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Rassegna Stampa del 18/02/2019

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Il governo-opposizione e il ruolo dei media

Corriere della Sera

Giacomo Langfelder

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Caro direttore, ricordo qualche anno fa alcune polemiche su quanto spazio veniva concesso dai media a maggioranza e opposizione. Mi sembra che oggi lo scenario sia, da questo punto di vista, molto più allarmante. Le prime pagine (o i primi articoli che compaiono nelle edizioni online) dei quotidiani sono tipicamente occupate, in ordine variabile, dal parere di Luigi Di Maio, dal videoselfie di Matteo Salvini, dalla mediazione di Giuseppe Conte, ai quali seguono i retroscena su cosa ne pensa Giovanni Tria, e ora pure le improvvisazioni del figliol prodigo Alessandro Di Battista. Stiamo parlando di soli esponenti della maggioranza di governo, per quanto mista. Questo fenomeno si ripete identico anche per i telegiornali. Dove sono finiti i diritti delle opposizioni e dei cittadini che le hanno votate (stiamo parlando di circa il 45 per cento degli elettori delle politiche)? Caro signor Langfelder, non voglio fare una difesa d’ ufficio del sistema dell’ informazione in questo momento. Non c’ è nulla di peggio della tentazione delle varie categorie a esaltare la propria attività e a criticare quella degli altri. Ma dovrà ammettere che la situazione in Italia è molto particolare: abbiamo un’ alleanza in cui ognuno dei partiti partecipanti è di lotta e di governo. Sono insieme maggioranza e opposizione, spesso l’ uno contro l’ altro (e qualche volta nel caso dei Cinque Stelle anche contro se stessi). Il gioco al rialzo delle promesse, degli annunci definitivi, dell’ illustrazione di scenari meravigliosi ha dato all’ informazione un compito importante. Quello di misurare il grado di realtà, di dire ai cittadini-lettori quali sono gli elementi di fatto che spesso vanificano le promesse illusorie. Non è un caso che il rapporto tra questa maggioranza e il sistema dei media sia così complicato. E le opposizioni politiche e parlamentari? Purtroppo non è colpa della stampa se sono avvitate da mesi su se stesse, impegnate in un estenuante gioco di contrapposizione interna che a un certo punto è diventato di scarso interesse per gli italiani. Spero che questa fase si chiuda al più presto e che l’ opposizione torni a fare politica. Si ha diritto a essere raccontati dai media quando si ha qualcosa da dire.

«Obblighi non concepibili per un’ emittente privata»

Il Messaggero



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Saldamente prima radio italiana con i suoi quasi otto milioni di ascoltatori nel giorno medio (nel 2018: 7 milioni e 933 mila) Rtl integra nella sua programmazione parole, immagini e musica, quindi è direttamente coinvolta dalla proposta di legge presentata dal leghista Morelli. «Per me sostiene senza tante mezze misure Lorenzo Suraci, presidente del network la politica si deve occupare del caos che regna nel mondo dell’ etere, siamo ancora fermi alla legge Gasparri e il mondo è cambiato». Le quote non pensa che possano servire? «Ma non si sono accorti che la musica italiana sta dominando il panorama in modo assoluto? Noi, poi diamo spazio a tutti gli artisti e la musica italiana è sempre presente in palinsesto con percentuali importanti». Quindi la proposta la ritiene inutile? «Basta guardare cosa è successo in Francia, dove hanno una regolamentazione in senso protezionistico da 25 anni. Non mi pare che i risultati siano così confortanti. In senso assoluto, comunque, non è concepibile dare obblighi e imposizioni editoriali, a maggior ragione quando si parla di realtà private che non godono di alcun tipo di finanziamento statale. No, non siamo noi il problema». E, allora, qual è il problema? «Il palinsesto di una radio privata come la nostra non può deciderlo la politica. Se ne hanno voglia applichino le loro regole all’ emittenza pubblica, con le quote e tutto il resto». Non servirebbe nemmeno prevedere degli spazi riservati ai nuovi talenti? «Ma vogliamo scherzare? Non è che obblighi la gente ad ascoltare. Il pubblico sceglie e una radio privata deve stare attenta a questo. Noi viviamo di pubblicità in un Paese dominato dalle lobby». Comunque lei pensa che ci sia bisogno di una nuova regolamentazione dell’ emittenza? «Viviamo ancora con le regole fatte ai tempi dell’ analogico. Ecco di cosa devono occuparsi, questo è un problema serio. E se vogliono dimostrare di essere il nuovo si applichino sulla Rai, reti radiofoniche ma anche su Sanremo con tutto il casino che è successo. Ecco, partano da lì, se hanno voglia di fare». Marco Molendini © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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