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Rassegna Stampa del 30/11/2018

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Indice Articoli

Il primo anno di Corriere Torino «Nuove edizioni in Piemonte»

La Lega si vuole prendere RaiTre

Entro un anno la nuova asta Tv

Google aiuta gli editori Cerchiamo una soluzione

Futuri possibili e già presenti con Mindshare

Tv gratuite unite contro gli ott

Chessidice in viale dell’ Editoria

Rai 3, la Lega vuole tornare all’ assalto della direzione

Sky, sì di AgCom per la banda larga La nuova offerta a metà del 2019

La Lega dice no all’ abolizione dei contributi

Il primo anno di Corriere Torino «Nuove edizioni in Piemonte»

Corriere della Sera
Massimiliano Nerozzi
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TORINO C’ è tutta la città al primo compleanno del Corriere Torino , e anche questo è un messaggio: dal sindaco Chiara Appendino al presidente della Regione Sergio Chiamparino. Sotto le luci blu della Centrale della Nuvola Lavazza, Urbano Cairo ringrazia, loro e gli oltre 300 ospiti: «C’ è stata una grande accoglienza a Torino, dove abbiamo più che raddoppiato le copie, in città e provincia». Morale: «C’ era bisogno del Corriere a Torino, e noi l’ abbiamo voluto – spiega il presidente e ad di Rcs Mediagroup – ma ora è importante sviluppare quello che è tutto il Piemonte: fare come si è fatto in Veneto, con le tante edizioni locali. Sarebbe bello, perché credo ci siano spazi a Cuneo, Asti, Vercelli, Novara. Andiamo avanti». Tra tradizione e innovazione. E ogni arrivo è anche una nuova partenza, visto che ieri c’ è stato il lancio di un nuovo supplemento economico su Torino e il nord ovest, che sarà in edicola ogni lunedì, a partire dal 3 dicembre: 8 pagine per raccontare le imprese grandi e piccole della regione, che siano legate dal filo comune dell’ innovazione. Sulla scia del Corriere Torino – guidato dal responsabile Umberto La Rocca – per il quale Cairo è stato premiato come editore dell’ anno da Liliana Allena, presidente dell’ Ente internazionale del tartufo bianco di Alba. Va da sé, con la consegna di un grosso tartufo. Ha festeggiato anche Luciano Fontana: «È stato un anno fantastico – dice il direttore del Corriere della Sera – e ringrazio la città. Ci eravamo sempre chiesti perché il Corriere non avesse una cronaca a Torino: c’ era concorrenza, con giornali radicati, ma abbiamo avuto buoni risultati, eccellenti dal punto di vista di radicamento e copie». Osare, e investire, ha fatto vincere la scommessa. «Quando incontro colleghi di altri giornali e dico che ho la fiducia di fare nuovi progetti, mi guardano come fossi un ingenuo. Ma i risultati dicono che chi fa qualcosa, alla fine, vince». Al centro di una città viva, che ieri ha sorriso sul duetto tra Massimo Gramellini e Gabriele Ferraris; e poi ha parlato di Tav, con Marco Lavazza, vicepresidente del gruppo. Cui è bastato accennare all’ argomento per innescare un minuto di applausi. Idem Cairo che, con le «madamin» in sala, ma pure la sindaca, ha affiancato i 30.000 in piazza ai 40.000 della marcia Fiat, lodando «la perseveranza e il coraggio della città». Questione di società civile, non di bandiera. «Non ne faccio una questione politica, anche se penso sia giusto investire». Come ha fatto il Corriere .

La Lega si vuole prendere RaiTre

Il Foglio

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Roma. “No, Stefano Coletta per adesso è meglio non convocarlo. Forse lo mandiamo via”. E la frase pronunciata ieri mattina dal capogruppo della Lega in Vigilanza Rai, Massimiliano Capitanio, in un attimo precipita come un nitrito di apocalisse sulla grande azienda della televisione pubblica. Stefano Coletta è infatti il direttore di Rai Tre, l’ unico dirigente Rai apparentemente confermato dall’ amministratore delegato di viale Mazzini Fabrizio Salini, l’ unico – almeno formalmente – che ha la titolarità di fare le nomine e rimuovere i direttori. “Forse lo mandiamo via”, dunque, diceva ieri l’ onorevole Capitanio nel corso della riunione dell’ Ufficio di presidenza della Vigilanza, un incontro ristretto al presidente della commissione, il forzista Alberto Barachini, ai capigruppo di maggioranza e opposizione, e ai segretari. La Commissione doveva decidere intorno al calendario delle audizioni con le quali nelle prossime settimane l’ organismo di controllo e di indirizzo parlamentare intende ascoltare tutti i nuovi dirigenti, non solo i direttori di rete ma anche quelli dei telegiornali. Poiché tuttavia i direttori di RaiUno (Teresa De Santis) e RaiDue (Carlo Freccero) sono stati nominati appena due giorni fa, all’ interno dell’ Ufficio di presidenza l’ oppo sizione ha ipotizzato di cominciare da Co letta, l’ unico riconfermato, che è già direttore di RaiTre da diversi anni “e forse ha qualcosa in più da dire rispetto ai direttori nuovi che non sono nemmeno ancora entrati a viale Mazzini”. E’ a quel punto che Capitanio, il leghista, ha però detto di no, “perché forse lo mandiamo via”. Si tratterebbe di una clamorosa smentita per l’ am ministratore delegato, Salini, che appena due giorni fa aveva confermato Coletta. Ma la rimozione del direttore di RaiTre potrebbe essere dovuta (anche) ai complicati incastri del più generale e vastissimo puzzle delle nomine pubbliche. Che non riguardano solo la Rai.

Entro un anno la nuova asta Tv

Il Sole 24 Ore
Carmine Fotina
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Si svolgerà entro novembre 2019 la nuova gara per le frequenze della televisione digitale terrestre. Lo prevede un emendamento alla legge di Bilancio che dovrebbe essere presentato oggi in commissione Bilancio dal relatore M5S Raphael Raduzzi e che Il Sole 24 Ore può anticipare. L’ asta, senza rilanci competitivi – come anticipato su questo giornale il 28 novembre – è in programma per le frequenze che si libereranno in seguito all’ eliminazione della riserva di un terzo della capacità trasmissiva a favore delle emittenti locali, regola che risale alla legge Gasparri. L’ abrogazione era stata suggerita al governo dall’ Authority per le comunicazioni in seguito all’ esigenza di liberare frequenze in banda 700 mhz per l’ asta 5G. L’ intervento, poi, è scaturito dalle riunioni del tavolo 4.0 coordinato dal ministero dello Sviluppo economico guidato dal leader M5S Luigi Di Maio. Tra le fila dell’ opposizione c’ è chi ha già battezzato l’ intervento come una norma anti Mediaset, dal momento che le previsioni iniziali del gruppo tv – come degli altri broadcaster nazionali del resto – erano quelle di una procedura non onerosa. Due giorni fa Confindustria radio tv ha duramente criticato la scelta del governo. Secondo l’ esecutivo tuttavia non sarebbe stato opportuno per l’ erario non valorizzare una risorsa scarsa come le frequenze. Si dovrebbe partire da una base d’ asta di poche decine di milioni ma dipenderà dalle procedure che dovranno essere stabilite dall’ Agcom entro settembre 2019. Quanto alla destinazione degli introiti, l’ emendamento indica interventi per l’ innovazione digitale del mercato radio tv. Nel complesso, l’ intervento normativo mira a risolvere anche le criticità emerse per Il multiplex Rai destinato a ospitare i canali locali. Sono previste poi frequenze per lo sviluppo della radio digitale. E la dote per gli incentivi agli utenti che dovranno cambiare tv e decoder in vista del Dvb-t 2 sale da 100 a 150 milioni. Non sono tuttavia nuove risorse: l’ aumento va a scapito proprio degli operatori nazionali, in quanto si tratta di 50 milioni inizialmente previsti per i costi di adeguamento degli impianti di trasmissione. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Google aiuta gli editori Cerchiamo una soluzione

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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«Non è Google ad aver cambiato le regole del gioco. È Internet. Noi possiamo essere solo d’ aiuto agli editori, innanzitutto aumentando il traffico verso i loro siti». Richard Gingras è vicepresidente News di Google. Un ambito particolarmente scottante, che porta inevitabilmente a riflettere sull’ equilibrio fra il colosso web e il mondo dell’ informazione tradizionale che a Google, come a Facebook, guarda come alle cause del declino di ricavi. E l’ indice è puntato sia sulla pubblicità drenata dalle piattaforme, sia sulle vendite di copie e contenuti su cui impatta la mole di contenuti disponibile in rete. È su quest’ ultimo punto che a Bruxelles si sta giocando una partita serratissima sulla riforma del copyright. Due in particolare i nodi del contendere. Di questi l’ articolo 11 introduce l’ obbligo di pagamento per gli “snippet”, le porzioni di articoli giornalistici che compaiono in rete. Misura che, per come è scritta, trova la netta contrarietà di Google. Qualora passasse la proposta di direttiva chiudereste in Europa Google News come già fatto in Spagna? Riteniamo che questo sia un servizio di grande valore, per lettori e publisher. L’ ultima cosa che vogliamo è chiuderlo. Valuteremo l’ esito di quanto si deciderà a Bruxelles. Quindi non escludete la chiusura? Comprendiamo il desiderio di aggiornare la regolazione sul copyright nell’ era digitale. Anche noi auspichiamo che si arrivi a una soluzione che funzioni per tutti: giornalisti, editori piccoli, grandi, vecchi e nuovi. Quella riforma però pone delle potenziali conseguenze inattese sulle quali occorre far luce e che vorrei spiegare. Prego. Innanzitutto voglio premettere che Google corrisponde un importate valore economico per il traffico web degli editori generato dalla piattaforma. Gli editori possono monetizzare più di 10 miliardi di visite ogni mese. E c’ è una ricerca Deloitte che indica come ciascuna di queste visite abbia un valore monetizzabile fra 3 e 5 euro. E quindi le conseguenze inattese? Ci arrivo. Questa proposta di direttiva pone in capo agli aggregatori di news l’ obbligo di licenze commerciali per indicizzare i contenuti. Insomma, in capo a Google va la decisione su quale contenuto includere in Google News e quale no, visto che non si potrebbe pagare per tutti. Perché no? Le risorse non vi mancano. Ci sono limiti economici oltre i quali non possiamo andare. Ricordo che Google News non porta ricavi, non ha pubblicità. È un servizio. Vorremmo invece che i publisher avessero il diritto di scegliere se accettare o meno questo regime. Alcuni possono ritenere di avere vantaggio dal nostro servizio che, ripeto, non può portare a una remunerazione per tutti. Non pensa che sia giusto un ribilanciamento degli introiti a favore dei produttori di contenuti? È vero: Internet ha portato a una disruption nel modello news. Ma in questo passaggio è riduttivo pensare che le revenues siano passate a Google. Se ne sono giovate molte piattaforme. Penso ad esempio a quelle che ospitano oggi gli annunci economici che un tempo erano sui giornali. Ma è difficile accettare questa visione. In Italia il 75% dell’ adv digitale è in mano a Google e Facebook. È vero che Google ha avuto successo. Ma il mercato adv è cambiato. Milioni di piccoli e piccolissimi investitori che prima non investivano, ora hanno potuto farlo grazie a player come noi. All’ interno della galassia Google, anche Youtube ha avviato una campagna per il “no” spingendo a intervenire anche i suoi creators. È giusto? Youtube ha meccanismi di tutela del copyright molto importanti. Penso a “Content Id”. Faccio presente che con l’ articolo 13 le piattaforme dovrebbero esercitare un controllo a monte anche quando non si conosce il detentore dei diritti. Questo è molto pericoloso e potrebbe portare Youtube a un approccio conservativo sui contenuti che potrebbe ospitare. Trovo quindi giusto che i creators abbiano fatto sentire la propria voce. Con ogni probabilità mancherà il tempo per l’ approvazione. Siete sollevati?Dico solo che noi stiamo facendo del nostro meglio e stiamo collaborando con l’ Europa per trovare una soluzione che funzioni per tutti. Siamo favorevoli a un’ idea di revisione del copyright che risponda meglio alle esigenze dell’ era digitale. Non vi sentite un po’ i boia dell’ editoria tradizionale? Mi dispiace che ci sia questo misunderstanding. Rispondo assolutamente no. Diamo la possibilità agli editori di avere più traffico, monetizzabile. Abbiamo anche ideato soluzioni alternative come “Suscribe with Google”. Ripeto: è nostro interesse lavorare per un ecosistema migliore. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Futuri possibili e già presenti con Mindshare

Il Sole 24 Ore
Giampaolo Colletti
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Il futuro da scrivere, postare, filmare, calcolare, condividere. Il futuro raccontato con video, foto, hashtag, dati. Il futuro connesso e virale. E sempre più vissuto in mobilità, con la diffusione pervasiva di smartphone e tablet che costringono i player a ripensare l’ informazione in una logica partecipata, provando a smentire le fake news, ma allo stesso tempo lasciando il microfono (e la webcam) accesa sul “potere editoriale diffuso”. Ai futuri possibili è stata dedicata la terza edizione di Huddle, l’ incontro promosso da Mindshare, parte di GroupM, la più grande società di investimento media al mondo. Nata in Asia nel 1997, oggi Mindshare è un network globale con 116 uffici in 86 Paesi e conta più di 7mila professionisti. L’ appuntamento si è tenuto presso la sede milanese dell’ agenzia e ha visto la partecipazione di oltre 550 ospiti. Futuri declinati al femminile, visti con le lenti di ventiquattro donne speaker. «Abbiamo voluto raccontare il futuro e le donne senza ombra di dubbio sono il futuro. E allora abbiamo lasciato spazio soprattutto alla prospettiva e al pensiero femminile», afferma Roberto Binaghi, ceo di Mindshare. Si è parlato del futuro della televisione, tra esigenza di autenticità e innovazioni dei broadcaster. E ancora di quello dello sport e della mobilità, tra realtà aumentata e trend globali. Spazio al futuro dell’ editoria, tra la dittatura degli algoritmi e l’ inevitabile personalizzazione. Huddle ha permesso agli ospiti di costruire il proprio palinsesto, scegliendo di ascoltare le voci di manager, influencer, imprenditrici, sportive, popstar, giornaliste, musiciste, artiste,. Ma all’ evento hanno partecipato anche manager di grandi aziende globali. Futuri possibili da misurare negli anni della Data Economy, come ha evidenziato l’ Economist pochi mesi fa mettendo addirittura questa tendenza in copertina, fotografata con le piattaforme petrolifere brandizzate con i principali attori dell’ hi-tech. «Oggi una grande sfida in questo campo è rappresentata dalla capacità di misurare gli effetti della comunicazione sui vari canali, in modo unificato, omogeneo, traducibile», ha affermato Jane Ostler, Global Head of Media dell’ agenzia Kantar. Perché sono i dati il petrolio del Ventunesimo Secolo. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Tv gratuite unite contro gli ott

Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Le alleanze fra i broadcaster si confermano uno dei punti fondamentali delle strategie del settore per competere con i giganti dello streaming, da Netflix ad Amazon Prime. E in Spagna ne è appena partita una, singolare perché riunisce gruppi concorrenti, ovvero l’ emittente pubblica Rtve, Atresmedia (la ex Antena 3 in cui c’ è Planeta De Agostini) e Mediaset Espana. In sostanza, anziché avere servizi on demand separati della propria programmazione, i tre gruppi ne avranno uno complessivo chiamato LovesTv che sarà aperto anche ad altri operatori. LovesTv funziona sul digitale terrestre con tecnologia HbbTV (Hybrid Broadcast Broadband, il sistema ibrido etere-banda larga) e consente di rivedere i programmi dall’ inizio, di avere consigli di visione, la guida dei programmi e di fruire on demand i programmi dei tre broadcaster. Un servizio dal quale oggi i grandi gruppi non possono prescindere per evitare di perdere spettatori ora che le abitudini di visione si sono spostate sull’ on demand senza i vincoli della programmazione tradizionale. L’ Italia in questo non ha nulla da invidiare ormai a soluzioni del genere. Da una parte RaiPlay e dall’ altra Mediaset Play, per esempio, offrono funzioni simili, ma è un po’ come se Rai e Mediaset anziché presentarsi con le proprie applicazioni si fossero unite realizzandone una sola. Quello che, in verità, è successo almeno in parte su Tivùsat, dove l’ app Tivùon consente di accedere ai video dei programmi andati in onda negli ultimi sette giorni sui canali Rai, Mediaset e La7 per poi rimandare alle singole applicazioni per funzioni più approfondite. Tornando alla Spagna, a fare da catalizzatore a Rtve, Atresmedia e Mediaset Espana è stata Cellnex (controllata con il 30% circa da Edizione Holding dei Benetton) come provider tecnologico. I tre gruppi faranno anche una comunicazione comune e contano di vedere utilizzata l’ applicazione in 2 milioni di televisori entro la fine dell’ anno ma durante la presentazione hanno anche sottolineato che le regole del gioco stanno cambiando e ciò che viene presentato è solo l’ inizio di un progetto che aspira a molto di più ma sempre nell’ ambito della tv gratuita. Altri progetti qua è là in Europa sono, per esempio, l’ irlandese Saorview, che unisce in maniera simile operatori televisivi pubblici e privati, oppure la francese Salto, questa volta una piattaforma streaming creata da France Televisions, Tf1 e M6. Per capire come la cooperazione anche interna sia la strada basti pensare quello che ha detto ieri il ceo dell’ Ofcom, l’ autorità per le comunicazioni del Regno Unito. Sharon White ha invitato i broadcaster pubblici inglesi, ovvero Bbc, Itv e Channel 4 (gli ultimi due operatori privati che hanno anche quote di servizio pubblico) a realizzare un Brit player per contrastare gli over the top: «Se la crescita di Netflix e Amazon ci dice una cosa, è che gli spettatori si affollano su singole destinazioni che offrono un’ ampia varietà di contenuti di qualità», ha detto White, aggiungendo che il pubblico cerca contenuti locali, e questo è un plus per chi li realizza, ma li vogliono avere anche on demand. © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Radio, pubblicità in crescita del 2,2% a ottobre. Il fatturato pubblicitario del mezzo radio è stato di 37.847.000, in crescita del 2,2 rispetto all’ ottobre 2017 (+17,1% sul 2016), secondo i dati dell’ Osservatorio Fcp-Assoradio. «Nonostante le incertezze dello scenario macroeconomico quello di ottobre è stato un mese da record per il fatturato del mezzo Radio», ha detto il presidente Fcp-Assoradio Fausto Amorese. «A oggi si tratta del mese col fatturato più alto dell’ anno. Ulteriore indicatore positivo, considerato il numero totale degli avvisi, è l’ incremento del prezzo medio che riflette da parte degli investitori il valore attribuito alla radio nel media mix. Il dato progressivo a ottobre conferma di conseguenza un risultato migliore della media del mercato: +5,1%. Tra i settori che crescono maggiormente nei primi dieci mesi segnaliamo distribuzione, media-editoria, tempo libero, turismo-viaggi». ItMedia, il mercato tv italiano a +2%. Dopo una frenata nel 2017, il mercato televisivo torna a crescere nel 2018 complessivamente intorno al 2% secondo ITMedia Consulting che il prossimo 13 dicembre pubblicherà il rapporto «Il mercato televisivo in Italia: 2018-2020 – L’ effetto Netflix». La pay tv nelle varie componenti cresce in maniera più evidente, attorno al 6%, frutto dei buoni risultati di Sky (arpu in crescita e abbonati che compensano ampiamente le perdite di Mediaset Premium) e dell’ esplosione dei servizi on-demand (Netflix su tutti). In questo modo secondo ITMedia Consulting, la pay tv, che aveva effettuato nel 2017 il contro-sorpasso, stacca ancor più la pubblicità, sia quella televisiva tradizionale, sia quella totale, che comprende anche i ricavi delle tv dai servizi video online. Aeranti-Corallo: giudizio molto critico sulla proposta per il rilascio della banda tv 700 e il passaggio al Dvb-T2. Secondo Marco Rossignoli, coordinatore di Aeranti-Corallo, la federazione di categoria che rappresenta 181 imprese televisive locali, qualora venga attuata la soppressione della riserva di un terzo della capacità trasmissiva fino a oggi prevista per le emittenti locali, gli spazi trasmissivi sarebbero assolutamente insufficienti e si verificherebbe, pertanto, «un inaccettabile forte» ridimensionamento del comparto. «Inoltre», ha detto Rossignoli, «non sono stati previsti criteri per l’ assegnazione della capacità trasmissiva alle tv locali, con conseguente evidente incertezza circa le modalità di tutto il processo di transizione al Dvbt-2 e con l’ impossibilità di operare investimenti al riguardo. Oltre a ciò», gli indennizzi previsti per la liberazione delle frequenze da parte delle tv locali sono assolutamente inadeguati. Aeranti-Corallo auspica, pertanto un ripensamento del processo di transizione che consenta il mantenimento del pluralismo informativo nel comparto». A fine 2017 la capitalizzazione dei big del web oltre 6 volte Borsa Italiana. Con gli utili che dal 2013 hanno visto una crescita media annua del 13%, per i big del software e del web sono numeri da record anche sul fronte della capitalizzazione di Borsa, che ha registrato un aumento medio annuo del 25%, oltre il triplo di quello delle multinazionali della manifattura (+8%). È quanto emerge dall’ indagine dell’ Area Studi di Mediobanca sulle WebSoft companiers. A fine 2017 le 21 principali multinazionali del settore valevano oltre sei volte il valore dell’ intera Borsa Italiana, con multipli mediamente di 21,4 volte l’ ebitda. La sola Alphabet valeva più dell’ intera Borsa italiana. Nel 2017 ogni websoft company ha mediamente prodotto 10 milioni di utili netti al giorno per un totale di 339 miliardi di profitti macinati nel periodo 2013-2017. Dazn in Brasile nel 2019. Dazn prosegue la propria espansione globale e lancerà il proprio servizio di streaming live e on demand in Brasile a partire da marzo 2019. Trasmetterà in esclusiva tutte le partite della Copa Sudamericana dal prossimo anno 2019 per quattro stagioni, oltre a tutte le partite di Ligue 1 e Serie A fino al 2021. In attesa del lancio, Dazn trasmetterà, a partire dal 7 dicembre, i match della Juventus di Serie A e del Paris Saint-Germain di Ligue 1 in free-to-air attraverso le proprie pagine Facebook e YouTube. L’ annuncio fa seguito alla recente comunicazione dell’ arrivo, a partire dal 2019, di Dazn in Spagna, con i primi diritti già confermati, tra cui MotoGP, Premier League ed Eurolega. RaiParlamento, Spaziolibero, programmi dell’ accesso versione 4.0. Torna Spaziolibero, storica rubrica di Rai Parlamento, dedicata al variegato mondo dell’ associazionismo. E torna profondamente rinnovata: uno studio più dinamico, molti servizi sul territorio e interviste. Era il 1977 quando i Programmi dell’ Accesso, questa l’ originaria definizione, fecero il loro esordio in Rai, con la sigla di Spaziolibero. Uno spazio appunto libero per dar voce alle diverse associazioni. Le domande di partecipazione si presentano alla Commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai, che ha eletto una sottocommissione permanente presieduta dal senatore Giorgio Maria Bergesio, dedicata a questi programmi. Chi ha i requisiti per partecipare diventa poi protagonista della rubrica per dieci minuti. L’ appuntamento con Spaziolibero è tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, alle 11,20 su Rai3, a partire dal 3 dicembre. Arriva Dimensione Informazione, un nuovo mensile di economia, politica e società il cui editore e direttore è Roberto Serrentino, giornalista pubblicista, ma anche commercialista e docente universitario.

Rai 3, la Lega vuole tornare all’ assalto della direzione

La Repubblica
GIOVANNA VITALE
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Che la Lega avrebbe preferito sostituirlo, non è un mistero per nessuno. Nel valzer dei direttori di rete e di Tg inaugurato a Viale Mazzini dalla maggioranza gialloverde, l’ unico a resistere all’ ondata sovranista è stato il capo di Rai3 Stefano Coletta. Nominato nell’ estate 2017, e confermato a dispetto del cambio di governo. Salvo scoprire che il disegno salviniano di mettere le mani sull’ ultimo avamposto rimasto fuori dalla spartizione è tutt’ altro che archiviato. Palazzo San Macuto, interno giorno. È lì che ieri mattina si ritrovano il capo della Vigilanza Barachini e gli altri componenti dell’ Ufficio di presidenza per decidere il calendario delle audizioni dei nuovi direttori di rete. « Coletta lasciamolo per ultimo, inutile sentirlo, tanto non durerà a lungo » , se ne esce il leghista Capitanio, lasciando interdetti i colleghi. ( come svelato da Repubblica. it). «Forse è stata una battuta » , sdrammatizza il forzista Mulè. Fatto sta che la voce comincia a circolare e a sera Capitanio è costretto a correggere il tiro: «Mai parlato di sostituzione, mi sono solo limitato a dire che era meglio sentire prima i direttori di Rai1 e Rai2, che sono stati appena nominati » . Ma ormai la frittata è fatta e il piano svelato. Non l’ unico, almeno secondo la senatrice dem Monica Cirinnà. « Sembra che Report abbia pronta una puntata ” bomba” sui fondi della Lega e i suoi rapporti con la criminalità organizzata al Sud e che la trasmissione sia stata bloccata da un ordine dei piani alti della Rai. L’ ad Salini chiarisca » . Stavolta tocca a Sigfrido Ranucci, autore e conduttore di Report, smentire: « Mai ricevuto pressioni su nessuna inchiesta, in questa azienda mi sento libero » . La messa in onda è prevista il 10 dicembre. Basta aspettare. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Sky, sì di AgCom per la banda larga La nuova offerta a metà del 2019

La Repubblica
ALDO FONTANAROSA
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roma Ora Sky Italia ha le carte in regola per vendere – insieme ai suoi contenuti televisivi tipo calcio, film e fiction – anche abbonamenti alla rete Internet. Come risulta dal registro pubblico in mano al Garante delle Comunicazioni ( il registro Roc), adesso Sky Italia è autorizzata ad allacciare connessioni web al pari di Telecom, Vodafone o Wind Tre, forte del suo status di ” fornitore di servizi di comunicazione elettronica”. Andrea Zappia, amministratore delegato uscente di Sky Italia, consegnerà al suo successore il piano di sbarco nel mercato delle telecomunicazioni. Piano che ipotizza la prima offerta commerciale a metà 2019. Ti diamo la Serie A, X Factor e le fiction tv; ma anche l’ abbonamento alla banda larga per vedere tutto via Internet (oltre alla linea fissa). Nel piano di Sky Italia entra di diritto anche l’ inchiesta del Wall Street Journal – del 20 novembre – che aiuta a capire il senso di questa mossa. L’ inchiesta del quotidiano statunitense fa il punto sui cord cutters. Sono le persone che letteralmente tagliano la corda, rinunciando al loro abbonamento alla televisione via satellite. Nel terzo trimestre del 2018, i giganti americani del satellite ( come DirectTV e Dish Network) hanno perso oltre 726 mila clienti, un’ enormità. Per resistere alla possibile emorragia di abbonati al satellite, l’ analista Rich Greenfield suggerisce appunto questo modello. Bisogna vendere insieme la linea fissa, la banda larga di Internet ( e in prima persona), infine i contenuti pregiati della televisione. Sky Italia sa bene che la sua traiettoria di marcia la porterà nel territorio nuovo e difficile delle telecomunicazioni, dove bisognerà misurarsi con regole stringenti e severe. La pay-tv, ad esempio, fonda il suo business su un decoder proprietario che ha resistito bene all’ assalto della pirateria. Non solo. Il decoder, migliorato molto negli anni, ha convinto tanti clienti di Sky Italia a confermare l’ abbonamento e magari ad aumentare la loro spesa mensile. L’ ultimissima versione del decoder, SkyQ, è stato già scelto da 600 mila persone. Piccolo problema. Quando Sky Italia venderà insieme programmi televisivi e banda larga ( grazie al partner tecnologico Open Fiber), il modello di business entrerà nel radar del Garante delle Comunicazioni ( l’ Ag-Com). Garante che – attraverso la sua delibera 348/ 18/ Cons – riconosce oggi agli utenti uno specifico diritto. È il diritto a connettersi alla Rete attraverso un modem che non deve essere necessariamente quello fornito dall’ operatore di telecomunicazioni. Il modem, in altre parole, deve essere libero, per cui ogni famiglia e impresa può usare un proprio dispositivo, di qualsiasi marca o modello, senza barriere. In linea teorica, dunque, il Garante potrebbe chiedere a Sky Italia di offrire connessioni web più contenuti tv anche con un decoder diversi dal proprio. Questo, in nome della ” neutralità tecnologica” imposta prima dall’ Ue e poi dalla delibera 348 del Garante. Per studiare a fondo le implicazioni regolamentari del modello congiunto ( Internet più programmi televisivi), Sky Italia ha ingaggiato una manager esperta e parecchio ferrata, in queste materie. È Tiziana Talevi che ha lavorato a Telecom Sparkle, e per quasi dodici anni come direttore degli Affari Regolatori di Fastweb ( società in prima linea nell’ offerta di abbonamenti alla Rete). La Talevi – che è adesso il nuovo capo degli Affari economici e della Competizione di Sky Italia – vanta anche una fitta rete di relazioni al Garante delle Comunicazioni ( l’ AgCom), dove è stata per quasi quattro anni, tra il 1998 e il 2002. © RIPRODUZIONE RISERVATA

La Lega dice no all’ abolizione dei contributi

Libero

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nLa Lega contro l’ abolizione del contributo pubblico all’ editoria. Ad annunciarlo Massimo Capitanio, parlamentare, membro della Commissione di Vigilanza Rai. Capitanio, intervistato dal sito Affaritaliani.it, annuncia in maniera netta e la contrarietà del suo partito all’ emendamento presentato dal deputato pentastellato Adriano Varrica alla Legge di Bilancio 2019. La modifica prevede l’«azzeramento graduale del fondo pubblico per l’ editoria». L’ abolizione dei contributi ai giornali è una delle storiche battaglie del Movimento 5 Stelle. Un tema tornato di grande attualità visto il caso del padre di Di Maio e le polemiche che hanno investito il vicepremier grillino. «Noi siamo a sostegno dell’ editoria, sia cartacea che radiotelevisiva. Siamo disponibili a sederci ad un tavolo per rivedere, eventualmente, alcuni dei criteri, ma crediamo che in nome della libertà di informazione vada garantito il pluralismo e anche sostenuta una professione che altrimenti rischia di estinguersi» afferma Capitanio. riproduzione riservata.

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