pubblicata in Italia. In una nota , la società ha segnalato che il 20 luglio 2017 saranno disponibili i nuovi dati mensili stimati relativi al mese di maggio 2017 per tutte le testate (quotidiani, settimanali e mensili), sottolineando che l’ anticipazione della pubblicazione dei dati delle testate a periodicità mensile costituisce “un’ eccezione una tantum, per rendere omogenea la pubblicazione dei dati a seguito dell’ entrata in vigore del nuovo Regolamento Ads edizioni digitali approvato il 3 febbraio scorso”. Il 7 agosto 2017 saranno disponibili poi i dati mensili stimati relativi al mese di giugno 2017 per le testate a periodicità quotidiana e settimanale. Nel mese di settembre, invece, saranno disponibili i nuovi dati mensili stimati relativi al mese di giugno 2017 per le testate a periodicità mensile e i nuovi dati mensili stimati relativi al mese di luglio 2017 per le testate a periodicità quotidiana e settimanale. MENSILI – I dati dei mensili ad aprile 2017 (.xls)

Google-Youtube: pubblicità oltre quota 1,6 miliardi

MF
ANDREA MONTANARI
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Un trend inarrestabile. È questo ciò che accade alla raccolta pubblicitaria di Google. Il colosso di Mountain View, freso di multa europea monstre d 2,42 miliardi di euro (poco meno del 3% del fatturato annuo della società americana), continua a incamerare spot, attingendo sempre più quote di mercato agli altri mezzi d’ informazione tradizionale. L’ ultimo aggiornamento – i dati non sono mai ufficiali e difficilmente ci sono riscontri oggettivi – fa riferimento a un incasso atteso per il 2017 superiore a 1,6 miliardi. Questo almeno è ciò che si apprende da un rapido giro d’ opinioni tra competitor e centri media. Ovviamente a contribuire al successo del big fondato da Larry Page e Sergey Brin c’ è anche Youtube. L’ accoppiata, in Italia, si sta consolidando in maniera significativa, al punto che ormai Google è il secondo media in termini pubblicitari dopo Mediaset (2,16 miliardi nel 2016, per una quota di mercato complessiva vicina al 34%) e vale quasi quanto tutti gli altri network televisivi nazionali (Rai, Sky, Discovery e La7). Il tutto ovviamente a fronte di bilanci che non raccontano questo boom impetuoso: perché l’ ultimo documento contabile disponibile, quello relativo all’ esercizio 2015, fa riferimento a un giro d’ affari di 65,5 milioni e un ebitda di 9,24 milioni. Nulla rispetto al reale valore dei volumi incamerati dal big americano. E se Google viaggia ben oltre la soglia degli 1,6 miliardi, Facebook continua a macinare percentuali di crescita esplosive. Quest’ anno, infatti, dovrebbe chiudere con una raccolta in aumento di oltre il 40%: nessun altro player ottiene questo risultato. Il totale degli spot che saranno incassati dal progetto sviluppato da Mark Zuckerberg ammonterà ad almeno 430-440 milioni. Il saldo complessivo tra il motore di ricerca più famoso al mondo e il social network più diffuso su scala globale supererà abbondantemente i 2 miliardi di raccolta. Un terzo, almeno, dell’ intera torta pubblicitaria, in un anno, il 2017, privo di eventi di grande richiamo (nel 2016 c’ erano stati gli Europei di calcio e le Olimpiadi brasiliane). Per questo da tempo si chiede trasparenza nei numeri e nei bilanci. E per questo Fieg, Upa, Assocom, Netcomm, Iab Italia, Fcp, Unicom e Fedoweb hanno dato alle stampe il Libro bianco della comunicazione digitale. E a più riprese chiedono, per ora senza ottenere risposte concrete, la collaborazione di Google e Facebook. (riproduzione riservata)

“Il futuro è multi-piattaforma e non lineare”

La Stampa
FRANCESCO SPINI
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Una Mediaset sempre più digitale, multipiattaforma e che guarda al modello di Spotify, si prepara a rivoluzionare Premium. «Siamo convinti che la pay-tv classica, con abbonamenti alti e tanti canali lineari che trasmettono 24 ore al giorno, sia un po’ arrivata», dice l’ ad Pier Silvio Berlusconi a Montecarlo, alla presentazione dei palinsesti. Un anno dopo il grande strappo di Vincent Bolloré, che di punto in bianco con la sua Vivendi ha detto «no grazie» all’ acquisto già pattuito di Premium, Mediaset ripensa la strategia di un business ormai fermo. Premium, ricorda Berlusconi era nata «con un obiettivo difensivo» anti Sky, ma – anche dopo il «passo per lo sviluppo» con gli investimenti nel calcio – «non ha funzionato come si pensava, il mercato pay non è cresciuto». Premium «non è morta», sottolinea Berlusconi, ma cambierà: sposerà il modello leggero degli «over the top» alla Netflix, a partire dal prezzo: da subito venderà singole partite, a 15 euro l’ una. «L’ evoluzione di Premium – spiega Berlusconi – va verso Infinity (piattaforma web di contenuti disponibili on demand, ndr), anche se è presto per dire se diventeranno la stessa cosa». Sempre disponibili Del resto con l’ arrivo di Mediaset Play – che, prevede il direttore finanziario Marco Giordani, «se siamo veloci debutterà a gennaio» – tutti i programmi in chiaro del Biscione diverranno sempre disponibili in tv, su pc, smartphone e tablet, gli utenti saranno profilati con spot su misura che porteranno al gruppo, entro il 2020, un 2% di ricavi in più. In futuro, chi vorrà evitare la pubblicità e avere più servizi (film in anteprima, per esempio) potrà farlo pagando (poco) sul modello di Spotify, che lo fa per la musica. Nel mentre Mediaset si accaparra una nuova radio, Subasio, e compra il canale 20 del digitale terrestre. E Premium? Non punta più a far crescere gli abbonati, ma ad aumentare i margini contenendo i costi. Berlusconi sembra credere poco a un nuovo accordo con Bolloré. Su quel fronte, assicura, «non ci sono novità, se non giudiziarie, niente trattative o negoziazioni». Non è servito a granché il colloquio di Pier Silvio Berlusconi con l’ ad francese Arnaud de Puyfontaine di qualche mese fa, né il finora inedito confronto con lo stesso Bolloré che, a quanto si racconta, di fronte alle rimostranze dell’ ad di Mediaset («I contratti si rispettano!») avrebbe risposto con frasi di circostanza: «Mi dispiace… È stato un mio sbaglio». Le nozze con Tim Nell’ entourage di Mediaset restano convinti che «Tim ha bisogno di Premium, con cui potrebbe fare importanti sinergie». Ma Berlusconi jr è realista: il fatto che Tim sia in mano ai francesi «ci imbarazza entrambi» e rende «tutto più difficile», pure immaginare un accordo sui diritti del calcio, «anche se non lo escludo». Accordo che per l’ asta della Champions è stato reso impossibile proprio dagli intrecci azionari di Vivendi. Mediaset comunque «giocherà la sua partita» per la Serie A per Premium. Per l’ ultima stagione di Champions, invece, è pronta a stringere accordi. E, segno dei tempi che cambiano, cade anche un vecchio tabù: «Sky – dice Berlusconi – potrebbe essere interessata ad avere la Champions un anno prima. Dipende da quanto è disposta a pagare». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

Caltagirone Editore, “il prezzo non è giusto”

La Repubblica
SARA BENNEWITZ
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MILANO. Il prezzo dell’ offerta promossa dalla famiglia Caltagirone sulla Caltagirone Editore è da rivedere. Lo dicono alcuni investitori padroni del 4,4% della società, e lo dice il mercato dato che il titolo è sempre stato sopra i valori dell’ Opa volontaria. Lo scorso 9 giugno, Chiara Finanziaria (società veicolo che fa capo alla famiglia Caltagirone) ha offerto un euro per azione per il 32% del capitale che è flottante sul mercato. Ma ieri a Piazza Affari il titolo ne valeva 1,2. Alcuni fondi azionisti, invece, ritengono che il titolo varrebbe almeno 3,85 euro. Per questo hanno scritto a Consob e Borsa spa, denunciando «il tentato esproprio ai danni delle minoranze» e chiedendo un intervento delle autorità. Stando ai bilanci della Caltagirone Editore, infatti, tra le azioni proprie (2,3 milioni di titoli), la liquidità (134 milioni di euro) e le partecipazioni immediatamente liquidabili come la quota in Generali (altri 83 milioni), solo la cassa del gruppo vale il doppio di quanto offerto, somma a cui si devono aggiungere gli immobili (60 milioni di euro) e l’ attività editoriale. Secondo l’ analisi dei fondi, le testate possedute, tra cui Il Messaggero, Il mattino, Il Gazzettino, il Quotidiano di Puglia e il Corriere Adriatico, hanno un valore nel bilancio 2016 che è esattamente il doppio rispetto alla valutazione offerta da Chiara Finanziaria. Qualcuno fa notare che ormai il gruppo è assimilabile a una holding, e in quanto tale è normale applicargli uno sconto rispetto al valore dei suoi asset, ma qualcun altro ricorda che quando nel 2000 Caltagirone Editore venne collocata in Borsa, i proventi dell’ Ipo sarebbero dovuti servire a finanziare gli investimenti nell’ editoria, invece furono investiti anche in partecipazioni finanziarie, come quella in Generali, che nulla hanno a che vedere con il core business. «Come investitori di minoranza, tra cui alcuni dai tempi dell’ Ipo a 18 euro – si legge nella missiva – chiediamo aiuto e protezione a Consob e Borsa Italiana». Peraltro tutte le ultime operazioni di riassetto da parte della famiglia Caltagirone, come quella su Vianini Lavori, lanciata nel 2015 e quella di Vianini Industria del 2016, sono state contestate dagli azionisti di minoranza. Conclusa l’ Opa sulla Vianini Lavori a 6,8 euro, è arrivato un dividendo straordinario di 7,3 euro ai soci che non avevano aderito. In quell’ occasione, ricordano i fondi azionisti di Caltagirone Editore, gli advisor «erano la stessa Leonardo & Co e il professor Enrico Laghi», chiamati ora ad esprimersi dalla società e dai consiglieri indipendenti della stessa, sulla congruità dell’ Opa di 1 euro. Quanto alla Vianini Industria, che si è fusa con l’ immobiliare Domus, oltre alla causa intentata da alcuni ex soci, è in corso un procedimento sanzionatorio da parte della Consob. ©RIPRODUZIONE RISERVATA.

Così la pubblicità della Regione riempie le casse del giornale di Storace

La Repubblica

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LA CRISI si fa sentire e la carta stampata non ne è di certo immune. Non è un segreto che allora i quotidiani, piccoli o grandi che siano, vivano anche e soprattutto di pubblicità. Capita, dunque, che pure il Giornale d’ Italia dell’ ex governatore Francesco Storace si trovi a sondare il mercato per rimpinguare le casse. Curiosità: nell’ ultima settimana, l’ unica inserzionista ad acquistare spazi sul foglio pubblicato dal fondatore de La Destra è stata la Regione. Ecco l’ inserzione dell’ Arsial, l’ Agenzia regionale per lo sviluppo e l’ innovazione dell’ agricoltura del Lazio. In primo piano una stretta di mano, sullo sfondo un campo coltivato e poi lo slogan: “Passione che diventa sistema”. Quindi uno specchietto con lo stemma della Pisana: “La Regione informa”. Sul sito, poi, ecco le inserzioni delle Asl, dell’ Astral e dell’ Aremol. Tutte emanazioni più o meno dirette della Regione. Una mano santa per una srl in difficoltà, con diverse decine di migliaia di euro di debiti e una trattativa per la cessione della testata all’ orizzonte. NSOMMA, nonostante gli aiuti della Regione sotto forma di inserzioni pubblicitarie, il Giornale d’ Italia potrebbe non farcela. E, come temono i cronisti in attesa degli arretrati accumulati negli ultimi mesi, sventolare bandiera bianca. Il futuro del quotidiano ora dipende da Francesco Storace e dagli altri titolari delle quote della testata. L’ ex governatore e vice presidente del consiglio regionale è proprietario del 25 per cento del giornale, proprio come Roberto Buonasorte, ex consigliere e attuale capo segreteria di Storace. Azionista di maggioranza, con il restante 50 per cento, è un altro collaboratore del numero uno della Destra, Daniele Belli. Nelle casse della loro creatura, la “Amici del Giornale d’ Italia”, entrano ogni anno migliaia di euro della Regione. Nel 2014 erano stati 18.300. Ma l’ abbraccio tra la Pisana a guida Pd e il vecchio presidente della Regione, in teoria alfiere dell’ opposizione più dura, continua anche oggi. Per ora, infatti, gli attacchi del M5S («è un palese conflitto d’ interessi ») e del consigliere Fabrizio Santori di Fratelli d’ Italia sono caduti nel vuoto

Paolo Cognetti vince il Premio Strega

Il Sole 24 Ore

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«Sono arrivato fino a qui, ma so da dove arrivo. Saluto i miei amici della montagna»: così Paolo Cognetti (nella foto) ha commentato la sua vittoria del Premio Strega ieri a Roma, a Villa Giulia, conquistato con 208 voti con il romanzo “Le otto montagne” (edito da Einaudi). Seconda classificata Teresa Ciabatti, con 119 voti, con “La più amata” (Mondadori), a seguire Wanda Marasco, con 87 voti, con “La compagnia delle anime finte” (Neri Pozza), Matteo Nucci con 79 voti con “E’ giusto obbedire alla notte” (Ponte alle grazie) e infine Alberto Rollo, con 52 voti, con “Un’ educazione milanese” (Manni).


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