Quantcast
Channel: Editoria.tv
Viewing all articles
Browse latest Browse all 8054

Rassegna Stampa del 22/11/2018

$
0
0

Indice Articoli

Pacchie e omissioni dei nuovi tg Rai

Il potere della stampa, soldi dalle banche e dagli enti pubblici

Netflix & Co raddoppiano gli utenti Boom da 4 a 8 milioni in un anno

Chessidice in viale dell’ Editoria

Snapchat, più show per attirare i giovani

Casellati: “No alle restrizioni dei contributi all’ editoria”

Cairo replica a Blackstone e ipotizza il reato di usura Il fondo: danni per l’ Italia

Oggi è la Giornata mondiale della televisione

Manovra, Lorusso: emendamento M5S azzera i fondi all’ editoria

Crimi ai giornalai: sostenere tutta la filiera; prime soluzioni nella legge di bilancio; tavolo al Dipartimento Editoria

Pacchie e omissioni dei nuovi tg Rai

Il Fatto Quotidiano
Tommaso Rodano
link

La nuova tinta gialloverde dei Tg Rai è applicata con efficienza sovietica. Martedì sera i primi due notiziari del servizio pubblico sono stati aperti dalla stessa (ottima) notizia: la demolizione dei villini abusivi del clan Casamonica. Milioni di italiani hanno potuto apprezzare come primissimo servizio su Rai Uno e Rai Due l’ operazione della polizia municipale di Roma, accompagnata da un codazzo di autorità pentaleghiste: il premier Conte, il ministro Salvini e la sindaca Raggi. Particolarmente zelante il Tg2 diretto dal “sovranista” Gennaro Sangiuliano, che ha introdotto il servizio citando le dichiarazioni del Capitano e il suo celebre slogan, in stile claim pubblicitario: “La pacchia è finita”. Ma ci sono anche notizie che sui Tg Rai non riuscirete ad ascoltare. Per esempio: come si chiamano i pezzi grossi leghisti a processo per le “spese pazze”? Ovvero quelli interessati (potenzialmente) dall’ emendamento Vitiello che ha fatto ballare la maggioranza? Mistero. Nei servizi del Tg1 e del Tg2 che hanno raccontato l’ incidente parlamentare sul peculato, i nomi di Edoardo Rixi (viceministro), Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo (capigruppo di Camera e Senato) non sono mai stati pronunciati. Rixi e Molinari sono citati en passant (insieme all’ ex governatore Roberto Cota) nel Tg3 delle 19.

Il potere della stampa, soldi dalle banche e dagli enti pubblici

Il Fatto Quotidiano
Fabio Pavesi
link

Chiamansi “benefici indiretti del controllo”. Ogni padrone di giornali questo motto lo conosce a menadito. Con l’ editoria (almeno in Italia) non si è mai diventati ricchi. Tantomeno negli ultimi 10 anni di crisi. Ma avere un giornale ti dà un potere che va al di là della mera contabilità. Uno strumento formidabile di pressione. Puoi blandire per ottenere favori negli altri campi in cui operi; puoi silenziare tutto ciò che riguarda le tue altre attività. L’ editore impuro è questa cosa qui. E sul podio dei padroni della stampa con interessi molteplici si erge di diritto la famiglia De Benedetti. Con l’ ex gruppo Espresso Repubblica divenuto Gedi dopo la fusione con l’ Itedi degli Agnelli che ha portato in casa La Stampa e il Secolo XIX . Sotto il cappello del regno di Repubblica-Espresso (con una decina di testate locali più tre radio nazionali) c’ è molto di più. Il gruppo Cir-Cofide che controlla Gedi sta su altre due gambe: la componentistica auto con Sogefi e la sanità privata con Kos e le sue 81 tra residenze per anziani e strutture mediche (8 mila posti letto). C’ era fino a qualche anno fa una propaggine, una volta gioiello della corona e finito miseramente come pacco-dono alle banche creditrici, che era Sorgenia. Le centrali elettriche che la Cir possedeva e che, entrate in crisi, sono divenute il più grande smacco bancario della storia recente. Già perché la famiglia degli imprenditori-editori, una volta compreso il disastro cui andava incontro Sorgenia, anziché farsene carico hanno rifilato il pacco miliardario alle banche creditrici. Divenute obtorto collo azioniste del gruppo in crisi. La storia della beffa di Sorgenia non la troverete certo sui giornali di casa che riportavano la vicenda in poche righe in cronaca e senza il coup de théâtre dei De Benedetti. Sorgenia va in crisi per eccesso di offerta, cadono i ricavi si producono le perdite. Nel 2013 fa un buco di 537 milioni. È il clou di una crisi che viene da lontano. Il paradosso è che più le cose vanno male più Sorgenia viene finanziata arrivando a cumulare 1,85 miliardi di prestiti. E non c’ è da stupirsi, chiamandosi De Benedetti, che la banca più esposta con oltre 600 milioni sia Mps. Ma i De Benedetti (Rodolfo in testa, l’ ideatore di Sorgenia) hanno già pronta l’ exit strategy: nel 2013 azzerano il valore di Sorgenia nel bilancio di Cir, mossa propedeutica all’ abbandono. Serve capitale. Nel 2014 le banche chiedono che la famiglia metta almeno 150 milioni. I De Benedetti non tirano fuori un euro e le banche si ritrovano la Sorgenia in odore di crac. Non avevano i soldi? Qui la tragedia si trasforma in farsa. Sempre nel 2013 i De Benedetti incassano 344 milioni dalla Fininvest che ha perso il lodo Mondadori. Non solo, la Cir era comunque piena di liquidità per 538 milioni. Cdb se la tiene stretta alla faccia di Sorgenia. Finisce che le banche (Mps in testa) fanno il salvataggio, i De Benedetti escono del tutto, deconsolidano da Cir quasi 2 miliardi di debiti e si ritrovano senza guai e con tanta liquidità. Che dire di Kos? Il gruppo con le sue residenze per gli anziani fattura quasi mezzo miliardo, ha margini vicini al 20% dei ricavi e utili nel 2017 per 29 milioni. Un affare. Che deve buona parte della sua forza al rapporto stretto con il pubblico. Le sue strutture sono convenzionate con il Sistema sanitario e il 63% del suo mezzo miliardo di ricavi arriva da Regioni e Comuni. Non contenti, i De Benedetti cercano ancora la sponda pubblica. Il fondo healthcare di F2i compra nel 2016 il 46% di Kos sborsando 292 milioni. Così la famiglia usa meno capitale e condivide il rischio con il fondo pubblico. E poi ecco Gedi. O meglio l’ ex gruppo Espresso. È aperta un’ inchiesta giudiziaria su un eventuale abuso dei prepensionamenti “facili” (a spese dell’ Inps) del gruppo e della Manzoni, la concessionaria di pubblicità. Ma al di là dell’ inchiesta, resta il fatto che il gruppo ha usufruito tra il 2012 e il 2015 di consistenti prepensionamenti di poligrafici e giornalisti, avvalendosi degli stati di crisi. Un altro regalo alla famiglia. L’ unico bilancio in rosso per il gruppo è quello del 2017 per 123 milioni. Pesa la chiusura di una lite fiscale, finita in Cassazione, e che riguardava atti elusivi nella fusione addirittura del 1991 tra l’ editoriale Repubblica e la Cartiera di Ascoli. Il fisco chiedeva 389 milioni, la Gedi alla fine ha chiuso il contenzioso con 175 milioni, di cui 140 pagati proprio nel 2017. E poi c’ è l’ avventura ingloriosa della quotata M&C, il fondo “salva-imprese”, che a detta dell’ Ingegnere doveva investire in aziende in crisi, risanandole. Ai tempi fu presentata come una grande iniziativa che doveva coinvolgere anche il nemico di sempre, il Cavaliere. Alla fine M&C non ha salvato neanche se stessa. Di recente ha venduto il suo investimento nella tedesca Treofan portando a casa 30 milioni di perdite e cagionando ai soci di minoranza perdite sul titolo per oltre il 70% solo negli ultimi 4 mesi. È nota pure la passione dell’ Ingegnere per la finanza che pratica da trader smaliziato. Smaliziato e con accesso a informazioni privilegiate. Come non ricordare le visite a Palazzo Chigi e l’ interesse sulla imminente riforma delle Popolari? Agli atti c’ è l’ intercettazione della Finanza in cui l’ Ingegnere ordina il 16 gennaio (il venerdì prima dell’ approvazione del decreto) al suo broker di fiducia l’ acquisto di titoli delle Popolari che sarebbero state rivendute subito dopo fruttando una plusvalenza in pochi giorni. Un mordi e fuggi da speculatore ben informato. Il veicolo delle sue operazioni di Borsa è la Romed. La Romed vive di compravendite di azioni e derivati. In 3 anni ha portato a casa oltre 80 milioni di utili. I titoli in pancia a Romed valevano 65 milioni nel 2015. Sono saliti a 96 milioni. Poi ci sono i derivati per 30 milioni. Cdb scommette su azioni e futures. Il metodo è da corsaro della finanza: compra le azioni, le dà in pegno alle banche da cui ottiene finanziamenti per comprare altre azioni. Nel frattempo l’ operazione Gedi e la sua Stampubblica non sta dando i frutti sperati. I ricavi sono aumentati di oltre il 10% ma i margini sono scesi di un buon 5%. Le maggiori dimensioni non fanno reddito. E i De Benedetti hanno già messo le mani avanti. Annunciati tagli dei costi tra cui quelli del lavoro per decine di milioni. Magari chiedendo un nuovo stato di crisi e il paracadute pubblico.

Netflix & Co raddoppiano gli utenti Boom da 4 a 8 milioni in un anno

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
link

Manca poco al pareggio con i numeri della pay tv tradizionale. Qui gli abbonamenti in Italia si sono storicamente attestati attorno ai 6,5 milioni fra Sky e Mediaset Premium. Oggi le piattaforme di videostreaming arrivano a superare i 5 milioni. E il trend fa pensare al livello della pay come a un muro che sta per crollare. Del resto, l’ impennata del video on demand è fuori discussione, anche in un Paese come l’ Italia in cui ci si dibatte nelle sabbie mobili di una digitalizzazione che se da una parte mostra segnali di miglioramento come indicato dall’ aumento dell’ ultrabroadband (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), dall’ altra ha evidentemente enormi margini di crescita. A mettere in fila i numeri dell’ avanzata anche in Italia di Netflix, Amazon Prime Video e delle altre piattaforme di videostreaming è EY con uno studio che tra gli sponsor ha Sky, Mediaset, Discovery, Vodafone. E i risultati lasciano poco spazio a dubbi: gli abbonamenti in Italia alle piattaforme di videostreaming a pagamento – EY cita Netflix, Amazon Prime Video, Timvision, Now Tv (Sky), Infinity (Mediaset), Eurosport Player – sono passati da 2,3 a 5,2 milioni. E tutto in un anno, fra giugno 2017 e giugno 2018. Numeri sui singoli operatori non ne sono forniti, ma a giudicare dalle indiscrezioni di mercato a farla da padrona è Netflix, in Italia da 3 anni. «Questi dati – spiega Fabrizio Pascale, Telco, Media & Technology Med Leader di EY – delineano un mercato dei servizi videostreaming in espansione, sia sul fronte dei servizi free offerti dai broadcaster televisivi sia a pagamento. Le crescite più importanti arrivano, però, dalle piattaforme pay che, a metà 2018, contavano oltre i 5 milioni di abbonati, più che raddoppiati nell’ ultimo anno». Oltre al numero degli abbonamenti c’ è anche da guardare al computo totale degli utenti (in famiglia a usufruire delle piattaforme può essere più di uno). In questo caso si passa da 4,3 a 8,3 milioni di utenti con un numero di sottoscrittori unici (che possono avere anche più di un abbonamento) pari a 4 milioni. EY nella sua indagine va poi anche oltre il video on demand “a pagamento” unendo i dati della parte free comprensiva di player come Youtube, Raiplay, Mediaset Play. E così, considerando chi «nell’ ultima settimana ha guardato contenuti video attraverso Internet della durata di almeno 10 minuti», gli utenti free sono saliti in un anno da 17,6 a 20,9 milioni. Il che, considerando che utenti free e pay possono in parte coincidere, segnala 23,8 milioni di italiani che guardano video on demand: il 68% degli utenti internet totali. Tutte cifre, insomma, che fotografano anche per l’ Italia quella che è una tendenza mondiale messa nero su bianco da diversi studi e istituti di ricerca. IT Media Consulting, ad esempio, prevede che i ricavi totali del settore Vod (video on demand) nell’ Europa occidentale aumenteranno rispetto ai 6,26 miliardi di euro del 2018, superando gli 8,8 miliardi nel 2021, con una crescita media annua, pur in un mercato prossimo alla maturità, ancora a doppia cifra: del 12 per cento. Dal Vod arriverà così un quarto dei ricavi del mercato pay Tv. L’ Italia ha numeri ben più bassi rispetto ad altri Paesi d’ Europa. Ma il trend è impetuoso. E così, stando sempre al rapporto “Video on Demand in Europe: 2018-2021”, guardando al totale del video on demand – e dunque non solo Svod (servizi con abbonamento), ma anche Tvod (quello in cui si pagano le singole transazioni, erede dell’ ormai scomparso home video) che non è stato considerato da EY – la penetrazione sul totale dell’ Europa Occidentale è del 26,6% in Uk, del 19,4% in Germania e del 4,6% in Italia che salirà all’ 8,3% nel 2021. Chiaro che con questi numeri il campanello d’ allarme sia risuonato forte fra i player “tradizionali”. La pay tv ad esempio, che ha prezzi per gli utenti più alti rispetto al Vod, sta cercando di trovare le migliori contromisure. In Italia anche il mondo del cinema ha alzato i toni e un decreto nei giorni scorsi ha stabilito che forme di incentivazione per le opere cinematografiche potranno esserci solo per quelle pellicole che non sceglieranno di approdare su piattaforme di videostreaming contemporaneamente alle sale. A livello mondiale Disney ha deciso di sottrarre a Netflix i propri film e le serie tv nel 2019, puntando su un proprio servizio che si chiamerà Disney+. E ancora: nel 2012 Ted Sarandos, chief content officer di Netflix, dichiarò che «l’ obiettivo è diventare Hbo più velocemente di quanto Hbo possa diventare Netflix». Frase che poteva apparire sibillina allora, ma non certo oggi visto che la AT&T che ha acquisito la Time Warner punta, sempre per il 2019, a un servizio di streaming con i contenuti della “madre” di Game of Thrones. C’ è poi il capitolo della lotta fra le stesse piattaforme: Amazon Prime Video sta crescendo e Walmart è pronta a entrare sul mercato. Intanto Netflix cresce e investe miliardi in contenuti lasciando però negli investitori il dubbio sulla sostenibilità del business a fronte di un indebitamento crescente. Che vincano o meno le Cassandre, è comunque certo che indietro non si torna. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

link

Fnsi: con il taglio dei fondi all’ editoria a rischio 1.000 posti di lavoro. «A qualche ora di distanza dall’ ennesimo messaggio del presidente della Repubblica sulla libertà di stampa, è stato depositato da un parlamentare dei Cinque Stelle un emendamento alla legge di Bilancio, che ci risulta sia fra quelli ammessi con il via libera del governo, nel quale si parla formalmente di riduzione progressiva della dotazione del fondo dell’ editoria e che, di fatto, porterebbe all’ azzeramento di questo fondo, come i Cinque Stelle hanno da sempre dichiarato». Lo ha evidenziato il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, durante un convegno a Bari rilevando che «si sta cercando di portare a compimento un disegno di sostanziale indebolimento dell’ informazione nel nostro Paese». Lorusso ha spiegato che l’ azzeramento del fondo per l’ editoria comporterebbe, soltanto nel settore giornalistico, la scomparsa di mille posti di lavoro più l’ indotto. Per il presidente Fnsi, Giuseppe Giulietti, quando si dice «chiudiamo il fondo per l’ editoria e mandiamo migliaia di lavoratori a casa, quasi tutti precari, non si sta affermando una critica, si sta affermando una minaccia all’ articolo 21 della Costituzione». Facebook, Zuckerberg nega di voler dare le dimissioni. Il numero uno di Facebook Mark Zuckerberg ha smentito le voci sulle sue prossime dimissioni: «Non è nei miei piani», ha detto alla Cnn Business in un’ intervista in cui ha anche difeso l’ operato di uno dei suoi principali collaboratori, Sheryl Sandberg, criticata per la gestione delle recenti crisi del social media. «È mia partner lavorativa da dieci anni. Sono molto fiero del lavoro che abbiamo fatto insieme e spero di lavorare con lei per altri decenni», ha aggiunto. Facebook ha attraversato due anni difficili, dopo lo scandalo delle interferenze russe nelle presidenziali americane tramite la piattaforma e quello di Cambridge Analytica. Più libri più liberi torna nella Nuvola dell’ Eur. Dopo il successo dell’ edizione dello scorso anno, che ha registrato oltre 100 mila presenze e il tutto esaurito nella maggior parte degli incontri, dal 5 al 9 dicembre si svolgerà a Roma la diciassettesima edizione della Fiera nazionale della piccola e media editoria, promossa e organizzata dall’ Associazione italiana editori (Aie). La Fiera sarà inaugurata il 5 dicembre alle ore 10.30 al Caffè letterario Rai, alla presenza del sottosegretario Vito Crimi. Ilfattoquotidiano.it fa coppia con Tom’ s Hardware. È online la nuova sezione Tecnologia de Ilfattoquotidiano.it, realizzata in collaborazione con Tom’ s Hardware. Il direttore dell’ edizione online della testata Peter Gomez ha precisato: «La sezione conterrà non solo articoli e presentazioni di tutte le novità tecnologiche ma anche guide all’ acquisto divise per settori e prodotti, per poter dare ai nostri utenti informazione e servizio insieme». Nella media gennaio-agosto 2018, il sito comunica 152 milioni di pagine viste mese e 11 milioni di utenti unici mese. Divorzio Nbc-Kelly, la giornalista avrà i 69 milioni del contratto. Accordo vicino tra Megyn Kelly e Nbc News (gruppo Comcast) per la risoluzione del contratto triennale che li lega dalla metà dello scorso anno, che dovrebbe permettere alla giornalista statunitense di uscire di scena con oltre 30 milioni di dollari, ovvero l’ importo rimasto dei 69 milioni di dollari previsti dal contratto. Secondo il Wall Street Journal, l’ intesa finale potrebbe essere raggiunta e annunciata già la prossima settimana, a circa un mese dalla rottura causata da commenti razzisti, o quantomeno inopportuni, di Kelly durante il suo programma. In discussione, al momento, ci sarebbero più che altro aspetti «non finanziari», tra cui le clausole di riservatezza. A ottobre, le polemiche erano scoppiate prima di Halloween, dopo che Kelly aveva difeso il «blackface», ovvero il trucco per assumere le sembianze di un nero, nato in teatro nel diciannovesimo secolo, che contribuì alla diffusione di stereotipi razzisti negli Stati Uniti. Alla Rai quattro premi Sport Movies and Tv Milano International Fict Fest. Quattro produzioni Rai sono state premiate agli «Sport Movies&Tv 2018 – 36° Milano International Ficts Fest», nella finale del Campionato mondiale della televisione, del cinema, della cultura e della comunicazione sportiva. La manifestazione si è svolta lunedì scorso a palazzo Lombardia a Milano. In gara partecipavano 970 opere provenienti da ogni parte del mondo. In particolare, la Rai ha vinto la Ghirlanda D’ onore (primo premio) nella categoria «Documentary Individual Sport», con Calcio che passione, (due appuntamenti sui valori del calcio nei giovani), prodotto da Rai Gulp. Sempre a Rai Gulp è andato il Premio «Daniele Redaelli Sport e Solidarity» assegnato dal quotidiano La Gazzetta dello Sport al programma Sport Stories. La trasmissione ogni settimana racconta storie di giovani atleti che portano avanti il loro sogno tra scuola, sport e famiglia. Due Menzioni Speciali, infine, sono state assegnate agli spot «Giro d’ Italia 100 Giri» e «Paraolimpiadi». Repubblica, al Teatro Brancaccio Liberateci dalla stampa. Una domenica mattina (la prossima) con giornalisti, scrittori, ospiti internazionali e personalità della cultura per parlare di libertà di stampa delle tattiche dei nuovi potenti contro l’ informazione. Quali rischi? Come difendersi? L’ appuntamento è il 25 novembre alle 10,30 al teatro Brancaccio di Roma, ingresso libero fino ad esaurimento posti.

Snapchat, più show per attirare i giovani

Italia Oggi

link

Snapchat vuole raggiungere e fidelizzare un pubblico di giovani più ampio, soprattutto in Europa. Per farlo ha deciso di accelerare sulle partnership strette direttamente con editori e produttori in generale di contenuti video. Divertimento e cultura sono le tematiche preferite dalla piattaforma di messaggi co-fondata da Evan Spiegel. Minor attenzione viene invece riservata all’ informazione, anche se uno spazio viene comunque destinato alla satira, declinata in una forma analoga a quella delle trasmissioni comiche sul vecchio schermo tv. Nel dettaglio, infatti, Snapchat vuole puntare su video pubblicati sull’ applicazione come veri e propri format tv. La loro durata varia ma, in media, non supera il limite dei 7 minuti. Al di fuori degli Stati Uniti, infine, Snapchat non compra né produce show originali ed esclusivi visto che quasi sempre gli stessi format sono già editati dai rispettivi editori. Il modello di business che sta dietro alla decisione strategica è basato sulla pubblicità. I ricavi da inserzioni vengono ripartiti tra editori e piattaforma, lasciando però liberi i primi d’ inserire spot direttamente nelle loro produzioni e Snapchat di conteggiare l’ audience di questi show nel totale di tutta la sua app.

Casellati: “No alle restrizioni dei contributi all’ editoria”

La Repubblica

link

Dalla presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, netto no alle «misure restrittive dei contributi all’ editoria che finirebbero per pregiudicare l’ esercizio della professione giornalistica». In un messaggio all’ Unione Periodici Italiani (Uisp), ha detto che «la necessaria razionalizzazione del settore non può» pregiudicare il settore. «Gravi sarebbero le conseguenze non solo sull’ occupazione, e in particolare nel segmento delle testate dell’ informazione locale e di nicchia, ma soprattutto su quel pluralismo della stampa e dell’ editoria che è principio cardine della nostra democrazia».

Cairo replica a Blackstone e ipotizza il reato di usura Il fondo: danni per l’ Italia

La Repubblica
WALTER GALBIATI
link

Al centro della disputa il valore a cui era stato ceduto l’ immobile nel 2013 Gli americani: dall’ editore ragioni pretestuose, così gli investitori fuggono MILANO Come mai il valore di un immobile è passato da 120 a 250 milioni di euro in cinque anni? È questo il valore a cui il fondo Blackstone stava per rivendere la sede del Corriere della Sera di via Solferino alla divisione Real Estate del gruppo Allianz, quando il 13 luglio scorso Urbano Cairo, azionista di riferimento di Rcs dal 2016, ha fatto scrivere dai propri legali che la cessione di quell’ immobile avvenuta a dicembre 2013 era « nulla e invalida » , di fatto bloccando l’ operazione. Allianz, che ha preferito non commentare, ha spiegato a Blackstone di voler aspettare a comprare fin quando non saranno risolte le dispute legali con Rcs. Cairo, attraverso i suoi avvocati, sostiene che quella vendita era avvenuta in un momento in cui non vi era parità contrattuale tra Blackstone e Rcs: il gruppo editoriale era in piena crisi finanziaria e fu costretto a svendere l’ immobile storico di Via Solferino dalle banche ( tra cui Unicredit, Banca Intesa e Bnp Paribas) che avevano concesso un prestito ponte e premevano per il rientro dell’ esposizione debitoria. A seguire l’ operazione di vendita per Rcs fu proprio Banca Imi, la banca d’ affari del gruppo Intesa. Cairo, che allora era solo un azionista di Rcs, si oppose insieme con Diego Della Valle, mentre i soci storici tra cui Mediobanca, Fca, Pirelli e Banca Intesa spinsero per la cessione, fondamentale per il riequilibrio finanziario. La valutazione non sarebbe stata equa perché, dopo aver venduto l’ immobile, Rcs, prese in affitto parte della sede a un canone di 10,3 milioni di euro l’ anno. Troppo perché un affitto equo sarebbe stato, in base ai tassi del 2013, pari al 5% del valore della cessione, cioè 6 milioni l’ anno. Un affitto di oltre 10 milioni, sarebbe stato giusto solo se l’ immobile fosse stato valutato 190 milioni, è la tesi di Cairo. I legali di Rcs ipotizzano anche il reato di usura, perché Rcs sarebbe stata costretta a versare somme sproporzionate ( l’ affitto) quando si trovava in uno stato di difficoltà finanziaria. Per Blackstone le ragioni di Cairo sono solo pretestuose, tanto da ritenerle « malevole ed estorsive » . Nonché dannose per l’ Italia perché il blocco della cessione potrebbe mettere in fuga gli investitori esteri. Il fondo, nelle 21 pagine depositate presso la Corte di New York, sostiene che il prezzo, superiore comunque al valore a cui l’ immobile era iscritto nei libri contabili della Rcs, fu definito da un advisor e approvato dal consiglio di amministrazione dopo un’ asta tra 30 operatori immobiliari. Alla fine della procedura l’ offerta di Blackstone fu ritenuta la migliore. Il valore poi è salito perché da allora il fondo ha investito 17 milioni nella ristrutturazione e ha trovato nuovi affittuari, come Banca Ubi, Cassa Depositi e Prestiti e Loro Piana. Nel frattempo il mercato è cambiato: nel 2012 le transazioni immobiliari italiane erano pari a 2,5 miliardi, lo scorso anno a undici. Blackstone contesta anche la tempistica delle missive di Cairo: la prima lettera è partita il 13 luglio, tre giorni dopo che un quotidiano finanziario aveva dato la notizia della possibile cessione di Via Solferino ad Allianz. E così anche per l’ avvio dell’ arbitrato, avvenuto il 9 novembre, il giorno dopo che Blackstone aveva minacciato di aprire una causa a New York. Causa che il fondo ha depositato il 20 novembre, sostenendo che sia quello il foro giusto per un contenzioso perché è lì la sede di Blackstone ed è lì che Blackstone ha avuto i danni reputazionali. Rcs, invece, pensa che come prevede il contratto, una eventuale disputa debba essere risolta con un lodo arbitrale e ha nominato il giurista Enzo Roppo come suo arbitro. Blackstone ha affidato l’ incarico a Vincenzo Mariconda. Insieme dovranno scegliere il presidente del lodo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Oggi è la Giornata mondiale della televisione

Prima Comunicazione

link

Oggi , 21 novembre , è la Giornata mondiale della televisione, proclamata dall’ assemblea generale delle Nazioni Unite per promuovere la diffusione di contenuti educativi tramite il mezzo di comunicazione di massa più diffuso al mondo. Per festeggiare l’ affidabilità della tv le tre organizzazioni europee Ebu (associazione delle tv pubbliche europee), Act (associazione delle televisioni commerciali europee) ed Egta (associazione europea delle concessionarie) hanno realizzato uno spot di 30 secondi che verrà trasmesso oggi in tutto il mondo, anche dai canali Rai e Mediaset. In occasione della Giornata Mondiale della Televisione Rai propone un viaggio nel tempo alla scoperta delle tappe più significative della storia della “scatola magica”, partendo da quel fatidico 3 gennaio 1954, data convenzionale di inizio delle trasmissioni della Rai, fino alle profonde trasformazioni segnate dall’ avvento delle nuove tecnologie. Articoli correlati TLC In quattro anni i quotidiani hanno perso un milione di copie, da 2,9 a 1,9 milioni (-34%). Osservatorio Agcom.

Manovra, Lorusso: emendamento M5S azzera i fondi all’ editoria

Prima Comunicazione

link

“A qualche ora di distanza dall’ ennesimo messaggio del presidente della Repubblica sulla libertà di stampa, è stato depositato un emendamento alla legge di Bilancio di un parlamentare dei Cinquestelle che si chiama Varrica (leggi il testo in fondo all’ articolo). L’ emendamento, che ci risulta sia fra quelli ammessi con il via libera del governo, parla formalmente di riduzione progressiva della dotazione del fondo dell’ editoria, e che di fatto porta all’ azzeramento di questo fondo come i Cinquestelle hanno da sempre dichiarato”. Lo ha detto il segretario della Federazione nazionale della stampa, Raffaele Lorusso, a margine del dibattito organizzato a Bari da Assostampa Puglia, ‘Democrazia e informazione’, al quale hanno partecipato anche il presidente della Fnsi, Beppe Giulietti, e il presidente di Assostampa Puglia, Bepi Martellotta. “Si sta cercando di portare a compimento un disegno di sostanziale indebolimento dell’ informazione nel nostro Paese”, ha spiegato. “Ci preoccupano anche i tamburi di guerra che si odono già all’ orizzonte, perché interventi sono stati annunciati sia sul versante dell’ emittenza radiotelevisiva locale, sia sul versante delle agenzie di stampa”, ha precisato Lorusso. “Vorrei segnalare che l’ azzeramento del fondo dell’ editoria comporterebbe, soltanto nel settore giornalistico, la scomparsa di mille posti di lavoro più l’ indotto”. “Se qualcuno pensa che questo Paese possa reggersi solo sul reddito di cittadinanza credo abbia fatto male i conti”, ha detto ancora. “Ci sono tanti modi per colpire l’ informazione, anche promettendo a parole il contrasto al lavoro precario ma poi facendo esattamente il contrario”, ha affermato ancora Lorusso, chiamando in causa direttamente Luigi Di Maio. “Il ministro, che negli ultimi giorni si è nascosto dietro la bandiera dei precari, è stato colui che in occasione del cosiddetto decreto Dignità ha bocciato l’ emendamento dei parlamentari di minoranza con cui si puntava al superamento della figura del co.co.co, che ad oggi rappresenta la forma più diffusa di sfruttamento del lavoro giornalistico”, ha attaccato il segretario Fnsi. “Di Maio ha impedito l’ approvazione di quell’ emendamento anche nei giorni scorsi quando è stato ripresentato alla Camera dagli stessi parlamentari come emendamento alla legge di Stabilità, ed è stato nuovamente bocciato su richiesta del governo”. Parlando in generale dell’ atteggiamento adottato in Italia dai grillini, Lorusso ha detto: “Non si sono inventati nulla. Questa è una linea di pensiero che sta cercando di affermarsi a livello mondiale. Vediamo quello che combina ogni giorno negli Stati Uniti il presidente Trump. Io credo che Di Maio in Italia, con qualche suo amico del M5s, non faccia altro che scimmiottare Trump”. “Se il modello è quello di creare una desertificazione non soltanto sotto il profilo dei sostegni pubblici ma anche sotto il profilo delle eventuali agevolazioni che sul mercato possono trovare coloro che investono nel settore dell’ informazione, è chiaro che il modello è quello di togliere di mezzo l’ informazione intesa come mediazione tra i fatti che non sono ancora notizia e i cittadini, per consentire al capo di parlare alla folla attraverso il suo balcone mediatico”. “La democrazia si alimenta di buona informazione che possono fare soltanto i giornalisti, quindi coloro che esercitano la professione. A condizione che questa professione venga garantita anche sotto il profilo materiale”, ha rilevato ancora Lorusso. “La grande illusione della ‘rete’ è che sia sufficiente aprire un profilo su un social network piuttosto che un blog per essere giornalisti”. “Questo non è vero perché quella del giornalista è una professione che risponde a determinate regole”. “I giornalisti, ha concluso, hanno doveri a differenza di chi sui social network o sul proprio blog va a sfogare i propri istinti più bassi piuttosto che a insultare qualcuno”. “Il presidente della Repubblica per sei volte in un mese ha dovuto ribadire che la libertà di informazione è essenziale per la democrazia. Se il presidente della Repubblica sente la necessità di dirlo sei volte, vuol dire che c’ è qualche rischio sulle nostre teste, ed è dovere di tutti i giornalisti italiani difendere la libertà di informazione da ogni infamia, da ogni aggressione, da ogni parolaccia e da ogni minaccia”, sono state invece le parole di Giulietti. “Chi tira una testata contro un cronista sta tentando di oscurare il diritto dei cittadini a essere informati”, ha aggiunto il presidente Fnsi. “E’ giusto criticare i giornalisti, ma quando si dice facciamo una legge sull’ editoria per chiudere i giornali che non ci piacciono, o si dice chiudiamo il fondo per l’ emittenza e buttiamo per la strada centinaia di lavoratori, o chiudiamo il fondo per l’ editoria e buttiamo migliaia di lavoratori a casa, quasi tutti precari, non si sta affermando una critica, si sta affermando una minaccia all’ articolo 21 della Costituzione”. La categoria deve reagire “con grandi manifestazioni non dei giornalisti ma di tutte le associazioni che hanno a cuore la libertà di informazione, e pubblicando su tutti i giornali l’ articolo 21 della Costituzione e arrivando, se necessario, a una manifestazione nazionale o allo sciopero generale, convincendosi che non è un attacco a una corporazione ma un attacco ai valori fondanti della Costituzione”, ha concluso.

Crimi ai giornalai: sostenere tutta la filiera; prime soluzioni nella legge di bilancio; tavolo al Dipartimento Editoria

Prima Comunicazione

link

Il finanziamento pubblico all’ editoria “non può essere un semplice finanziamento ai bilanci delle case editrici, ma deve essere un sostegno a tutta la filiera compresa la rete distributiva e di vendita”: a ribadirlo una delegazione del Sinagi, il sindacato dei giornalai italiani,incontrando il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’ editoria Senatore Vito Crimi. In una nota il Sinagi afferma di avere incontrato su questo tema “la piena condivisione da parte del Sottosegretario” che “si è impegnato a trovare delle prime soluzioni concrete già all’ interno della prossima legge di bilancio”. La delegazione del Sinagi “ha apprezzato moltissimo l’ interesse manifestato dal Sottosegretario Crimi in merito ad altri temi proposti” tra i quali: che l’ attività di rivendita di giornali quotidiani e periodici sia ricompresa tra le attività che possono accedere al regime forfettario agevolato; poter essere esclusi dai bandi sul suolo pubblico, “perché i giornalai vivono del loro lavoro e non usano l’ area su cui poggia l’ edicola per fare speculazioni economiche”; favorire l’ informatizzazione attraverso finanziamenti specifici; la convocazione di tutta la filiera editoriale con l’ apertura di un tavolo presso il Dipartimento Editoria per tentare di favorire l’ intesa con la Fieg per un nuovo accordo nazionale per la vendita della stampa quotidiana e periodica “che possa dare finalmente un po’ di stabilità al sistema”.

L'articolo Rassegna Stampa del 22/11/2018 proviene da Editoria.tv.


Viewing all articles
Browse latest Browse all 8054