Indice Articoli
Famiglia Cristiana, tre giorni di sciopero L’ editore azzera gli accordi integrativi
Caltagirone, sfida dei piccoli soci: esposto in Consob
«Grande giornale» (l’ Unità al tempo di Ibio Paolucci)
Accordo Medusa-Vision per la distribuzione di film
Famiglia Cristiana, sciopero e nuovo stato di crisi agitano le acque
In tv arriva il canale Cine Sony
Chessidice in viale dell’ Editoria
Sul decoder Cibor I approdano 15 nazioni
«Noi siamo real news» La difesa a oltranza dei reporter della Cnn
Famiglia Cristiana, tre giorni di sciopero L’ editore azzera gli accordi integrativi
La Stampa
FABIO POLETTI
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Tre giorni di sciopero e non era mai successo. A Famiglia Cristiana tra la redazione e la proprietà è guerra totale. Il giornale delle Edizioni San Paolo naviga in acque difficili. L’ editore, con una decisione unilaterale, ha deciso di azzerare gli accordi integrativi, dal premio di produzione al premio per gli articoli online agli straordinari forfetizzati. I 34 giornalisti – 30 laici e 4 sacerdoti giornalisti – hanno picchiato il pugno sul tavolo ma i mal di pancia sono tanti. Luciano Scalettari che fa parte del comitato di redazione dice quello che pensano tutti: «Non siamo solo di fronte a una vertenza aziendale. Da credente non capisco come la proprietà possa muoversi in questo modo unilaterale dopo le parole di Francesco sul lavoro. Ci giochiamo anche la nostra credibilità». Le parole che citano tutti sono quelle del Papa agli operai dell’ Ilva di Genova lo scorso 26 maggio quando parlava della dignità del lavoro e dei «padroni»: «Il buon imprenditore è prima di tutto un lavoratore, non è uno speculatore». Don Rosario Uccellatore, direttore dell’ Apostolato e amministratore delegato dei Paolini nella parte dello «speculatore» non ci si ritrova: «Lo dico da sacerdote a un giornalista: cosa è meglio? Che la licenzi o che ci sediamo attorno a un tavolo per ragionare anche sui tuoi 10 privilegi?». La parola «privilegi» farebbe imbestialire chiunque in redazione. Don Rosario picchia duro sulla realtà: «Io non sono lo speculatore che vuole far soldi licenziando i giornalisti o tagliando i salari. O ci diamo una mano o da qui a un po’ crolla tutto». Il giornale viaggia sulle 200 mila copie. Una volta erano ben sopra il milione. I conti non sono nemmeno male: nel 2015 il passivo era di appena 50 mila euro, le previsioni del 2016 sono comunque non oltre il mezzo milione. Nel comunicato dell’ editore si fa riferimento alla nuova legge sui pensionamenti e sui prepensionamenti che limita gli ammortizzatori sociali per mettere i conti in ordine. I redattori che in questi anni hanno strapagato di persona con cassa integrazione e contratti di solidarietà, guardano al futuro: «Non stiamo difendendo dei privilegi. Stiamo difendendo un modello culturale cristiano e cattolico». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.
Caltagirone, sfida dei piccoli soci: esposto in Consob
Il Fatto Quotidiano
Carlo Di Foggia
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La strana operazione finanziaria che da qualche settimana coinvolge la Caltagirone editore finisce davanti alla Consob. Un gruppo di soci di minoranza ha infatti deciso di presentare un esposto all’ Autorità che vigila sulla Borsa e alla Borsa Italiana (che gestisce il mercato finanziario) denunciando il tentativo dell’ azionista di maggioranza, il gruppo Caltagirone, di voler espropriare i piccoli azionisti. Una mossa che prelude a una battaglia legale. Breve riassunto. Nelle scorse settimane il gruppo che fa capo all’ imprenditore romano Francesco Gaetano Caltagirone ha annunciato l’ intenzione di togliere dal listino di Borsa la Caltagirone editore (23.400 soci) lanciando un’ Offerta pubblica d’ acquisto (Opa) sulla quota che ancora non controlla della società che edita diversi quotidiani, tra cui Il Messaggero. Caltagirone ne controlla il 65% e offre un euro per azione ai soci di minoranza. Un prezzo che valuta la società 125 milioni. Nel luglio del 2000 fu quotata a 18 euro per azione, con una capitalizzazione di Borsa di 2,25 miliardi. Operazione che portò 630 milioni di euro di liquidità. Per Caltagirone oggi vale un ventesimo, e gli investitori della prima ora hanno perso quasi l’ 80% dell’ investimento. Secondo diversi soci di minoranza il prezzo offerto da Caltagirone è troppo basso. E così alcuni di questi, come i londinesi di Credo Group e l’ italiana Banca Ifigest, capitanati dalla società inglese Archer street Capital limited – che in totale posseggono 5,5 milioni di azioni – hanno preso carta e penna e scritto al presidente della Consob Giuseppe Vegas chiedendogli di intervenire contro “il tentativo di espropriare legalmente gli azionisti di minoranza ad un prezzo altamente ingiusto che sottovaluta fortemente il valore fondamentale dellaCaltagironeEditore”. Il ragionamento è questo: la società ha in cassa liquidità per 134 milioni, che su un capitale di 125 milioni di azioni si traduce in un valore di 1,09 euro a titolo. Poi ci sono le attività finanziarie, come i 5,7 milioni di azioni delle Generali, che valgono circa 80 milioni (0,70 euro per azione) e terreni e immobili per 60 milioni (0,49 euro per azione). Tirate le somme: già siamo a un patrimonio “netto tangibile” di 277,3 milioni, quindi 2,25 euro per azione. Non è finita. C’ è infatti il business della società, cioè i quotidiani. Quelli editi dalla Caltagirone editore (Il Messaggero, Il Mattino, Corriere Adriatico, Quotidiano di Puglia, Leggo, Il Gazzettino ) valgono una quota del 22,9% del mercato. Secondo una valutazione recente, di cui dà conto il bilancio 2016, il segmento vale 250 milioni di euro. Secondo i soci, un prezzo di vendita di 100 milioni porterebbe a un valore di 0,82 euro per azione. Totale: 377 milioni di patrimonio tangibile, cioè 3,07 euro per azione. Vale la pena di notare – sottolineano i piccoli soci – che la stessa società nel bilancio 2016 parla di un patrimonio netto (capitale più riserve) di 472 milioni. E che il prezzo delle azioni in Borsa (0,74 euro al 31 dicembre) “risente delle deboli e volatili condizioni del mercato finanziario che differiscono significativamente da una valutazione basata sui fondamentali del gruppo”. Per i piccoli soci, insomma, il prezzo giusto sarebbe di 3,85 euro per azione. E per questo chiedono alla Consob di intervenire prima di approvare il prospetto informativo dell’ Opa “chiedendo e avviando con la massima urgenza una valutazione indipendente” della società. E qui scatta il secondo allarme. Nei giorni scorsi, il patron Caltagirone si è dimesso da presidente del cda, insieme alla figlia Azzurra (vice presidente) e i figli Francesco e Alessandro per lasciare spazio ai consiglieri indipendenti. L’ azionista di controllo ha dato mandato alla banca Leonardo di fornire al cda una valutazione congrua sul prezzo dell’ Opa. I consiglieri indipendenti hanno dato identico mandato al commercialista romano Enrico Laghi. Una scelta che per gli autori dell’ esposto “desta preoccupazione” per due motivi. Il primo è che Laghi è presidente del collegio sindacale di Acea, la multiutility del controllata dal Comune di Roma, ruolo in cui è stato nominato dalla Fincal Spa, società appartentente al gruppo Caltagirone. Il secondo è che il professionista romano e Banca Leonardo “sono stati gli stessi esperti indipendenti coinvolti nella precedente Opa sulla Vianini Lavori e nominati dalla Fgc Finanziaria (sempre del gruppo Caltagirone). Come ricordano i piccoli azionisti di Vianini, solo un anno dopo la deludente Opa di 6,80 euro e l’ addio alla Borsa è avvenuta una distribuzione speciale di dividendi di 7,30 euro ad azione agli azionisti”. La conclusione è lapidaria: “Il precedente scioccante mina la nostra fiducia () La trasparenza e il rispetto degli azionisti di minoranza sono la base stessa dei mercati di capitali funzionanti”. Se ne vedranno delle belle.
«Grande giornale» (l’ Unità al tempo di Ibio Paolucci)
Il Manifesto
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Se n’ è andato, a 91 anni, anche Ibio Paolucci, giornalista che ha contribuito a fare la storia dell’ Unità, soprattutto durante gli anni difficilissimi del terrorismo, di cui si occupò intensamente e rigorosamente, guadagnandosi anche due «condanne a morte» emesse da organizzazioni armate dell’ epoca. Quel tempo lo ha raccontato lui stesso nell’ ultimo libro che ha scritto, con un titolo volutamente polemico: «Quando l’ Unità era un grande giornale» (Melampo 2015). Il riferimento non era certo ai colleghi che in quel momento lavoravano nell’ ex «organo del Pci», ma alla sua linea e gestione schiacciata propagandisticamente sulla leadership di Renzi. Oggi approfitto di questa occasione e di questo spazio per dire anch’ io che è vergognoso l’ esito che il partito di Renzi ha determinato con la nuova chiusura della testata, con i suoi lavoratori lasciati senza stipendio e senza impiego, mentre nasce un altro foglio on-line col titolo “Democratica”. Tutta la solidarietà a loro, ma non posso fare a meno di pensare che quella storia è veramente finita, e che non aveva più senso immaginare un collegamento tra questo PD e un giornale che conserva la scritta «fondato da Antonio Gramsci». Di Ibio avevo incontrato le tracce, nelle parole e nella grande stima degli altri redattori, nella redazione genovese dell’ Unità, dove si era occupato di cultura nel dopoguerra. Poco più tardi l’ ho conosciuto personalmente. Non sempre ero d’ accordo col taglio di alcuni suoi pezzi, e della «linea» generale del giornale sulla crisi in cui era emerso il fenomeno terrorista. Mi sembrava che non si facessero tutte le necessarie distinzioni tra chi aveva imboccato la strada della lotta armata, e una vasta area di dissenso estremistico e di contestazione, soprattutto giovanile. Che non si cogliessero pienamente le ragioni di quel profondo disagio sociale. Forse sbagliavo. Ma a maggior ragione voglio ricordare le passioni di un confronto aperto, allora possibile anche in una fase in cui sull'”applicazione della linea” non si scherzava. Si aveva la sensazione di imparare molto. Umanamente e professionalmente. Paolucci era un uomo che al rigore politico e professionale univa una ricca sensibilità e cultura, amava moltissimo l’ arte e la musica. E le conosce va molto bene. Ho saputo da altri colleghi che a Milano avevano mantenuto stretti contatti con lui – Dario Venegoni, Oreste Pivetta, Beppe Ceretti, Paola Rizzi – che è mancato pochi giorni dopo la scomparsa della moglie Gabriella, con cui viveva «in una casa piena di gatti e di libri, sempre avvolta nella musica». Sono parole lette nel ricordo che ne ha fatto su facebook Dario Venegoni, che ha tratteggiato una biografia fatta di lavoro operaio a Sestri Ponente, dove si era trasferito ragazzo con la famiglia da Castiglione della Pescaia, degli scioperi contro il fascismo, dell’ arresto e della deportazione in un campo di lavoro forzato in Po lonia. E poi di una intensa attività nel mondo della cultura con il Pci a Genova, e la carriera giornalistica all’ Unità, dove a Milano fu anche a lungo responsabile della sezione del partito che riuniva giornalisti e poligrafici. Ricordare e capire di che cosa si è trattato mi sembra importante, non solo per chi ha vissuto quella stagione. Ho letto nuove sciocchezze sul valore negativo della «nostalgia». Non si tratta, credo, di rimpiangere nulla. Se non l’ assenza di persone care. Ma conoscere bene le radici della propria storia mi sembra indispensabile per tentare davvero qualcosa di nuovo e di meglio.
Cinema, intesa Medusa-Vision
Il Sole 24 Ore
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Il mondo Sky e quello Mediaset trovano un punto di incontro nella distribuzione cinematografica dei propri listini. È stata infatti annunciata la partnership commerciale fra Medusa (Mediaset) e Vision Distribution, società creata da Sky Italia e cinque case di produzione italiane: Cattleya, Wildside, Lucisano Group, Palomar e Indiana Production. «La partnership – si legge in una nota – prevede la condivisione tra le due aziende della stessa rete commerciale Theatrical, mentre entrambe le società manterranno piena autonomia riguardo alla propria linea up editoriale, le attività di marketing e di gli accordi commerciali». (A. Bio.) © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Accordo Medusa-Vision per la distribuzione di film
Italia Oggi
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Prove tecniche di intesa tra Mediaset e Sky: potrebbe essere interpretato così l’ accordo siglato da Medusa Film (gruppo Mediaset) e Vision Distribution, la nuova società di distribuzione cinematografica nata sulla base di un progetto di Sky Italia e di cinque case di produzione italiane (Cattleya, Indiana, Lucisano Media Group, Palomar, Wildside). La partnership prevede la condivisione tra le due aziende della stessa rete commerciale Theatrical mentre entrambe le società manterranno piena autonomia per quanto riguarda la propria linea editoriale, le attività di marketing e gli accordi commerciali. In un momento di forti cambiamenti dei modelli produttivi e distributivi, questa alleanza, fanno sapere da Medusa, «vuole rappresentare una soluzione in grado di valorizzare e rendere sempre più protagonista del mercato il cinema italiano, producendo importanti benefici per tutto il comparto industriale e produttivo nazionale e rafforzando la sua competitività nei confronti della cinematografia internazionale». Per Andrea Scrosati, presidente di Vision, «questa è una fase dove il cinema italiano ha bisogno di alleanze e di partnership. Sono orgoglioso che il primo atto concreto di Vision vada proprio in questa direzione». «L’ alleanza con Medusa rafforza e accelera il nostro ingresso nel mercato. Vision crede nella collaborazione tra operatori per aumentare il perimetro dell’ industria cinematografica e questo accordo segna una direzione di crescita strutturata per il cinema italiano», ha aggiunto l’ a.d. di Vision Nicola Maccanico. Secondo Carlo Rossella, presidente di Medusa, «questo accordo tra due grandi società come Vision e Medusa valorizzerà ancora di più il cinema italiano; lavorare insieme nella stesa direzione ci renderà più forti». «Siamo felici della partnership con Vision per la distribuzione theatrical dei loro film nelle sale italiane», ha concluso l’ a.d. di Medusa Giampaolo Letta. «Il listino Vision potenzierà ulteriormente la nostra presenza sul mercato, consentendoci di consolidare il rapporto con gli esercenti e dare una maggiore offerta al pubblico del cinema in Italia».
Famiglia Cristiana, sciopero e nuovo stato di crisi agitano le acque
Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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È terminato ieri lo sciopero di tre giorni per i giornalisti del gruppo editoriale Periodici San Paolo, quello di Famiglia Cristiana. Ma si preannunciano altri giorni di passione in via Giotto a Milano visto che, dopo la disdetta del contratto collettivo aziendale (quello che comprende tra l’ altro la gestione degli straordinari, degli incentivi ed è stato alla base dello sciopero), si va verso la fine dell’ attuale stato di crisi a gennaio 2018. Le nuove trattative potrebbero ripartire fin dall’ inizio del prossimo autunno. Intanto, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, in uscita dal gruppo ci sono gli ultimi due manager laici dell’ editrice che fa capo alla famiglia religiosa dei Paolini. Si tratta di Andrea Carbini, responsabile della diffusione, e il publisher Marco Basile. Già la settimana scorsa, comunque, non sono mancate le novità con la presentazione del nuovo piano editoriale per Famiglia Cristiana da parte del direttore don Antonio Rizzolo, a poco tempo di distanza dall’ annuncio della disdetta del contratto collettivo aziendale. Rizzolo ha sostituito a novembre 2016 don Antonio Sciortino, da 17 anni a capo del settimanale (testata di punta dei Periodici). Successore interno che conosceva il gruppo editoriale e la macchina redazionale del magazine, Rizzolo ha rappresentato una garanzia di continuità rispetto al periodo di Sciortino, che però in questi anni ha interpretato soprattutto gli orientamenti meno conservatori della congregazione e quelli più vicini a Papa Francesco. Adesso, proprio in virtù di questa continuità, è probabile che non arrivino significative novità editoriali per Famiglia Cristiana. La testata continuerà nel solco tracciato come settimanale per famiglie, con una parte riservata al target femminile (importante sia come decisore di acquisto del giornale sia da un punto di vista pubblicitario). Anche per il 2016, infine, le stime sulla chiusura del bilancio prevedono un rosso per i Periodici della Famiglia Paolina, che controlla anche l’ omonima editrice di libri e l’ emittente tv Telenova.
In tv arriva il canale Cine Sony
Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Come anticipato da ItaliaOggi del 14 aprile scorso, il gruppo Sony pictures television networks apre in Italia anche un canale in chiaro dedicato al cinema, all’ lcn 55 del digitale terrestre. Si chiamerà Cine Sony e, dal prossimo 7 settembre, andrà ad affiancare il canale kids Pop, partito lo scorso 4 maggio sempre in chiaro sul dtt. La tv free, in effetti, sta diventando un terreno di scontro mica da ridere qui in Italia: a prescindere dai nuovi assetti del comparto generalista, con Sky (Tv8) e Discovery (Nove) che cercano di insinuarsi nel castelletto da decenni presidiato da Rai-Mediaset-La7, la battaglia si sta spostando pure sui canali tematici in chiaro. C’ è Mediaset, che in primavera ha rilevato l’ lcn 20 (investendo 15 milioni di euro, nei quali sono compresi anche gli lcn 120 e 520) da Rete Capri, e che sta lavorando al lancio di un nuovo canale. Il gruppo guidato da Pier Silvio Berlusconi, in quella zona di lcn, ha bisogno di presidiare il target più giovane e un po’ più maschile, con un prodotto costruito con contenuti pregiati e che sappia valorizzare l’ immensa library di film e serie a disposizione del Biscione, sfruttando al massimo gli accordi di esclusiva free e pay con major quali Warner e Universal, e pescando nel bacino di contenuti, disponibili pure per l’ emissione in chiaro, e per i quali erano già state chiuse intese per alimentare, in origine, soprattutto i canali della pay tv Mediaset Premium. Quindi film e serie con cui proverà a contrastare il successo di Rai 4, Rai Premium, Paramount channel e, da settembre, Cine Sony, su un target molto interessante dal punto di vista degli investitori pubblicitari. C’ è poi La7, che ha in mente progetti legati a un canale di sport (soprattutto parlato, poiché i diritti tv costano troppo), e pure Viacom, nelle cui stanze sono al lavoro per nuovi sbarchi sul free, dove il broadcaster è già presente con Paramount channel (lcn 27) e Vh1 (67). Il gruppo Scribbs è partito, dallo scorso 8 maggio, con Food network all’ lcn 33, affiancandolo a Fine living (49). E pure Fox Italia, un annetto fa, aveva annunciato di pensare a ipotesi di canali in chiaro. Intanto, un colosso come Sony investe molto sul comparto televisivo free tricolore. E dopo aver spento in marzo i suoi due canali Axn veicolati sulla piattaforma satellitare a pagamento di Sky, ha acquisito gli lcn 45 e 55 da Rete Capri (sborsando circa 10 milioni di euro). Il 4 maggio è partita Pop, all’ lcn 45 (al posto di Neko tv), per sfidare Boing e Cartoonito editi da Mediaset e Turner, K2 e Frisbee editi da Discovery, Super! di De Agostini, e poi Rai Gulp e Rai Yo Yo. E, come detto, il 7 settembre all’ lcn 55 arriva Cine Sony (al posto di Capri Gourmet), che «beneficerà del ricco patrimonio cinematografico di Sony Pictures (gli studios Columbia pictures, ad esempio, ndr), offrendo al pubblico italiano un mix composto da film, documentari, programmi di approfondimento e dietro le quinte del mondo del cinema». La raccolta pubblicitaria di Cine Sony, come quella di Pop, sarà gestita da Viacom international media networks pubblicità & brand solutions, che ha già un notevole know how sia nel segmento bimbi sia in quello cinema, mentre partner di Sony per la capacità trasmissiva sul digitale terrestre dei due canali sarà sempre Persidera. Le iniziative di Sony pictures television networks in Italia sono guidate dall’ operations/territory director Gabriele Moratti, mentre la executive vice president della divisione Western Europe International networks di Sony pictures television è Kate Marsh. L’ espansione in Italia, peraltro, fa seguito agli investimenti fatti nel Regno Unito nel comparto del free to air, dove Sony pictures television networks già detiene e gestisce il canale commerciale a target kids più importante per ascolti, e quelli di cinema al secondo e terzo posto della graduatoria sul territorio inglese. © Riproduzione riservata.
Chessidice in viale dell’ Editoria
Italia Oggi
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Fossati direttore di La Cucina Italiana. Maddalena Fossati ha assunto la direzione del brand di Condé Nast La Cucina Italiana. La giornalista negli ultimi sette anni a Vanity Fair si è occupata di food in tutti gli ambiti, print, digital ed eventi. Radio, raccolta di maggio a +14,8%. Secondo i dati dell’ Osservatorio Fcp-Assoradio (Fcp-Federazione Concessionarie Pubblicità) a maggio 2017 il fatturato della pubblicità nazionale radiofonica è stata pari a 36.475.000 euro, in crescita del 14,8% rispetto allo stesso mese dell’ anno precedente. «A maggio il fatturato della emittenti monitorate dall’ Osservatorio Fcp-Assoradio fa segnare un sensibile incremento: +14,8% sul 2016 e +16,1% sul 2015», ha commentato il presidente di Fcp-Assoradio Fausto Amorese. «Si tratta della crescita più consistente da gennaio 2017, che porta il progressivo dei primi cinque mesi a +4,1%. Un dato sopra media rispetto all’ andamento del mercato pubblicitario in questa prima parte dell’ anno. Maggio è per la radio tra i mesi più importanti per fatturato, con un’ incidenza sul totale di circa il 10%. I numeri mostrano pertanto un mezzo che dal 2015 cresce costantemente consolidando la propria presenza nelle pianificazioni degli investitori». Vice Media Italia, La Selva direttore strategico e della comunicazione. Roberta La Selva passa in Vice Media Italia come direttore strategico e della comunicazione. Lascia Condé Nast Italia dove ricopriva la carica di senior vice president, responsabile dell’ hub creativo dell’ editore nonché direttore del business development. La Selva ha precedentemente lavorato in agenzie pubblicitarie, terminando questo percorso professionale come direttore generale di J. Walter Thompson Italia. In Vice Media Italia La Selva si occuperà prevalentemente della strategia per i brand partner nella struttura produttiva e creativa interna Virtue. La Confindustria francese riprende ItaliaOggi. Un articolo sul debito pubblico francese scritto da Giuseppe Corsentino, firma di punta di ItaliaOggi da Parigi, è stato ripreso da Cap’ IDF, la rivista del Medef, la Confindustria transalpina. Iap rafforza la tutela nella comunicazione digitale. L’ Istituto dell’ autodisciplina pubblicitaria (Iap) lancia la seconda edizione della Digital Chart, l’ iniziativa che si occupa specificatamente e diffusamente delle più diffuse forme di comunicazione commerciale digitale (l’ endorsement da parte di influencer e celebrity, la pubblicità native, i social network, i siti di content sharing, l’ in app advertising e l’ advergame) delineando le linee guida operative per l’ applicazione del codice di autodisciplina. La Digital Chart, che sarà periodicamente aggiornata per rispondere alle evoluzioni tecnologiche e di mercato, fissa per ciascuna tipologia di comunicazione le modalità da adottare per rendere esplicito ai consumatori il fine promozionale dei contenuti diffusi via web, dai social media ai siti di content sharing. Mondadori lancia Tv Sorrisi e Canzoni Enigmistica. Sarà in edicola da oggi Tv Sorrisi e Canzoni Enigmistica, il primo settimanale di enigmistica di Tv Sorrisi e Canzoni, diretto da Aldo Vitali. Il primo numero del nuovo magazine Mondadori sarà disponibile in regalo per i lettori di Tv Sorrisi e Canzoni, Telepiù e Guida Tv, con una tiratura complessiva di 1 milione di copie. Il secondo numero sarà in vendita autonomamente a partire da martedì 11 luglio al prezzo di lancio di 50 centesimi. Con una foliazione di 48 pagine a colori, in un formato pratico per l’ uso a casa e nel tempo libero, il giornale presenta ogni settimana 100 giochi: si va dai classici dell’ enigmistica come cruciverba di cultura generale, rebus, sudoku, incroci di parole, enigmi, passatempi e vignette umoristiche, fino ai nuovi giochi dedicati alla televisione, alla musica, al cinema: «Telequiz», «Le canzonissime» e «Ciak si gira». Triboo Media si dà al direct marketing. Triboo Media, digital company controllata dall’ omonimo gruppo, ha lanciato Triboo Direct, società esclusivamente focalizzata sulle strategie di direct marketing. Triboo Direct nasce come risultato dell’ acquisizione del 70% di Bee Adv, azienda specializzata in attività di digital direct marketing sia in Italia sia all’ estero. Il percorso di sviluppo di Triboo Direct sarà improntato alla costruzione di una rete di venditori locali che, inizialmente con le mail, successivamente con gli altri prodotti del gruppo, permetterà lo sviluppo del mercato locale italiano, hanno fatto sapere ieri da Triboo Media con una nota.
Presto in onda Tele-Facebook
Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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L’ ultima mossa è della scorsa settimana: Facebook ha siglato un accordo con Fox Sport per trasmettere negli Usa 12 partite della prossima Champions League, alcune delle quali in esclusiva. Non è il primo accordo con cui il social network di Mark Zuckerberg si aggiudica diritti sportivi: a febbraio è stata annunciata la partnership con Univision per la trasmissione di 46 partite della massima serie del campionato messicano, mentre a marzo è stata la volta del calcio americano con la Major League Soccer. Tutte queste mosse (che per ora interessano solo il mercato americano), e altre fatte in precedenza, rientrano nella strategia che Zuckerberg sta perseguendo con forza ultimamente: video first. Gli utenti di Internet hanno decretato il successo dei video online? Facebook deve diventare l’ approdo principe anche per questi contenuti perciò via alle partnership e alle produzioni di video, quelli lunghi e professionali, non solo quelli realizzati dagli utenti. Il discorso è il solito: Facebook per garantirsi di ottenere il massimo dai suoi utenti in termini di monetizzazione pubblicitaria deve trattenerli il più possibile, offrendo tutto quello che cercano: è stato così per i giornali e l’ informazione, è così anche per i video. È la competizione per il tempo delle persone, quella che in un mondo ricco di offerta di contenuti, molti dei quali gratuiti, è diventata fondamentale. Ma non è solo una questione di quantità. Puntare su video lunghi e non generati dagli utenti per Facebook significa sì poter inserire più pubblicità ma anche poter sviluppare formati di premium advertising da far pagare di più. Anche perché viene meno il pericolo di contenuti inappropriati più probabili nei video realizzati dagli utenti, il fenomeno che ha portato alcuni marchi a bloccare la propria pubblicità nel timore di essere associati a violenza o incitamento all’ odio. Chiaro che questa è una sfida con piattaforme online diverse come YouTube o Netflix ma anche con la tv tradizionale. Con tutti i distinguo del caso (e per ora sono molti), comunque si tratta di competere nella suddivisione dei budget pubblicitari. Per giunta c’ è da considerare che Facebook vuole proporre i suoi video anche nel salotto di casa: l’ app con i soli video per l’ Apple tv, Android tv e smart tv dovrebbero servire proprio a questo, ammesso che passi un utilizzo del social molto differente rispetto a quello usuale. In ogni caso la marcia è cominciata e così la volontà di mettere i bastoni fra le ruote a Twitter che pure aveva iniziato a trasmettere incontri sportivi nella sua piattaforma. Lo sport è il contenuto principe per Facebook: la finale di Champions fra Juve e Real Madrid è stata commentata da 34 milioni di utenti per 94 milioni di interazioni. E sarà proprio questo il fil rouge dei video su cui Facebook punta: soprattutto sport ma non solo purché si tratti di show sui quali si accende la condivisione degli utenti. Difficile quindi che si parli di film. Per sperimentare Zuckerberg non vuole spendere molto, niente produzioni milionarie come quelle di Netflix e quando si può revenue sharing sulla pubblicità con produttori e detentori dei diritti, un modo meno rischioso per sviluppare anche questo fronte. Nel caso della Champions, per esempio, già Fox trasmetteva alcune partite soltanto sulla propria piattaforma online (Fox Sports Go), ma ha deciso comunque di andare anche su Facebook sicuro di poter attrarre ancora più spettatori e quindi pubblicità. © Riproduzione riservata.
Sul decoder Cibor I approdano 15 nazioni
Il Tempo
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Quindici nazioni, tra cui Romania, Polonia, Grecia, Bulgaria, Austria, sbarcano sul decoder CIBOR-I prodotto dalla Italian televisioni network, una tv che ad oggi trasmette su 140 canali televisivi digitali terrestri e satellitari Sky in Italia e in Europa. Basta acquistare il decoder e godere di un collegamento Internet perché documentari e programmi televisivi che non trovano comunemente spazio nei canali tradizionali di distribuzione siano “traghettati” verso questa piattaforma di ultima generazione promossa in tutto il mon do con spot nelle TV anche di stato. Un modo veloce per permettere alla folta platea di immigrati nel nostro paese, di seguire un programma televisivo di una o più emittente che trasmette nella loro lingua madre. «La formula vincente- spiegano gli ideatori e Ceo (amministratore delegato) del gruppo, Roberto Onofri e Marco Matteoni – è quella di avere una squadra giovane e capace che lavora su questo prodotto h24 e che con i suoi sviluppatori Massimo Spaggiari e Marco Ricciuti ha trovato ilperfetto binomio di praticità ed innovazione». «Nel mondo spiega ancora Marco Matteoni – avere una punta di diamante come l’ ex patron del festival di Sanremo, Adriano Aragozzini, ci ha aperto contatti con le più grandi nazioni ad alta densità di italiani». Intanto giugno si chiude con oltre cinquecento decoder venduti e ordinativi che sono schizzati nella misura del 300 per cento dall’ inizio del progetto di Italian Television Network. Il nuovo decoder sulla scia di Sky, Mediaset Premium, Alice Telecom, dà la possibilità di far vedere su qualsiasi televisore e ovunque la programmazione di canali e delle tv che ospita sulla propria piattaforma: dalla musica, al cinema, ai viaggi, passando per la cucina, il made in Italy, e il super trendy Makeup Channel, canale dedicato esclusivamente al crescente fenomeno di Makeup Artist. CIBOR – I, che aprendosi a nuovi Paesi cambia nome in CIBOR-I WORLD TV BOX si istalla in un minuto tramite presa HDMI di una qualsiasi TV collegato ad un Wi-Fi, anche dal cellulare. Il decoder Cibor -I è prodotto dalla Italian televisioni network, tv che trasmette su 140 canali televisivi digitali terrestri e satellitari Sky in Italia e in Europa. Funziona con un collegamento internet.
«Noi siamo real news» La difesa a oltranza dei reporter della Cnn
Corriere della Sera
G. Sar.
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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON La Cnn si barrica dietro quattro righe di comunicato ufficiale. «Non facciamo altri commenti, c’ è tutto nella nota ufficiale, a proposito ce l’ ha?» dice al telefono Bridget Leininger, responsabile delle pubbliche relazioni della tv di Atlanta. È in California, in vacanza per il 4 luglio, così come gli anchor e i reporter titolari. Nessuno di loro ha risposto alle mail: Jack Tapper, Wolf Blitzer, Dana Bash, Don Lemon e altri. Brien Stelter, il conduttore della trasmissione su media e politica Reliable sources , Fonti affidabili, si fa vivo con un laconico «Non posso, mi dispiace». Da due giorni l’ emittente continua a trasmettere il video postato con Donald Trump che finge di aggredire un uomo, durante un incontro di wrestling. Sul viso della persona investita dai pugni il logo della Cnn . La nota ufficiale parla di «comportamento infantile» e accusa «il presidente degli Stati Uniti di fomentare la violenza contro i reporter». Ieri a Washington i pochi giornalisti americani rimasti a presidiare il territorio erano convinti che Trump ce l’ avesse in particolare con Jim Acosta, il capo dei corrispondenti della Cnn alla Casa Bianca. Neanche Acosta ieri è stato raggiungibile. Ma il suo pensiero è su Twitter (320 mila follower). L’ account si apre con messaggio fisso: «Noi siamo real news Mr. President». L’ altro ieri ha commentato la clip di Trump con queste parole: «Promemoria: giusto pochi giorni fa la Casa Bianca aveva detto che il presidente non aveva mai promosso o incoraggiato la violenza». Il reporter è in costante polemica con i portavoce di Trump e qualche settimana fa aveva twittato: «Sarò fatto all’ antica, ma penso che il presidente debba avere la fibra per rispondere a tutte le domande». Un altro possibile bersaglio di Trump potrebbe essere Don Lemon, conduttore dell’ ultima fascia della giornata. Il presidente guarda la tv soprattutto la mattina presto e a tarda sera. News e talk show. Il 29 giugno, il giorno dell’ attacco del presidente alla giornalista Mika Brzezinski, Lemon ha iniziato la trasmissione guardando fisso in camera: «Il presidente si dovrebbe vergognare e chiedo ai repubblicani fino a quando sopporteranno cose di questo tipo. Che cosa stanno aspettando per prendere le distanze dal presidente?». I giornalisti politici, come Dana Bash o Jeff Zeleny, hanno preferito, invece, non esporsi direttamente, ma ritwittare critiche e commenti di altri, per esempio dei senatori repubblicani. Silenti i big: sull’ account Twitter di Anderson Cooper, 10 milioni di follower, l’ ultimo aggiornamento risale a venerdì 30 giugno ed è il promo di uno speciale sulla strage terroristica al club Pulse di Orlando, lo scorso anno. Cooper, Wolf Blitzer e gli altri se la cavano riproponendo il comunicato aziendale.