Indice Articoli
- Ci sono le elezioni e il Giornale minaccia lo sciopero
- Il destino di Cdp, Tim e l’ inganno del «territorio»
- Comunicato del Cdr
- News online, la pausa di Natale
- Usa e Ue stanno divorziando
- Radio Italia, il Concerto fa il bis
- Ascolti, a gennaio domina la Rai
- Audiweb: classifica informazione online a dicembre
- Il Cdr del Giornale chiede risposte all’ editore
Ci sono le elezioni e il Giornale minaccia lo sciopero
Il Fatto Quotidiano
link
Per paradosso, l’ uomo che è sceso in campo nel 1994 con un grande dispiegamento di forze televisive e giornalistiche rischia di far campagna elettorale per le elezioni europee di maggio senza uno dei suoi cavalli di razza. Il Giornale di proprietà della famiglia Berlusconi ha minacciato lo sciopero perché l’ azienda Società europea di edizioni s.p.a. ha prospettato un taglio degli stipendi del 30% per far fronte alla crisi del quotidiano. Il comitato di redazione avverte che “nei mesi che abbiamo davanti cadono importanti scadenze elettorali, è fondamentale che in edicola i lettori trovino sempre il nostro quotidiano, un riferimento irrinunciabile” per quella fetta d’ opinione pubblica di orientamento moderato e “di forti convinzioni liberali”. Il comitato in una nota ha lamentato come l’ editore si limiti a chiedere sacrifici ai giornalisti invece di continuare “la trattativa in corso che dovrebbe portare il quotidiano fuori dalla grave situazione economica in cui si trova”. Crisi dovuta al “calo degli introiti da vendite e da pubblicità, ben più consistente rispetto alla media complessiva dei quotidiani nazionali”.
Il destino di Cdp, Tim e l’ inganno del «territorio»
Il Giornale
Nicola Porro
link
Il giorno di San Valentino, ognuno si fa male come vuole, ho letto una «bombastica» intervista realizzata a Fabrizio Palermo sul Sole24Ore. Pochi si ricorderanno di una zuppetta di un po’ di mesi fa in cui sostenevo l’ ottima scelta fatta dal governo nel prendere il banchiere e piazzarlo alla guida della Cassa depositi e prestiti. Mai giudizio fu più affrettato. L’ intervista, cari commensali, era imbarazzante. Una supercazzola, ma di quelle che neanche al conte Mascetti in gran forma sarebbe riuscita. È come chiedere ad un conduttore di sinistra, antisalviniamo, pro-immigrati, di condurre una puntata di Popolo sovrano, o come si chiama il programma di Raidue, inventato da quel genio di Carlo Freccero. Insomma leggi Palermo e ti ricordi del Gabibbo: nel senso di quello che incrociava Cuccia che per minuti e minuti non rispondeva. Andiamo al dunque. Cosa può dire un signore che controlla Eni, Snam, fincantieri, Poste e praticamente una buona fetta di quel che è rimasto dell’ industria pubblica italiana? «In tre anni Cdp diventerà partner strategico di 60mila Pmi». Ma davvero? La grande cassaforte delle partecipazioni pubbliche si «popolarizza». E come, di grazia? Aspettate che arriva la supercazzola: «stiamo organizzando iniziative sul territorio». Buono, il territorio è cosa buona e giusta, ma come esattamente? «Con prodotti che vanno dal debito alle garanzie, dal supporto alle esportazioni fino all’ equity». Se non fosse stato per la parola equity (che poi vuol dire capitale) sembrerebbe una frase uscita da Dibba. Amici miei, è il caso di dire, non basta: la nuova cassa dei populisti diffusa sul territorio promette: «è finito il tempo di Cdp presente solo a Roma». Braaaaavi! Forza, spalanchiamo queste porte al mondo vero dei piccoli della provincia. Quando gli chiedono del modello, veniamo a scoprire che il primo abbozzo si è avuto con la tragedia del ponte Morandi. Qualche spin doctor, magari gliela poteva risparmiare: ma i nuovi banchieri pubblici fanno tutto da soli. E cosa avrebbe insegnato Morandi: «Cdp è intervenuta subito con proposte concrete e coinvolgendo le società partecipate, da Snam a Fincantieri a Terna». Non si capisce bene quale sia il modello. E soprattutto mi immagino gli amministratori delegati di società quotate convocati da uno dei loro soci e messi intorno ad un tavolo per studiare un modello di crisi. Il direttore del Sole finalmente affonda il colpo. Ecco la domanda: Siete un mix tra competenze industriali e gestione del risparmio postale. C’ è il rischio di perdere la visione complessiva? Non si faccia ironia sulle domande dei giornalisti, prendete il cuoco di questa zuppa e fategli intervistare il proprio editore e il risultato a qualche critico potrà apparire esilarante. Ma Palermo ci toglie dall’ impaccio e ci dice che il risparmio postale è una risorsa chiave di questo Paese, non fosse altro perché riguarda la bellezza di 26 milioni di italiani. Non mi è del tutto chiaro come si possa non tanto giustificare i miliardi persi dalla Cassa negli anni scorsi in investimenti non andati proprio bene… Ma come la mettiamo con le 60mila piccole imprese che si vogliono aiutare? La cassa si lancia su un mercato, si inventa una nuova competenza, e assume dei rischi, che diciamo non sono proprio in linea con quanto la mia vecchia zia si aspetta di assumere quando molla il suo millino all’ ufficio delle Poste. O no? «Io sono un uomo di numeri», aggiunge Palermo. E si legge: 60mila piccole e medie imprese di cui Cdp sarà partner. Strategico, inoltre. E poi una gragnuola di domande molto intriganti: Alitalia, Fincantieri con Leonardo, Astaldi: pochi numeri, molte parole per non dire niente. Il giorno dopo la supercazzola, cioè ieri, la Cassa depositi e prestiti di nuova generazione, quella delle piccole e medie imprese, quella che non vive solo a Roma, quella che pensa al nostro Paese, quella che è cambiata, quella che si becca l’ intera pagina 2 del Sole senza dire niente, ha annunciato di investire 4-500 milioni di euro di risparmi postali in Tim. Lo avevano fatto anche i predecessori: avevano speso 700 e perso più di 200 milioni. «Andremo sul territorio con un offerta a supporto delle imprese sul modello francese». Ma forse che intendesse i francesi di Vivendi, socio bloccato di Tim. Ma no: tutti sanno che sta con gli altri, il fondo Elliot. Oppure no. Quel che certo è che Cdp sarà un «partner strategico». Per ora di Tim. Delle sessantamila piccole e medie imprese, si vedrà.
Comunicato del Cdr
Il Giornale
Il Cdr
link
Dopo l’ ultimo incontro con i rappresentanti della Società europea di edizioni il Cdr del Giornale esprime la sua profonda insoddisfazione e la sua preoccupazione per il mancato avanzamento della trattativa in corso che dovrebbe portare il quotidiano fuori dalla grave situazione economica in cui si trova. Una crisi che i vertici aziendali insistono a voler affrontare unicamente pretendendo di imporre ai dipendenti sacrifici economici ingiustificabili sul piano della responsabilità (in quanto i dipendenti non hanno voce in capitolo nelle scelte strategiche dell’ azienda) e insostenibili per i bilanci familiari dei giornalisti e degli altri dipendenti in quanto il taglio delle retribuzioni prospettato è del 30%. Il Cdr ricorda che il proporzionale taglio della forza lavoro impiegata ogni giorno rende impossibile la realizzazione del quotidiano che i lettori trovano oggi in edicola. Nonostante le richieste che dal settembre scorso il Cdr e la redazione hanno reiterato, i vertici aziendali non hanno presentato alcun piano di rilancio che consenta al Giornale di invertire la tendenza che vede un calo degli introiti da vendite e da pubblicità, calo ben più consistente rispetto alla media complessiva dei quotidiani nazionali. Il Cdr esprime profonda insoddisfazione anche riguardo alle risposte, tanto vaghe da apparire evasive, che nell’ ultimo incontro l’ azienda ha fornito in tema di incentivi economici alle dimissioni volontarie che potrebbero limitare notevolmente il sacrificio richiesto alla redazione e chiede che l’ azienda presenti entro la settimana prossima una proposta che rappresenti una base di partenza ragionevole per le trattative individuali. Gli ultimatum sono sgradevoli e brutali ma mai quanto la proposta di un taglio delle retribuzioni in una misura che mette in questione il futuro di ben oltre cento famiglie. Di fronte all’ inerzia dimostrata dall’ azienda, il Cdr e la redazione ribadiscono la volontà dei giornalisti di fare la loro parte per superare la situazione di crisi e di concludere in tempi brevi un accordo che consenta a tutti di affrontare con la necessaria serenità il prossimo futuro. Nei mesi che abbiamo davanti cadono importanti scadenze elettorali ed è fondamentale che in edicola i lettori trovino sempre il nostro quotidiano, che dalla sua nascita rappresenta una voce irrinunciabile per l’ opinione pubblica italiana e un riferimento ancor meno rinunciabile per quella sua parte di orientamento moderato e di forti convinzioni liberali. Il Cdr.
News online, la pausa di Natale
Italia Oggi
ANDREA SECCHI
link
Dicembre, si sa, non è mai un mese splendido per la rete, vista la presenza delle vacanze natalizie. Soprattutto se si confrontano i dati con quelli del mese precedente, confronto obbligato perché al momento non è possibile calcolare le differenze su dicembre 2017 essendo cambiata la rilevazione. Per questo nella tabella in pagina si trovano quasi soltanto segni negativi, con un calo degli utenti che ha riguardato la navigazione da tutti i dispositivi: computer, tablet e smartphone. Nel complesso la categoria Current event and global news di Audiweb ha registrato nel mese 34,97 milioni di utenti unici, in diminuzione dell’ 1,2% su un mese prima, ma i cali dei singoli brand (con dati sul giorno medio questa volta) sono stati ben superiori. Tutto ciò nonostante accanto alla continua discussione sulla legge di bilancio, a dicembre ci siano purtroppo stati alcuni avvenimenti che hanno segnato le cronache: dalla strage in discoteca in provincia di Ancona all’ attentato di Strasburgo in cui è stato colpito Antonio Migalizzi, fino al tifoso morto prima di Inter-Napoli a fine dicembre. Nella top ten dell’ informazione per utenti dei siti (perimetro organico, senza aggregazioni) non è cambiato molto rispetto a novembre: Repubblica a -13,5%, Corriere -12,4% e Citynews -7,4% occupano il podio come nel mese precedente, mentre Tgcom24 (-6,7%) è ancora quarto comunque a un passo dal network di siti locali con 2 mila utenti di differenza sugli 1,85 milioni totali. Segue Fanpage a -8,1% sempre al quinto posto mentre Gazzetta (-4,5%) sale al sesto dal settimo e di seguito arriva Il Fatto (-11,9%) al settimo posto dall’ ottavo. Ha perso due posizioni il Messaggero (-20,6%), mentre ne ha guadagnato due Donna Moderna, ora al nono posto e unico sito a crescere nella top ten (+7,6%). La decina è chiusa dalla Stampa, -12,8% e giù di un posto rispetto a novembre. Insieme con Donna Moderna c’ è giusto una manciata di altri siti in crescita. Tpi (acronimo di The Post Internazionale), in particolare è un piccolo caso, essendo arrivato al 12esimo posto della classifica con 701 mila utenti. Nel mese cresce del 63,5%, ma in realtà l’ incremento è in parte dovuto all’ introduzione del tag di Instant Articles di Facebook, quindi da dicembre il sito è rilevato anche per i suoi articoli IA sul social. Per il resto Tpi ha una buona trazione su Google, grazie a un’ accorta attività di ottimizzazione per i motori (con qualche stratagemma come riproporre ogni giorno un numero elevato di articoli sempre verdi con data aggiornata accanto ad altri pezzi senza dubbio nuovi e originali). Ancora in crescita sono Starbene a +9,9%, TuttoMercatoWeb.com +1,2%, Huffington Post Italia +4,9% (ma qui è stato introdotto Google Amp a fine novembre), Vanityfair.it +7%, Business Insider Italia +5,4%, La Cucina Italiana +6,8%, Agi +7,1%, Corriere Adriatico +15,8% (con Google Amp dal 15 novembre). Per quanto riguarda le altre testate nazionali, Quotidiano.net -1,7%, Giornale -23,7%, Leggo -14%, Sole -17,6%, Libero -25,7%, Corriere dello Sport -17,3%, TuttoSport -19,9%. Infine tv e radio. La situazione è pressoché simile a quanto visto con i giornali, con Rai News e Radio Deejay, unici siti in pareggio sul mese precedente. Scende di tre posizioni Mediaset Play a favore di Rai Play che è prima e di SkySport secondo. © Riproduzione riservata.
Usa e Ue stanno divorziando
Italia Oggi
JAMES HANSEN
link
I due continenti vanno per le proprie strade. Nord America e Europa si separano, politicamente, militarmente e anche dal punto di vista culturale. Un’ indicazione chiara si trova nel trattato franco-tedesco di Aquisgrana. Mira esplicitamente a creare un blocco autonomo militare, come anticipato dal premier francese Emmanuel Macron quando ha dichiarato a novembre che: «Dobbiamo proteggerci nei confronti della Cina, della Russia e degli Stati Uniti». Le divergenze economiche si palesano negli scontri daziari tra gli Usa e l’ Unione Europea. L’ Ue ha preferito interpretarli come l’ ennesima «Trumpata», ma nei fatti rappresentano i comuni interessi dell’ establishment economico americano, da tempo impegnato a virare per confrontarsi con l’ Asia. Si rivelano nell’ atteggiamento tenuto nel negoziato Brexit. Bruxelles scopre ora che forse ha sopravvalutato il proprio peso e che gli inglesi hanno delle alternative. Il rischio, prossimo, è di vedere l’ Inghilterra diventare una sorta di portaerei dell’ economia Usa ancorata appena al di là della Manica. La divergenza politica si vede nell’ incapacità dell’ élite europea a spiegarsi l’ elezione di Donald Trump, in parte per il terrore di vedere una simile rovesciata in Europa. L’ elettorato Usa ha voluto «spaccare tutto», c’ è riuscito. Non si è posto troppe domande sulla competenza dell’ uomo Trump. Quando i romani elessero Ilona Staller (in arte Cicciolina) alla Camera nel 1987, non era perché pensassero potesse essere specialmente abile nella gestione della res publica. La divergenza si nota anche nelle crescenti incomprensioni culturali e sociali, come nel caso del movimento #metoo. Negli Usa continua a colpire duro. In Europa, dove il fatto è passato in fretta, la reazione è spesso stata invece: «Ma cosa si aspettavano queste benedette, salendo da sole dal produttore per una cena a lume di candela?». La sensibilità culturale di un settore, la moda, che vive di tendenze, poteva essere più acuta. Invece, sia Prada che Gucci hanno recentemente preso clamorosi buchi tentando di introdurre negli Usa prodotti che hanno profondamente offeso le sensibilità locali: accessori (Prada) e vestiti (Gucci) che si rifacevano al tradizionale trucco teatrale del blackface che: «Nel diciannovesimo secolo consisteva nel truccarsi per assumere le sembianze stilizzate di una persona di pelle nera» per ottenere un effetto comico. Gli stilisti dovevano sapere che gli Usa sono molto sensibili a tutto ciò che sappia di razzismo e di disprezzo verso le minoranze. Non leggono i giornali? E casca un altro asino, la riduzione del flusso di notizie dagli Usa. Con l’ entrata in vigore a maggio scorso del regolamento Ue sulla protezione dei dati (Gdpr), oltre a poche grandi testate regionali non molto rappresentative degli Usa nell’ insieme (il Washington Post e il New York Times) si è parecchio limitato l’ accesso europeo ai siti della stampa americana. Chi cerca online altri influenti giornali Usa, come il New York Daily News o il Chicago Tribune, incontra una schermata che recita: «Our website is currently unavailable in most European countries». L’ Ue ha finora registrato 59 mila infrazioni Gdpr, comminando multe che arrivano ai 50 milioni di dollari (44,3 milioni di euro). Per molti editori nordamericani, informare l’ Europa è un gioco complesso e costoso che non vale la candela. Per l’ Ue invece, è (dovrebbe essere) un altro segnale che il Continente non è più l’ ombelico del mondo. © Riproduzione riservata.
Radio Italia, il Concerto fa il bis
Italia Oggi
MARCO LIVI
link
Radio Italia Live – Il Concerto conferma il raddoppio: il format dal vivo dell’ emittente radiofonica dell’ editore Mario Volanti torna quest’ anno a Milano e anche a Palermo. Appuntamento nel capoluogo lombardo in piazza Duomo il prossimo 27 maggio e, in Sicilia, al Foro Italico il 29 giugno. «Doppio impegno e doppio divertimento. Per quanto riguarda Piazza Duomo a Milano», ha spiegato ieri dai microfoni di Radio Italia lo stesso Volanti, «Radio Italia Live – Il Concerto è diventato un appuntamento che ogni anno viene atteso dal pubblico e dagli artisti, e ogni anno c’ è la certezza di partecipare a un evento unico. Tornare a Palermo è rivivere una grande emozione che ha riempito di gioia la città, la Sicilia e tutti gli artisti che ci hanno dato la possibilità di realizzare quello che era un sogno». A Milano, in particolare, la kermesse porta con sé un’ audience totale da 8 milioni tra piazza, radio, tv e digitale (secondo le ultime rilevazioni disponibili GroupM). Solo via Facebook si collegano online 2,5 milioni di utenti. A livello di share tv, la kermesse musicale è arrivata al 7,5%. «Radio Italia Live – Il Concerto è una tradizione del palinsesto milanese. La forza di Milano è di fare una serie di attività e di andare avanti», ha dichiarato il sindaco di Milano Giuseppe Sala. «Mi auguro che questo concerto vada avanti in eterno, certamente essendo arrivati all’ ottava edizione ha dimostrato di essere qualcosa di veramente amato dai milanesi». Più in generale, tra i vari obiettivi, c’ è quello di realizzare un evento di piazza, pubblico e gratuito, che vuole essere molto mirato sul target dei giovanissimi amanti della musica italiana. «Per la seconda volta il concerto di Radio Italia sarà a Palermo, dopo il 2018 in cui la città è stata Capitale della Cultura», ha aggiunto Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, di cui è cittadino onorario lo stesso editore e presidente Radio Italia. «È un risultato molto importante perché se Milano si conferma capitale europea dell’ Italia, Palermo aspira ad essere capitale mediterranea dell’ Italia e rinnova la disponibilità ad unire la Mitteleuropa e il Mediterraneo». Nel frattempo (come anticipato da ItaliaOggi del 31/1/2019), Radio Italia ha archiviato ufficialmente l’ anno appena concluso con una raccolta pubblicitaria in crescita dell’ 11%, a quota 30 milioni di euro. Pianificazioni seguite dalla concessionaria Manzoni del gruppo Gedi-Repubblica e sostenute da un’ offerta alle aziende che comprende spot radiofonici, contest, naming right e molti eventi in partnership. Sotto la supervisione del neovicepresidente Marco Pontini, Radio Italia punta ad ampliare la propria base clienti, al momento soprattutto grazie ai nuovi arrivati dal mondo auto, dalla grande distribuzione organizzata (gdo) e dal personal care (cura della persona, ndr). Da un punto di vista degli ascolti, infine, secondo i dati dell’ indagine Ter sul secondo semestre 2018, Radio Italia aumenta gli ascolti mantenendosi terza nel giorno medio ma «siamo anche, stabilmente, secondi nei sette giorni», ha concluso Pontini.
Ascolti, a gennaio domina la Rai
Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
link
In gennaio i canali della Rai dominano sia nelle 24 ore, con una media del 37,3% di share stabile sullo stesso mese 2018, sia in prima serata, pur scendendo di quasi un punto percentuale al 38,1%, e hanno un grande vantaggio sul ventaglio di brand di Mediaset, fermo al 30,7% nelle 24 ore (-0,4 punti sullo stesso mese 2018) e piatto al 31,8% in prime time. In viale Mazzini sono soprattutto l’ ammiraglia Rai Uno e Rai 4, scesa dalla piattaforma Sky, a soffrire, con una Rai Tre in salute e pure una Rai Due che, con la cura Freccero, recupera qualche posizione. Il Biscione, invece, vede perdere Canale 5 (in calo di circa un punto su tutte le fasce orarie) ma può contare sui buoni risultati di Rete 4, che in prima serata sale di 0,7 punti al 4,45% di share. In questa area di ascolti si collocano, ormai praticamente sullo stesso piano, sia Italia Uno (stabile al 5,07% di share in prime time), La7 (in forte crescita col 4,92% medio) e, appunto, Rete 4. E dietro ai due grandi gruppi Rai e Mediaset ci sono tre blocchi abbastanza vicini e formati dai numerosi canali Sky (stabili al 7,17% di share in prima serata), dai tanti canali Discovery (su di 0,3 punti al 5,58% di share), e dai due canali La7 (in accelerata al 5,36%). Tv8 di Sky è ormai un canale da 2,5% di share medio in prima serata (+0,5 punti sul gennaio 2018), Nove di Discovery conferma invece l’ 1,43% di share in prime time, mentre La7, come detto, approfitta della confusa situazione politica e continua a consolidarsi. Fermi, invece, gli ascolti del gruppo Viacom, con Paramount channel, Super! e Vh1 in lieve arretramento, e un risultato complessivo salvato solo dal lancio del nuovo canale Spike che si attesta allo 0,3% sulle 24 ore. Una riflessione a parte la merita il gruppo Fox: vale lo 0,9% di share sulle 24 ore e in prima serata, con ascolti che, rispetto al gennaio 2018, calano tra il 25 e il 30%. I canali di Fox sono ancora una esclusiva della piattaforma Sky in Italia. Ma, col riassetto mondiale dei grandi gruppi tv, ora Fox fa parte di Disney, mentre Sky è di Comcast. Quindi i vari brand di Fox, per la piattaforma Sky, sono diventati alla stregua dei canali di Viacom o Discovery: clienti terzi e nulla più. Urge, quindi, un cambio di passo (si parla di nuovi canali Fox in chiaro) per non perdere ulteriori posizioni, non godendo più del rapporto privilegiato e di parentela con Sky. © Riproduzione riservata.
Audiweb: classifica informazione online a dicembre
Prima Comunicazione
link
Poche novità nella classifica di dicembre dell’ informazione online stilata sulla base dei dati Audiweb con la nuova metodologia di rilevazione che da luglio tiene conto anche del traffico in-app browsing e su piattaforme terze (Google Amp e Facebook Instant Article). Invariate, rispetto al mese scorso, le prime cinque posizioni, occupate da Repubblica, Corriere della Sera, TgCom24, Citynews e Il Messaggero. La Gazzetta dello Sport conquista il sesto posto, prima occupato da Fanpage, che scende al settimo. Guadagna un posto anche Upday, l’ app di notizie per gli smartphone Samsung realizzata da Axel Springer, rilevata solo da due mesi e già nel gruppo di testa dei big dell’ informazione, in ottava posizione. Il Fatto Quotidiano scende invece al nono posto (un andamento opposto a quello rilevato da comScore: secondo la società americana, il giornale online diretto da Peter Gomez avrebbe superato addirittura il Corriere della Sera per numero di visitatori unici mensili). Chiude la top ten il femminile di Mondadori Donna Moderna, con il suo gruppo di siti aggregati, che sopravanza La Stampa, undicesima. Dicembre è tradizionalmente un mese sottotono per l’ audience dei siti di informazione e il 2018 non ha fatto eccezione, come dimostra la pioggia di segni meno nell’ ultima colonna della nostra tabella, quella delle variazioni percentuali: solo 12 brand su 60 sono in crescita; gli altri 48 perdono utenti unici nel giorno medio rispetto al mese precedente. Nel 2017 era andata ancora peggio: i siti in crescita erano stati solo sette. Perdono i siti dei quotidiani: Repubblica.it -13%, il Corriere della Sera -12%, La Stampa -13%, Il Fatto Quotidiano -12%, Il Messaggero -20%, il Giornale -23%, Libero -25%. E perdono anche i giornali nativi digitali: Affaritaliani -45%, Blogo -36%, Nanopress -19%, Notizie.it -17%, Il Post -15%; Lettera43 contiene le perdite al -2%; in controtendenza l’ HuffPost, che vede i suoi utenti unici aumentare del 5% circa. Un caso a parte Tpi-The Post Internazionale che da un paio di mesi sta registrando crescite monstre, dovute però sostanzialmente a un fatto tecnico: tra ottobre e novembre il giornale online diretto da Giulio Gambino ha inserito nelle sue pagine i tag per misurare il traffico in-app browsing, su Facebook Instant article e Google Amp, in precedenza non rilevato. Il +63% di dicembre conferma l’ importanza di queste piattaforme per l’ audience di siti che puntano sulla viralità delle notizie, come dimostrano le fiammelle poste accanto ad ogni articolo di TPI, con il numero delle reazioni che esso ha suscitato tra i lettori (condivisioni, commenti, eccetera). Uno strumento usato anche da Business Insider, il giornale online di economia e finanza del gruppo Gedi, che è un’ altro dei pochi a guadagnare punti in dicembre (+5%). Un altro elemento importante per interpretare il calo di audience di molti siti di informazione in dicembre è l’ uso diverso che si fa dei propri device durante le festività e il tempo libero: sale l’ uso degli smartphone e scende invece quello del computer (un milione in meno di utenti unici su pc nel giorno medio in dicembre rispetto a novembre). Ne risentono i siti che propongono un’ informazione approfondita, come quelli dei quotidiani, e che necessitano di una certa concentrazione, possibile più sul computer che sullo smartphone, adatto soprattutto a una lettura mordi e fuggi.
Il Cdr del Giornale chiede risposte all’ editore
Prima Comunicazione
link
Insostenibile la proposta di tagli del 30% sugli stipendi. Il Cdr del Giornale critica l’ editore, Società europea di edizioni, per l’ assenza di un piano di rilancio e “l’ inerzia dimostrata dall’ azienda” ribadendo in un comunicato “la volontà dei giornalisti di fare la loro parte per superare la situazione di crisi e di concludere in tempi brevi un accordo”. Il Cdr ricorda altresì “le importanti scadenze elettorali ed è fondamentale che in edicola i lettori trovino sempre il nostro quotidiano”. Di seguito il testo integrale: “Dopo l’ ultimo incontro con i rappresentanti della Società europea di edizioni il Cdr del Giornale esprime profonda insoddisfazione e la sua preoccupazione per il mancato avanzamento della trattativa in corso che dovrebbe portare il quotidiano fuori dalla grave situazione economica in cui si trova. Una crisi che i vertici aziendali insistono a voler affrontare unicamente pretendendo di imporre ai dipendenti sacrifici economici ingiustificabili sul piano della responsabilità (in quanto i dipendenti non hanno voce in capitolo nelle scelte strategiche dell’ azienda) e insostenibili per i bilanci familiari dei giornalisti e degli altri dipendenti in quanto il taglio delle retribuzioni prospettato è del 30%. Il Cdr ricorda che il proporzionale taglio della forza lavoro impiegata ogni giorno rende impossibile la realizzazione del quotidiano che i lettori trovano oggi in edicola. Nonostante le richieste che dal settembre scorso il Cdr e la redazione hanno reiterato i vertici aziendali non hanno presentato alcun piano di rilancio che consenta al Giornale di invertire la tendenza che vede un calo degli introiti da vendite e da pubblicità, calo ben più consistente rispetto alla media complessiva dei quotidiani nazionali. Il Cdr esprime profonda insoddisfazione anche riguardo alle risposte, tanto vaghe da apparire evasive, che nell’ ultimo incontro l’ azienda ha fornito in tema di incentivi economici alle dimissioni volontarie che potrebbero limitare notevolmente il sacrificio richiesto alla redazione e chiede che l’ azienda presenti entro la settimana prossima una proposta che rappresenti una base di partenza ragionevole per le trattative individuali. Gli ultimatum sono sgradevoli e brutali ma mai quanto la proposta di un taglio delle retribuzioni in una misura che mette in questione il futuro di ben oltre cento famiglie. Di fronte all’ inerzia dimostrata dall’ azienda, il Cdr e la redazione ribadiscono la volontà dei giornalisti di fare la loro parte per superare la situazione di crisi e di concludere in tempi brevi un accordo che consenta a tutti di affrontare con la necessaria serenità il prossimo futuro. Nei mesi che abbiamo davanti cadono importanti scadenze elettorali ed è fondamentale che in edicola i lettori trovino sempre il nostro quotidiano, che dalla sua nascita rappresenta una voce irrinunciabile per l’ opinione pubblica italiana e un riferimento ancor meno rinunciabile per quella sua parte di orientamento moderato e di forti convinzioni liberali”.
L'articolo Rassegna Stampa del 16/02/2019 proviene da Editoria.tv.