Indice Articoli
Contributi all’ editoria e truffa, Varriale agli arresti domiciliari
Il «giornalista» Di Maio convocato dall’ Ordine Salvini difende la stampa
Confalonieri all’ attacco: la Rai svende gli spot e così falsa il mercato
La stampa e il Paese, una distorsione storica
Sconti sugli spot televisivi duello Confalonieri-Salini
False fatture, tre società nel mirino «Così intascò 2.3 milioni per l’ editoria»
Confalonieri accusa: la Rai fa dumping Appello all’ Authority
Su liti temerarie e segreto le proposte M5S «pro-cronisti»
Gruppo 24 Ore, sale la redditività: Ebitda positivo a 2,4 milioni
Casse, investimenti qualificati esentasse dal 5 all’ 8 per cento
Chessidice in viale dell’ Editoria
Digitale terrestre, più fondi per il bonus tv Confalonieri: Rai fa dumping sugli spot
Indagine radio, rivoluzione dal 2020
Cairo, l’ utile netto sale a 31,4 mln
Poligrafici Editoriale, pubblicità a +1,4% I ricavi dei primi 9 mesi a quota 117 mln
Visto chiude, Novella 2000 è sul mercato
Editoria online con l’ Iva al 4%
Su Telecom l’ ipotesi dello spezzatino e Mediaset sogna un gruppo tricolore
Le radici della guerra ai giornali
«Mediaset attaccata dalla Rai: concorrenza sleale»
Contributi all’ editoria e truffa, Varriale agli arresti domiciliari
Corriere del Mezzogiorno
Titti Beneduce
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napoli Molti lo avranno conosciuto grazie alle trasmissioni al vetriolo che conduceva su Julie Tv, «Il corvo» e «Vostro onore», nelle quali prendeva di mira quanti ostacolavano, criticavano o anche solo davano conto delle sue attività. Lucio Varriale, 71 anni, avvocato e imprenditore, è da ieri agli arresti domiciliari con accuse che vanno dall’ associazione a delinquere alla frode fiscale alla truffa aggravata in relazione ai contributi governativi per l’ editoria. Secondo il gip Valeria Montesarchio, che ha accolto la tesi della Procura, assieme alla storica collaboratrice Carolina Pisani e ai commercialisti Claudio Erra e Renato Oliva, pure ai domiciliari, Varriale aveva creato un’ associazione finalizzata «a commettere più delitti di emissione ed utilizzo di fatture relative ad operazioni inesistenti, ovvero di utilizzo di fatture materialmente false, di sottrazione di scritture contabili, di indebite compensazioni nonché di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche in danno del Ministero dello Sviluppo economico». Ai quattro e alle società sono stati sequestrati beni per 3 milioni di euro; due decreti di sequestro preventivo erano stati emessi lo scorso anno. Varriale, in particolare, è considerato dal giudice amministratore di fatto di tre società che controllano altrettante televisioni: Julie Italia srl (Julie Italia), So.Pro.Di.Mec. srl (Telelibera) e Universo 3000 srl (TeleAkery). Televisioni le quali, grazie a false certificazioni che accertavano come fossero «in regola al momento della presentazione della domanda con il versamento dei contributi previdenziali per il numero dei dipendenti dichiarati», hanno ottenuto sostanziosi finanziamenti governativi (2,3 milioni di euro) destinati allo sviluppo dell’ editoria. Ma i contributi previdenziali, come emerge dalle 101 pagine dell’ ordinanza di custodia cautelare, non erano affatto in regola, tant’ è che diversi ex dipendenti erano stati costretti a rivolgersi al giudice civile per il riconoscimento dei propri diritti. Le indagini, coordinate dagli aggiunti Raffaello Falcone, sono state delegate al Nucleo di polizia economica e tributaria della Guardia di Finanza, con il colonnello Domenico Napolitano, e alla Digos, con il dirigente Francesco Licheri. Proprio alcuni uomini delle fiamme gialle sono stati presi di mira da Varriale nelle sue trasmissioni, come ricorda il gip nel paragrafo relativo alle esigenze cautelari. Dopo essersi soffermato sul rischio di reiterazione del reato, il giudice, infatti, si concentra su quello di inquinamento probatorio: «Ad avvalorare ulteriormente le esigenze cautelari fino ad ora valutate, si osserva che il disvalore della condotta tenuta dall’ indagato Varriale è accentuato dagli attacchi mediatici sferrati contro la Guardia di Finanza attraverso la rubrica “Vostro onore”, in cui viene presa di mira la Guardia di Finanza che ha svolto le indagini nei confronti delle aziende a lui riconducibili, e da ultimo la pubblicazione di un dossier intitolato “375 C.P. depistaggio a Palazzo di Giustizia. Il caso Napoli” recante in copertina un berretto simile a quello in uso alla Guardia di Finanza. Non vi è dubbio che tale comportamento, che si avvale dell’ utilizzo delle televisioni al fine di screditare chiunque si frapponga alla realizzazione dei disegni e scopi perseguiti, rappresenta un indice del rafforzamento delle esigenze cautelari ravvisate». Proprio a questo passaggio si aggancia il difensore di Varriale, avvocato Giovanni Siniscalchi, nella nota inviata alla stampa: «Prendiamo atto di una misura cautelare che interviene a distanza di diciotto mesi da un sequestro preventivo, che ha dato impulso ad interrogatori, produzione documentale e costante collaborazione con tutti gli organi inquirenti. Non sfugge tuttavia che la predetta misura si fonda anche sulla dichiarata volontà di interrompere il ruolo di editorialista nella trasmissione televisiva “Vostro onore” poiché si sostiene che ad avvalorare ulteriormente l’ esigenza cautelare vi è l’ attività quotidiana dell’ avvocato Lucio Varriale, che si concretizza in attacchi quotidiani nei confronti della Guardia di Finanza».
Il «giornalista» Di Maio convocato dall’ Ordine Salvini difende la stampa
Il Giornale
Domenico Di Sanzo
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E dire che la sua ex direttrice al web magazine «La Provincia Online» aveva provato a riabilitare il Di Maio giornalista: «Era bravo, puntuale e preciso – ha detto Gabriella Bellini in un colloquio con Il Giornale -, sempre sorridente e affettuoso, un ragazzo d’ oro, ho grande stima per lui». Salvo poi dirsi dispiaciuta delle affermazioni fatte dal vicepremier sulla categoria subito dopo la notizia dell’ assoluzione di Virginia Raggi. Proprio quelle parole, «infimi sciacalli» su tutte, ora potrebbero causare il ritiro del tesserino al capo politico M5s. Iscritto all’ elenco pubblicisti dell’ Ordine della Campania dal 2007, nelle prossime settimane dovrà presentarsi davanti al Consiglio di disciplina regionale per essere ascoltato. Mercoledì prossimo, intanto, l’ organo disciplinare dei giornalisti campani si riunirà per parlare di possibili sanzioni nei confronti di Luigi Di Maio. «Ho chiesto al consiglio di disciplina di riunirsi rapidamente per valutare la sua posizione – ha spiegato il presidente dell’ Ordine regionale Ottavio Lucarelli -, ci sono tutte le condizioni per convocare Di Maio, anche perché va garantito il diritto alla difesa». Dai vertici dell’ Odg di Napoli parlano di «chiarimenti riguardo le dichiarazioni sulla categoria rilasciate dopo l’ assoluzione del sindaco di Roma Virginia Raggi». Di Maio, tra le altre cose, aveva anche detto: «La vera piaga di questo Paese è la stragrande maggioranza dei media corrotti intellettualmente e moralmente. Gli stessi che ci stanno facendo la guerra al governo, provando a farlo cadere con un metodo ben preciso: esaltare la Lega e massacrare il Movimento sempre e comunque». E in conclusione: «Presto faremo una legge sugli editori puri, per ora buon Malox a tutti!». La campagna è proseguita nei giorni successivi con una serie di post sul Blog delle Stelle, tra liste di editori «cattivi» e di giornalisti «buoni» e liberi. Ma ieri è arrivata la sorpresa. Già inscritta da più di qualche esperto come parte della guerra sotterranea in corso nelle ultime settimane tra Lega e M5s. «L’ insulto non è mai una risposta. Se non mi piace un giornale non lo leggo. Se non mi piace un programma televisivo non lo guardo – così ha detto il leader del Carroccio, Matteo Salvini, intervistato da Radio Anch’ io su Rai Radio 1 -. Ognuno fa il suo lavoro, ma mi permetto di dire che c’ è diverso pregiudizio e in alcuni casi mala informazione. Per esempio, quando si legge sui giornali di oggi che ci saranno tagli per chi andrà in pensione è una fesseria». Il rimprovero del ministro degli Interni agli alleati grillini è stato senza fronzoli durante la puntata del Maurizio Costanzo Show, in onda ieri sera su Canale 5. Salvini, sollecitato da Costanzo, ha dichiarato: «Mi faccio carico di dire a Di Maio e anche a Di Battista, ma lui sta in Guatemala, di non usare quei toni e quelle parole nei confronti dei giornalisti. E lo dico innanzitutto da giornalista». La contraerea del Movimento arriva dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, durante il question time alla Camera: «La libertà di espressione del proprio pensiero è un principio fondamentale della democrazia, così come la libertà dei giornalisti nel rispetto del diritto di cronaca, ma anche di una forza politica che decide di denunciare parte della stampa che per due anni ha deciso di attaccare una sindaca».
Confalonieri all’ attacco: la Rai svende gli spot e così falsa il mercato
Il Giornale
Cinzia Meoni
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Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, tuona contro il supposto «dumping» della Rai e invoca l’ intervento dell’ Autorità Garante per le Comunicazioni. In altri termini, a giudizio del manager, la tv di stato venderebbe spazi pubblicitari a prezzi stracciati forte degli introiti del canone pubblico che garantiscono alla Rai, contrariamente al polo tv della famiglia Berlusconi, incassi costanti. «La Rai non può svendere la propria merce, facendo sconti fino al 90-95% solo perché ha la riserva del canone. Per abbassare i prezzi ci vogliono cinque minuti, ma per recuperarlo ci vuole la fatica di Sisifo e la pubblicità è contingentata», ha sostenuto Confalonieri nel corso di un convegno dell’ Agcom al Senato per poi concludere con un «appello all’ arbitro (ovvero alla stessa Agcom). Fatevi aiutare dalla Var se ritenete, ma intervenite». La Rai ha rispedito al mittente le accuse. A stretto giro infatti è arrivata la replica di Fabrizio Salini, ad di Viale Mazzini. «La Rai non fa dumping. Tutt’ altro. Abbiamo un tetto pubblicitario, alcuni canali non ospitano neppure la pubblicità e non facciamo pubblicità agli operatori di betting (scommesse, giochi d’ azzardo ndr), ma promuoviamo campagne di sensibilizzazione», ha ribadito il manager. Anche Michele Anzaldi, deputato del Pd e segretario della commissione di Vigilanza della tv pubblica, è intervenuto nella polemica e, via Facebook, ha ricordato ai protagonisti che «il nuovo contratto di servizio Rai approvato lo scorso anno dal governo Gentiloni, contiene per la prima volta una precisa norma antidumping all’ articolo 9 comma 2». La Rai è quindi tenuta a stipulare contratti pubblicitari «sulla base di principi di leale concorrenza, trasparenza e non discriminazione. Antitrust e Agcom hanno gli strumenti per fare i dovuti accertamenti e intervenire a tutela del mercato se ce ne è bisogno». Quanto alla «denuncia pubblica di Confalonieri, se sia vera o no» il deputato piddino ha preferito non prendere posizione: «La valuteranno gli organi competenti». Il dibattito è scoppiato all’ indomani della presentazione dei conti trimestrali del Biscione che peraltro mostrano, per i primi nove mesi del 2018, un incremento del 2,5% della raccolta pubblicitaria del gruppo sul mercato italiano (che, stando ai dati Nielsen, nel suo complesso risulta invariato sul 2017). Ciononostante, la visibilità «limitata» sull’ andamento futuro dei ricavi pubblicitari ha concorso a penalizzare il titolo in Borsa. Mediaset ha chiuso a 2,47 euro in calo del 6,8% dopo aver toccato i minimi da novembre 2016, quando Vivendi aveva avviato la scalata ostile alla società dei Berlusconi (la finanziaria Fininvest controlla il 40,2% del gruppo) arrivando poi a detenere il 29% circa del capitale. Tra gennaio e settembre il polo tv ha registrato un giro d’ affari di 2,43 miliardi (da 2,47 del 2017) e un utile netto di 27 milioni (da 34,5 milioni). In seguito alla presentazione agli analisti, avvenuta martedì a mercato chiuso, numerosi broker hanno rivisto al ribasso le proprie stime sul gruppo. Non manca tuttavia chi ritiene esagerato l’ accanimento a cui si è assistito ieri in Piazza Affari: il gruppo sta portando avanti una drastica riduzione dei costi, tratta a multipli a sconto del 35% rispetto alla media degli emittenti internazionali e offre un potenziale dividendo particolarmente attraente (stimato a 0,2 euro). Non ultimo, il 4 dicembre è stata fissata l’ udienza sulla causa intentata da Mediaset e Fininvest contro Vivendi per la retromarcia sull’ acquisizione di Premium. Ai francesi è stato chiesto un risarcimento danni fino a 3 miliardi di euro.
La stampa e il Paese, una distorsione storica
Il Manifesto
PIERO BEVILACQUA
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L eingiurieai giornalisti di esponentidigoverno edirigenti 5S sono gravi, giustamente accolte da un cor odi indignazioni.Tanto più che proprio loro mi nacciano tagli indiscriminatialla stampa cooperativa che costituisce un presidio indispensabile al pluralismo giornalistico. Eppure una «questione stampa» si pone in Italia, ed assume forme di distorsione che ci segnalano fra le democrazie più avanzate dell’ Occidente. Si tratta di cose ben note e dibattute da anni, dalla concentrazione monstre di Berlusconi, alla precarietà occupazionale crescente dei giornalisti, soprattutto giovani, che vedono pesantemente condizionata la propria libertà professionale. E certamente da segnalare è l’ eccesso di opinioni dei giornalisti rispetto ai fatti. La nostra grande stampa non si segnala per un particolare sforzo di obiettività nella ricostruzione delle questioni. Il tifo calcistico che ad esempio la Repubblica fa per il Tav Torino Lione – urlando in prima pagina inventate penali miliardarie in caso di mancata realizzazione – è un caso da manuale della troppo accorata propensione per le opinioni. In questo specifico caso, aparte l’ inutilità dell’ opera più volte documentata da parte dei tecnici No-Tav, basterebbe por mente a quanto gioverebbero le infrastrutture ferroviarie nel nostro Mezzogiorno. E non vale dire che in quel caso si tratta di un vecchio progetto. Se è superato dai mutamenti dei flussi commerciali, occorre cambiare di spalla il fucile e mirare altrove, visto che i soldi son pochi per definizione. E un giornale che ha a cuore l’ interesse generale potrebbe fare la sua parte utile, se proprio vuol fare opinione. Ma intervengo sulla questione da semplice e inesperto osservatore per segnalare invece un altro fenomeno che mi sembra poco considerato, E in questo caso la responsabilità della tv è di certo più rilevante rispetto a quella dei giornali. Mi riferisco all’ immagine del Paese che danno questi media. Non sarà sfuggito a nessuno il rilievo spropositato che i giornalisti, soprattutto televisivi, danno agli esponenti del mondo politico. Si tratta di un fenomeno che riguarda un gran numero di programmi, a tutte le ore del giorno e della notte, dei canali pubblici e privati. Mai nostri telegiornali raggiungono vette di delirio nella super -rappresentazione del ceto politico come cuore dell’ informazione pubblica. Essi creano nell’ immaginario una gerarchia di valori che distorce gravemente la realtà. Come se dalle parole di tanti modesti uomini e donne, sotto il cui muso si affollano come questuanti moltitudini di microfoni, dovesse davvero dipendere il nostro futuro. Si tratta ormai divertici di pura insensatezza. Abbiamo a che fare con il ceto politico meno preparato e più incapace della storia repubblicana ( ma non a partire da questo governo!) e il giornalismo ne fa indirettamente un vertice venerato della nostra gerarchia sociale. Tale eccesso di rappresentazione della politica deprime oltre misura gli standard culturali della nostra televisione, ma al tempo stesso distende una coltre uniforme sull’ intero Paese, ne assorbe interamente l’ immagine. Voglio essere scrupolosamente onesto e riconosco che negli ultimi anni la no stra tv pubblica ha migliorato e arricchito, come si dice, la propria offerta culturale. Sino a poco tempo fa erano impensabili programmi come quelli che si possono seguire su Rai 5, o su Rai storia, Rai scuola, per non ricordare l’ opera meritoria di promozione dei libri che ormai da anni svolge Corrado Augias. E tuttavia si tratta di nicchie di lusso, per pochi addetti, le quali, ancorché utilissime, non scalfiscono l’ immagine dominante di un paese interamente assimilato al suo ceto politico e di governo. E la ragione di questa grave parzialità è che la parte più vitale, più creativa, più colta dell’ Italia non viene mai né frequentata, né rappresentata, sia dal giornalismo televisivo sia da quello della carta stampata. È una constatazione che traggo dalla mia lunga esperienza di studioso che va in giro per l’ Italia per lezioni e partecipazione a convegni. La stessa che potrebbero testimoniare centinaia di altri colleghi nelle mie stesse condizioni. Mi capita spessissimo di assistere a iniziative di culturali di rilievo, che davvero meriterebbero di essere fatte conoscere al grande pubblico, ma raramente esse vengono riprese da qualche telecamera, neppure di tv regionali, né seguite da alcun giornalista. Mi riferisco a iniziative di diparimenti universitari, società scientifiche, scuole, case editrici, associazioni culturali, accademie, comuni, ecc. che potrebbero fornire l’ idea di una Italia meno depressa di quella che appare dal convulso chiacchiericcio della politica quotidiana. Eppure, se si vuole che qualche giornalista si presenti a questi appuntamenti occorre la presenza anche di un modestissimo uomo politico.Purché sia un volto noto delle tv.
Sconti sugli spot televisivi duello Confalonieri-Salini
Il Mattino
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«La Rai non può svendere la pubblicità solo perché ha la riserva del canone». Così il presidente Mediaset Fedele Confalonieri: «La pubblicità sulle tv è contingentata, così la Rai butta via la merce». Risponde l’ Ad Rai Fabrizio Salini. «Niente dumping, anzi. Abbiamo il tetto pubblicitario, alcuni canali non ospitano spot, non facciamo pubblicità agli operatori di betting».
False fatture, tre società nel mirino «Così intascò 2.3 milioni per l’ editoria»
Il Mattino
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Lo scorso aprile, dinanzi a pm e polizia giudiziaria, ha battuto su un paio di punti in particolare: non sono io l’ amministratore delle società finite sotto inchiesta. E, entrando nel merito delle accuse mosse dalla Procura, ha ricordato che tutte le operazioni fatte dalle società del gruppo sono reali, in quanto non nascondono operazioni fittizie a colpi di sovraffatturazioni. Si tratta di punti sui quali la Procura ha battuto con insistenza, per dimostrare l’ esistenza di una trama finalizzata a creare false fatture per arpionare soldi pubblici, in una galassia societaria che avrebbe in Lucio Varriale il suo regista indiscusso. IL PATRON E per il gip si tratta di un «dominus» a tutti gli effetti, «gestore di fatto con pieni poteri decisionali e direttivi non solo della società Julie Italia srl, ma anche di tutte le altre società oggetto della presente indagine che proprio in virtù della riferibilità al Varriale quale dominus, sono a ragione qualificabili come facenti parte del cosiddetto gruppo Varriale». Inchiesta ampia e complessa, passata attraverso il sequestro firmato a maggio del 2017, che vede anche altri nomi iscritti tra gli indagati. Tra questi ci sono Christos Ioannou, Dario De Colibus, Alaia Mangion, Silvia Varriale, Luigi Borrelli, Emilio De Cioccio, Luigi D’ Ambrosio, Giovanni Francesco de Vito, nomi che vengono inseriti a vario titolo nelle vicende amministrative delle tre aziende finite sotto inchiesta, persone che potranno replicare alle accuse nel corso del prosieguo delle indagini. LE ACCUSE Ma torniamo al ruolo di dominus di Lucio Varriale, un ruolo che emerge in particolare anche dalla testimonianza messa agli atti da un ex dipendente del gruppo, Valerio Monge, classe 1959, ascoltato in questi mesi proprio sul ruolo di dominus dello stesso avvocato finito sotto inchiesta. Spiega Monge, ex responsabile del coordinamento e dell’ organizzazione di tutte le troupe televisive esterne: «Le condizioni di lavoro divennero troppo gravose, pertanto chiesi al proprietario e al gestore dell’ emittente tv Lucio Varriale, le spettanze salariali arretrate. Mi disse che la società non era in condizioni economiche per poter assecondare la mia richiesta e che quindi, anche se con rammarico, era costretto a licenziarmi». Poi il punto centrale della sua testimonianza: «Varriale è colui che gestisce in prima persona tutte le attività della Julie tv srl, detta la linea editoriale della Tv. decide delle asunzioni e dei licenziamenti, del pagamento degli stipendi, del potere disciplinare sui dipendenti e quant’ altro». I MANAGER Dello stesso tenore il riferimento su altri due nomi coinvolti in questa indagine, vale a dire Carolina Pisani, qualche anno fa amministratore dell’ emittente: «Si tratta di una persona di fiducia dell’ avvocato, in alcune occasioni mi ha chiamato per dare indicazioni e disposizioni per suo conto». Una testimonianza ritenuta utile da parte del gip, che porta la firma di un ex dipendente, rispetto al quale Varriale aveva fatto sentire una versione uguale e contraria. Siamo ad aprile scorso, quando l’ avvocato viene interrogato dai pm assieme al penalista Giovanni Siniscalchi: «Nel corso dell’ interrogatorio – ha scritto il gip – Varriale ha negato le contestazioni e ha sostenuto la effettività delle operazioni a cui si riferiscono le fatture e ha prodotto copiosa documentazione a sostegno della etsi difensiva». IL FURTO Ed è lo stesso Varriale ad aver presentato all’ autorità giudiziaria una serie di file ritenuti «rilevanti», alcuni dei quali riguardanti controversie di lavoro instaurate da ex dipendenti. Tra questi file spunta tutto il carteggio di Monge, relativo alla causa di lavoro intentata dall’ ex responsabile delle troupe esterne, con una contestazione mossagli dall’ amministratore Christos Ioannou. Qual era il punto? L’ accusa che il manager rivolgeva a Monge era il presunto furto di attrezzature e di beni della società, in una sorta di braccio di ferro che ora finisce nell’ inchiesta culminata ieri in quattro misure di arresti domiciliari. l.d.g. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Confalonieri accusa: la Rai fa dumping Appello all’ Authority
Il Sole 24 Ore
C.Fo.
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ROMA Parla in modo diretto di «dumping» Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, in riferimento alla pubblicità sui canali Rai. L’ affondo arriva nel corso di un convegno organizzato al Senato dall’ Authority per le comunicazioni. «La Rai – dice Confalonieri – non può svendere la propria merce con sconti del 90-95 per cento (poco dopo dirà del 70%, ndr) quando si ha anche la riserva del canone. Non si può buttar via la propria merce. Per abbassare un prezzo ci vogliono cinque minuti, ma per recuperarlo ci vuole la fatica di Sisifo». E questo a maggior ragione – è la tesi – dopo l’ inserimento in bolletta del canone, che ha abbassato il livello di evasione. Confalonieri ricorre a una metafora calcistica per appellarsi all’ “arbitro” in questione, cioè l’ Authority: «Fatevi aiutare dalla Var». Accuse respinte da Fabrizio Salini, da fine luglio amministratore delegato della Rai: «Casi ci sono stati forse in passato. Noi abbiamo i nostri tetti di pubblicità, in alcuni nostri canali non ospitiamo pubblicità, non facciamo nessuna pratica di dumping». Ci sono altri temi cruciali per il settore televisivo, a partire dalla liberazione delle frequenze 700 a favore degli operatori del 5G. Nell’ ambito del tavolo avviato dal ministero dello Sviluppo, sia Rai che Mediaset hanno espresso la necessità di superare i vincoli sul numero minimo di frequenze appannaggio delle emittenti locali. Mediaset ha sottolineato inoltre la necessità di incentivare significativamente il ricambio degli apparecchi televisivi in vista del passaggio al sistema Dvb-T2. Nel suo intervento in apertura del convegno, la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha parlato dell’ esigenza «di un intervento forte del governo per consentire lo svecchiamento dei mezzi a disposizione degli italiani, con incentivi che non possono certamente riferirsi a cifre appena simboliche». © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Su liti temerarie e segreto le proposte M5S «pro-cronisti»
Il Sole 24 Ore
Manuela Perrone
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ROMA Da un lato la tutela più ampia dell’ identità delle fonti, dall’ altro un deciso disincentivo alle liti temerarie per diffamazione intentate nei confronti dei giornalisti. Mentre continuano a infuriare le polemiche per gli attacchi sferrati alla stampa dal vicepremier M5S Luigi Di Maio e da Alessandro Di Battista dopo l’ assoluzione di Virginia Raggi, sono targati proprio Cinque Stelle due disegni di legge in difesa dei cronisti (ognuno di un solo articolo) depositati a fine ottobre a Palazzo Madama. Primo firmatario, il senatore Primo Di Nicola, ex firma di punta dell’ Espresso eletto lo scorso 4 marzo tra le file dei pentastellati e oggi vicepresidente della Commissione di Vigilanza sulla Rai, nonché componente della commissione Finanze. Il primo Ddl propone di modificare il comma 3 dell’ articolo 200 del Codice di procedura penale per allargare la tutela del segreto professionale dei giornalisti, professionisti e pubblicisti, anche nei casi in cui l’ autorità giudiziaria potrebbe imporre loro di rivelare le fonti. «Il diritto di segreto sulle fonti – spiega Di Nicola – risulterebbe così prevalente rispetto alla ricerca della prova». In pratica, si abroga la parte della norma secondo cui il giudice ordina al giornalista di indicare la fonte «se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicità può essere accertata solo attraverso l’ identificazione della fonte della notizia». Con il secondo disegno di legge, invece, si punta a contrastare l’ abuso dello strumento processuale nei confronti della categoria, registrato da ultimo dall’ Agcom nella II Edizione dell’ Osservatorio sul giornalismo. Che ha denunciato l’ aggravarsi del ricorso alle azioni temerarie, soprattutto al Sud, «a fini intimidatori e pretestuosi», causa di una «grave limitazione della libertà d’ espressione». In questo caso Di Nicola ha messo nero su bianco la proposta di aggiungere all’ articolo 96 del Codice di procedura civile un nuovo comma secondo cui nei casi in cui emerga «la malafede o la colpa grave di chi agisce in sede di giudizio civile per il risarcimento del danno» il querelante per diffamazione deve essere condannato non solo al pagamento delle spese processuali ma anche a una somma determinata in via equitativa «non inferiore alla metà dell’ oggetto della domanda risarcitoria». Una mossa per scoraggiare gli abusi. «Di fronte a richieste milionarie tremano anche i giornali più ricchi, ammesso che ce ne siano ancora», sottolinea Di Nicola. I due disegni di legge hanno incassato il placet della Federazione nazionale della stampa, che però il 13 novembre con il Consiglio nazionale dell’ Ordine dei giornalisti ha promosso il flashmob #GiùLeManidall’ Informazione annunciando iniziative a oltranza «finché non cesseranno insulti e minacce» alla stampa. Di Nicola non si scompone e commenta così le parole di Di Maio e Di Battista: «Le polemiche tra informazione e politica non sono una novità. Il M5S non vuole giornalisti amici, vuole solo giornalisti liberi. In Parlamento lavoreremo per creare le condizioni migliori perché i giornalisti possano lavorare in piena libertà e fornire quell’ informazione genuina che i lettori aspettano da troppo tempo». © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Gruppo 24 Ore, sale la redditività: Ebitda positivo a 2,4 milioni
Il Sole 24 Ore
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Migliora la redditività de Il Sole 24 Ore. Il margine operativo lordo del gruppo editoriale, al netto di oneri e proventi non ricorrenti, è positivo per 2,4 milioni nei primi 9 mesi del 2018 e si confronta con il valore negativo di 11,5 milioni al 30 settembre 2017 riesposto. L’ ebitda al 30 settembre 2018 è positivo per 0,2 milioni e si confronta con un risultato negativo di 34,5 milioni del 2017 riesposto. Il risultato netto attribuibile ad azionisti della controllante al netto di oneri e proventi non ricorrenti è negativo di 5,5 milioni (-20,4 milioni di euro dello stesso periodo del 2017 riesposto). Il risultato netto è negativo per 9 milioni e si confronta con un risultato negativo di 51,2 milioni di euro al 30 settembre 2017. I margini operativi, si legge in una nota del gruppo, beneficiano della significativa riduzione dei costi diretti e operativi pari ad un valore complessivo di 88,7 milioni, in calo di 17,9 milioni (-16,8%) rispetto al 30 settembre 2017 riesposto. Il costo del personale, pari a 63,2 milioni di euro, è in diminuzione di 28,1 milioni rispetto al 30 settembre 2017 (91,3 milioni), di cui 20,6 milioni di oneri per ristrutturazione. La posizione finanziaria netta consolidata è negativa per 7,9 milioni (positiva per 6,6 milioni al 31 dicembre 2017), principalmente per il pagamento di oneri non ricorrenti relativi alle uscite incentivate, liquidate nei primi mesi del 2018. Il risultato operativo (ebit) al netto di oneri e proventi non ricorrenti è pari a -4,5 milioni (-22,1 milioni dello stesso periodo del 2017 riesposto). Al 30 settembre 2018 il Gruppo 24 Ore ha conseguito ricavi consolidati pari a 150,2 milioni che si confrontano con un valore riesposto pari a 163,1 milioni del pari periodo 2017 (-12,9 milioni, pari al -7,9%). Tale variazione, indica la nota, è dovuta in particolare alla diminuzione dei ricavi editoriali di 6,6 milioni (-7,7%), al calo dei ricavi pubblicitari per 4,0 milioni (-6,5%) e al calo degli altri ricavi per 2,3 milioni (-14,5%). Complessivamente le copie medie giorno carta più digitale del quotidiano vendute nei primi nove mesi del 2018 sono pari a 199 mila copie (-14,9% rispetto al pari periodo 2017), comprensive di tutte le copie digitali multiple non dichiarabili ai fini ADS e pertanto non inserite nella relativa dichiarazione. Considerate le azioni già messe in atto e quelle previste per il mantenimento e lo sviluppo dei ricavi, così come per il continuo perseguimento dell’ efficienza operativa, in assenza di eventi al momento non prevedibili, il Gruppo considera conseguibili e pertanto conferma le proprie previsioni reddituali e finanziarie per il 2018. Il periodo luglio – ottobre 2018 ha visto l’ inserimento di nuove figure quali presidente (Edoardo Garrone), amministratore delegato (Giuseppe Cerbone), direttore responsabile di tutte le testate del Gruppo (Fabio Tamburini), direttore generale System24 (Federico Silvestri), CFO (Paolo Fietta). Il nuovo management ha messo da subito sotto controllo i costi del gruppo e contestualmente sta valutando e definendo, nel solco e sulla base del Piano Industriale 2018-2021, di cui conferma la validità complessiva, le attività di sviluppo dello stesso che verranno riflesse nell’ aggiornamento del piano per il periodo 2019-2022. In particolare, il nuovo management intende rivedere alcune ipotesi di Piano tenendo conto delle evoluzioni intervenute nel contesto di mercato, ripensando l’ intero sistema di offerta in un approccio maggiormente customer centric e sviluppando le sinergie di costo ed i potenziali risparmi già identificati. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Mondadori in rosso
Il Sole 24 Ore
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Mondadori fa “pulizia” in Francia, proprio in vista dell’ addio a Parigi. La casa editrice presieduta da Marina Berlusconi nei primi nove mesi del 2018 migliora la gestione operativa perchè la redditività sale a fronte di ricavi deboli. Il bilancio a fine settembre chiude con una perdita di 181,5 milioni di euro su cui ha pesato in modo decisivo la rettifica del valore delle attività francesi di Mondadori France sulle quali è in corso una negoziazione in esclusiva con Reworld Media: l’ adeguamento al fair value è pari a 198,1 milioni di euro, in vista di una vendita a un prezzo attorno ai 70-80 milioni. Il Mol rettificato delle attività in continuità è salito del 3,2% a 60,8 milioni di euro. Senza la svalutazione l’ utile sarebbe di 15 milioni. Cala il debito di quasi 50 milioni a quota 200. Il gruppo prevede che il 2018 si chiuda con un Mol in leggero rialzo, un utile in contrazione di circa 7 milioni di euro rispetto al 2017. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Scontro Mediaset-Rai
Il Sole 24 Ore
A. Bio.
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Il tema dei prezzi (e degli sconti) degli spot divide, ancora una volta, Mediaset e Rai. Ieri l’ ennesima tenzone è andata in scena nel corso del convegno “Il futuro del digitale terrestre”, promosso dall’ Agcom. A dar fuoco alle polveri il presidente Mediaset Fedele Confalonieri: «La Rai non può svendere la propria merce con sconti del 90-95 per cento, solo perché ha la riserva del canone. Ecco perché faccio appello all’ arbitro (Agcom, ndr.). Fatevi aiutare dalla Var se ritenete». Immediata la replica dell’ ad Rai, Fabrizio Salini: «La Rai non fa dumping. Anzi, abbiamo un tetto, alcuni nostri canali non ospitano pubblicità e non facciamo pubblicità agli operatori di betting». Le emergenze intanto si moltiplicano, a partire dalla lotta pirateria, come ha ricordato l’ ad Sky Andrea Zappia.La pubblicità, motore della tv free, resta però tema centrale. Non a caso il titolo Mediaset ieri è caduto. E per le prospettive sugli spot. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Casse, investimenti qualificati esentasse dal 5 all’ 8 per cento
Il Sole 24 Ore
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Federica Micardi Buone notizie sul fronte investimenti per le Casse di previdenza. «Nella legge di Bilancio – racconta il sottosegretario al ministero del Lavoro Claudio Durigon, durante la presentazione a Roma del III Rapporto sugli investimenti curato da Adepp (Associazione degli enti previdenziali privati) – la percentuale di investimenti qualificati che non saranno tassati sale dal 5 all’ 8%; una mossa che risponde a sollecitazioni del mondo della previdenza privata dato che gli investimenti “agevolati” dalla legge di Bilancio 2017 già rappresentano il 7,2%». Le Casse di previdenza chiedono al Governo, per bocca del presidente Adepp, Alberto Oliveti, «un’ autonomia intelligente e moderna, la semplificazione e la stabilità delle regole, una defiscalizzazione che ci allinei al resto d’ Europa e una parziale fiscalità di scopo». Sulla defiscalizzazione Durigon non chiude la porta ma fa capire che non sarà imminente. Nel mondo della previdenza privata, il cui patrimonio ammonta oggi a 85 miliardi, non poteva mancare il riferimento all’ economia reale. «Le Casse – dice Durigon – sono una risorsa importantissima per il Paese, anche come investitori. Le Casse devono avere nell’ economia reale un ruolo anche istituzionale: vorrei cambiare il sistema di asset e credo che si debba dare forma a investimenti che garantiscano sia lo Stato sia le Casse». Il decreto che dovrebbe “regolamentare” gli investimenti delle Casse – da anni in via di emanazione – potrebbe essere il canale dove trovare questo equilibrio. Dal Rapporto Adepp emerge che aumentano gli investimenti esteri degli enti di previdenza privati, che oggi assorbono il 43% del patrimonio totale (si veda il Sole 24 Ore di ieri). Un dato che Oliveti commenta così: «Si parla da tempo della possibilità di coinvolgere le Casse in investimenti in infrastrutture, ma fino a oggi nulla si è concretizzato. Noi abbiamo i nostri princìpi, che sono diversificare e decorrelare; abbiamo apportato il concetto delle Esg (investimenti attenti al sociale, ndr) e del mission releated (investimenti al servizio dell’ attività istituzionale); siamo interessati a investire nell’ economia del Paese in aree che abbiano ricadute sulle nostre professioni». Insomma. la disponibilità e l’ interesse ci sono, vanno però individuati gli strumenti adatti. Garanzie sull’ autonomia finanziaria degli enti privati arrivano dal sottosegretario al ministero dell’ Economia, Laura Castelli: «l’ autonomia finanziaria delle Casse per me va riconosciuta e non ho mai pensato di metterla in discussione». Ieri Durigon ha anche parlato dell’ Inpgi, la Cassa di previdenza dei giornalisti, dove da alcuni anni le entrate sono inferiore alle uscite e il bilancio 2018 si stima in rosso per 175 milioni. «Stiamo lavorando per allargare la platea degli iscritti»; nell’ Inpgi- che paga la profonda crisi dell’ editoria e la perdita di oltre 3mila posti di lavoro in pochi anni – potrebbero entrare i comunicatori (circa 20mila persone). Accanto all’ ampliamento degli iscritti, l’ altra strada potrebbe essere l’ assorbimento nell’ Inps, ma il presidente Tito Boeri, interpellato sul punto, ha detto: «in futuro dovremmo evitare questa possibilità» perché bisogna «guardare al bene di tutti i contribuenti». © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Chessidice in viale dell’ Editoria
Italia Oggi
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Editori e giornalisti uniti per la libertà di stampa. Da oggi sui giornali italiani sarà pubblicata una pagina in cui è riportato l’ articolo 21 della Costituzione italiana in materia di libertà di stampa. È una iniziativa congiunta della Federazione italiana editori giornali (Fieg) e della Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi) con la quale gli editori e i giornalisti italiani ribadiscono congiuntamente l’ importanza di una informazione libera e pluralista. Radio Italia Rap sbarca sul DaB. Radio Italia Rap è sbarcato nel mux del consorzio EuroDAB Italia, quindi ricevibile in digitale su gran parte del territorio nazionale. Michelle Obama in esclusiva per Elle. Elle Italia, nella sua nuova versione settimanale, è in edicola oggi con l’ intervista a Michelle Obama realizzata da Oprah Winfrey in esclusiva mondiale per Elle.
Digitale terrestre, più fondi per il bonus tv Confalonieri: Rai fa dumping sugli spot
Italia Oggi
GIANFRANCO FERRONI
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Digitale terrestre, bonus tv, dumping pubblicitario, diritto d’ autore, SkyGo: si è parlato di tutto ieri a Roma a palazzo Giustiniani, nel convegno «Il futuro del digitale terrestre nella competizione multipiattaforma: opportunità e business per gli attori del mercato», nato su iniziativa dell’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni guidata da Angelo Marcello Cardani. Del bonus tv ha parlato il presidente del senato Maria Elisabetta Alberti Casellati: «Siamo davanti a un passaggio epocale come quello da analogico a digitale. Ma ci sarà bisogno di un intervento forte per consentire lo svecchiamento dei mezzi a disposizione degli italiani, con incentivi che non possono certamente riferirsi a cifre appena simboliche». Ovvero, la norma inserita nelle legge di Bilancio che prevede un contributo per l’ acquisto di tv o decoder in grado di supportare il nuovo standard che sarà adottato per le trasmissione dal 1° luglio 2022. Sono assegnati, dice la norma, 25 milioni di euro per ciascuno degli esercizi finanziari 2019-2022. Questo perché le emittenti dovranno liberare le frequenze attualmente occupate, la banda 700 Mhz appena venduta tramite asta agli operatori Tlc per il 5G, e le trasmissioni televisive passeranno alla tecnologia Dvb-T2, che costringerà gli italiani a comprare nuovi apparecchi. Chi ha lanciato un allarme in tema di spot è stato il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri, accusando gli ott di non pagare imposte in Italia, e la Rai di fare «dumping pubblicitario: non si può vendere la propria merce, buttarla alla disperata facendo sconti fino al 90-95% quando si ha anche il canone in bolletta». Posizione contestata dall’ a.d. della Rai Fabrizio Salini, che punta sulle strategie tecnologiche: «Dovremo essere in grado di cogliere le opportunità legate allo sviluppo della tecnologia 5G, costruire reti di servizi innovativi e proiettare la comunicazione verso la realtà aumentata e la realtà virtuale ad esempio in settori come l’ Educational o lo Sport. La Rai dovrà quindi dotarsi di una strategia multipiattaforma basata su un posizionamento “dinamico”, ovvero ricercare l’ innovazione su tutte le piattaforme, esprimere la propria dimensione di servizio pubblico sia nell’ offerta lineare che on demand, mirando al contempo all’ universalità e alla personalizzazione del servizio. Non possiamo lasciare indietro nessuno». E Salini ha sottolineato come «con l’ avvento del nuovo sistema tutta l’ offerta della Rai dovrà essere trasmettibile in Hd, ed eventualmente in ultra Hd), senza limitazioni di sorta. In questa prospettiva appare indispensabile che, al più presto, venga indicato per legge uno switch-off tecnologico, che spinga il mercato ad adottare obbligatoriamente, nel 2022, in tutte le case, esclusivamente lo standard DvbB-T2/Hevc». Se da parte dell’ a.d. di La7 Marco Ghigliani è stato chiesto di togliere le regole inutili nel settore tv, l’ a.d. di Sky Italia Andrea Zappia chiede di lottare in difesa del diritto d’ autore: «La pirateria è flagellante. Ed è veramente un elemento critico. Non è possibile che persone normali, professionisti, vivano come un’ abitudine serena e fattibile pagare 10 euro alla criminalità per portarsi a casa tutto quello che vogliono. Senza un intervento severo, dimentichiamoci tutto. Perché migliaia di persone, creativi, operatori, tecnologie, giovani, anziani, giornalisti, tutti vivono su un mercato che vive di pubblicità, canone e pay tv. E dobbiamo difenderlo totalmente perché altrimenti tutto il resto non avrà futuro». Infine Zappia ha annunciato che a dicembre Sky lancerà SkyGo anche sul digitale terrestre. «Stiamo assistendo a una domanda dei clienti del digitale terrestre di avere anche contenuti on demand: per questo a dicembre lanceremo SkyGo anche per loro». © Riproduzione riservata.
Indagine radio, rivoluzione dal 2020
Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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L’ indagine Ter sugli ascolti radiofonici potrebbe essere rivoluzionata a partire dal 2020. Il consiglio di amministrazione di Ter, infatti, di recente ha costituito un tavolo con «l’ obiettivo di individuare elementi innovativi» che dovrebbero andare ad arricchire l’ indagine stessa proprio dal 2020. Intanto si sono appena aperte le adesioni per le rilevazioni degli ascolti radiofonici per l’ anno 2019: le emittenti radiofoniche nazionali e locali interessate possono presentare le relative domande entro il 14 dicembre 2018. Al momento l’ indagine Ter, come spiega Marco Rossignoli, presidente di Ter, è composta da due ricerche principali. La prima, in quattro trimestri per complessive 120 mila interviste su telefoni fissi e mobili, è realizzata da Gfk Italia e da Ipsos con metodo Cati, «metodo usato anche negli altri paesi europei e che garantisce un ampio campione», puntualizza Rossignoli. Questa indagine produrrà gli ascolti nel giorno medio, nei sette giorni, nel quarto d’ ora, e fornirà pure la durata dell’ ascolto. Poi, nel corso del 2019, vi sarà una indagine parallela a cura di Doxa, basata su 20 mila interviste per «alimentare le modellistiche di creazione della copertura dinamica a quattro settimane». La società Reply consulting, infine, su incarico di Ter-Tavolo editori radio, svolgerà una attività continuativa di controllo per verificare la corretta esecuzione di Radio Ter 2019. Insomma, il comparto radio, che dovrebbe terminare il 2018 con una raccolta pubblicitaria vicina ai 430 milioni di euro e in crescita attorno al 5% sul 2017, si attrezza per non farsi trovare impreparato dalle evoluzioni tecnologiche. Prime tra tutte, quelle che riguarderanno le automobili (ambiente nel quale si ascolta in prevalenza la radio), e che verranno evidenziate nel convegno di oggi «C’ era una volta l’ autoradio», organizzato da Rai Radio nella sua sede di via Asiago a Roma. Si analizzerà, come spiega Roberto Sergio, direttore di Rai Radio, «lo stato dell’ arte nello sviluppo della radio digitale, per pianificare insieme alle aziende automobilistiche strategie atte a sostenerne la diffusione». In primis, con la creazione di un Radio player Italia nel quale fare confluire tutte le emittenti nazionali e locali, offrendo così al mercato un prodotto adatto alle automobili connesse al web. Si inizia questa mattina alle ore 10, in una giornata di lavoro che terminerà in serata. Interverranno, tra gli altri, Fabrizio Salini, amministratore delegato della Rai, Edoardo Rixi, viceministro dei trasporti, Angelo Maria Cardani, presidente dell’ AgCom, Roberto Sgalla, direttore centrale della Polizia Stradale, Roberto Sergio, direttore di Rai Radio, Lorenzo Suraci, presidente di Rtl 102,5 e di Eurodab Rs. E gli esponenti di tutte le principali case automobilistiche, che esporranno i loro più recenti modelli in una via Asiago chiusa al traffico, e sui quali si potranno effettuare prove di ascolto dei nuovi sistemi audio digitali e dei nuovi player. © Riproduzione riservata.
Cairo, l’ utile netto sale a 31,4 mln
Italia Oggi
GIOVANNI GALLI
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Nei primi nove mesi di quest’ anno il gruppo di Urbano Cairo segna un utile netto in crescita a 31,4 milioni di euro, rispetto al risultato positivo per 17,3 milioni di fine settembre 2017. I ricavi consolidati sono pari a 957,7 milioni (rispetto ai precedenti 882,7 milioni), sostanzialmente stabili rispetto al 30 settembre 2017 su base omogenea (quindi al netto dei nuovi principi contabili Ifrs). L’ ebitda e l’ ebit consolidati sono, rispettivamente, pari a 117,7 milioni e 75,7 milioni, al rialzo dai precedenti dati per 104,7 milioni e 56,8 milioni. Secondo i conti approvati ieri dal cda del gruppo che comprende i periodici di Cairo Communication, Rcs-Corriere della Sera e il network tv La7+La7d, quest’ ultimo ha registrato nel terzo trimestre 2018 una raccolta pubblicitaria complessiva in aumento dell’ 11% (con settembre a oltre il +13%). Sulla base del portafoglio ordini alla data del 13 novembre, la raccolta per gli spot trasmessi e da trasmettere sui due canali nei mesi di ottobre e novembre 2018, pari a complessivi 31,8 milioni di euro, è in ulteriore rialzo di oltre il 13%. Sulla base di questi risultati, hanno fatto sapere ieri dal gruppo milanese, il gruppo dell’ imprenditore piemontese si attende di superare in modo rilevante l’ obiettivo di crescita (+10%) comunicato ad agosto, per quanto riguarda la pubblicità sui due canali nell’ ultimo quadrimestre 2018. Dal punto di vista degli ascolti infine, i risultati in crescita sono stati confermati in ottobre, con crescite del 40% sul totale giorno (sesta rete nazionale) e 48% in prime time (quinta rete nazionale). Sui 9 mesi, pur in presenza di una stagionalità che penalizza normalmente i risultati del terzo trimestre dell’ anno, i ricavi pubblicitari lordi sui canali La7 e La7d sono stati di 99,8 milioni, in crescita rispetto a quanto realizzato nei primi nove mesi del 2017 (96,2 milioni). L’ ebitda è di circa 1,1 milioni (da 2,5 milioni nei primi nove mesi del 2017), impattato anche da dall’ incremento dei costi per 3 milioni. L’ ebit è negativo per 6,1 milioni (-4,8 milioni nel 2017). Spostandosi tra i magazine, i ricavi totali passano a 86 milioni da 70,3 mln nel 2017. L’ ebitda e l’ ebit sono rispettivamente di 6,9 milioni e 6,1 milioni di (in precedenza 10,1 milioni e 9,3 milioni nel periodo analogo del 2017). L’ impatto negativo è stato determinato dai costi di lancio sostenuti per il settimanale Enigmistica Mia (in tutto circa 0,5 milioni di euro). Invece Rcs ha realizzato margini in linea con gli obiettivi di risultato del 2018 e in forte crescita, con un risultato netto positivo di 52,1 milioni, rispetto a 19,8 milioni dei primi nove mesi del 2017 (vedere ItaliaOggi del 10/11/2018). L’ ebitda da 108 milioni è cresciuto di circa 17 milioni. I ricavi da attività digitali, per 112,2 milioni, sono aumentati del 15,9%. Infine, l’ indebitamento finanziario netto del gruppo al 30 settembre risulta pari a 211,2 milioni (263,1 milioni al 31 dicembre 2017) ed evidenzia una riduzione di 51,9 milioni rispetto al 31 dicembre 2017 e ancora di 96,5 milioni rispetto al 30 settembre 2017. Al 30 settembre 2018 l’ indebitamento finanziario netto riferibile a Rcs è di 215,9 milioni (287,4 milioni al 31 dicembre 2017). Il miglioramento dell’ indebitamento finanziario netto rispetto al 31 dicembre 2017, pari a 51,9 milioni, va principalmente ricondotto ai flussi di cassa generati dalla gestione tipica, «comprensivi della dinamica del circolante, compensati dalla distribuzione dei dividendi deliberati dall’ assemblea degli azionisti del 27 aprile per complessivi 13,4 milioni e dagli esborsi per investimenti e per oneri non ricorrenti netti», hanno concluso dal gruppo. Ieri il titolo in piazza Affari ha archiviato la giornata a +1,34% a 3,015 euro. © Riproduzione riservata.
Poligrafici Editoriale, pubblicità a +1,4% I ricavi dei primi 9 mesi a quota 117 mln
Italia Oggi
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Poligrafici Editoriale archivia i 9 mesi con una perdita netta di 0,9 milioni ma in miglioramento dai -2,9 milioni al 30 settembre 2017. Secondo i risultati approvati ieri dal cda della casa editrice Poligrafici Editoriale, che porta in edicola Qn Quotidiano Nazionale, fascicolo sinergico di informazione e cronaca nazionale del Resto del Carlino, la Nazione, il Giorno e il Telegrafo, i ricavi sono stati pari a quasi 117 milioni di euro, partendo dai precedenti 120,4 milioni. I ricavi pubblicitari consolidati si incrementano del 1,4%, per 36,8 milioni di euro. In particolare, la raccolta pubblicitaria sui quotidiani cartacei pubblicati dal gruppo guidato dall’ editore Andrea Riffeser Monti (nonché presidente Fieg-Federazione italiana editori giornali) registra complessivamente un incremento dell’ 1%, con un significativo miglioramento per la pubblicità commerciale nazionale (+10,8%), mentre la raccolta locale, comprensiva della rubricata, finanziaria e di servizio, segna una flessione del 3,3%. Anche la raccolta pubblicitaria online nazionale e locale, pari a 3,3 milioni (al netto del costo acquisto spazi per via dell’ applicazione dei principi contabili Ifrs), evidenzia segnali positivi con un incremento, a valori complessivi, del 5,5%. Invece i ricavi editoriali consolidati sono scesi sui 73,3 milioni (rispetto ai 77,9 milioni al 30 settembre 2017), registrando una contrazione intorno del 6%. Il margine operativo lordo è positivo per 4,6 milioni (da 5,7 milioni dei primi nove mesi del 2017). L’ indebitamento finanziario netto è di 27,4 milioni con una riduzione di 3,4 milioni rispetto al 31 dicembre 2017. Per quanto riguarda la fine di quest’ anno, Poligrafici editoriale (che si occupa anche di stampa per conto terzi e dal 1°ottobre 2018 ha iniziato l’ attività di stampa dei quotidiani La Repubblica-edizione Toscana e del Tirreno presso lo stabilimento di Firenze) vuole continuare a mettere in atto interventi per l’ efficientamento dei costi che garantiscano marginalità positive e il miglioramento della posizione finanziaria netta. «In merito alle prospettive dell’ esercizio 2018 le previsioni rimangono condizionate dall’ andamento del settore e non si intravedono andamenti significativamente diversi da quelli riscontrati nel periodo in esame», hanno concluso dal quartier generale di Bologna. «Le efficienze realizzate dal gruppo lasciano presumere, se non si verificheranno eventi a oggi non prevedibili, il mantenimento di una marginalità positiva, oltre alla generazione di flussi di cassa che consentiranno un’ ulteriore riduzione del debito finanziario». Il titolo in Borsa ha chiuso a -4,33% a 0,188 euro.
Visto chiude, Novella 2000 è sul mercato
Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Il settimanale Visto interrompe le pubblicazioni con l’ uscita di fine novembre mentre Visto tv adotta un formato più grande e diventa un vero e proprio magazine familiare indipendente. Invece per Novella 2000 non si esclude l’ ipotesi di vendita, «a patto che venga pagato il giusto prezzo», ha spiegato a ItaliaOggi l’ editore Daniela Santanchè. Ma anche per la testata che festeggia quest’ anno i 100 anni, c’ è una novità: la nascita di Novella Cucina con tanto di ricette della senatrice «visto che riscuotono successo sui social», chiosa Santanchè. Sono queste le principali novità del gruppo Visibilia, che comprende i periodici Pc Professionale, VilleGiardini e Ciak. In parallelo procede la vicenda giudiziaria di alcuni giornalisti di Visto e Novella 2000, che si erano opposti al licenziamento collettivo e per cui il Tribunale di Milano ha ordinato, tra l’ altro, il reintegro nel gruppo. Martedì scorso, però, s’ è tenuta l’ udienza per il ricorso e ora si profila una conciliazione.
Class Editori, ricavi a +6,5%
Italia Oggi
GIOVANNI GALLI
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Il cda di Class Editori, riunitosi ieri a Milano, ha approvato il resoconto intermedio di gestione consolidato relativo ai primi nove mesi dell’ anno, con una crescita dei ricavi consolidati pari al 6,5%, a 48,83 milioni di euro, e un incremento della raccolta pubblicitaria del 3,3%. Netto il miglioramento dell’ ebitda, -3,91 milioni di euro rispetto ai -7,17 milioni del 2017; nel pro forma che consolida da inizio anno il Gambero Rosso (il cui controllo è stato acquisito da giugno), l’ ebitda è pari a -2,47 milioni di euro, il che evidenzia comunque una significativa inversione di tendenza rispetto alla marginalità conseguita negli ultimi esercizi dalla società (che edita questo giornale). Rispetto alla relazione semestrale 2018, che mostrava un ebitda positivo da inizio anno, l’ apparente peggioramento è frutto della stagionalità dei mesi estivi, tradizionalmente sfavorevole per tutte le case editrici e in particolar modo per le iniziative di eventi ed educational di Gambero Rosso. Il risultato netto di gruppo dopo gli interessi di terzi migliora di circa 2,04 milioni di euro (-10,31 milioni contro -12,35 milioni). In ipotesi di consolidamento del Gambero Rosso da inizio anno, il risultato netto pro forma è pari a -10,04 milioni di euro. Anche i ricavi del terzo trimestre 2018 sono aumentati (+12%), a 14,27 milioni di euro, mentre l’ ebitda del terzo trimestre, periodo estivo stagionalmente sfavorevole per la casa editrice e in particolare per le iniziative educational del Gambero, è stato negativo per 2,51 milioni di euro (-3,41 milioni di euro nel terzo trimestre 2017). La raccolta pubblicitaria di Class Editori ha avuto un andamento migliore di quello del mercato, chiudendo il periodo con un chiaro segno positivo, sia nel totale che per i singoli media: +3% totale nel gennaio-settembre con periodici a periodo omogeneo. In linea con il mercato la tv (+1%), in cui spicca la performance di Class CNBC, che chiude i primi nove mesi con una crescita del +10%. La GO TV si è confermato il secondo media per raccolta della casa editrice, consolidando e migliorando i risultati del gennaio-settembre 2018 rispetto all’ omologo periodo 2017, superando i 5 milioni di euro con un aumento dell’ 8%. Di particolare rilievo la performance sulla stampa, che a settembre registra un +11% nella pubblicità commerciale dei quotidiani e una parità per i mensili (a perimetro omogeneo), il che ha portato il totale della stampa commerciale al +5,7% nel mese e alla conferma del segno positivo anche nel progressivo gennaio-settembre (+1%). I ricavi Internet si sono avvicinati ai 2 milioni di euro con una crescita in linea con il mercato di riferimento grazie al contributo crescente degli arricchimenti multimediali e dell’ edicola digitale. Il sito web di MF-Milano Finanza (fonte: Analytics) ha superato su base mensile la quota di 2 milioni di utenti unici (+3,2% rispetto al 2017), con 47,8 milioni di pagine viste (+9,8%). Per quanto riguarda gli eventi successivi al periodo gennaio-settembre, martedì 6 novembre a Shanghai la società ha firmato un ulteriore accordo con il China Economic Information Service di Xinhua News Agency, il principale gruppo multimediale cinese, controllato dallo stato, per lanciare congiuntamente la versione italiana della piattaforma Xinhua Silk Road, che può contare su tutti i vantaggi del network informativo di Xinhua News Agency per la raccolta e la diffusione delle informazioni riguardanti la nuova Via della Seta e sulla piattaforma informativa di Class Editori, riguardante le aziende italiane e l’ informazione finanziaria. Inoltre, la piattaforma fornirà servizi a tutto tondo che soddisfino le esigenze specifiche delle imprese cinesi e italiane. © Riproduzione riservata.
Editoria online con l’ Iva al 4%
Italia Oggi
FRANCO RICCA
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Adesso l’ Iva al 4% sull’ editoria online è legittima. È stata infatti pubblicata ieri, 14 novembre 2018, nella Guue serie L 286, ed entrerà in vigore il prossimo 4 dicembre, la direttiva Ue del Consiglio 2018/1713 del 6 novembre 2018, che autorizza gli stati membri a estendere l’ aliquota agevolata prevista per i prodotti editoriali su supporti fisici (cartacei o digitali) agli analoghi prodotti forniti per via elettronica. Cosa che in Italia (come in altri paesi «precursori») avviene già da un po’ di tempo, precisamente dal 1° gennaio 2015 per quanto riguarda i libri e dal 1° gennaio 2016 per giornali quotidiani e periodici. Poiché la direttiva Iva prevedeva la possibilità di assoggettare ad aliquota ridotta soltanto le cessioni di prodotti editoriali realizzati su supporti materiali, mentre escludeva espressamente dall’ agevolazione gli analoghi prodotti trasmessi per via elettronica, i quali, in quanto prestazioni di servizi forniti con mezzi elettronici, andavano tassati obbligatoriamente con l’ aliquota ordinaria, l’ estensione del trattamento di favore era in aperto contrasto con la normativa unionale, come statuito anche dalla Corte di giustizia nelle due sentenze di condanna per inadempimento a carico di Francia e Lussemburgo pronunciate il 5 marzo 2015. Osservavano i giudici che, da un lato, l’ allegato III alla direttiva, recante l’ elenco delle operazioni che possono essere assoggettate ad aliquota ridotta, menzionava al punto 6 la «fornitura di libri su qualsiasi tipo di supporto fisico»; dall’ altro, che l’ art. 98, par. 2, secondo comma, della direttiva, escludeva ogni possibilità di applicare un’ aliquota Iva ridotta ai «servizi forniti per via elettronica», tra cui rientra la fornitura di libri scaricati via web, come previsto dal regolamento Ue n. 282/2011. Nonostante questa pronuncia, con l’ art. 1, comma 667, della legge n. 190/2014 il legislatore nazionale ha dichiarato applicabile l’ aliquota del 4% anche alle pubblicazioni identificate mediante codice ISBN (ossia i libri) veicolate tramite messi elettronici; successivamente, la disposizione è stata integrata dalla legge n. 208/2015 al fine di estendere l’ agevolazione anche alle pubblicazioni elettroniche identificate da codice Issn. Queste iniziative, seppure in contrasto con il diritto unionale, trovavano conforto nell’ orientamento comune, recepito dalla Commissione europea, circa la necessità di ammettere le pubblicazioni fornite per via elettronica allo stesso trattamento preferenziale accordato a quelle su supporti fisici (esigenza, questa, riconosciuta nel frattempo anche dalla Corte di giustizia nella sentenza 13 ottobre 2017). Si è così arrivati all’ intesa che ha portato all’ adozione della direttiva pubblicata ieri, che sostituisce il citato punto 6 dell’ allegato III alla direttiva Iva al fine di ammettere all’ aliquota ridotta prevista per i prodotti editoriali forniti su supporti fisici anche i prodotti «forniti per via elettronica o in entrambi i formati», a esclusione delle pubblicazioni interamente o essenzialmente destinate alla pubblicità, come già previsto, nonché di quelle «consistenti interamente o essenzialmente in contenuto video o audio musicale». A quest’ ultimo riguardo, va evidenziato che la normativa nazionale accorda l’ agevolazione anche ai «supporti integrativi» (nastri, dischi, videocassette, cd-rom ecc.) ceduti assieme ai libri scolastici, universitari o per disabili visivi in unica confezione e a prezzo indistinto. La direttiva modifica inoltre l’ art. 99 della direttiva Iva, allo scopo di permettere agli stati membri che, come l’ Italia, al 1° gennaio 2017 applicavano aliquote inferiori alla soglia minima del 5% ai prodotti editoriali tradizionali, di applicare lo stesso trattamento all’ editoria online. Si deve infine ricordare che nulla cambia in ordine alla natura dei prodotti editoriali trasmessi online, che rimangono infatti classificati come prestazioni di servizi elettronici ai fini Iva, con la conseguenza che (I) non è applicabile il regime speciale previsto dall’ art. 74 del dpr 633/72 per l’ editoria tradizionale e che (II) i servizi forniti a soggetti extraUe, sia privati che imprese, non sono soggetti a Iva in Italia, mente lo sono quelli forniti a soggetti stabiliti in Italia. © Riproduzione riservata.
Su Telecom l’ ipotesi dello spezzatino e Mediaset sogna un gruppo tricolore
La Repubblica
SARA BENNEWITZ ETTORE LIVINI
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MILANO La guerra tra Elliott e Vivendi per la gestione della Telecom Italia, manda a tappeto le quotazioni del gruppo di telefonia, che in attesa del comitato nomine che oggi dovrà indicare il sostituto di Amos Genish, ieri ha perso il 3,2% a 0,52 euro. Gli esperti di Berstein, ad esempio, temono che la gestione degli esponenti del fondo americano, porti a uno spezzatino della società con il rischio di guadagni effimeri nel breve termine, ma di una perdita secca nel lungo periodo. Fatto sta che se Vivendi non è pronta a scendere a patti con nessuno dopo l’ imboscata di lunedì notte fatta al suo amministratore delegato, e quindi i consensi per il dopo Genish si orientano su Alfredo Altavilla, ex braccio destro di Sergio Marchionne in Fca, mentre Luigi Gubitosi parrebbe vincolato dai suoi impengi in Alitalia. Ma dato che Altavilla è il presidente del comitato nomine e remunerazione e non potrebbe votare la sua candidatura, dovrebbe quindi dimettersi, il comitato verrebbe integrato con un altro consigliere, se ne deduce che è il favorito per il ruolo di ad. Un pasticcio per la verità, questo del comitato nomine, come il cda convocato nella notte di lunedì per revocare la fiducia a Genish e quello chiamato per domenica pomeriggio per nominare il futuro ad. La grande fretta di questi consigli e dei successivi comitati per arrivare a un ricambio ai vertici, sarebbe dettata dalla necessità di arrivare al consiglio del 6 dicembre in cui si esaminerà il budget 2019, con una bozza del nuovo piano industriale da implementare e comunicare subito a inizio dell’ anno nuovo. E per fare un nuovo piano, con nuove priorità rispetto a quello detto DigiTim di Genish, che puntava sull’ offerta convergente di contenuti digitali, ci vuole un nuovo management. Anche per questo, lo stesso Altavilla sarebbe orientato a farsi affiancare da due direttori generali che conoscono bene le fragilità e le potenzialità di Telecom. Tra questi si scommette su Stefano De Angelis, ex numero uno di Tim Brasil e con un passato proprio in Fca, che dati i vent’ anni di esperienza nel gruppo di tlc potrebbe gestire sia l’ acquisizione della rivale carioca Nextel, sia la concorrenza domestica su fisso e mobile. Per lo stesso motivo si profila una promozione a direttore generale di Piergiorgio Peluso, direttore finanziario di Telecom dal 2012, e che da allora è il garante delle banche creditrici, degli investitori e degli obbligazioni. A tenere un faro acceso sulla partita Telecom c’ è anche Mediaset, che peraltro in queste ore ha anche le sue gatte da pelare. I titoli di Cologno hanno perso ieri in Borsa quasi il 7% per il timore che il rallentamento dell’ economia penalizzi la raccolta di spot in un periodo delicato come quello di Natale. Un consistente gruppo di analisti, non a caso, ha rivisto al ribasso le prospettive del gruppo e a rendere ancora più cupa la giornata c’ è stata la fatwa del presidente Fedele Confalonieri contro la Rai accusata di «svendere la sua merce con sconti del 90-95% sugli spazi pubblicitari». L’ esito della partita sulle tlc è destinato comunque a condizionare, in un modo o nell’ altro, il futuro del Biscione, non fosse altro perché Vivendi ha in portafoglio il 29% di Mediaset (con il 19% parcheggiato in un trust su ordine dell’ Agcom) mentre il 4 dicembre il tribunale di Milano discuterà di nuovo (probabile l’ ennesimo rinvio) la causa miliardaria per danni fatta dai Berlusconi contro i francesi dopo la rottura dell’ intesa su Premium. Il timore di Arcore è che un Bolloré costretto (per obbligo o per scelta) a disimpegnarsi da Telecom possa concentrare le sue attenzioni su Mediaset provando a continuare la sua scalata (anche se Fininvest ha il 40% del capitale). Dove ci sono problemi, però, ci sono anche le opportunità. E la speranza di Cologno è che lo spezzatino eventuale di Tim possa portare alla creazione di un gruppo italiano all’ incrocio tra media e tlc in cui Mediaset possa avere un ruolo importante. Un sogno antico per l’ ex-Cav che si potrebbe realizzare – per ironia della sorte – proprio sotto la regia del governo gialloverde. Il Biscione tra l’ altro sta negoziando da qualche mese un’ alleanza a tre con la tedesca ProSiebensat e la francese Tf1. Tutti gruppi che non hanno vissuto un anno proprio esaltante sul listino. L’ intesa è stata finora bloccata da questioni finanziarie (i concambi) e di governance (le poltrone). Ma la discesa in campo di Telecom o un attacco di Vivendi potrebbero accelerare le nozze. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Le radici della guerra ai giornali
La Stampa
LUCIA ANNUNZIATA
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Il bullismo dei Cinquestelle oggi non è nulla di nuovo. Il 21 aprile del 2015 il segretario del Pd nonché premier espulse dalla commissione Affari Costituzionali 10 deputati dello stesso Pd, fra cui Bindi, Cuperlo e Bersani, in disaccordo con lui sull’ Italicum, per sostituirli con dieci fedelissimi renziani. Un atto di cui tutti si scandalizzarono ma che lui rivendicò con un Facebook live da Palazzo Chigi: «Chi grida oggi allo scandalo perché alcuni deputati sono sostituiti in commissione dovrebbe ricordare che questo è non solo normale ma addirittura necessario se crediamo ai valori democratici del rispetto della maggioranza: si chiama democrazia. Può piacere o meno, ma dopo anni di immobilismo l’ Italia si è rimessa a correre. E noi ci siamo, pronti ad ascoltare tutti, ma senza farci fermare da nessuno». Significativo che la sostituzione fu unanimamente criticata da tutti i giornali oggi indicati dai Cinquestelle come media a loro ostili: «La Stampa» e «La Repubblica» in prima linea. Messaggini su WhatsApp dei leaders pentastellati celebrarono allora la libertà di stampa e congratulavano molti di noi. Tutto questo a riprova che in politica non ci sono innocenti. Dunque possiamo derubricare gli attacchi pentastellati ai media come la solita manfrina destinata a sgonfiarsi? Potremmo. Se non fosse che quello che oggi muove il M5S nei suoi attacchi ha radici profonde. È per certi versi il progetto fondativo del movimento. Nella testa di Gianroberto Casaleggio c’ era l’ idea che la politica futura sarebbe stata completamente sostituita dalla comunicazione, grazie al cambio tecnologico che porta alla decadenza del sistema stampa e tv, nonché dei partiti politici. Le nuove tecnologie avrebbero fornito un’ unica piattaforma di accesso a politica e informazione, con la conseguenza che lo scontro politico travasa tutto direttamente nella lotta mediatica. Distruggere dunque i media tradizionali, ha questo senso, è il vero percorso della rivoluzione politica moderna. Non a caso, i media «nemici» sono i maggiori gruppi del Paese. La minaccia di smembrare questi gruppi, non è dunque per nulla vana e per nulla impossibile da mettere in atto. Il conflitto di interessi è un tema serio e c’ è anche in Italia una legge (sia pur morbida) che regola il rapporto fra editoria e interessi economici. Il caso Berlusconi ha provato a essere estremo non perché la legge non ci fosse a regolarlo, ma perché estremi erano gli intrecci fra proprietà e politica. E del resto la opposizione ha fatto di questo intreccio ragione di battaglia. Ma i Cinquestelle non vogliono perfezionare la legge sul conflitto di interessi: per loro oggi i padroni dei media, in quanto sostituti dei partiti, sono diretti nemici da abbattere; e i loro giornalisti non sono dei professionisti con la loro capacità di gestire la loro libertà intellettuale, anche nel senso di essere capaci di dire sì o no, ma sono assimilabili a puri militanti di partito. Dunque senza ruolo e senza libertà. In questo senso, per i Cinquestelle smantellare l’ editoria, qui e ora, per legge, è una battaglia per il dominio politico del sistema. La pervasività di questo progetto è raccontata da una richiesta che avanzano Luigi di Maio e i suoi seguaci a tutti i giornalisti che vogliono provare la loro onestà: denunciare i colleghi collusi con i propri padroni. Una richiesta che fa paura, carica com’ è di memoria e di sporcizia. Quando si mette il popolo contro il popolo è il momento in cui la struttura sociale comincia a cedere. Questa rottura è la strada che i Cinquestelle hanno imboccato. La rivoluzione che vogliono. Noi giornalisti non siamo perfetti e gli editori ancora meno. Ma difenderci forse stavolta non è un atto corporativo. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.
«Mediaset attaccata dalla Rai: concorrenza sleale»
Libero
NINO SUNSERI
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Fedele Confalonieri presidente di Mediaset che accusa la Rai di fare dumping abbattendo i prezzi degli spot. Fabrizio Salini, direttore generale della tv di Stato che risponde dandogli del bugiardo. D’ improvviso l’ orologio dell’ etere torna indietro di trentacinque anni. Da una parte il rampante Silvio Berlusconi in cerca di spazio per la sua creatura sotto la protezione di Bettino Craxi. Dall’ altra Biagione Agnes, direttore generale della Rai che già dalla corporatura (era alto e grosso) offriva l’ immagine del potere eterno della Dc. Agli ordini di Ciriaco De Mita aveva il compito di difendere il monopolio Rai e le lottizzazioni sottostanti. Due titani in una battaglia conclusa con l’ apertura del mercato e l’ affermazione del Cavaliere. IL CAMBIAMENTO Le dichiarazioni rilasciate ieri da Confalonieri nel corso del convegno dell’ Agcom in Senato dimostrano che l’ orologio dell’ etere ha fatto un giro completo ed è tornato dov’ era partito. Il tono preoccupato lascia capire la fine completa di quel duopolio televisivo che ha governato il sistema a partire dalla discesa in campo del Cavaliere. Ma non c’ è solo la politica ad alterare il parametro. C’ è l’ affermazione di Sky, l’ irruzione di Netflix, la concorrenza di internet. Un mondo difficile da governare perché sono ormai troppi i concorrenti. Impossibile metterli d’ accordo. Troppi interessi. Cosi Fedele Confalonieri, perde un po’ del suo tradizionale aplomb per accusare la tv pubblica. «La Rai non può svendere la propria merce con sconti del 90-95 per cento, solo perché ha la riserva del canone. La pubblicità è contingentata, con questo comportamento l’ emittente pubblica butta via la merce» Un problema per il concorrente privato che vive di spot. Confalonieri chiede l’ intervento dell’ Agcom presente in forze al convegno avendolo organizzato: «Faccio appello all’ arbitro. Fatevi aiutare dalla Var se ritenete, ma intervenite». Fabrizio Salini, da un mesetto direttore generale Rai, ha la risposta obbligata: «La Rai non fa dumping». Nessuna concorrenza sleale. Tanto più che la tv pubblica deve rispettare il tetto sugli spot. Senza contare che «alcuni nostri canali non ospitano la pubblicità. Non facciamo inoltre pubblicità al betting, anzi promuoviamo campagne di sensibilizzazione. In Rai non c’ è nessuna pratica di dumping, anzi». Certo il nervosismo di Confalonieri è comprensibile. Mediaset ha smesso da tempo di essere una macchina da soldi. Martedì ha presentato conti al 30 settembre assai magri. Chiuderà l’ anno in maniera brillante solo grazie ai 500 milioni di utile legato alla cessione delle torri di trasmissione a F2i (uno dei fondi Cdp). Probabilmente darà il dividendo dopo un anno di interruzione. Ma sarà difficile ripetere il boom nel 2019 considerando che pezzi di patrimonio da vendere ce ne sono sempre di meno. La Borsa lo sa bene e infatti ieri il titolo Mediaset ha perso il 6,8%: la peggior blue chip di tutta Piazza Affari. E per la famiglia Berlusconi i dolori non si fermano qui. Ieri anche la Mondadori ha presentato un bilancio colorato di profondo rosso: disavanzo di 181 milioni a causa delle perdite (198 milioni) della filiale francese ora in via di dismissione. Brivido in Borsa anche se poi, guardando meglio si scopre che, al netto dello choc che viene da Parigi c’ è un piccolo utile di 15 milioni. Un buon risultato certamente. Briciole però rispetto ai tempi in cui (come nel 2004) Fininvest incassava più di mezzo miliardo di utili dalla sola Mediaset. Giorni indimenticabili di cui Fedele Confalonieri conserva la memoria. Almeno come modello di business: «La tv generalista – dice – è ancora il mezzo più forte checché se ne dica: la prova è che anche Google e Amazon fanno pubblicità sulla tv generalista». Per Confalonieri il problema continua ad essere la disparità di trattamento con i giganti del web. «Noi e Rai facciamo i bilanci e poi paghiamo le tasse; qui c’ è gente che non paga un accidente» e non ti fa «neanche sapere» quanto guadagna. REGOLE UGUALI PER TUTTI Senza contare che «per Google lavorano in 200 e nel nostro settore circa 26mila». Poi c’ è il sistema di norme: «Noi abbiamo tremila regole, se si vede un capezzolo si scatena il mondo; là c’ è la pedofilia, un utente su quattro cerca cose di sesso e nessuno dice niente: servono regole uguali per tutti». Un appello accorato che restituisce voce alle indiscrezioni che da mesi circolano in Borsa. Parlano della possibile vendita di Mediaset. Rumori che a Cologno continuano a smentire. Tuttavia non è detto che la cessione prenda le forme di un’ uscita di scena della famiglia. Più facile pensare ad una combinazione che consenta alla dinastia Berlusconi, almeno per un po’ di restare in partita. Da qui le voci dell’ alleanza con i francesi di Tf1 e i tedeschi di Prosiebensat. Forse quella combinazione europea di cui parla spesso Piersilvio. Biagione Agnes, scomparso sette anni fa, apparteneva ad un’ altra era geologica. riproduzione riservata.
L'articolo Rassegna Stampa del 15/11/2018 proviene da Editoria.tv.