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Rassegna Stampa del 24/06/2017

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Imprenditoria e cultura, a Cairo il premio Roma

«Una scelta strategica nell’ interesse della tv pubblica»

Il caso Fazio Su Rai1 avrà oltre 2,2 milioni annui e più serate Proteste da Pd, FI e Lega. Orfeo: rilancio dell’ azienda

Lezioni per l’ Italia dalla vendetta digitale di Axel Springer

IL TETTO RAI NON SCOTTA PIU’

L’ informazione pende sempre a sinistra Sparisce perfino «L’ Arena» di Giletti

«In Repubblica-Stampa comanda sempre la Cir» Ma il futuro è un rebus

Repubblica.it e Tgcom24 i siti più seguiti

Fazio, 11 milioni in 4 anni Ma è lite tra i consiglieri

Al via Class Digital Experience Week

Chessidice in viale dell’ Editoria

Gruppo Gedi De Benedetti lascia il vertice al figlio Marco

Il Cda Rai approva i palinsesti a Fazio 11,2 milioni in 4 anni

Fake news, il tallone d’ Achille di Facebook e Google

Fabio Fazio resta in Rai per 11,2 milioni in quattro anni

Imprenditoria e cultura, a Cairo il premio Roma

Corriere della Sera
Laura Martellini
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ROMA L’ editoria al cuore della crescita culturale e insieme economica. Libri e competitività. Arte e comunicazione. Così succede che al premio Roma per la narrativa italiana e straniera e la saggistica vengano assegnati riconoscimenti speciali a Urbano Cairo, numero uno di Rcs, il gruppo del Corriere, di Cairo Communication, e di Torino calcio, e all’ attore Roberto Benigni. Ad Antonio Tajani presidente del Parlamento europeo e Raffaele Cantone presidente dell’ Autorità anticorruzione, e a Paola Gassman, Ugo Pagliai e Piotr Adamczyk, interpreti della scena teatrale e televisiva. La cerimonia di consegna della Lupa capitolina in bronzo s’ è svolta ieri a Roma, nell’ Aula Magna del Rettorato dell’ Università Sapienza gremita. A Cairo, già miglior imprenditore del 2016, in testa alla classifica Reputation Manager, è andato il premio speciale per l’ imprenditoria. Ha sottolineato Cairo: «Il mondo dei media è in evoluzione, oggi ancor più impegnativo. Quel che ho sempre cercato di fare, nel risanare aziende, è stato mantenere fermi i posti di lavoro, e dare occasioni ai giovani. Ho scovato in posti nascosti persone che dandogli un’ opportunità si sono dimostrate bravissime. Un po’ di fortuna aiuta!». «La bellezza dell’ Italia» il filo con cui sono stati legati i successi del manager a quelli inanellati da Benigni durante la carriera. Un protagonista «che ha ricordato al mondo, con i suoi tre Oscar per La vita è bella – è la motivazione – come siamo intrisi di grazia, storia, arte, cultura, letteratura, ma anche memoria e sentimenti forti». Per la narrativa straniera, Lupa capitolina a Alex Connor («Il dipinto maledetto», Newton Compton). Per la narrativa italiana, a Matteo Nucci autore di «È giusto obbedire alla notte» (Ponte alle Grazie). Ed è stato Alan Friedman con «Questa non è l’ America» (Newton Compton) ad aggiudicarsi la Lupa per la saggistica.

«Una scelta strategica nell’ interesse della tv pubblica»

Corriere della Sera

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Consigliere Franco Siddi, lei ha sempre sostenuto la libertà della Rai di agire sul mercato. «La legge sul tetto ai compensi rappresentava una pesante limitazione per la Rai, per la sua possibilità di agire pensando al bene della Tv pubblica. Con il contratto a Fazio siamo noi ad agire sul mercato, smettendo di subirlo Siamo riusciti a coniugare l’ interesse pubblico con le esigenze di una scelta strategica di valore». Ma le cifre sono al centro di attacchi politici: 11,2 milioni di euro in quattro anni. «Abbiamo fatto l’ interesse della Rai e dei suoi lavoratori, perdere Fazio avrebbe significato mettere a rischio una fetta della nostra capacità di competizione. Fazio passa da Rai3 a Rai1 allo stesso costo e assicurando un maggior numero di ore di trasmissione. È un investimento in termini strategici: portando Fazio su Rai1 è del tutto chiaro che cresce il suo valore in termini pubblicitari, quindi il ritorno economico sarà considerevole. C’ è poi un altro aspetto che va sottolineato: il cambio di programmazione di Rai1, con Fazio, fa risparmiare la Rai» In che senso, Siddi? «Fazio costa il 50% in meno di una classica trasmissione di intrattenimento su Rai1. Questi sono fatti industriali».

Il caso Fazio Su Rai1 avrà oltre 2,2 milioni annui e più serate Proteste da Pd, FI e Lega. Orfeo: rilancio dell’ azienda

Corriere della Sera
Paolo Conti
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Fabio Fazio resta alla Rai, dopo le polemiche sui compensi per i «divi» e il tetto di 240 mila euro l’ anno, poi superato grazie a un parere dell’ Avvocatura dello Stato. Fazio passa, come era nelle previsioni, da Rai3 a Rai1, diventando uno dei personaggi-chiave della rete ammiraglia sia la domenica in prima serata con «Che tempo che fa» dalle 20.30 alle 23.30 sia il lunedì con un programma dalle 23.30 a mezzanotte e mezza. Compenso pattuito: 2,2 milioni l’ anno per quattro anni ma con un aumento di 30 ore prodotte rispetto al passato. Un pacchetto quadriennale da 11,2 milioni di euro al quale, fanno sapere al settimo piano di viale Mazzini, vanno sommate le voci legate alla produzione e al resto del cast del programma. Il compenso comprende anche altre voci legate ai diritti e al format delle sue trasmissioni: senza di loro, spiegano a viale Mazzini, il compenso sarebbe inferiore al precedente, sotto i 10 milioni. Lo ha deciso il Consiglio di amministrazione di viale Mazzini, riunito ieri sotto la presidenza di Monica Maggioni. Le proposte di palinsesto del direttore generale Mario Orfeo hanno avuto 6 sì, il no del consigliere Arturo Diaconale (che però ha votato sì sul contratto di Fazio), assenti Carlo Freccero («il direttore generale non ha risposto a nessuna mia obiezione sui palinsesti») e, per motivi personali, Giancarlo Mazzucca. Il Cda ha così varato i palinsesti che verranno presentati martedì 28 a Milano agli inserzionisti pubblicitari. Soddisfatto il direttore generale Orfeo sull’ operazione Fazio: «Ringrazio il Cda perché la presenza e la valorizzazione di Fabio Fazio nel palinsesto della Rai è un passaggio importante per il consolidamento della leadership della tv pubblica e per il rilancio dell’ attrattività innovativa dell’ azienda». E così la presidente Maggioni: «Lo sforzo fatto per non perdere il valore e la capacità di racconto di Fazio è direttamente connesso alla volontà di garantire un futuro all’ azienda tenendola ancorata al mercato». Ma il compenso ha attirato dure polemiche politiche. Per Michele Anzaldi, Pd, «il rinnovo del contratto a Fazio per ben 4 anni, con un aumento del 50% sul compenso, è un vero schiaffo agli italiani che fanno sacrifici e alla povertà, al Parlamento che ha approvato una legge ora disattesa con il tetto a 240 mila euro e alla commissione di Vigilanza». Maurizio Gasparri, Forza Italia, parla di «vergognosa pioggia di euro». Il segretario della Lega, Matteo Salvini: «Pare che la Rai voglia regalare a Fabio Fazio un contratto da più di 11 milioni di euro per quattro anni, 2,8 milioni di euro all’ anno. E poi chiedono il canone a disoccupati e pensionati. Per me è una vergogna». Le novità nei palinsesti sono molte. Sparisce «L’ Arena» di Massimo Giletti il pomeriggio domenicale su Rai1: «Domenica in», fanno sapere al settimo piano di viale Mazzini, torna alla sua vocazione di contenitore di intrattenimento e di racconto, affidato alla conduzione di Cristina Parodi. Nella seconda parte, da ottobre, sei o sette puntate de «La vita è una figata» di Bebe Vio, la schermitrice italiana, campionessa paraolimpica e mondiale di fioretto individuale. Poi quattro puntate speciali, sotto la direzione artistica di Carlo Conti, dedicate al sessantesimo anniversario dello Zecchino d’ Oro. In quanto a Massimo Giletti (la cancellazione della sua «Arena» potrà provocare polemiche, visto il forte legame professionale del giornalista con quello spazio) i vertici Rai gli hanno offerto la conduzione di 12 grandi serate-evento musicali su Rai1 il sabato sera. Collocazione di indubbio prestigio, sempre nell’ ottica di una forte sottolineatura di Rai1 come Rete ammiraglia della tv pubblica. Altri spostamenti: Eleonora Daniele mantiene «Storie vere» su «Unomattina» su Rai1 ma viene «promossa» anche al sabato pomeriggio, Francesca Fialdini lascia «Unomattina» per condurre «La vita in diretta». L’ abbinata «Presa diretta» – «Report» su Rai3 torna al lunedì sera, com’ era una stagione fa, durante l’ ultima conduzione di Milena Gabanelli prima del suo addio. Varate anche alcune nomine: Roberto Sergio va alla direzione Radiofonia, incarico che già ricopriva ad interim da gennaio, una conferma attesa da tempo. Luciano Flussi, attuale direttore generale di Rai Pubblicità, torna alla Direzione delle Risorse umane che ha già diretto nel periodo 2007-2013 mentre Paolo Galletti, attuale Direttore di Risorse umane e organizzazione, avrà la responsabilità del progetto Rai Academy, scuola di formazione per i lavoratori della tv pubblica, considerata strategica per il futuro.

Lezioni per l’ Italia dalla vendetta digitale di Axel Springer

Il Foglio

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Roma. Prima di lasciare il suo impero editoriale al figlio, il prominente imprenditore della carta stampata Carlo De Benedetti ha proposto di convocare gli Stati generali dell’ editoria per agevolare un confronto utile per l’ anemica industria nazionale a mitigare l’ aggressione dei giganti digitali globali, come Google, Facebook, Apple, che drenano lettori e piombano il business giornalistico. “L’ Italia dovrebbe essere solo l’ inizio: mi piacerebbe che questa si trasformasse in una iniziativa che coinvolga l’ intera Europa”, ha detto il 21 giugno. Come ultima operazione De Benedetti, 82 anni, ha concentrato tre quotidiani rilevanti (Repubblica, Stampa, Secolo XIX) nella società Gedi, da ieri guidata del secondogenito Marco, 54 anni. Pur pertinente col senso d’ urgenza del momento, l’ appello agli Stati generali forse non è bene augurante: è mutuato dagli États généraux, l’ assem blea convocata per l’ ultima volta nel 1788 da re Luigi XVI per discutere tra i rappresentanti di clero, aristocrazia e popolo il contenimento della grave crisi politica, economica, sociale e finanziaria che concimava l’ immi nente Rivoluzione francese. Quando la monarchia fu rovesciata, Luigi Capeto ci rimise l’ onore e la testa. La Francia non è un archetipo cui ispirarsi e, in editoria nello specifico, nemmeno l’ Italia, al momento, può ambire a guidare un cambio di paradigma epocale. Quindi, che fare? Forse la Germania può indicare la via d’ uscita in quanto avanguardia nel settore da secoli. I tedeschi, pionieri dell’ industria della stampa, sono considerati i primi a diffondere un foglio di notizie nel 1563, mentre la prima edizione in copie numerate risale al 1612. Quattro secoli più tardi gli imprenditori tedeschi segnano ancora la strada. Negli ultimi anni Axel Springer, colosso editoriale di rango europeo famoso per il tabloid Bild, il quotidiano conservatore Die Welt e l’ edizione nordeuropea di Rolling Stone, ha rapidamente sterzato dalla carta stampata al business digitale, aggredendolo e guadagnandoci. La “metamorfosi”, come l’ ha definita l’ Economist, è avvenuta in fretta, fino al 2000 non aveva ricavi da digitale, l’ anno scorso sono arrivati al 72 per cento sul totale e da quella fonte deriva l’ 88 per cento della pubblicità. Alla presidenza del consiglio di sorveglianza c’ è sin dal 2002 Giuseppe Vita, manager italiano di lunghissimo corso – è presidente di Unicredit ed è stato in vari cda, compreso quello di Rcs Media Group, editore del Corriere della Sera. Vita spiega al Foglio la genesi di un cambiamento che già era nella filosofia del fondatore, da cui l’ azienda prende il nome, morto nel 1985 a 73 anni lasciando l’ impero alla quinta e ultima moglie Friede Springer. “Con l’ arrivo della tv, Springer aveva visto che il mondo della comunicazione non sarebbe stato più la carta stampata o la radio, e ha lasciato come testamento di difendere e di diffondere il lavoro dei giornalisti con tutti i mezzi possibili presenti e futuri. Cinque anni fa – dice Vita – siamo andati nella Silicon Valley con un centinaio di giornalisti, alcuni membri del cda e la signora Springer visitando in dieci giorni quasi tutte le aziende rilevanti, Google, Twitter, Facebook, e anche quelle allora meno conosciute come Airbnb e Uber (dove la società ha una partecipazione finanziaria utile a diversificare il business, ndr). Era interessante capire con che velocità il mondo andava in quella direzione. Google era la nostra principale preoccupazione perché prende i contenuti e li pubblica gratis facendoci perdere fatturato e mettendo sotto pressione l’ organico. Cercammo un accordo, ma l’ offerta non fu ritenuta sufficiente. Abbiamo cercato di modificare la legge editoriale in Commissione europea e si è arrivati a un buon livello di soddisfazione non solo per noi ma per tutti gli editori. Tuttavia non basta, si disse, o entriamo nel business o la carta scomparirà con la nuova generazione. I miei nipoti non hanno mai comprato un giornale…”, dice Vita che ha 82 anni. La Bild, popolare tabloid dai toni aggressivi, all’ epoca vendeva 6 milioni di copie con 12 milioni di lettori, oggi ha dimezzato le copie vendute. Vita dice che l’ editoria ha un futuro fino a che i contenuti sono qualificati ma servono altre fonti di guadagno per potere sostenere i conti. “Non si potevano mantenere 20-25 testate quando non avevamo più il nostro core business perché il mondo di lingua tedesca, dove eravamo da anni, non ci dava più l’ op portunità di aumentare la quota di mercato”, dice. Così quattro anni fa la Axel Springer, guidata dal ceo Mattias Döpfner, ha venduto diversi giornali e riviste per circa 1,2 miliardi di euro. Nel 2015 ha tentato di comprare il Financial Times ma è stata battuta dalla giapponese di Nikkei, con sollievo dei suoi azionisti. Le operazioni di acquisizione nel digitale invece sono arrivate a 150 nell’ ultimo decennio con investimenti per oltre 2 miliardi di euro. Tra queste, Business Insider, giornale esclusivamente online in lingua inglese di informazione economica e non solo abile nell'”acchiappare” click. “Solo nel mese di gennaio ha fatto 3 miliardi di video visti – micro video da un minuto”, dice Vita. E poi l’ ameri cana eMarketer, fornitore di informazioni sul mercato digitale, e la collaborazione con la sudcoreana Samsung per avviare il servizio di informazioni personalizzate Upday sui suoi smartphone. Axel Spinger ha poi aggredito il business dell’ inserzionistica che la società di comparazione prezzi online e di e commerce avevano precedentemente soffiato alla carta stampata che per anni l’ aveva ritenuto suo bacino esclusivo. Una vendetta secondo il metodo Springer. Ha comprato Step stone, il sito più visitato da chi cerca lavoro in Germania, una piattaforma di condivisione anche per chi cerca un’ auto usata, case vacanza, appartamenti. Un contenitore di inserzioni e pubblicità lucroso. Un altro è Idealo, sito web di comparazione prezzi nell’ ecommerce. “Siamo uno dei principali editori d’ Europa e non siamo usciti dall’ editoria, ci siamo rimasti aggiungendo un servizio in più per i lettori a traino della lettura degli articoli. Ci siamo emancipati dai limiti della lingua tedesca e dal mondo della carta stampata – dice Vita – ed è la stessa cosa che avrebbero dovuto fare gli italiani”. Nel 2016 Axel Springer, fondata nel 1946 ad Amburgo ma trasferitasi a Berlino dopo la caduta del muro, ha chiuso il bilancio con un fatturato di 3,29 miliardi, il margine operativo in crescita del 6,5, l’ utile netto balzato del 46,7 per cento con le operazioni straordinarie, e di un ragguardevole 7,4, pari a 300 milioni, per la sola gestione. “La malattia italiana -dice Vita -è appoggiarsi alla politica e parlare tedesco, per modo di dire, solo quando si tratta di leggi elettorali. A differenza della Germania non esistono o quasi editori puri. Rcs -dove Vita è stato consigliere fino al 2013 – era nato come editore puro, e ora è tornato ad esserlo con Urbano Cairo, ma prima si era dovuto affidare alle banche e sono entrati industriali e imprenditori. Ma nessuno aveva come primo interesse la partecipazione nella Rizzoli, ma solo quello inconfessato di dire che avevano un piede nel giornale principale d’ Italia e quindi se c’ era qualcosa che poteva riguardare il loro core business potevano fare valere la loro presenza. In Italia insomma non c’ è stata quella preoccupazione di dire ‘dove va a finire l’ editoria’ ma dove vanno a finire i miei affari”. Forse, quando ci saranno gli Stati generali, vale la pena ripartire da qui.

IL TETTO RAI NON SCOTTA PIU’

Il Foglio

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La ricorderemo come la tormentata stagione degli addii immaginari alla Rai. La stagione della trattativa stato -Fazio. Tra pizzini a forma di tweet, arrovellamenti esistenziali, dubbi iperbolici, palinsesti appesi a un filo, lettere di Bruno Vespa a Dagospia e pareri dell’ avvocatura di stato. Siamo artisti o giornalisti? Siamo la casta o l’ anticasta? Siamo il servizio pubblico o il mercato? Mi si nota di più se vado a “Discovery” o se resto? “A La7! A La7!”, dicevano a un certo punto i nostri eroi. Ma si era già sconfinati dalle parti di Molière più che in preda alle disperate lamentazioni di Cechov. Più cechoviano di tutti però è stato Fazio. Un po’ ama reggiato, un po’ immalinconito, un po’ “passive -aggressive”, ha sfoderato tutti i suoi registri migliori. La carta della nostalgia, la Rai di “quando avevo diciannove anni”, le “cose belle fatte insieme”, il “pubblico con la P maiuscola”, il “cavallo unico punto fermo di Viale Mazzini”, l'”ingerenza della politica mai vista prima” e via così, fino al coup de théâtre da sferrare in piedi nella penombra della stanza guardando verso la finestra mentre fuori nevica: “Ormai per me è più difficile restare che partire”. Sipario. Applausi. Ma la stagione degli addii è già diventata quella dei ritorni. Torna Pao la Perego “ferita da due donne”, come spiega nell’ intervista al settimanale Oggi. E’ tornato “Sarabanda” di Enrico Papi che mancava dal ’97. Il calciomercato è quello che è, così ci si appassiona al destino dei conduttori televisivi. Chissà se il pubblico di Fazio e Giletti tirerà falsi dollari ai conduttori come hanno fatto i tifosi con Donnarumma. Vedremo. Resta agli atti che la vicenda del “tetto-sti pendi”, o meglio il mirabolante psicodramma del “tetto -stipendi”, s’ im pone come un racconto esemplare dell’ italianità. Una delle tante parabole del nostro imperscrutabile rapporto con le regole, giuste o sbagliate che siano. Un segno dei tempi, un famigerato “specchio del paese”. Perché quando ci si appassiona solo alle regole del gioco, vuol dire che il gioco se la passa male. Succede con lo sfibrante dibattito sulla legge elettorale – bellissimo, giustissimo, per carità, salvo che poi tutti ci dimentichiamo cosa bisognerebbe fare una volta al governo. Succede con la tv di stato. Se prima il servizio pubblico doveva inseguire le tv private e i partiti, ora deve inseguire le tv private, i partiti, il populismo, il mercato, Lucio Presta, Caschetto e Ballandi. Ma andiamo con ordine. Torniamo all’ impennata moralizzatrice dello scorso settembre. Quando il Senato, a larghissima maggioranza, dà il via libera alla proposta avanzata dal Pd, ovvero attenersi a un “limite massimo retributivo di 240.000 euro”, come recitava l’ emendamento, relativamente “agli amministratori, al personale dipendente e ai consulenti del soggetto affidatario della concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale”, insomma un po’ tutti. Di critiche in quei giorni se ne sentono poche. Anzi. Esulta Calderoli che parla di “fine del Bengodi”, esulta il Pd che parla di “salto di qualità” della tv di stato, di “gesto di grande responsabilità”, di “ritrovata autorevolezza e credibilità” della Rai. Esulta più di tutti il M5s che lo rivendica come “un nostro successo”. Praticamente, un Comitato di liberazione nazionale. Si astiene solo Giovanni Endrizzi dei Cinque stelle che con un guizzo beffardo vuole “lascia re al Pd tutto il merito di passare la paletta dove il M5s ha indicato di pulire” (un po’ come a Roma con la mondezza). Bisognerà “limitare le retribuzioni tenendo conto dei tetti ma preservando il valore e la capacità dell’ azienda”, chiosa su tutti Campo Dall’ Orto. “Dire che non si possa mai avere un manager con uno stipendio sopra i 240 mila euro è molto pericoloso”, ricorda invece Monica Maggio ni. Poi, subito la strada si mette in salita. A novembre, il Cda fa sapere in una nota che “per i contratti di natura artistica, verrà chiesta un’ inter pretazione puntuale del testo di legge all’ azionista ministero dell’ Econo mia e finanze e al ministero dello Sviluppo economico”. Ci sono i dubbi dell’ Avvocatura di stato sui compensi degli “artisti”. Ci sono le preoccupa zioni degli agenti delle “star”. Ci sono le perplessità di Massimo Giletti che invita tutti a “vedere costi e ricavi dei top player”. “Artisti”, “star”, “top player”. Le parole sono importanti. Quelle che circolano dentro il dibattito sul tetto stipendi rivelano la fragilità di tutto l’ impianto. Quantomeno, la confusione di una Rai che storicamente ha sempre privilegiato il giornalismo e l’ informazione rispetto all’ entertain ment e ora deve appellarsi all’ arte. Rispetto agli altri paesi europei, l’ in vestimento italiano in intrattenimen to prende solo il 3,9 per cento del valore dell’ interno mercato televisivo. Nella gran parte dei casi parliamo di format acquistati all’ estero e adattati per il nostro paese. Secondo un pregiudizio che da noi è duro a morire, lo spettacolo è “frivolo” oppure è roba della concorrenza, mentre l’ informa zione, la fiction civile e la serata “Falcone e Borsellino” sono il segno dell’ indubitabile supremazia morale della tv di stato. Quando si cita, quasi sempre a sproposito, il modello Bbc ci si dimentica dei suoi precisi obblighi di produzione indipendente nell’ area dell’ intrattenimento. Una produzione che si prende un miliardo e mezzo di euro, circa il 9 per cento dell’ intero mercato televisivo. Ecco che in una Rai cucita sui partiti, sulla supremazia dell’ informa zione e sulle rovine della missione pedagogica improvvisamente si fa largo e si erge su tutto e tutti l'”arti sta”. Il termine, lo si intuisce, evoca in questo caso personalità molto diverse: da Van Gogh a Antonella Cleri ci, da Mozart a Amadeus, da Klimt a Carlo Conti. All’ Avvocatura di stato il compito di fare chiarezza. Così, come in ogni recita che si rispetti, ecco al secondo atto del dramma l’ arrivo puntuale della lettera. La scrive il ministero dello Sviluppo economico e riporta il parere dell’ Avvocatura di stato: “I contratti di prestazione artistica non sono inclusi nel perimetro di applicazione del limite ai compensi Rai previsto dalla legge”. L’ arte non si spiega, il conduttore non si piega. Si sa, i manager rubano tutti ma gli artisti svettano sopra il tetto come i Beatles sul palazzo della Apple. Va bene. Ma chi sono gli artisti della Rai? Qui le cose si ingarbuglia no un po’. A scioglierle ci pensa Bruno Vespa. “Caro Roberto”, scrive in una lettera aperta a Dagospia, “forse ti interesserà sapere che dal 2001 ho un contratto per prestazioni artistiche”. Ovvero, dal 2001 non sono più un giornalista ma un artista come Carlo Conti e Flavio Insinna. Come le 95 tesi di Lutero inchiodate sulla porta della Chiesa di Wittenberg, la lettera in cinque punti di Vespa affissa sul sito di Dagospia diventa l’ emblema dello scisma. Mentre tutti guardano il dito dell’ Avvocatura di stato, Vespa indica la luna: “Tra un Fabio Fazio che si occupa di Falcone e un Bruno Vespa che fa un programma su ‘Ballando con le stelle’, chi è l’ artista e chi il giornalista?”. La faccenda signori è tutta qui. Facciamo televisione, pardon, “arte televisiva” o facciamo giornalismo? Non se ne esce. Come scrive Vespa, e lo scrive in modo davvero limpido, “riconoscere carattere esclusivamente giornalistico a trasmissioni come ‘Porta a porta’ o altre comporterebbe ovviamente la mutazione in giornalistici di tutti i contratti in essere per chi vi collabora”. Chapeau. Nonostante le furibonde sfuriate civili sulla piaga dei vitalizi, anche “L’ Arena” di Massimo Giletti è puro spettacolo (francamente l’ avevamo intuito). Appena pochi mesi dopo gli applausi unanimi del Senato, la Rai riscopre dunque la necessità di stare dentro il mercato e la concorrenza. Dalla vicenda Donnarumma al tetto -stipendi siamo paralizzati dalla pulsione pauperista, anzi ossessionati dallo stipendio degli altri, come ha scritto Salvatore Merlo sulle pagine di questo giornale. Solo che invece di legittimare il mercato ci attacchiamo alla fede nella maglia o alla potenza misterica dell’ arte e dei “contratti a prestazione artistica”. Non siamo riusciti a trattenere “Zoro” ma se non volete che Alberto Angela finisca a Sky o Discovery, basta chiamarlo artista. Prima o poi tornerà. E poi c’ è Fabio Fazio. Qui la faccenda è più complessa. Perché Fazio è giornalista, ma ha chiesto la cancellazione dall’ Albo (per via dello spot in cui scrutava il mare, passeggiava sui monti, spiegava “l’ apertura celestiale della mente” e lanciava la banda larga della Tim). Fazio è artista, su questo non c’ è dubbio, ma fa anche la televisione civile con la fascia tricolore, Saviano e l’ inno di Mameli. Fazio è tutto. Alla fine viene naturale optare per la trinità: giornalista, artista e “produttore di me stesso”, così “prima o poi da qualche parte mi vedrete”, annuncia al culmine delle sue esternazioni sul tetto -stipendi. Alla fine, lo vedremo su RaiUno. Quantomeno vuol dire che ne è valsa la pena. Agitare lo spettro indignato della lottizzazione, esaltare le virtù del mercato, strizzare l’ occhio alla concorrenza passando da una prova generale con Falcone e Borsellino prima di accomiatarsi dal pubblico come un vecchio crooner alla sua ultima esibizione, infine preparare la rinascita con una nuova stagione di “Che tempo che fa” sul primo canale. Addio tetto -stipendi, addio forza di gravità. Che il limite di duecentoquarantamila euro fosse una scemenza lo sapevamo tutti (“è una scemenza” fu il commento di Montanelli all’ approvazione del Senato di un tetto -stipendi ai giornalisti di aziende pubbliche nel lontano 1995). Aveva ragione Monica Maggio ni quando parlava di “deriva populista che rischia di minare il servizio pubblico”. Ma non bisognerebbe sottovalutare la funzione catartica del gioco del tetto -stipendi. Anzitutto quella di tenere in piedi un doppio tavolo delle trattative. Su uno me ne vado, sull’ altro passo al rialzo. Su uno strizzo l’ occhio all’ indignazione e alle responsabilità del servizio pubblico, sull’ altro invoco i “top player”, la concorrenza, il mercato, la qualità, Von Hayek, la scuola austriaca e i “Chicago boys”. E’ un gioco che viene da lontano. Anzi, non si capisce granché della vicenda tetto -stipendi se non la si inserisce nella lunga, accecante operazione trasparenza che inizia a prendere forma negli anni Novanta, all’ ombra del Garante per la privacy Stefano Rodotà. Quando contro gli “stipendi d’ oro” della Rai si scagliano l’ Osservatore Romano, la Cei, Liliana Cavani e Francesco Storace, all’ epoca presidente della Commissione di vigilanza. A ridosso di Tangentopoli fioccano sui giornali le tabelle coi nomi dei manager, le cifre a caratteri cubitali e l’ immancabile box con intervista a Rodotà dove si spiega il valore supremo della trasparenza nello stato. Quanto fosse labile il confine tra la ricerca di un’ amministra zione pubblica efficiente e la deriva populista l’ avremmo capito meglio anni dopo. Allora eravamo troppo presi a inseguire l’ ideale democratico degli stipendi on-line. Poi, nel 2010, un colpo di genio. Un emendamento della commissione di vigilanza prevede la pubblicazione nei titoli di coda dei programmi di tutti i compensi e i costi della trasmissione, inclusa la retribuzione degli opinionisti. Scriveva Francesco Merlo su Repubblica: “Quando la proposta verrà accolta il titolo di coda diventerà il momento più atteso, il più seguito, quello dello sfogo, del godimento malsano, della rivincita contro la televisione che ti esclude, contro il divo che non vale niente, perché ogni poltrona è un tribunale e c’ è gente che guarda la televisione e straparla con la televisione, insulta, irride e spesso, tra le quattro mura di casa, dà il peggio di sé, con l’ accusa, generica ma sempre pronta, di avere fatto dell’ Italia una mangiatoia”, e così via. In seguito alla proposta degli stipendi nei titoli di coda, l’ Antitrust inviò una lettera al Mise in cui chiedeva di evitare di rendere pubblici i compensi poiché, tralasciando l’ ef fetto-gogna, questo regime di pubblicità avrebbe creato una “evidente asimmetria nel settore televisivo”, avvantaggiando le emittenti private. Poco tempo dopo, il Fatto lanciava l’ idea di una “tenda della trasparenza” da piazzare davanti a Viale Mazzini. Peccato non abbia preso piede. Si può ritentare adesso con l’ appoggio della giunta Raggi. Magari ci scappa un bel “campeggio della legalità” sot to Monte Mario. Così alla fine il tetto stipendi si inabissa di nuovo. Per un po’ non ne sentiremo parlare. Ma tornerà a trovarci ogni volta che dovremo nascondere sotto il tappeto del populismo e della dittatura della trasparenza i problemi reali del servizio pubblico, a cominciare da quello più profondo, ovvero il suo deficit di legittimità. Nel frattempo, godiamoci i nostri artisti di stato che volteggiano sopra i tetti degli stipendi.

L’ informazione pende sempre a sinistra Sparisce perfino «L’ Arena» di Giletti

Il Giornale
LR
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L’ unico programma non di sinistra che sarà in palinsesto da settembre è Porta a Porta. Sparisce infatti anche L’ Arena di Giletti. Passano i governi, i direttori generali, i segretari di partito, gli editti bulgari, ma alla fine, gira che ti rigira, l’ informazione in Rai rimane saldamente in mano a giornalisti culturalmente orientati a sinistra, qualunque sinistra sia. Tutti grandi professionisti, ovviamente, ma la Rai dovrebbe garantire, essendo azienda pubblica, pluralismo ed equilibrio. Richiesta che hanno fatto più volte i consiglieri di area di centro destra, Arturo Diaconale (che infatti ha votato contro l’ approvazione dei palinsesti) e Giancarlo Mazzuca, cui è stato risposto che, forse, da gennaio verrà allestito un talk in seconda serata su Raidue più aperto al mondo moderato e di destra. Una promessa fumosa. Dopo la chiusura di Virus di Nicola Porro, è rimasto infatti solo Vespa a non essere schierato. È un mistero la decisione di cancellare alla domenica L’ Arena di Massimo Giletti, programma un po’ anarchico che non ha si è mai schierato politicamente, ha fatto interessanti e coraggiose inchieste e soprattutto ha una media alta di ascolti. Conoscendo quanto il giornalista ami la sua creatura, è molto difficile che prenderà bene la decisione. A lui sarà chiesto di guidare gli show del sabato sera di musica e intrattenimento. Chissà se accetterà. Mentre l’ intero pomeriggio della domenica sarà occupato da un contenitore guidato da Cristina Parodi (con all’ interno una rubrica divulgativa di Alberto Angela). Dunque, in base ai palinsesti approvati ieri dal cda, ecco come si presenterà il settore approfondimento da settembre. Oltre a Fazio, di cui riportiamo ampiamente sopra, che si guadagna grandi spazi su Raiuno, Lucia Annunziata alla domenica pomeriggio su Raitre si vede raddoppiare il suo programma In mezz’ ora passando a un’ ora intera. Cartabianca di Bianca Berlinguer (che si disse fosse uno dei motivo d’ attrito tra Campo Dall’ Orto e l’ area renziana) mantiene le posizioni in palinsesto sia nella striscia settimanale del preserale sia in seconda serata. Sempre su Raitre arriva da Raidue Michele Santoro al giovedì con i suoi programmi tra teatro, inchiesta e talk. Su Raidue al posto di Gazebo arriveranno Le storie di Gramellini, dal lunedì al venerdì alle 20,30 e il giornalista manterrà anche lo spazio del sabato sera. La domenica Fazio sarà sostituito da vari programmi come Andiamo a governare .

«In Repubblica-Stampa comanda sempre la Cir» Ma il futuro è un rebus

Il Giornale
Marcello Zacché
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Un breve cda ha ieri confermato le anticipazioni: Carlo De Benedetti, dopo 35 anni, lascia il gruppo Espresso di cui era presidente. Manterrà la carica onorifica, mentre al suo posto arriva il secondogenito Marco, cooptato su proposta del fratello Rodolfo, consigliere in quota Cir, e nominato presidente seduta stante. In un comunicato l’ Ingegnere ha ringraziato tutti e ha spiegato che la tempistica non è casuale ma arriva alla conclusione «dell’ operazione di integrazione tra Espresso e Itedi, che ho fortemente voluto». Fine delle note ufficiali. E inizio di tutto il resto, cioè della domanda che si fanno in tanti: che ne sarà del nuovo gruppo chiamato Gedi? Che nasce venerdì prossimo con il «closing» della fusione tra le società che controllano Repubblica-Espresso e Stampa-Secolo? Sulla carta non succederà niente: la Cir dei De Benedetti ha il 43% del capitale mentre la Exor degli Agnelli e di John Elkann parte dal 4,2%. Marco De Benedetti, che ieri ha incontrato insieme con il papà le rappresentanze sindacali del gruppo, a Roma, ha detto loro che la scelta del nuovo presidente è nella continuità: c’ è un socio di controllo che si chiama Cir al cui fianco si sono aggiunti soci di minoranza che hanno condiviso un progetto. Punto. E la governance del gruppo è ancora più convincente: patto di sindacato che prevede presidente e ad di nomina Cir, con l’ impegno di Exor a votare la lista del socio di maggioranza. Eppure la suggestione di un gruppo destinato a spostare il baricentro a Torino, soprattutto dopo l’ uscita dell’ Ingegnere, resta forte in tutti gli ambienti più informati e sensibili: dalla politica, alla finanza, alle redazioni dei giornali. Perché mai? Un peso ce l’ hanno i profili personali: da un lato Rodolfo e Marco De Benedetti mai realmente folgorati dall’ editoria e dunque possibili futuri venditori; dall’ altro Elkann, che invece folgorato lo è eccome, orgoglioso di incarnare in questa indole quella del nonno Gianni Agnelli. Che però sceglieva lui direttori, di Stampa e Corriere. Manca ancora qualcosa, dunque. Sul lato editoriale, invece, tutto ruota intorno al difficile momento di Repubblica, dove comanda un direttore, Mario Calabresi, che arriva proprio dalla Stampa di Elkann, ma che sembra aver colpito più il portafoglio dell’ Ingegnere, per il cattivo andamento del bilancio cartaceo, che il suo cuore di editore. A questo si è aggiunto il buon momento del Corriere della Sera, il concorrente che con Urbano Cairo ha ritrovato vitalità e prodotti e riconquistato saldamente il primo posto nelle vendite. Tra le novità targate Cairo la prossima sarà il lancio del dorso torinese del Corriere, entro metà settembre: un bel disturbo per la Stampa, proprio a casa sua. Un primo segnale arriverà presto: con il closing di fine mese si vedrà che fine farà quel circa 10% di capitale Gedi che verrà assegnato agli azionisti Fca (come avvenne per Rcs): se Exor dovesse presto attingere da qui (sul mercato) per aumentare di molto la sua quota del 4,2%, la «suggestione» di cui sopra diventerà un po’ meno tale.

Repubblica.it e Tgcom24 i siti più seguiti

Il Giornale

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È il sito di Repubblica il principale brand di informazione italiano al quale si affida chi cerca notizie online, seguito da vicinissimo da Tgcom24. Nella classifica dei top brands Repubblica.it è utilizzato settimanalmente dal 28% degli utenti, TgCom24 da 27% e Sky Tg24 dal 26%. Poi il sito dell’ Ansa, usato settimanalmente dal 21%. Quinto il sito del Corriere della Sera con il 20%. Poi i siti di Rainews (16%), del Fatto quotidiano a pari merito con Yahoo! News (15%), Notizie Libero (14%), l’ Huffington Post, i siti dei quotidiani regionali e locali e il sito del Sole 24 Ore (tutti con una percentuale del 14%), il TgLa7 online (13%), MSN News (12%), La Stampa online (11%), i siti delle radio commerciali (9%).

Fazio, 11 milioni in 4 anni Ma è lite tra i consiglieri

Il Messaggero

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Fazio resta in Rai a caro prezzo. Spicca la cifra del suo compenso (proposto) nei palinsesti autunnali presentati dal nuovo direttore generale Mario Orfeo che ieri in Cda sono stati approvati con cinque sì. Ha votato contro il consigliere Arturo Diaconale. Assenti invece Giancarlo Mazzuca che aveva annunciato impegni famigliari e Carlo Freccero che invece ha abbandonato il consiglio in forte polemica con il dg a cui ieri continuava a fare osservazioni rimaste senza risposta. «E allora io non ho voluto essere complice e me ne sono andato», ha detto Freccero. L’ ESCLUSIVA Fabio Fazio non guadagnerà 240 mila euro, questo era il famoso tetto. Il conduttore di Che tempo che fa passerà dalla terza rete alla prima. Un balzo che comporta maggior impegno, costi più alti e remunerativi, come quelli legati alla pubblicità. E quindi, spiegano dalla Rai, la promozione si rifletterà sul suo portafoglio. Il contratto di Fazio prevede 32 domeniche in prima serata e 32 lunedì in seconda serata, un’ esclusiva di 4 anni con un cachet annuale di 2,2 milioni l’ anno più altri 500.000 annui legati al format e alla produzione. Prima il conduttore prendeva meno: 1,8 milioni l’ anno. Ora lo stipendio totale sfiorerebbe gli 11 milioni di euro che comprenderebbero anche comparsate al Festival di Sanremo. Ma Fazio è la Rai, è un «personaggio identitario» secondo i consiglieri Rita Borioni e Franco Siddi. Un contratto che ha ottimizzato le risorse, non certo uno spreco per il consigliere Guelfi, «L’ azienda rimane ancorata al mercato»,commenta la presidente Monica Maggioni. Il dg ha ringraziato il cda inaugurando una nuova era più fluida con la politica, anche se al prezzo di dissensi forti (Freccero annuncia una conferenza stampa molto battagliera) e dove prima sugli stipendi erano prevalsi imbarazzi e contorte definizioni di artista e conduttore tv. E infatti non tutti hanno festeggiato. Per Forza Italia e per la Lega è una «vergogna», per il dem Michele Anzaldi uno «schiaffo al Parlamento» e si dice pronto a coinvolgere Vigilanza e Corte dei Conti. Vittorio Di Trapani del sindacato Rai si chiede ironico cosa segna l’ aumento di ingaggio da 1,8 a 2,8 milioni riprendendo una considerazione di Fazio che aveva parlato della Rai come di un’ azienda termometro delle ingerenze politiche. Altri contratti importanti per il prossimo autunno sono stati siglati con Luca & Paolo che condurranno Quelli che il calciO su Rai2. I palinsesti approvati ieri vedono il ritorno di Michele Santoro su Rai3, la cancellazione dell’ Arena di Massimo Giletti (che andrà a condurre un ciclo di speciali il sabato sera), il ritorno di Domenica In con la conduzione di Cristina Parodi e una rubrica divulgativa di Alberto Angela, Marco Liorni e Francesca Fialdini alla conduzione di La vita in diretta, Benedetta Rinaldi a Unomattina. Restano I soliti ignoti condotto da Amadeus. Venerdì 15 settembre ci sarà una serata speciale con un concerto di Andrea Bocelli ed Elton John dal Colosseo. Tra le altre novità, il programma della campionessa paralimpica Bebe Vio, La vita è una figata e il programma quotidiano Pointless , game show matematico importato dalla BBC. Attesi anche due speciali di Giorgio Panariello prenatalizi. Su Rai3, confermato il doppio appuntamento di #Cartabianca. Al Posto di Gazebo ci saranno Le storie di Gramellini. Al posto di Che tempo che fa, il sabato, ci sarà una versione più lunga di Blob e poi di nuovo Gramellini con il programma Le parole. La domenica, invece, Raitre sperimenterà un nuovo format alla Rovazzi: Andiamo a governare, in cui una strada, un quartiere o un piccolo centro viene messo in condizione di autogovernarsi.

Al via Class Digital Experience Week

Italia Oggi
MARCO LIVI
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Prenderà il via lunedì la seconda edizione di Class Digital Experience Week, la settimana dedicata allo sviluppo della conoscenza dell’ innovazione digitale e delle sue straordinarie opportunità a servizio di tutti i cittadini, per vivere al meglio nella nuova era. Ideata e organizzata da Class Editori, la manifestazione (www.classdigitalweek.it) trasformerà Milano nella capitale mondiale del digitale durante la settimana che va dal 26 giugno al 2 luglio: il pubblico avrà la possibilità di assistere e partecipare, gratuitamente, a un ricchissimo calendario di conferenze, workshop e prove pratiche aperte. Ad inaugurare la conferenza di apertura a Palazzo Mezzanotte (sede di Borsa Italiana), lunedì 26 alle ore 10, sarà Roberto Maroni, presidente di Regione Lombardia che interverrà insieme a esperti e scienziati di rilievo internazionale per affrontare uno dei temi di maggior interesse e attualità per lo sviluppo della città di Milano e per l’ Italia 4.0: «Il caso Human Technopole, Milano capitale del digitale e delle scienze per la vita?». Il workshop del pomeriggio, dedicato a «I Protagonisti del digitale: idee e progetti a confronto», vedrà invece l’ intervento di Martin Ford uno dei massimi esperti di intelligenza artificiale e robotica autore del best seller “Il futuro senza lavoro. Accellerazione tecnologica e macchine intelligenti. Come prepararsi alla rivoluzione economica in arrivo”. La sette giorni dedicata al digitale è realizzata con il patrocinio della Regione Lombardia e del Comune di Milano e vede la presenza di importanti partner & driver: a2a, Allianz, Amsa, CheBanca!, Enel, Generali, Geox, Gufram, EY, Intesa SanPaolo, Ivri, Luiuc, Mondadori store, Posete Italiane, Rds, Samsung, Schindler, Sorgenia, ST, Tim, Ubi, Unicredit, Università Bicocca, Università vita-salute San Raffaele, Young&Rubicam group, Ibm, Akamai. Location partner, oltre a Borsa Italiana, Pegaso università telematica, Mondadori Megastore e Rizzoli galleria. Outfit partners: Xacus e Rrd, per una produzione The next event. «Class Digital Experience Week rappresenta una straordinaria occasione di visibilità per le aziende che hanno aderito perché hanno la chance di entrare in contatto diretto con la gran parte della cittadinanza milanese, e non solo», ha dichiarato Angelo Sajeva, Consigliere per lo sviluppo e le strategie editoriali di Class Editori e presidente di Class Pubblicità. «Con quest’ iniziativa la casa editrice conferma la propria capacità di ideare e realizzare eventi unici, che coniugano l’ innovazione espressa e comunicata in modo creativo con la ricchezza e l’ ampiezza dei contenuti trattati». Fra le novità dell’ edizione 2017, Il Bosco Digitale, un’ installazione ideata dall’ architetto Italo Rota che sarà posizionata in piazza Duomo, in pieno centro di Milano, su un’ area di complessivi 400 metri quadrati, a rappresentare il punto nevralgico da cui si snodano i diversi percorsi di Class Digital Experience Week. In tutte le culture il Bosco è il luogo simbolico della conoscenza, ecco perché «ho pensato a questo spazio techno magico nel quale il cittadino può vivere l’ incantamento dell’ era digitale recuperando la gioia della scoperta felice», ha detto Italo Rota. «Il Bosco Digitale è così un’ oasi nella quale ricaricare le batterie, proprie e dello smartphone; un’ isola urbana dove incontrare Biancaneve e il Coniglio con i loro messaggi video a flusso continuo; dove scaricare le app, modernissime monete d’ oro che seminiamo nei nostri device e, a differenza delle monete di Pinocchio, generano incredibili semi di conoscenza; e dove essere accolti da sorridenti Digital Ranger che, come moderni folletti, illustreranno soluzioni e innovazioni con un linguaggio che mescola tecnologia, rigore e gioco» conclude Rota. Ad accogliere i visitatori il robottino TJ Bot di Ibm, che interagirà con i visitatori registrando il sentiment della digitalizzazione milanese. All’ interno del Bosco Digitale ci saranno anche i tricicli a pedalata assistita E-clò di Amsa. Rota definisce quella tra il Bosco digitale «un’ avventura nel centro di Milano, un safari alla caccia di informazioni e suggestioni che rimbalzano tra grandi alberi pensati nella loro essenza strutturale», spiega. Il pubblico di ogni età, potrà camminare tra i futuristici alberi alti 9 metri, che con i loro rami retro-illuminati creeranno di sera un effetto di bosco magico. Al suo interno i visitatori si potranno perdere scoprendo le nuove tecnologie e soluzioni digitali che sono oggetto della manifestazione e che stanno cambiando, migliorandolo, il nostro modo di vivere. Fra gli alberi dei video proietteranno non stop le risposte alle domande sul digitale e sull’ evoluzione della tecnologia, oltre che tutte le informazioni relative agli appuntamenti della settimana. Il Bosco Digitale avrà anche una funzione pratica grazie all’ area Download & Reload che consentirà ai visitatori di scaricare le app dei Partner & Driver della manifestazione, ricaricare le batterie del proprio smartphone e navigare in internet nell’ area wi-fi free. Fra gli appuntamenti della settimana ci saranno diversi workskop di approfondimento che si terranno nelle sedi dei partner e driver della manifestazione oltre. Gli incontri saranno dedicati ai temi più significativi e attuali dello sviluppo tecnologico (il programma completo è pubblicato sul sito, http://www.classdigitalweek.it/workshop), fra cui «The Rise of Robots, L’ intelligenza artificiale sfida i nostri modelli di sviluppo», «Occhio al digitale! Come le nuove tecnologie aiutano il medico e soprattutto il paziente», «YouTube me publisher: I segreti della nuova editoria», «Bip future forum: resizing robots. How social collaboration can augment the human advantage», «Millenials e nativi digitali, Industria 4.0», «Live the exceptional EY experience».

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Si è dimesso Salvatore Padula, vicedirettore de Il Sole 24 ore. Padula, 58 anni, 28 dei quali passati a Il Sole ha preferito la strada delle dimissioni al posto della richiesta di prepensionamento avanzata dal giornale. Salvatore Padula è stato per 15 anni caporedattore di Norme e Tributi e da 4 anni guidava la sezione del giornale che in precedenza era affidata a Elia Zamboni. Padula sarebbe stato uno dei circa 40 prepensionamenti, in programma entro la fine del 2017, previsti dai vertici del giornale di Confindustria. Il 30 giugno sarà il suo ultimo giorno di lavoro. Al momento la sezione di Norme e Tributi dunque è coordinata dai due caporedattori Jean Marie Del Bo e Mauro Meazza. Fastweb, la fibra fino a 200 Megabit arriva in 19 nuove città. La fibra di Fastweb arriva in 19 nuove città, dove oltre 250 mila famiglie e aziende avranno a disposizione connettività a banda ultralarga per navigare a una velocità fino a 200 Megabit al secondo in download e 20 Megabit in upload. Dopo aver lanciato a Milano e Torino l’ Ultra Fibra a 1 Gigabit in download e fino a 200 Megabit in upload, Fastweb amplia la copertura attorno al capoluogo lombardo con i Comuni di Buccinasco (Mi) e Cesano Boscone (Mi) ed estendendo la copertura nelle province di Bergamo e di Monza e Brianza raggiungendo Agrate Brianza (Mb), Bovisio-Masciago (Mb), Limbiate (Mb), Meda (Mb) e Seriate (Bg). Secondo lo stesso approccio, l’ estensione della rete in fibra ha riguardato anche due importanti centri limitrofi alla città di Roma (Ciampino e Guidonia Montecelio), Sesto Fiorentino (Fi), Molfetta e Trani in Puglia ed infine Trapani. Inoltre, nel mese di luglio, la rete in fibra ottica di Fastweb raggiungerà, nell’ hinterland milanese, anche i Comuni di Carugate, Pieve Emanuele e Settimo Milanese. Tim lancia la fibra a 1.000 Mega. Tim accelera con la banda ultralarga fissa e mobile, lanciando la connessione superveloce fino a 1.000 Mbps in 70 comuni e, da luglio, quella fino a 700 Mbps della rete 4.5G. Tutti i nuovi clienti possono aderire all’ offerta «Fibra e Mobile» in promozione direttamente dal web e possono richiedere connessioni da 100 fino a 1.000 Mbps e l’ opzione Mobile Special con 1 Giga di traffico fino al 4.5G, a 19,90 euro/4 settimane per 1 anno (poi 34,90 euro per ulteriori 3). Oggi Enigmistica si rinnova. Il settimanale di enigmistica edito da Rcs e diretto da Umberto Brindani martedì sarà in edicola completamente rinnovato. Cambia anche il giorno di uscita, adesso in edicola il martedì, e il prezzo della rivista che per il lancio sarà di 0,50 euro (0,30 euro se acquistato in abbinata a Oggi, in edicola dal giovedì). Con una tiratura di lancio di oltre 300 mila copie, il nuovo Oggi Enigmistica sarà sostenuto da una campagna multimediale. Il Tirreno regala 16 prime pagine storiche per i suoi 140 anni. Il Tirreno compie 140 anni e per celebrare il compleanno stamperà 16 riproduzioni di prime pagine storiche. Un modo per raccontare il passato ai lettori di adesso e per confrontare il giornale livornese che una volta si chiamava Il Telegrafo, nella sua impaginazione e impostazione grafica di un tempo, con quello di oggi. La prima delle riproduzioni da collezionare sarà in regalo oggi in edicola. RadioItalia e Citroën Italia sostengono Alice for Children. Il marchio automobilistico ha messo a disposizione della onlus milanese un furgone Jumper per i trasferimenti dei bambini delle baraccopoli di Nairobi, in Kenia, mentre RadioItalia, che crede nei progetti di Alice for Children dal 2009, sostiene la comunicazione e la promozione dell’ associazione in Italia attraverso spazi radio, interviste, materiale audio e video. L’ emittente ha attivato 10 adozioni a distanza a favore di ragazzi e bambini kenioti e segue da vicino il lavoro della onlus.

Gruppo Gedi De Benedetti lascia il vertice al figlio Marco

La Repubblica

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L’ Ingegnere resterà con l’ incarico di presidente onorario ROMA. Carlo De Benedetti lascia la presidenza di Gedi. Il nuovo presidente è il figlio Marco, classe 1962, manager esperto di finanza e telecomunicazioni. GIOVANNI PONS A PAGINA 14.

Il Cda Rai approva i palinsesti a Fazio 11,2 milioni in 4 anni

La Repubblica
ANTONIO DIPOLLINA
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MILANO LA FUMATA è bianca, i palinsesti della nuova stagione, grosso modo, sono approvati: ma soprattutto la Rai, per via del Cda riunito ieri, ha impugnato lo spadone e tagliato di netto il nodo principale. Fabio Fazio, cioè, il rinnovo del suo contratto, il futuro che resta targato Rai: a prezzo oneroso – lontanissimo da tutti i tetti possibili, siamo in pratica sulla luna che guarda i tetti – quattro anni di esclusiva, 11,2 milioni di euro tutto compreso – annessi e connessi vari. Con distinguo che interessano solo gli assatanati (ci sono dentro diritti e format etc per cui in teoria la cifra diretta sarebbe uguale al passato). Ma soprattutto c’ è il passaggio di Che tempo che fa a Rai1, la domenica sera e, qui sta il punto, un programma del lunedì in seconda serata, sempre Rai1, da cui potrebbero nascere meraviglie, forse. Nei commenti del neo-direttore generale Mario Orfeo e della presidente Monica Maggioni, il senso è univoco: «Non potevamo permetterci di perdere Fazio, con lui la Rai resta ancorata al top della tv». E Orfeo è ancora più netto: «Fazio è determinante per la leadership della Rai». E quindi che gli vuoi dire? È stato un Cda contrastato il giusto – Carlo Freccero se n’ è andato via in polemica, ma sul resto dei palinsesti, su Fazio e compensi non ha mai eccepito, anzi – ma alla fine, anche pressati dalla scadenza imminente della presentazione pubblica, la decisione. Che un minuto dopo è finita sotto l’ attacco pesante dei soliti noti, vedi il piddino Michele Anzaldi, segretario della commissione di Vigilanza e, peraltro, portavoce di Renzi, pasdaran assoluto sul tema, che si è scatenato: «Il raddoppio del compenso a Fazio è uno schiaffo al Parlamento e agli italiani che fanno sacrifici. Per di più da un Cda che decide contratti ben oltre la durata del proprio mandato. La presunta riduzione del 10 per cento dei compensi annunciata nei giorni scorsi si è rivelata una presa in giro». Al momento Anzaldi forma una sorta di trio meraviglia con Maurizio Gasparri («È una vergogna, ci vediamo in Vigilanza») e Matteo Salvini («È una vergogna regalare undici milioni a Fazio e poi chiedere il canone a disoccupati e pensionati»). Ma il tono della polemica politica, se succederà, si alzerà davvero solo nelle prossime ore: se non succederà, vorrà dire che alla fine sotto sotto sono tutti un po’ contenti. Intanto in ambienti Rai, quelli giusti, si giudica «scomposta ma coerente » la reazione di Anzaldi, mentre si fa sapere che Fazio non stava bluffando e aveva almeno un’ offerta importante dalla concorrenza. L’ effetto Fazio – che in teoria ha solo ricevuto la proposta di contratto ma che nella realtà ha firmato eccome – sorvegliato saldamente nella trattativa dal super-manager Beppe Caschetto (Anzaldi fa allusioni pesanti al corroborante aumento anche per quest’ ultimo), scende a cascata sulle altre situazioni un po’ in bilico. Ovvero restano anche Carlo Conti e soprattutto Alberto Angela, più varie ed eventuali, Giletti che lascia l’ Arena e avrà dei sabato sera e cose così. Resta però quella suggestione Fazio del lunedì sera, per non parlare di apparizioni possibili a Sanremo (come ospite e poi chissà). Il conduttore ha chiuso il suo Che tempo che fa di stagione con la puntata in cui ha ospitato Fiorello ed è stato come una sorta di dimostrazione-show di cosa si potrebbe fare in quella Rai1 se, insomma, metti il caso. Presto per fare ipotesi vere, ma come si dice con decisione negli ambienti Rai di cui sopra: se c’ è uno che può riportare Fiorello in Rai, si chiama Fabio Fazio. ©RIPRODUZIONE RISERVATA L’ accordo prevede che il conduttore faccia un numero maggiore di ore di trasmissione “Che tempo che fa” passa su Rai1 la domenica sera Oltre a un programma in onda il lunedì PERSONAGGI In alto, Fabio Fazio resta alla Rai con un contratto da 11, 2 milioni di euro per quattro anni e il passaggio su Rai1 Sopra, Fiorello.

Fake news, il tallone d’ Achille di Facebook e Google

La Stampa
MAURO LUGLIO
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Caro Molinari, si discute sul futuro del giornalismo: con l’ avvento prepotente di Internet & C. gli addetti alla cara vecchia carta stampata si interrogano sul loro ruolo. Nel capolavoro «Alla ricerca del tempo perduto», Marcel Proust quasi un secolo fa si era rivelato buon profeta scrivendo: «Quel che io rimprovero ai giornali è di farci prestare attenzione ogni giorno a cose insignificanti, mentre non leggiamo che tre o quattro libri in tutta la vita dove ci sono cose essenziali. Bisognerebbe invertire le cose e mettere nel giornale i Pensieri di Pascal. Mentre è in uno di quei volumi che apriamo una volta ogni dieci anni che dovremmo leggere che la Regina di Grecia è andata a Cannes e che la Principessa di Leon ha dato un ballo in costume». Quotidiani sempre più simili a settimanali di gossip e telegiornali gemelli dei reality: è questo il panorama giornalistico attuale. Quello futuro? Mauro Luglio Caro Luglio, l’ interrogativo che pone è lo stesso che ha affrontato la conferenza internazionale sul futuro dei giornali svoltasi il 21 giugno a Torino, nella sede del nostro centro stampa. Il punto di convergenza fra giornalisti, direttori, editori e proprietari provenienti da quattro continenti è stato nella necessità di rispondere con la qualità alla sfida delle piattaforme digitali. Google e Facebook al momento dominano il mercato dell’ informazione digitale ma il fenomeno delle fake news ne mette in evidenza la debolezza: è la loro stessa struttura che li porta, volontariamente o meno, a essere vettori di informazioni non fondate nella realtà ma frutto di interessi specifici. Il tallone d’ Achille dei giganti digitali è nell’ incapacità di accertare la consistenza e l’ affidabilità della mole gigantesca di informazioni che diffondono senza interruzione sul mercato globale. Ciò significa che la risposta da parte della carta stampata sta nell’ affidarsi alla ricetta opposta: un’ informazione di qualità, frutto di un controllo minuzioso delle notizie da parte di professionisti competenti nelle singole materie. La credibilità delle testate giornalistiche è la miglior garanzia di affidabilità per i lettori contro le fake news. Da qui la necessità da parte dei quotidiani di investire su due fronti: la produzione di contenuti sempre più qualificati, competitivi, e lo sviluppo delle più innovative tecnologie per divulgarli su ogni piattaforma. Ed è una sfida che può essere vinta, nell’ interesse di tutti.

Fabio Fazio resta in Rai per 11,2 milioni in quattro anni

La Stampa
TIZIANA LEONE
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Un contratto di quattro anni con Rai 1. Undici milioni e 200 mila euro di stipendio. Per trentadue prime serate e altrettante seconde serate. Calcolatrice alla mano, due milioni e 800 mila euro l’ anno. Un milione in più rispetto al contratto precedente. Questa sarebbe la proposta che il direttore generale della Rai Mario Orfeo e il consiglio di amministrazione Rai avrebbero avanzato a Fabio Fazio per convincerlo a restare. E lui, ovviamente, è restato. Anche se da Viale Mazzini fanno notare che l’ incremento allo stipendio sarebbe dovuto a un impegno maggiore del conduttore e sulla rete ammiraglia Rai. Come anticipato da La Stampa, Fazio traslocherà la prossima stagione su Rai 1 con il suo Che tempo che fa la domenica in prima serata e il lunedì in seconda, costringendo persino l’ inamovibile Bruno Vespa a lasciare il suo appuntamento del lunedì che mai nessuno gli aveva toccato. «Non mi sento valorizzato», lamentava il conduttore un mese fa, ora potrà dormire sonni tranquilli tra le braccia di Orfeo o di qualsiasi direttore generale arriverà dopo di lui. Per un Fazio che lascia Rai 3, c’ è un Michele Santoro che è invece pronto a tornarci: per lui il direttore di rete Daria Bignardi ha già prenotato tre serate speciali in onda a dicembre in prima serata. Così come Gad Lerner sarà nuovamente in seconda serata con un’ altra serie di suoi reportage. Senza più l’ intrattenimento cultural-chic di Fazio, Rai 3 avrà sempre più una vocazione informativa, garantita anche dall’ arrivo della docu-fiction su mafia capitale e dal debutto di un format dal titolo abbastanza significativo Andiamo a governare . Rai 2 resta invece la rete in cerca di pubblico giovane e l’ arrivo di Luca e Paolo a Quelli che il calcio servirà proprio a garantire questa non facile missione: per il duo comico nel prossimo palinsesto c’ è anche Camera Café . Ai due comici genovesi, strappati dalla copertina di diMartedì di Giovanni Floris, costretto ogni anno a ripartire dal via, il direttore di rete Ilaria Dallatana ha affidato le uniche vere novità della prossima stagione che saluterà il ritorno di Mika, ma anche quello dell’ Ispettore Coliandro e di due puntate di Giovani e Ricchi , il format sui ragazzi esageratamente ricchi ed esageratamente sbruffoni che tanto aveva fatto gridare alla scandalo. Motivo per cui invece di una sola puntata, Rai 2 ne proporrà due. Si attendono interrogazioni parlamentari ed esposti del Codacons. L’ intrattenimento e la grande fiction sono invece il piatto principale del menù di Rai 1, che oltre allo speciale dal Colosseo con Andrea Bocelli e Elton John proporrà Un, due, tre Fiorella , tre prime serate con Fiorella Mannoia tra musica e ospiti. La musica tornerà protagonista anche nel day-time con Dimmi di te , programma a base di racconti musicali guidato da Niccolò Agliardi. Ad aprire invece la stagione della fiction saranno Luca Argentero con la serie fantasy Sirene , Bianca Guaccero con la fiction su malavita e danza Sulle punte e Elio Germano con il film-tv su Nino Manfredi In arte Nino.


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