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Rassegna Stampa del 16/11/2018

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Editoria, fuori campo Iva niente obbligo

Il corto circuito digitale tra pubblicità e filiera delle fake news

I grillini mettono sulla lavagna i giornalisti buoni e cattivi

Chessidice in viale dell’ Editoria

Secolo XIX Ubaldeschi nuovo direttore

Sui giornali una pagina con l’ articolo 21 della Costituzione. Editori e giornalisti insieme per un’ informazione libera e pluralista

Editoria, fuori campo Iva niente obbligo

Il Sole 24 Ore
Paolo Stella Monfredini
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Con l’ introduzione dell’ obbligo di emissione della e-fattura, gli editori devono valutare con attenzione le diverse modalità di applicazione dell’ Iva nelle cessioni di prodotti editoriali su carta e online. Gli obblighi in tema di fatturazione elettronica sono diversi, a seconda del regime Iva adottato e delle modalità di applicazione dell’ imposta. Prodotto editoriale cartaceo Nel caso di applicazione del regime speciale Iva editoria (ex articolo 74, comma 1 lettera c) Dpr 633/1972) è necessario verificare prima gli adempimenti contabili. A tal fine, la circolare 23/E/2014 rinvia ai chiarimenti forniti dalla circolare 328/E/1997, le cui indicazioni devono ritenersi valide. Questa circolare distingue le seguenti ipotesi: imposta determinata applicando la forfetizzazione della resa; imposta determinata in base alle copie vendute, in quanto ricorrono i casi in cui è previsto tale sistema o in quanto, pur potendo applicarsi la forfetizzazione della resa, si è optato per la determinazione dell’ imposta in base alle copie vendute. Nell’ ipotesi di applicazione dell’ Iva con forfettizzazione della resa non sussiste l’ obbligo di emissione della fattura e il documento di addebito del corrispettivo eventualmente emesso (normalmente denominato estratto conto) deve recare l’ annotazione che si tratta di operazione per la quale l’ imposta è assolta dall’ editore. Nell’ ipotesi di applicazione del metodo delle copie vendute gli editori possono emettere, per tutte le cessioni, fattura o documento equipollente nei confronti dell’ altro contraente, senza separata indicazione dell’ Iva (non essendo consentita la rivalsa, stante l’ applicazione del regime speciale monofase), ma con l’ indicazione del prezzo di vendita al pubblico comprensivo dell’ imposta. La circolare 328/E precisa che, in alternativa alla fatturazione, gli editori possono annotare le cessioni nel registro di cui all’ articolo 24 del Dpr 633/1972. Pertanto, sia con il metodo della resa forfettaria che con quello delle copie vendute, se l’ editore non emette fattura, non sussiste alcun obbligo di trasmissione di fattura elettronica. L’ agenzia delle Entrate, durante il videoforum del Sole 24 Ore, ha confermato che per le operazioni fuori campo di applicazione dell’ Iva (tra le quali sono comprese le operazioni monofase di cui all’ articolo 74 del Dpr 633/72), l’ operatore non sarà obbligato a emettere fattura elettronica. Le regole tecniche stabilite dal provvedimento del direttore delle Entrate del 30 aprile 2018 consentono comunque di gestire l’ emissione e la ricezione via Sdi, anche di fatture elettroniche «fuori campo Iva» con il formato Xml. Pertanto, qualora l’ editore decida (facoltà) di emettere fattura per certificare le operazioni, dovrà emetterla elettronicamente via Sdi, utilizzando il formato Xml con il codice natura “N2”. Le stesse considerazioni possono essere ripetute in relazione ai successivi trasferimenti dei prodotti editoriali in regime speciale dagli editori ai distributori e da questi ai rivenditori (in quanto non considerate cessioni di beni). Chiaramente le cessioni e le prestazioni per le quali non trova applicazione il regime monofase bensì le regole ordinarie dell’ imposta comportano l’ emissione della fattura elettronica. Esportazioni e cessioni intracomunitarie Gli editori devono emettere fattura in base all’ articolo 21 del Dpr 633/1972 e dell’ articolo 46, comma 2 del Dl n. 331 del 1993, per le cessioni all’ esportazione e le cessioni intacomunitarie. Il regime speciale Iva editoria non è infatti applicabile a tali operazioni. Gli editori dovranno decidere se emettere, per le operazioni con l’ estero, fatture elettroniche o su carta. La legge di Bilancio 2018, come noto, ha infatti introdotto l’ obbligo, per tutti quei contribuenti che hanno rapporti con l’ estero, di comunicare all’ amministrazione finanziaria, con cadenza mensile, le fatture di acquisto e di vendita. Tale «mini spesometro mensile» è facoltativo per tutte le operazioni per le quali è stata emessa una bolletta doganale o siano state emesse o ricevute fatture elettroniche. Prodotto editoriale online Le cessioni di prodotti editoriali in formato elettronico sono considerate, ai fini Iva, prestazioni di servizi (al pari di tutte le operazioni rientranti nel cosiddetto commercio elettronico diretto). È, pertanto, esclusa la possibilità di applicare il regime speciale (circolare 23/E/2014). Per queste operazioni trovano applicazione le ordinarie disposizioni di determinazione dell’ imposta; ne discende l’ obbligo di emissione di fattura elettronica. Si evidenzia comunque che, ai sensi dell’ articolo 22, comma 1 n. 6-ter) Dpr 633/1972, per le prestazioni di servizi di telecomunicazione, di servizi di teleradiodiffusione e di servizi elettronici resi a committenti che agiscono al di fuori dell’ esercizio d’ impresa, arte o professione, l’ emissione della fattura non è obbligatoria, se non è richiesta dal cliente non oltre il momento dell’ operazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Il corto circuito digitale tra pubblicità e filiera delle fake news

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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L’ allarme è arrivato da alcuni studi scientifici: le fake news su più veloci della verità. L’ ultima a dirlo è stata la prestigiosa rivista Science che, soffermandosi su Twitter, ha portato alla luce un risultato di cui forse si era fin troppo consapevoli, ma taciuto per non scoperchiare il vaso di Pandora, soprattutto perché l’ indagine riguardava lo specifico segmento delle notizie di politica. Ebbene: le fake news hanno il 70% in più di probabilità di essere condivise rispetto alla verità. Tema da far tremare i polsi quello della disinformazione che sfocia in fake news e nella cosiddetta post-verità. Questione ancor più rilevante con l’ avvicinarsi delle prossime elezioni europee. Il presidente dell’ Autorità italiana per le garanzie nelle comunicazioni, Angelo Marcello Cardani, qualche giorno fa ha scritto ai vertici delle tre principali piattaforme online – Facebook, Google e Twitter – chiedendo loro di avere un ruolo più proattivo nel combattere questo fenomeno e scongiurare derive pericolosissime. Proprio in seno all’ Agcom, intanto, a novembre del 2017 è stato avviato un “Tavolo tecnico per la garanzia del pluralismo e della correttezza dell’ informazione sulle piattaforme digitali”. Si tratta, evidentemente, di un’ iniziativa di autoregolamentazione che ha portato alla stesura di un documento, da qualche giorno pubblicato sul sito di Agcom, riguardante le strategie di disinformazione e la filiera dei contenuti fake. Istituzioni, consumatori, operatori del mondo dei media e della pubblicità hanno partecipato a questo tavolo tecnico. Del resto quello delle fake news è un fenomeno che investe vari livelli e che impatta nel profondo dei modelli di produzione della notizia, investendo tempistica, costi di distribuzione, costi di entrata delle news nel circuito informativo che le tecnologie hanno drasticamente tagliato rispetto al passato. Le motivazioni ideologiche hanno chiaramente un peso nella diffusione delle fake news e a partire dall’ ultima campagna elettorale americana l’ allarme è risuonato forte e chiaro tanto che stessi Google Facebook sono intervenuti con alcune contromisure. Le strategie di disinformazione online dall’ altra parte poggiano però anche «sull’ obiettivo di massimizzazione profitti attraverso la vendita di spazi pubblicitari» come recita il documento redatto dal tavolo di lavoro Agcom. Dal unto di vista economico la motivazione sottostante consiste «nell’ attrarre, attraverso il framing e la spinta emotiva, il maggior numero di utenti (cd click baiting) da valorizzare attraverso la raccolta pubblicitaria». In questo quadro lo sviluppo tecnologico è intervenuto in maniera pesante investendo il settore della raccolta pubblicitaria online con cambiamenti sui formati pubblicitari, sulle tecniche di profilazione con la targettizzazione degli utenti, sulla modalità di interazione fra domanda e offerta di pubblicità (basata sempre di più su modelli automatici di compravendita) e, infine, sul processo di formazione dei prezzi. Di certo, elementi di mercato, unitamente allo sviluppo tecnologico, hanno preparato un terreno in fondo favorevole per la disinformazione online. Nel documento finale del tavolo di lavoro in seno all’ Agcom ne sono indicati, in estrema sintesi, tre: la crescita della distanza fra inserzionista ed editore-publisher; l’ incremento della complessità del sistema pubblicitario che mette a rischio azioni fraudolente (Ad fraud); il potenziamento della capacità di profilazione dell’ utenza. La tematica è primaria come dimostra anche il caso di quella che un’ inchiesta della Cnn ha battezzato come “la capitale della disinformazione online”. La tv americana ha indagato sulla presenza di almeno 100 siti dedicati all’ informazione politica con all’ interno contenuti fake a favore di Donald Trump. Tutti siti di proprietà di utenti della città di Veles, in Macedonia. Dunque è chiara l’ esistenza di una strategia che non può che poggiare sulla realizzazione di introiti attraverso la vendita della pubblicità online per sostenere, anche in blocco, queste iniziative. E comunque occorre anche fare attenzione su un ulteriore aspetto: il danno può essere compiuto sia livello di domanda sia a livello di offerta pubblicitaria. Non vanno dimenticati i casi in cui a muovere il traffico e di conseguenza le decisioni di investimento degli attori pubblicitari sono i “bot”, cioè software automatici con conseguente aumento di traffico e costi non corrispondenti a benefici reali in termini di engagement. Da qui la conclusione per certi versi rassicurante e per certi versi disarmante nella sua semplicità: c’ è un tema di trasparenza da migliorare per evitare che nelle pieghe delle opacità del sistema possano inserirsi le azioni di organizzazioni, utenti o gruppi. Un’ azione che evidentemente non può che essere condotta come sistema coinvolgendo istituzioni operatori centri di ricerca. Altrimenti le fake news saranno sempre più veloci della realtà. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

I grillini mettono sulla lavagna i giornalisti buoni e cattivi

Italia Oggi
GIANFRANCO MORRA
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La gioia li ha scatenati. Appreso della assoluzione del sindaco di Roma, se la sono presi con la stampa: «Infimi sciacalli» (Di Maio); «pennivendoli e puttane» (Di Battista). Li ha protetti il premier: «Affermazione lessicale eccessiva, ma ci sta» (Conte si è superato nell’ eufemismo). Sarebbe moralistico scandalizzarsi. Certo, la maleducazione tipica dei grillini c’ è stata tutta, ma offese simili ai giornalisti ci sono dovunque da quando la stampa è nata. Paradossalmente sono una prova indiretta della grande potenza del giornale. Che Hegel aveva definito «la preghiera del mattino dell’ uomo moderno», mentre Nietzsche a fine Ottocento lo demonizzava: «Un letamaio». Gli uomini di alta cultura, per dire di uno scrittore che era un pennivendolo, dicevano «è un giornalista». Ma è giustificato questo disprezzo? Non di rado lo è. Basta riflettere sulla struttura del giornale. Che è necessariamente un cumulo di fake news. Ora volontariamente, quasi sempre per necessità. Il giornale deve narrare l’ ora che fugge, deve farlo presto perché i tempi sono stretti. Il più delle volte il giornalista non ha tempo di controllare la notizia, deve darla subito. Il giornale non solo riporta le notizie, ma le preforma, trasforma e conforma. Il giornale dà notizie, non la verità (chi non ha riso quando Belpietro ha intitolato il suo quotidiano «La Verità»?). Uno strumento di disinformazione? Anche, ma non solo. Se pure inventa fake news, ciascun giornale lo fa in maniera diversa. Certo, i giornali hanno un proprietario, che ne condiziona la linea editoriale. Parlare, come fa Di Maio, di «editori puri» è una giaculatoria. Ma il pluralismo delle testate, ossia la conoscenza di molte e diverse «balle», consente un confronto e sollecita la dialettica intellettuale. Una società aperta non può che avere molti giornali. Tanto è vero che le società autoritarie o totalitarie non lo consentono. E qui si mostra il retroterra dei grillini contro la stampa. Quella antipatia contro il pluralismo che si traduce in una politica volta a eliminare quante più testate sia possibile: o con la cancellazione dei contributi statali o col gioco del «conflitto di interessi». Da esso i pentastellati hanno escluso la piattaforma Rousseau di Casalegno, che sperano divenga l’ unica fonte di informazione per il popolo. Così diversa da un giornale, perché trasmette (quasi come una gazzetta populista) quello che i dittatori desiderano far credere ai cittadini. Intanto i grillini hanno steso l’«indice» dei giornali «cattivi» (Libero, Giornale, Repubblica, Stampa, Messaggero) e la lista dei giornalisti «buoni» (Fini, Buttafuoco, Grimaldi, Nepi, Bechis, Costamagna, Gabanelli). Siamo ai buoni e ai cattivi scritti sulla lavagna.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Mondadori cala dopo i conti ma gli analisti sono positivi. Mondadori ha chiuso ieri in Borsa in calo del 5,06% a 1,464 euro nella giornata successiva alla presentazione dei conti dei nove mesi. La maggior parte degli analisti, però, ha confermato i propri giudizi sul titolo della casa editrice con target price sopra il livello raggiunto ieri. Banca Akros conferma rating buy (comprare) e prezzo obiettivo di 1,85 euro. Gli esperti hanno giudicato i numeri in linea alle attese e le prospettive rassicuranti. Buy anche da Equita Sim. Gli analisti aggiornano le stime assumendo la cessione dei Magazine Francia nel primo trimestre 2019, cosa che assicurerà una riduzione del debito e una significativa flessibilità per investire nel digital in Italia e di avere una maggiore stabilità dei risultati. Prezzi obiettivo vicini ai 2 euro e oltre anche per Equita, Intermonte e Mediobanca. Rai, Salini: mia ogni responsabilità sulle nomine. «Il mio è un compito gravoso, mi attribuisco l’ intera responsabilità delle scelte che andrò a fare per le nomine», ha dichiarato ieri l’ a.d. Rai Fabrizio Salini nel corso dell’ audizione in commissione di Vigilanza Rai. «Uno schema precostituito non lo avevo, continuo a non averlo e non lo avrò». E per quanto riguarda le direzioni di rete, «ho voluto prima concentrarmi sulle testate, sul mondo giornalistico che conosco meno», ha proseguito Salini. Adesso «sto valutando profili interni all’ azienda che possano valorizzare e condividere con l’ amministratore delegato e poi con il cda un piano e un percorso nel migliore dei modi. Nomi ne ho sentiti veramente tantissimi, posso assicurare che li ho solamente letti, sollecitazioni, suggerimenti, non ce ne sono stati». Sempre ieri Salini ha annunciato un’ area intrattenimento e più contenuti da esportare. «Mi impegno a portare dentro Rai o a valorizzare all’ interno di Rai risorse e strutture che inizieranno a creare format, non solo per rinforzare i contenuti ma anche per viaggiare all’ estero», ha detto l’ a.d. «Trovo assolutamente negativo che in Italia non si producano format originali, lo fanno in Svezia, in Israele, perché non si fa in Italia dovrebbe essere oggetto di riflessione. Avremo un’ area che si occuperà solo di format d’ intrattenimento». Facebook licenzia consulenti dopo accuse del Nyt. Facebook ha rescisso il contratto con la società di comunicazione politica Definers Public Affairs dopo un articolo del New York Times (Nyt) che racconta come il colosso dei social media impieghi consulenti che diffondono storie negative sui suoi rivali o mettono in dubbio i finanziamenti dei suoi critici. Al termine di un’ inchiesta durata sei mesi il Times ha rivelato che il personale di Definers e un altro consulente hanno scritto articoli negativi su Google e Apple. Radio 105 con Amici. Per il terzo anno consecutivo Radio 105 è radio partner di Amici. L’ emittente ha messo in atto una strategia crossmediale ad hoc tra radio, sito web (105.net), official app e social network. Cinema, l’ industria appoggia il piano Bonisoli. Le associazioni di categoria Anec, Anem, Acec e Fice, coi produttori e distributori Anica, hanno accolto con soddisfazione l’ annuncio del decreto sulla qualificazione delle opere cinematografiche dato da Alberto Bonisoli, ministro dei beni culturali, che include la regolamentazione delle tempistiche di uscita dei film in sala e sui successivi mezzi di sfruttamento, come le piattaforme streaming.

Secolo XIX Ubaldeschi nuovo direttore

La Stampa

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Luca Ubaldeschi, attuale vicedirettore vicario de La Stampa, è il nuovo direttore del Secolo XIX. Prende il posto di Massimo Righi che dopo due anni e mezzo lascia la direzione per «ragioni esclusivamente personali». A rendere noto l’ avvicendamento è il Gruppo Gedi, editore del quotidiano genovese che in una nota spiega di «comprendere pienamente le motivazioni che portano Massimo Righi a questa decisione» e lo ringrazia «per l’ eccellente lavoro». Sotto la sua guida il Secolo XIX si è confermato «quale interprete sempre più attento e puntuale della complessa realtà ligure». Adesso tocca ad Ubaldeschi, scelto da Gedi perché «ha esperienza e conoscenza necessarie per proseguire nel rafforzamento del giornale in questo momento storico molto difficile per Genova e la regione Liguria». A Massimo Righi, che manterrà un ruolo di rilievo nel giornale, e a Luca Ubaldeschi l’ editore formula «i migliori auguri di buon lavoro». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

Sui giornali una pagina con l’ articolo 21 della Costituzione. Editori e giornalisti insieme per un’ informazione libera e pluralista

Prima Comunicazione

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A partire dal 15 novembre, sui giornali italiani sarà pubblicato il testo dell’ articolo 21 della Costituzione in materia di libertà di stampa. L’ iniziativa, promossa da Fieg e della Fnsi, ha come obiettivo quello di ribadire l’ importanza di una informazione libera e pluralista e vede coinvolti insieme editori e i giornalisti nella consapevolezza comune che la democrazia vive e si alimenta grazie alla stampa e all’ informazione. “L’ articolo 21 della Costituzione è uno dei pilastri della democrazia italiana. Nel momento in cui l’ informazione finisce nel mirino di esponenti di forze politiche di governo, con insulti ai giornalisti, minacce e annunci di pseudo-riforme dal chiaro sapore ritorsivo nei confronti di lavoratori e aziende, richiamarsi insieme ai valori della nostra Carta è un atto dovuto. Fieg e Fnsi hanno condiviso l’ iniziativa di pubblicare sui quotidiani l’ articolo 21 della Costituzione”, ha spiegato Raffaele Lorusso, segretario generale della Federazione nazionale della Stampa italiana. “Ferma restando la normale dialettica tra le parti sociali, l’ esigenza di salvaguardare un’ informazione libera e pluralista, come ha ricordato più volte il presidente Mattarella, è il presupposto per la sopravvivenza del sistema democratico”. “È un’ iniziativa non usuale perché il momento è delicato”, ha rilevato il segretario Fnsi, secondo cui, ricordando quanto avvenuto nei mesi estivi in America – “quando 320 quotidiani hanno pubblicato nella stessa giornata articoli di presa di distanze dagli attacchi del presidente Trump alla stampa”, “bisogna reagire insieme”. “I giornalisti, come tutti, possono sbagliare, ma l’ informazione, tutta l’ informazione, è essenziale per il diritto dell’ opinione pubblica ad essere informata”. “Nonostante le difficoltà, la stampa italiana non intende abdicare al proprio ruolo”, ha aggiunto ancora Lorusso. “Se ne faccia una ragione chi, come il vicepremier Luigi Di Maio, prova adesso a cavalcare il problema dei giornalisti precari, dimenticando di essere stato lui, insieme con il suo ministero, ad opporsi all’ approvazione di una norma, proposta da alcuni parlamentari della minoranza, che andava nella direzione del contrasto al lavoro precario. Lo stesso discorso vale per il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che agita la riforma dell’ editoria come un manganello contro giornalisti ed editori, ignorando tutte le proposte già presentate che potrebbero rappresentare il punto di partenza per discutere seriamente del riordino e del rilancio del settore e del mercato del lavoro”, ha concluso.

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