Indice Articoli
- La scuola di formazione dei giornalisti sovranisti, terrore dei globalisti
- Freccero sbotta: «In Rai comanda ancora Vespa»
- Televisione, la signora in gialloverde
- Da Netflix ad Amazon in coda per le fiction di marca italiana
- Sole 24 Ore, cda unanime su azione responsabilità
- Sugli investimenti pubblicitari è tempo di prenotare il bonus
- Apa, boom con 38% del mercato delta fiction italiana
- Montalbano ora è international La fiction esporta il 150% in più
La scuola di formazione dei giornalisti sovranisti, terrore dei globalisti
Il Foglio
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Roma. All’ armi siam sovranisti, terrore dei globalisti. Dopo aver conquistato la Rai con Marcello Foa e l’ ex genio di successo Carlo Freccero, il mainstream sovranista cerca nuove vie per fare proselitismo. Arriva così Gem, la “Scuola di formazione in giornalismo, editoria e nuovi media”, dal 21 al 23 giugno a Roma. Il “corso di formazione” costa 300 euro se l’ iscrizione viene effettuata entro il 20 aprile 2019; oltre, costa 50 euro in più. “Po tranno partecipare al corso i primi 150 iscritti, previa conferma di avvenuto pagamento”. L’ iniziativa editoral-sovranista è promossa dall’ Intellettuale Dissidente, diretto da Sebastiano Caputo (che figura anche tra i “pro fessori” del corso), giornale online che ha ospitato contenuti antisionisti e anche antisemiti, sempre con l’ aria di chi di fa contro cultura impegnata. In Rete ci sono ancora tracce di un testo del 27 gennaio 2013 (Giornata della memoria) – successivamente cancellato – intitolato “La Giornata della Cicoria”, che ha suscitato giustamente le proteste di as sociazioni ebraiche. Non mancano, e quelli sono tuttora online, articoli di Costanzo Preve sul “sionismo e il segreto della sua scandalosa impunità internazionale”. Svolgimento: “L’ antisemitismo è il prodotto di un’ orribile paranoia storica e culturale, la quintessenza del rancore e del risentimento che ha già prodotto un gigantesco massacro amministrativo. Il filosemitismo ne è per ora soltanto un patetico ed innocuo rovesciamento…”. E ancora, in un testo firmato da Manuel Freytas, si legge: “Il potere occulto: da dove nasce l’ im punità di Israele?”. Svolgimento: “Israele è… la patria territoriale del sionismo capitalista che controlla il mondo senza frontiere degli uffici direttivi di banche e corporazioni transnazionali. Israele è fondamentalmente la rappresentazione nazionale di un potere globale sionista, che è padrone dello stato di Israele tanto quanto degli Stati Uniti…”. Ma chi sono i “professori” del corso di formazione? C’ è il presidente della Rai Foa, noto diffusore di bufale, incaricato di spiegare “la pi ramide dell’ informazione” e di illustrare al pubblico “come migliorare il giornalismo”. “Capire i meccanismi di inclusione, di esclusione e di gerarchizzazione delle notizie è il primo compito di quei giornalisti che vogliono ristabilire un rapporto simmetrico tra la realtà e i fatti”, si legge nella brochure. E chi meglio di Foa, già twittatore compulsivo di fake news? C’ è poi Freccero – lo stesso che ha pensato a una trasmissione su Rai2 con i contenuti di alcuni siti e blog di sedicente controinformazione, tra questi anche l’ Intellet tuale Dissidente – con una lezione “magistra le” dal titolo “Il medium è il messaggio. Il futuro del giornalismo televisivo”. C’ è pure una lezione del senatore leghista Alberto Bagnai, dal titolo non immediatamente comprensibile: “L’ esperienza. Le idee che diventano azione politica”. “La rete ha ribaltato l’ agenda giornalistica e politica. Il blog personale di Alberto Bagnai, oggi senatore della Repubblica italiana in quota Lega, intitolato ‘Goo fynomics’ è emblematico per comprendere questo cambio di paradigma. Quelle che erano teorie economiche considerate marginali dai grandi esperti del settore sono prima risalite in cima al dibattito, poi sono diventate i punti cardinali del programma di uno dei due partiti politici più popolari d’ Italia. E oggi influenzano con forza le riforme portate avanti dal nuovo governo italiano”. Per la verità, le teorie economiche di Bagnai, blog o non blog, continuano a restare marginali: i no euro, dopo aver conquistato posti importanti (Bagnai è presidente della commissione Finanze del Senato, Claudio Borghi della commissione Bilancio della Camera), sono stati smentiti dal governo e bersagliati da una fetta dei loro seguaci a causa dell’ approccio molliccio su Ue e moneta unica. Sono soprattutto alcuni talk -show a prenderli sul serio, con certi servizi sul signoraggio bancario. Altro che controinformazione e mitologia della rete, insomma: un intellettuale dissidente aspira a un programma tv, preferibilmente in Rai. David Allegranti.
Freccero sbotta: «In Rai comanda ancora Vespa»
Il Giornale
DA
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Roma Scompaginare, andare oltre l’ ovvio. Mission di una vita, inscritta in ogni fibra del «personaggio» Carlo Freccero, direttore supplente di Rai2 (a titolo gratuito, giacché pensionato). Che ieri, in una frizzante audizione alla commissione di Vigilanza, diventata – com’ era facile prevedere – un piccolo «show», è tornata fuori nei suoi chiaroscuri con la veemenza del «creatore» di Tv che è stato. E che in questi mesi è tornato a essere per «ridare visibilità alla rete, farla ridiventare centrale nell’ agenda mediatica, far sì che la programmazione crei polemica, esca dall’ anonimato». Così il Freccero «maestro di televisione», che ha tracciato strategie future e spiegato i limiti di programmazione attuali, rivendicando anche ascolti in crescita rispetto al 2018, ha finito per sbottare in diverse occasioni, ma soprattutto davanti a un chiaro attacco del deputato leghista Tiramani, preparato a tavolino, e dunque presumibilmente da ascrivere alla lotta sotterranea che continua in Rai tra 5stelle e leghisti, «specchio» nel nuovo clima di conflittualità che imperversa tra gli alleati di governo. «Mi dispiace ma io sono il più bravo e voi avete dei dati sbagliati. Non sono tifoso di nessuno!», s’ è difeso il direttore. Dopo l’ introduzione istituzionale, l’ appassionato professore di tv è andato avanti tra improvvise elevazioni di voce, gridolini e mani sbattute sul banco della presidenza. Modalità talmente fuori dal cerimoniale da riscuotere, alla fine, molto apprezzamento per la loro autenticità. In particolare, Freccero s’ è dichiarato «offeso» dall’ intervento di Tiramani, da lui ribattezzato «Tirapugni» (poi scusandosi: «io trascendo sempre»), che l’ ha paragonato tra l’ altro all’ anziano padre imprenditore costretto a gettare la spugna perché «non al passo coi tempi». «Lei sta muovendo accuse non vere. Mi ha ferito profondamente con dati sbagliati… Questa è un’ aggressione calunniosa cui risponderò per iscritto, punto su punto. Se volete le mie dimissioni chiedetele. Ma non dite cose false. Il mio passaporto è pulito, sono sotto giuramento e sto fornendo dati veri. Ho tutte le carte in regola per parlare di tv…». Quando poi il discorso è caduto su Povera patria, trasmissione del venerdì sera, Freccero s’ è come liberato d’ un peso: «La verità è… che è sbagliato il venerdì per Povera patria! Infatti doveva andare il mercoledì! Ma io ho dovuto inchinarmi al coordinamento dei palinsesti, perché Bruno Vespa comanda e decide, e non vuole controprogrammazione. Basta, mi sono liberato! Già so che pagherò questa affermazione!». La prima reazione di Vespa non s’ è fatta attendere: «Non siamo ridicoli. Porta a porta va in onda a ore impossibili, viene massacrata dai commenti alle partite di calcio… Povera patria in un giorno diverso dal nostro? È la vecchissima regola di non sovrapporre informazione a informazione. Un consumato uomo di televisione come Carlo Freccero la conosce perfettamente…». DA.
Televisione, la signora in gialloverde
Il Manifesto
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L’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha pubblicato sul suo sito (fonte Geca Italia) la «Classifica dei 20 soggetti che hanno fruito del maggior tempo…» nello scorso mese di gennaio. Finalmente una sintesi chiara, migliore delle canoniche tabelle che confondono non poco le idee, essendo frastagliate tra tempi di parola, di antenna e così via. Purtroppo, ancora non c’ è traccia in nessuna delle analisi del moltiplicatore tra i minuti della presenza in video e l’ audience dell’ edizione del telegiornale o del programma presa in esame. Ovviamente, trenta secondi al Tg1 delle otto di sera vale n volte il corrispettivo all’ una di notte a Rainews, a Tgcom o a Sky. Solo il «Centro di ascolto radicale» svolgeva un simile lavoro, ma purtroppo quella straordinaria struttura ha dovuto chiudere i battenti per penuria di risorse. E, quel che è peggio, rischia di lasciare l’ etere Radio radicale, «rea» probabilmente agli occhi e alle orecchie degli odierni governanti di raccontare la verità sul dibattito istituzionale: tutt’ altro che commendevole, anzi spesso «pornografico». Quindi, da divulgare il meno possibile. Anzi, se torniamo alla realistica crudezza dei dati, vediamo con nettezza alcuni fenomeni salienti: governo e maggioranza hanno il predominio assoluto con i propri volti nell’ intero sistema, fatta salva la presenza «proprietaria» di Berlusconi sui canali di proprietà. I due fenomeni peggiori, vale a dire la rinnovata subalternità dei media al gruppo di comando pro -tempore e la persistenza della piaga del conflitto di interessi, formano una miscela esplosiva, che ci racconta la tragedia italiana, al di là della chiacchiera sulle agende digitali. Non solo. L’ evidente straripa mento sui social delle forme occulte di pubblicità politica ed elettorale chiude il cerchio. Ecco, è lecito attendersi dall’ Agcom non solo la pubblicazione delle percentuali o i documenti di riflessione, bensì soprattutto un’ azione straordinaria in vista della prossima scadenza europea. I numeri. Come in una giaculatoria, sui Tg della Rai ai primi tre posti si collocano Salvini, Conte e Di Maio, con il leader leghista al 20,54% del tempo sul Tg2, al 15,55% sul Tg1 e ai meno squilibrati 10,69% sul Tg3 e 12,56% su Rainews. Simile Skytg24. La7 mantiene la terna di comando, ma attribuisce la medaglia d’ argento al presidente del consiglio. Tg4 e Studio Aperto mettono sul podio – invece – il Cavaliere di Arcore, cui si ritagliano il 18,43% e il 22,24% del tempo. Il Tg5 non arriva a tanto, ma comunque il patron del Biscione segue di un’ inezia Salvini: 14,16% e 14,27%. Idem Tgcom24 (13,85% e 14,76%). Cambia qualcosa nelle reti, dove la quantità dei talk fa entrare in scena protagonisti a volte diversi, senza intaccare sostanzialmente l’«equilibrio del terrore». Ecco che Rai1 fa svettare Alessandro Di Battista, che batte Salvini. Rai2 inscrive al secondo anello Zingaretti, seguito da Gasparri, Savo na e Martina. Primo sempre Salvini anche su Rai3, cui segue per una volta Sergio Mattarella, e con la timida entrata in classifica persino delle sinistre con Nicola Fratoianni (1,32%) e Luigi De Magistris (1,26%). Non pervenuti i Radicali, malgrado i piccoli flash seguiti al recente ottavo congresso italiano e grazie forse agli esposti alle autorità competenti redatti dall’ ex componente della commissione di vigilanza Marco Beltrandi. Scarsa pure la presenza di Giorgia Meloni, ma il «duopolio» non risparmia neppure i simili. Si potrà eccepire che spesso in passato non era troppo diverso. Ma oggi – con un certo occhio clinico – si vede che è peggio.
Da Netflix ad Amazon in coda per le fiction di marca italiana
Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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ROMA Un settore in forte sviluppo e sul quale dall’ estero c’ è sempre maggiore attenzione. «Il fenomeno più interessante è il netto incremento della presenza internazionale nei progetti dei produttori indipendenti italiani, l’ arrivo dei capitali esteri e il successo delle nostre produzioni all’ estero, su tutte le piattaforme: segnali che dimostrano un percorso virtuoso». Le parole di Giancarlo Leone, presidente dei produttori televisivi, testimoniano come il settore consideri questo come un momento chiave, in cui per l’ audiovisivo made in Italy – il sistema consta di 7.247 imprese, per il 50% in Lazio e Lombardia – c’ è da sfruttare l’ abbrivio creato da un tris di fattori: estensione del tax credit al prodotto tv; maggiori richieste dagli “Over The Top”; espansione del business degli operatori on demand: Timvision, Infinity, Now Tv, Chili, ma soprattutto Netflix e Amazon. La presentazione del 1° Rapporto sulla produzione audiovisiva nazionale è stata anche l’ occasione per cambiare nome e logo dell’ Associazione: da Apt (produttori televisivi) ad Apa (produttori “audiovisivi”). Non un semplice cambio di nome, quanto piuttosto un’ ulteriore testimonianza dei tempi cambiati, con la Tv affiancata dall’ on demand come destinazione delle produzioni audiovisive made in Italy che hanno raggiunto un valore prossimo al miliardo. Su questa cifra la fiction pesa – ed è un peso crescente – il 38%; l’ intrattenimento il 33-34%; i film al cinema 26-28% e gli Ott il 2%. Questa percentuale è comunque destinata a crescere al 2022 fino al 10-15%. E questo nel quadro di un’ attenzione crescente da oltreconfine: «Tra il 2015 e il 2017 – ha raccontato Leone – i prodotti di serialità televisiva di respiro internazionale erano una decina, mentre fra 2018 e 2020 sono previsti circa 25 titoli di coproduzioni internazionali: il 150% in più». Ineludibile la domanda: si parla ancora di realtà italiane? La transalpina Mediawan ha acquisito il 72% di Palomar (“Commissario Montalbano”, “Braccialetti Rossi”, “Il Nome della Rosa”); Wildside (“The Young Pope”, “L’ amica geniale”) è stata acquisita da Fremantle; il 52% di Cattleya (“Gomorra”, Suburra”) dall’ inglese Itv . «Sono operazioni – dice Leone – che permettono di creare quelle economie di scala necessarie ai maggiori investimenti richiesti ora sul mercato. La guida è però rimasta italiana». Il settore intanto guarda ad alcune partite chiave. Ad esempio il tax credit, bloccato da dicembre. «Il primo riparto arriverà a breve» ha detto il sottosegretario al Mibac, Lucia Borgonzoni, che ha assicurato di voler mantenere e se possibile incrementare la misura. Quanto alle quote di programmazione e investimento previste dalla Legge su cinema e audiovisivo su cui tv e produttori si sono dati tempo fino a luglio per un’ intesa, «la prossima settimana ci sarà un incontro». E a quanto si è potuto intuire, con sostanziale accordo. Di certo, produttori e broadcaster concordano sull’ importanza delle produzioni audiovisive. L’ ad Rai Fabrizio Salini ha segnalato, come portato del Piano industriale «la direzione “Nuovi Format”. Oggi la Rai produce pochi formati originali. Le cose devono cambiare anche se ciò non vuol dire che produrremo tutto internamente. Più che altro avere un interlocutore interno per il mercato sarà d’ aiuto per tutti». Cosa non da poco visto che la Rai nel 2018 è valsa il 75% delle ore programmate per la fiction in Italia. A seguire in questa “torta” c’ è Mediaset. «Abbiamo avuto un momento complicato – ha spiegato il direttore generale Contenuti, Alessandro Salem -, ma da due anni ci siamo rimessi a lavorare e stiamo accelerando». La partita, spiega poi Nicola Maccanico (Evp area programming di Sky) «si gioca ora sulla qualità e originalità dei contenuti». Peccato, conclude Franco Siddi, presidente di Confindustria Radio Tv, che nel mercato audiovisivo «non ci siano purtroppo regole uguiali per tutti». © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Sole 24 Ore, cda unanime su azione responsabilità
Il Sole 24 Ore
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Secondo quanto reso noto da un comunicato diffuso a borsa chiusa, ieri il Cda de Il Sole 24 Ore ha deliberato all’ unanimità di sottoporre alla prossima assemblea dei soci la proposta di azione sociale di responsabilità nei confronti dell’ ex presidente Benito Benedini, dell’ ex ad Donatella Treu e dell’ ex direttore Roberto Napoletano. Il Consiglio di amministrazione ha altresì deliberato all’ unanimità di inviare lettera interruttiva della prescrizione a Kpmg, società incaricata della revisione legale dei conti de Il Sole 24 Ore fino al bilancio al 31 dicembre 2015. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Sugli investimenti pubblicitari è tempo di prenotare il bonus
Il Sole 24 Ore
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Emanuele Reich Franco Vernassa Entro il 1° aprile, dal momento che il 31 marzo cade di domenica, dovrà essere presentata dai soggetti interessati la domanda telematica “prenotativa” per la fruizione del credito d’ imposta sugli investimenti pubblicitari incrementali da effettuare nel 2019 sulla stampa quotidiana e periodica, anche online, e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali. Imprese, lavoratori autonomi ed enti non commerciali possono beneficiare del credito d’ imposta previsto dall’ articolo 57 bis del Dl 50/2017, qualora gli investimenti in campagne pubblicitarie da effettuare nel 2019 superino almeno dell’ 1% l’ ammontare degli analoghi investimenti pubblicitari effettuati sugli stessi mezzi di informazione nel 2018. Il credito d’ imposta è pari al 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati, tenendo conto del limite massimo complessivo delle risorse di bilancio annualmente stanziate, che costituisce tetto di spesa. Il tetto è elevato al 90% nel caso di microimprese, piccole e medie imprese, e start-up innovative, in via subordinata al perfezionamento, con esito positivo, della procedura di notifica alla Commissione europea, in pendenza della quale si applica il limite del 75 per cento. È opportuno ancora ricordare che l’ articolo 1, comma 762 della legge di Bilancio 2019 (legge 145/2018) ha disposto che il credito d’ imposta sugli investimenti pubblicitari, di cui all’ articolo 57 bis comma 1, Dl 50/2017, è concesso quale aiuto «de minimis», nei limiti del regolamento Ue n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013. Non è chiara la decorrenza di questo intervento normativo; in assenza di una decorrenza specifica, si potrebbe ritenere che sia da applicare alle spese sostenute dal 1° gennaio 2019, data di entrata in vigore della legge. Una diversa soluzione potrebbe derivare dalla circostanza che esso mira a superare i rilievi mossi sul beneficio dalla Commissione europea con la warning letter pervenuta dalla direzione generale Concorrenza il 21 novembre 2018. In ogni caso, per le imprese di maggiori dimensioni e i gruppi di società l’ introduzione del limite «de minimis» di fatto fa venir meno l’ agevolazione, considerato che tale limite di 200mila euro, valevole sull’ arco di tre anni, si applica a livello di gruppo e non della singola società. Credito 2017 e 2018 Per i bilanci in chiusura al 31 dicembre 2018, si è ancora in attesa dei dati definitivi relativi al 2018, così come dei dati relativi agli investimenti incrementali effettuati dal 24 giugno al 31 dicembre 2017. Al momento si sottolinea che la percentuale provvisoria di ripartizione per il 2018, comunicata dal dipartimento per l’ Informazione e l’ editoria entro il 31 gennaio 2019 sulla base della comunicazione prenotativa presentata entro il 22 ottobre 2018, è pari al 23% per gli investimenti in radio e televisioni locali e del 26% per i giornali, quotidiani e periodici, cartacei ed on line. Solo a seguito della comunicazione dei dati definitivi sarà dunque possibile usare in compensazione il credito maturato per gli investimenti 2017 e 2018. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Apa, boom con 38% del mercato delta fiction italiana
Il Tempo
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I i 1 APT cambia nome e diventa APA ovvero Associazione Produttori Audiovisivi. Ieri, il presidente Giancarlo Leone ha presentato il primo Rapporto sulla Produzione Audiovisiva Nazionale. Erano presenti il Sottosegretario di Stato MIBAC, Lucia Borgonzoni, l’ Amministratore Delegato RAI, Fabrizio Salmi; il Direttore Generale Contenuti Mediaset, Alessandro Salem; l’ EVP per l’ area Programming Sky Nicola Maccanico e il Presidente di Confindustria Radio TV, Franco Siddi. Il dato significativo scaturito è l’ incremento fortissimo del settore fiction che occupa, anualmente il 38% del mercato nazionale. Un elemento importante se si pensa al contesto di generale stagnazione dell’ economia nazionale, viene sottolineato da Giancarlo Leone. La produzione della fiction nazionale anualmente ha un valore di produzione compreso frai 360 e i 380 milioni di euro. Subito dopo seguono gli altri generi televisivi e Internet: parliamo soprattutto di animazione, program mi di intrattenimento, talk show, documentari, programmi culturali e di approfondimento con un valore compre so fra i 310 e i 340 milioni di euro. Giancarlo Leone ha sottolineato anche l’ incremento della presenza internazionale nei progetti dei produttori italiani. Questo ha significato l’ arrivo di capitali esteri per la crescita delle imprese audiovisive. Bisogna poi aggiungere il successo delle nostre produzioni all’ estero, su tutte le piattaforme. Secondo i dati di APA il sistema im prenditoriale audiovisivo italiano comprende 7.247 imprese attive nel 2017, di queste oltre la metà concentra l’ attività nella produzione cinematografica, di video e programmi tv. A livello territoriale, la maggioranza delle imprese si trova soprattutto nel Lazio e nella Lombardia. E questo è un segnale importante per la nostra Regione. Infine viene registrata l’ espansione delle attività degli operatori Svod ( Subscription video on demand) a livello nazionale ma soprattutto internazio nale come Netflix e Amazon. M.C.
Montalbano ora è international La fiction esporta il 150% in più
La Repubblica
SILVIA FUMAROLA
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Non solo boom di ascolti in casa: da Gomorra in giù gli italiani conquistano il mercato estero ROMA Montalbano, si sa, batte anche Sanremo. Ma non volano solo gli ascolti. La fiction traina ormai tutto l’ audiovisivo. In tempo di crisi, lo sviluppo del racconto e della serialità è un successo made in Italy. Il valore della filiera della produzione ha raggiunto un miliardo di euro (dati certificati, riferiti al 2017); il cinema è a quota 263 milioni. La fiction assorbe il 38% del mercato con un valore di produzione tra i 360 e i 380 milioni di euro. Gli altri generi (intrattenimento, talk show, documentari, programmi culturali) oscillano tra i 310 e i 340. Sono i dati del primo Rapporto sulla produzione audiovisiva italiana dell’ Apa, l’ Associazione Produttori Audiovisivi, ex Associazione Produttori Televisivi. «Non a caso ha cambiato nome» spiega il presidente Giancarlo Leone «perché non aveva più senso. Oggi non si produce più solo per la tv». Dopo un periodo di crisi, Mediaset fidelizza il pubblico con le serie. «Abbiamo avuto un momento complicato, ma da due anni ci siamo rimessi a lavorare» spiega il direttore generale contenuti Mediaset, Alessandro Salem. «Si difende la tv generalista con produzioni originali, solo così si trattiene il pubblico in fuga. Stiamo esplorando a livello europeo per fare un’ associazione con vari broadcaster per entrare nei mercati». L’ Italia esporta: Gomorra è stato venduto in 190 paesi, Il nome della rosa in 60 e verrà visto in 100, Il commissario Montalbano in 67, The new Pope in oltre 110, L’ amica geniale in 147. Un successo che ha portato Elena Ferrante e la direttrice di RaiFiction Tinny Andreatta (con il direttore artistico dell’ Accademia del Cinema Italiano, Piera Detassis) su Variety come “le donne che hanno lasciato un segno”: «La scommessa della responsabile di RaiFiction ha pagato alla grande quando la collaborazione Rai/Hbo su Amica geniale è diventato un successo globale». Nell’ arco 2015-2017 le serie di respiro internazionale erano circa una decina, mentre tra il 2018 e il 2020 sono previsti 25 titoli, con una crescita del 150% rispetto al triennio precedente. L’ amministratore delegato della Rai Fabrizio Salini spiega come stia cambiando la filosofia dell’ azienda «per adeguarsi al mercato» e ai nuovi competitor (da Netflix a Amazon): «La Rai ha difficoltà a intercettare il pubblico più giovane. L’ inserimento delle dieci “direzioni contenuti” dai documentari ai “Nuovi format” è importante, il servizio pubblico produce pochi formati originali. Serve un interlocutore interno per idearli e farli vivere su varie piattaforme. Le abitudini cambiano». Lo sa bene Sky. «Sky Q punta sull’ on-demand, ci confrontiamo con una generazione che non sa cosa siano i palinsesti» dice Nicola Maccanico, vice presidente esecutivo con delega ai programmi, «ma anche con i genitori che iniziano a considerare in modo diverso la tv». La rivoluzione è cominciata. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
L'articolo Rassegna Stampa del 13/03/2019 proviene da Editoria.tv.