Indice Articoli
La signora Giulia e i giornali
“Reintegrate i lavoratori”. L’ azienda perde la prima causa sui licenziamenti del 2017
I signori del cavo. Rupert Murdoch addio
Il piano segreto – Sky si butta sulla telefonia (per pagarsi anche la tv)
Radio 3, l’ inchiesta sul Sulcis vince il premio Europa
Dalla Coldiretti ai consigli sulla Rai la Isoardi diventa «ministra ombra»
La signora Giulia e i giornali
Corriere della Sera
BEPPE SEVERGNINI
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Dopo tanti anni di mestiere, ho imparato una cosa: i lettori riescono sempre a sorprenderci. Ieri ho ricevuto una lettera da Conegliano, provincia di Treviso. La mittente si chiama Giulia Perini e ha novantadue anni. Acquista sempre il Corriere della Sera e legge il nostro 7 dalla prima all’ ultima pagina. Glielo porta il vicino di casa, che di anni ne ha novantasette. Prima lo legge lui, poi lo legge lei. Se poi lo commentassero insieme, la faccenda varrebbe un premio Pulitzer. La signora Giulia ha messo nella busta un regalo: tre giornali. Il calcio e il ciclismo illustrato del 6 gennaio 1963, in copertina un gol dell’ Inter nel derby («… il sorriso felice di Di Giacomo e l’ atteggiamento prostrato di Cudicini», recita la simpatica didascalia). Calandrino con una scollatissima signorina in copertina, 25 settembre 1960. E il Fanfulla di domenica 20 ottobre 1878 (esattamente 140 anni fa: lady Giulia l’ ha fatto apposta). Pensavo: i lettori del Fanfulla, in quella lontanissima domenica, andavano a comprarsi il giornale; esattamente come avete fatto voi oggi (a meno che mi stiate leggendo in edizione digitale). Con una differenza: trovare un’ edicola aperta la domenica mattina è diventata una piccola impresa; spesso occorre attraversare la città o prendere l’ automobile. Il mondo è cambiato molte volte, dal 1878; la distribuzione dei giornali, non così tanto. Tutto arriva a domicilio, ormai: le provviste (Esselunga, Carrefour, Conad, Coop etc.), i pasti (Foodora, Deliveroo, Just Eat), i prodotti (Amazon), il cinema (Netflix), il calcio (Sky Sport). I giornali, no. Se escludiamo alcune lodevoli iniziative locali – «oresette» di Corriere e Gazzetta, attivo a Milano e provincia, Bergamo, Como e Roma – per leggere un quotidiano occorre uscire di casa e andarselo a comprare. Come nel 1878: né più, né meno. Ma ci sono le edizioni digitali!, state pensando. Certo: e saranno la salvezza del giornalismo, se sapremo convincervi che il nostro lavoro ha un valore ed essere informati è indispensabile. Ma gli abbonati digitali del futuro vorranno un servizio diverso, rinunciando alla gerarchia e al palinsesto degli attuali quotidiani (se avete figli sui vent’ anni, già lo sapete). I settimanali di carta, lontani parenti dei libri, sono oggetti romantici: resisteranno un po’ di più? Chiederò lumi alla signora Giulia, poi vi dico.
“Reintegrate i lavoratori”. L’ azienda perde la prima causa sui licenziamenti del 2017
Il Fatto Quotidiano
Marco Palombi
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Se non ci fossero in ballo le vite di qualche centinaio di persone sarebbe quasi una storia divertente e persino col parziale lieto fine di una sentenza che restituisce il posto a tre lavoratori (e per cui pare festeggiare solo il sindacato di base Usb) complicando un po’ la vita a un’ aziendona in fase di vorticose trasformazioni. La storia è questa. La multinazionale dei media nel 2017, mentre dichiara in Italia ricavi e utili in crescita, decide di licenziare circa 200 persone e trasferirne oltre 300 a Milano, quasi tutte da Roma: solo che non vorrebbe farlo una procedura collettiva coi sindacati, le leggi e altre rotture e allora consiglia caldamente, per così dire, ai suoi dipendenti di chiederlo loro il trasferimento, che non sia mai che uno poi finisce fra gli esuberi Effettivamente il consiglio funziona: a Sky (parliamo di Sky) nel 2017 – previo accordo dei soli giornalisti con l’ azienda e conseguente rottura del fronte sindacale – c’ è un’ epidemia di gente desiderosa di trasferirsi volontariamente in Lombardia. Alla fine, poi, arrivano gli esuberi e per quelli bisogna fare come dice la legge, in particolare la procedura per i licenziamenti collettivi prevista dal Jobs Act: la maggior parte si accorda e se ne va con qualche soldo in tasca, alcuni resistono. Pochi, però: un paio di dozzine di tecnici e 6 (sei) giornalisti. E qui la notizia. Il flipper impazzito del diritto del lavoro – terremotato dai governi degli ultimi due decenni, specialmente da Monti in poi – stavolta ha prodotto una cara vecchia sentenza di reintegro grazie al ricorso di tre lavoratori, i primi ad arrivare a sentenza dopo la ristrutturazione di Sky Italia. La giudice di Roma Giovanna Palmieri ha messo nero su bianco nella sua ordinanza che la multinazionale (ora di Comcast) ha violato la legge con una procedura discriminatoria nello scegliere chi licenziare e chi salvare: in sostanza, pur avendo aperto una procedura che riguardava l’ intero gruppo, Sky ha fatto in modo di cacciare solo i lavoratori di Roma (più facile e meno costoso che trasferirli) e lo ha fatto “forzando”, e di parecchio, i criteri stabiliti dalla legge. Il modo è semplice, persino un po’ ingenuo: il punteggio che decide la vita e la morte del dipendente è infatti il frutto di diverse variabili stabilite appunto dalla legge (anzianità di servizio, familiari a carico, eccetera), ebbene secondo Sky essere in carico alla sede di Milano valeva come un’ anzianità di servizio di quasi tre decenni o cinque carichi familiari, essere a Roma “zero”. E chi aveva già detto sì al passaggio da Roma a Milano? Semplice: è scomparso dalle graduatorie. La giudice Palmieri non ha potuto che prendere atto della discriminazione, in linea con un paio di sentenze della Cassazione, una recentissima: reintegro e diritto agli stipendi arretrati, dunque. Visti i numeri dei ricorrenti, non un grosso problema per Sky anche se dovesse perderli tutti, ma l’ ennesima battuta d’ arresto per un’ azienda in crisi psicologica tra manager che se ne vanno (e se ne andranno), il cambio di proprietà e la prospettiva di ulteriori tagli. “Sarebbe bello se questa sentenza fosse anche un segnale”, dice Carlo Guglielmi, il giuslavorista che – insieme a Pier Luigi Panici – ha difeso i tre lavoratori Sky: “Sarebbe bello, visto che in ballo ci sono altri ricorsi, altre vite, che si capisse che forse le battaglie è comunque meglio combatterle, anche quelle che sembrano perse. Mi piacerebbe che con questa sentenza qualcuno si svegliasse e parlo dei sindacati confederali e della Federazione nazionale della stampa: si rendano conto che qualcuno che resiste ancora c’ è e magari va aiutato e difeso”. Il lieto fine è, diciamo, temporaneo: Sky ha 30 giorni per fare opposizione e moltissimi mezzi per far sentire i tre “reintegrandi” ospiti indesiderati. È però sempre una piacevole scoperta scoprire che le esigenze del mercato e degli utili trovano ancora – ogni tanto, per qualche tempo – un argine nelle leggi della Repubblica fondata sul lavoro.
I signori del cavo. Rupert Murdoch addio
Il Fatto Quotidiano
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Sky Europa è cambiata tutta. Il fondatore Rupert Murdoch, che già aveva ceduto 21st Century Fox alla Disney, lo scorso settembre, ha perso il duello all’ asta di Londra per il controllo della quota di maggioranza della televisione a pagamento. Murdoch è stato battuto da Comcast della famiglia Roberts, che ha offerto una valorizzazione del 125% delle azioni di Sky con una spesa complessiva di circa 33 miliardi di euro. Murdoch s’ è poi disfatto anche del 39 per cento di Sky in mano a Fox per altri 13,5 miliardi di euro. Dunque Comcast è propietaria al cento per cento di Sky e così la famiglia Roberts – regina della tv via cavo negli Usa – può esordire in Europa con una dote di 23 milioni di clienti. Il mercato principale di Sky Europa è il Regno Unito, seguono l’ Italia e la Germania, ma l’ espansione prosegue in Spagna, Irlanda, Svizzera, Austria e, secondo i piani di Comcast, presto raggiungerà l’ Europa del Nord. In questo modo, la famiglia Roberts intende competere con Amazon e Netflix sommando la doppia attività di operatore telefonico e produttore e diffusore di contenuti. L’ amministratore delegato Brian Roberts sarà in Europa la seconda settimana di novembre, per la prima da capo di Sky. Al momento, ha confermato tutti i manager per il prossimo biennio.
Il piano segreto – Sky si butta sulla telefonia (per pagarsi anche la tv)
Il Fatto Quotidiano
Carlo Tecce
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Il calcio italiano è popolare, però non sazia. Il canale di musica classica è figo, però non sazia. La trasmissione di scienze è divulgativa, però non sazia. Non abbastanza. A Sky Italia – florida provincia di Sky Europa, appena conquistata dagli americani di Comcast a scapito del fondatore Rupert Murdoch -, vendere televisione a 4,8 milioni di italiani non basta più. Allora negli uffici di Rogoredo a Milano preparano la trasformazione aziendale: l’ anno prossimo – come dimostrano i documenti riservati consultati dal Fatto – Sky Italia diventerà anche un operatore telefonico. Il modello ricalca il proficuo esperimento di Sky Regno Unito, da Londra a Belfast. Il gruppo italiano, guidato dall’ amministratore delegato Andrea Zappia, studia da tempo un ingresso nel settore delle telecomunicazioni per diffondere i prodotti televisivi scavalcando l’ intermediazione di Fastweb & C. Così la multinazionale di Rogoredo può offrire contratti per la telefonia domestica, mobile con i cellulari a marchio Sky e Internet con la banda larga. Una ramificazione totale per includere nei servizi telefonici i contenuti dell’ odierna piattaforma satellitare e digitale: sport, cinema, documentari, serie tv. Ormai la parabola è vintage, il futuro, anzi il presente è la connessione a SkyQ e ai dispositivi elettronici. Zappia ha stretto spesso accordi commerciali con i maggiori operatori italiani (Vodafone, Fastweb, Telecom), ma il cliente è costretto a pagare due volte con incentivi variabili e disguidi frequenti. Col nuovo progetto Sky Italia sarà indipendente. Il cronoprogramma, consegnato ai dirigenti e pure a conoscenza delle Autorità di garanzia e controllo (Agcm, Agcom), prevede il lancio in primavera di una società collegata a Sky Italia che affitta frequenze da Vodafone e Telecom. Per soddisfare le imminenti richieste del gruppo di Zappia, Vodafone e Telecom hanno investito 2,4 miliardi di euro ciascuna – in un’ assegnazione da 6,5 miliardi di introiti per lo Stato – per strappare la banda più pregiata del 5G . L’ alleanza con Open Fiber, ratificata lo scorso marzo, era un primo segnale. Sky Europa resta negli Stati Uniti e comunque a gestione familiare. Il trasferimento dalla famiglia Murdoch alla famiglia Roberts è costato a Comcast 33 miliardi di euro all’ asta di Londra e altri 13,5 miliardi per il prelievo fino all’ ultima azione dello squalo Rupert, che a sua volta ha ceduto 21st Century Fox a Disney. Con circa 150 miliardi di euro di capitalizzazione in Borsa a New York e un fatturato di oltre 70 miliardi, Comcast è il più grosso fornitore di telefonia fissa e televisione via cavo degli Usa, ma il giro d’ affari si prosciuga inesorabilmente e perciò da anni il colosso di Filadelfia fa incetta di emittenti tv e produttori del cinema: Nbc Universal, la perla Universal Pictures, Dreamworks Animation. Roberts s’ è svenato con Sky – e rischia di sfiorare i 100 miliardi di dollari di debiti – per sbarcare in Europa con una dote di 23 milioni di clienti (14,4 miliardi di euro di ricavi) e competere su scala mondiale con Amazon e Netflix. Comcast ha comprato Sky Europa e la provincia di Sky Italia, persuaso dall’ ipotesi – concreta e già in lavorazione – di proporre abbonamenti alla televisione più pregiata e alla fibra ottica più veloce a 23 milioni di europei dislocati tra l’ Inghilterra, la Germania, la Spagna, l’ Irlanda e l’ Austria. La seconda settimana di novembre Brian Roberts, il capo di Comcast, sarà in visita in Europa fra Londra, Monaco e Milano. A Zappia ha l’ obbligo di chiedere a che punto è giunto con la missione definita Sky broadband launch. Sky Italia ha l’ ambizione di occupare – quasi in solitaria – il remunerativo mercato della televisione a pagamento, al momento annovera 4,8 milioni di abbonati e 2,8 miliardi di fatturato. Il prologo è andato in scena pochi mesi fa. Quando Sky Italia ha siglato la pace con gli ex nemici di Premium. Un innocuo scambio di film con Premium di Mediaset, durante la gara per i diritti tv della Serie A, ha estromesso gli spagnoli di Mediapro per disegnare l’ attuale scenario. Il Biscione è ritornato all’ antico con le televisioni generaliste e il sempiterno proposito di costituire un polo europeo; Premium ha smesso di generare perdite in bilancio perché non esiste più; l’ infrastruttura tecnica di Premium passerà a Sky, che ha l’ aspirazione di ereditare circa 1,8 milioni di utenti; i pasticcioni di Dazn – supportati da Zappia, scaltro a pre-acquistare abbonamenti – buttano 193 milioni di euro a stagione in Italia per reggere la messinscena. Antitrust e Agcom assistono alle mosse del mercato con gli occhi socchiusi e Sky Italia ha fretta di esordire da operatore telefonico per assorbire la spesa mostruosa di 1,115 miliardi di euro all’ anno per l’ esclusiva delle coppe europee di calcio e del 70 per cento del campionato italiano. Anche se i vigilanti non vigilano assai, Sky Italia deve affrontare le leggi. Nei dossier interni – che il Fatto ha esaminato – si ragiona su come importare in Italia il metodo già utilizzato e con profitto a Londra per blandire il governo, la politica e le Autorità. Il piano per i lobbisti di Sky Italia è preciso: “È fondamentale influenzare i regolatori – si legge nelle carte – prima che mettano mano al regolamento. È importante mantenere un fruttuoso e persistente dialogo, sia formale che informale, con le Autorità; quando il dibattito è già pubblico è troppo tardi”. E ancora: “Cercare alleati: è sempre meglio far parte di una coalizione o di un settore industriale, che essere una voce isolata”. In sostanza, parlare bene di Sky Italia e male dei concorrenti: “Necessità di elaborare una narrazione potente sulle piattaforme online e i giganti del tech: non regolati, potere eccessivo, vantaggi fiscali”. Finché Zappia non completa la missione Sky broadband launch, Sky-Tg24 rimarrà acceso, poi verrà stravolto. Il trasloco a Milano e i licenziamenti erano un assaggio. Quando il tg non sarà più utile alla causa – richiede decine di milioni di euro per lo 0,73% di share, ma sul digitale è un canale gratuito – verrà smantellato e ridimensionato. L’ epoca di Sarah Varetto sta per terminare e la collaborazione con Vodafone darà strumenti per ridurre il personale. Sky Italia ha spento Fox Sport all’ improvviso mandando a casa una trentina di giornalisti (molti ricollocati) nell’ indifferenza generale. Il silenzio dei partiti e del governo è prezioso. La politica va coccolata, come insegnano gli inglesi. Per lusingare i politici appassionati di pallone, negli studi di Roma, a Montecitorio, di fronte alla Camera, Sky organizza per i deputati e i senatori la visione delle partite di Champions League: schermi ad alta definizione, comode poltroncine, cena raffinata, bevande di classe, incontri col mondo Sky. Si comincia mercoledì con il Psg di Buffon e il Napoli di Ancelotti. Buon divertimento.
Radio 3, l’ inchiesta sul Sulcis vince il premio Europa
Il Fatto Quotidiano
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Il documentario The Upside Down – Il Sottosopra presentato e prodotto da Rai Radio3 ha vinto il Prix Europa assegnato ieri a Berlino. Si tratta della maggiore competizione europea per tv, radio, web. Non era mai accaduto, nei 31 anni del Premio, a un programma della radio pubblica. Il Sottosopra aveva già ottenuto un premio importante a Capri, il Prix Italia. In Italia non c’ è una grande produzione di documentari radiofonici, però il lavoro di Radio3 ha battuto la concorrenza internazionale. Il Sottosopra, scritto da di Giuseppe Casu e Gianluca Stazi, coprodotto con Tratti Documentari e la collaborazione dei minatori del Sulcis-Iglesiente, è un viaggio sonoro nelle miniere della Sardegna, accompagnato da chi ha vissuto quei luoghi. Nelle 5 puntate, andate in onda durante il programma Tre Soldi, sono protagonisti i suoni e le parole della miniera. “Sperimentare tecnologie avanzate di produzione e nuove piattaforme di diffusione sta aiutando la radio a rinnovare e rafforzare la sua presenza mediatica e sociale”, ha detto il direttore di Radio3 Marino Sinibaldi.
Dalla Coldiretti ai consigli sulla Rai la Isoardi diventa «ministra ombra»
Il Giornale
Paolo Bracalini
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Milano Su Rai e prodotti tipici italiani Elisa Isoardi può fornire consigli utili al compagno vicepremier. Salvini presenzia ai villaggi Coldiretti e appoggia le rimostranze degli agricoltori contro le fragole dell’ Egitto, il riso birmano e le banane dell’ Ecuador, la Isoardi fa altrettanto come presentatrice degli eventi della stessa associazione. A Cernobbio la coppia si è incrociata al Forum della Coldiretti appunto, lui come ministro difensore dal made in Italy («L’ Europa ci riempie tavole e negozi di schifezze che arrivano dall’ altra parte del mondo, grano al glifosato, carne agli ormoni…»), lei come madrina dell’ iniziativa «Eat original – Scegli l’ origine», sposata con entusiasmo dalla showgirl Rai, salviniana di origine controllata sul fronte agricolo: «Un altro importante passo in avanti per la trasparenza a difesa di tutti i consumatori italiani ed europei. Ringrazio il presidente di Coldiretti per aver apprezzato la mia completa dedizione alla causa». Prima i prodotti italiani, uno slogan di casa a casa Salvini-Isoardi. Che sia lei, la conduttrice della Prova del cuoco, il vero ministro ombra dell’ Agricoltura? Certo l’ evoluzione alimentare del leader leghista, dalle salamelle alle specialità culinarie italiane, ha trovato nella Isoardi la compagna perfetta, anche se lei si lamenta che, fosse per lui, «mangerebbe sempre cacio e pepe o gricia». Gli spostamenti del leader leghista diventano tour gastronomici, come quest’ estate quando nel foggiano per inaugurare una nuova sezione del partito Salvini e Isoardi si sono trasformati in testimonial per una pescheria locale. Sul loro rapporto il ministro è piuttosto riservato, assicurano i suoi, l’ influenza se c’ è si manifesta solo nel privato. Tranne casi isolati, non sulle politiche agricole, ma sulle nomine in Rai, altro tema che la Isoardi conosce bene. In una riunione tra grillini e leghisti per mettere giù un po’ di nomine per le direzioni di Viale Mazzini, presente anche Metteo Salvini, ad un certo punto sarebbe partita la domanda «Chi suggerisci tu Elisa?», presente appunto la Isoardi. Che avrebbe suggerito qualche nome – raccontò la Stampa -, un famoso giornalista di Raiuno per la direzione di una rete, mentre per quella di un tg – avrebbe avallato come «ottima» la scelta di Alberto Matano sostenuto dal M5S. Anche nell’ idea iniziale di puntare per la presidenza Rai su Fabrizio Del Noce si è voluto riconoscere l’ impronta della Isoardi, essendo Del Noce il suo mentore in Rai («Elisa è rimasta un’ amica leale ma si tiene fuori da tutto questo, l’ ho consigliata anch’ io di farlo» dirà invece Del Noce, poi bloccato nella corsa dal veto del M5s in quanto ex berlusconiano). Che sia sull’ ortofrutta o sulla Rai il ministro comunque un consiglio può sempre trovarlo. Quantomeno sulla dieta.
L'articolo Rassegna Stampa del 21/10/2018 proviene da Editoria.tv.