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Rassegna Stampa del 17/10/2018

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Indice Articoli

Tg1, due donne (in quota M5S) per la direzione

La signora Jobs a Firenze con il «Quotidiano in classe»

Il governo è in cerca di risorse e azzera il fondo delle tv locali: addio a 100 milioni

Ciancio, la Fnsi: “Preoccupazione per le sue testate”

Rai, rush sulle nomine. La Sciarelli verso il Tg1

Editoria, tanto tuonò che piovve

Powell Jobs inaugura il Quotidiano in classe

Berlusconi raduna i dirigenti: accordo su Premium

La Sky di Comcast già a caccia di prede in Est e Nord Europa

Mediaset punta sui danni contro Vivendi

Tria: Rai sana, niente tagli nel 2019 e nel 2020

Mr Tod’ s smentisce la vendita delle sue aziende: «ca…ate»

Le fiction Rai volano Biscione in crisi

Mondadori, al via i nuovi Donna Moderna e Tu Style

Rai, niente tagli né aggiunte

Chessidice in viale dell’ Editoria

Foa ” celebra” la Shoah, sbaglia data e irrita i suoi fan

Slitta ancora l’ accordo sulla Rai La Lega in pressing per il Tg1

Laurene Powell Jobs ospite dell’ Osservatorio Permanente Giovani-Editori

Gruppo Mondadori rinnova i femminili Donna Moderna e Tu Style

Tg1, due donne (in quota M5S) per la direzione

Corriere della Sera
Paolo Conti
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Per la prima volta nella storia del totonomine Rai le ipotesi per la nuova direzione del Tg1 sono tutte al femminile. Le due candidate forti sono entrambe in quota M5S, comunque con la Lega a favore: Federica Sciarelli, volto legato alla trasmissione-cult Chi l’ ha visto?, e Giuseppina Paterniti, vicedirettrice della Tgr con una lunga esperienza come corrispondente Rai da Strasburgo e Bruxelles. Una prima direzione Tg1 «al femminile» segnerebbe una cesura con una Rai che il governo Conte vuole cambiare. Ma nel complesso gioco di incastri c’ è Gennaro Sangiuliano, vicedirettore del Tg1 dal 2009 ed ex inviato su fronti difficili come Bosnia e Afghanistan, che la Lega vorrebbe proprio al Tg1. Se la spuntasse l’ ipotesi M5S-donna, Sangiuliano dirigerebbe il Tg2. Rai1 andrebbe a Marcello Ciannamea (Lega, per compensare il Tg1) e Rai2 o a Carlo Freccero o a Maria Pia Ammirati, in quota M5S. La Lega non cede sulla Tgr già affidata ad interim ad Alessandro Casarin, che così non si muoverebbe. Francesco Piccinini, area M5S, potrebbe dirigere un rinnovato rainews.it, però ancora sotto Rainews dove non è scontato il rinnovo di Antonio Di Bella perché quel posto potrebbe servire a far quadrare il mosaico Lega-M5S. Intanto è polemica su un tweet di ieri del presidente Rai, Marcello Foa, da Israele dove è in viaggio: «Domani parteciperò a Gerusalemme alle celebrazioni per il 65esimo anniversario del rastrellamento del ghetto di Roma, poi conferenza all’ Istituto italiano di cultura». Polemizza Michele Anzaldi, Pd: «Foa che scambia il ricordo del rastrellamento nel ghetto di Roma per una celebrazione e sbaglia pure la data?» (è il 75° anniversario, ndr).

La signora Jobs a Firenze con il «Quotidiano in classe»

Corriere della Sera
Alessio Ribaudo
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Sarà Laurene Powell Jobs – presidente di Emerson Collective e vedova di Steve, il guru di Apple – la «madrina» d’ eccezione che inaugurerà, il 9 novembre a Firenze, la diciannovesima edizione del «Quotidiano in classe». Il progetto – ideato da Andrea Ceccherini, presidente dell’ Osservatorio permanente giovani-editori (Opge) – consente ai ragazzi delle scuole secondarie superiori, una volta alla settimana e lungo l’ intero anno scolastico, di confrontare alcuni quotidiani di qualità per vedere le diverse angolature che i media hanno sui grandi avvenimenti che accadono nel mondo. In questo modo, l’ iniziativa vuole fornire ai giovani una bussola per non perdere la rotta in un mondo sempre più inquinato da post verità e bufale, insegnando loro a riconoscere l’ attendibilità di una notizia e sviluppare lo spirito critico. Una vera e propria lezione di educazione civica in chiave moderna attraverso un percorso che utilizza anche strumenti digitali per introdurre sempre di più i giovani nell’ era contemporanea. Tematiche care anche a Laurene Powell Jobs che ha fondato l’ organizzazione filantropica Emerson Collective che promuove e sostiene l’ istruzione, le imprese sociali e l’ editoria, come volano della democrazia. Nel 2017, per esempio, ha acquisito la maggioranza della società che edita The Atlantic. Lo storico magazine, fondato nel 1857, su cui hanno scritto pure presidenti come Theodore Roosevelt, Woodrow Wilson e John Fitzgerald Kennedy. Per questo, l’ appuntamento con la 58esima persona più ricca al mondo, per la classifica stilata da Forbes, sarà una prova importante per i mille studenti provenienti da tutta Italia che avranno la possibilità di dialogare con Powell Jobs nell’ ambito dei «Nuovi incontri per il futuro». Un ciclo di appuntamenti che, negli ultimi anni, ha assunto un respiro sempre più internazionale e ha consentito agli studenti di confrontarsi da pari a pari con alcuni dei più importanti manager dell’ economia mondiale: da Tim Cook (amministratore delegato di Apple) a Jan Koum (co-fondatore di WhatsApp) passando per Eric Schmidt (già presidente prima di Google e poi di Alphabet) e James Murdoch (amministratore delegato di 21st Century Fox).

Il governo è in cerca di risorse e azzera il fondo delle tv locali: addio a 100 milioni

Il Fatto Quotidiano
Gianluca Roselli
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Nel 2019 il governo non darà più soldi alle tv locali, mentre le risorse per la Rai nel prossimo biennio ammonteranno a 1,75 miliardi. Parola del ministro dell’ Economia, Giovanni Tria, sentito ieri in commissione di Vigilanza Rai. Discutendo dei conti della tv pubblica – notevolmente migliorati dopo l’ introduzione nel 2016 del canone in bolletta (che resterà) – si è toccato il capitolo extra-gettito, ovvero la somma incassata in più con il nuovo sistema. Un tesoretto di circa 380 milioni nel 2016 e di circa 180 milioni nel 2017 e, presumibilmente, per il 2018. Finora quei soldi sono stati divisi così: il 50% alla Rai e l’ altro 50% per aumentare le esenzioni e, soprattutto, per finanziare il fondo alle piccole tv. Parliamo di circa 100 milioni annui. Ora, secondo Tria, quei soldi non saranno più destinati alle emittenti minori ma finiranno nel bilancio generale dello Stato. “Nel 2019 i fondi torneranno allo Stato, poi si vedrà”, ha detto il ministro in Vigilanza. Insomma, serviranno a sostenere in parte i costi della manovra gialloverde. Il problema, però, sarà la sopravvivenza di tante tv locali, che già prima stavano in piedi tra mille difficoltà: circa 600 canali televisivi che nel 2017 hanno visto la riforma della disciplina dei fondi, assegnati in base al numero di dipendenti e telespettatori, non senza polemiche da parte delle emittenti delle regioni meno popolose. Una riforma che però ha cercato di garantire il pluralismo dell’ informazione e la libertà degli editori puri. Ora, però, tutto questo rischia di non esserci più: la decisione è destinata a scatenare proteste, non solo perché arriva dopo i tagli all’ editoria. Anche la Lega, adesso, dovrà spiegarla alle tante tv del territorio che ha sempre difeso.

Ciancio, la Fnsi: “Preoccupazione per le sue testate”

Il Fatto Quotidiano

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La Giunta nazionale della Federazione Nazionale della Stampa (Fnsi) e la Consulta delle Associazioni regionali di stampa esprimono “preoccupazione per la vicenda delle testate giornalistiche del gruppo Domenico Sanfilippo editore, il quotidiano La Sicilia e La Gazzetta del Mezzogiorno e le emittenti televisive, coinvolte nel sequestro e confisca dei beni all’ editore Mario Ciancio Sanfilippo”. Nei confronti di Ciancio, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, il Tribunale di Catania su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia ha sequestrato 150 milioni di euro: un provvedimento che riguarda 31 società, le quote di partecipazione di sette ditte, conti correnti, polizze assicurative e beni immobili. “Le vicende giudiziarie di Ciancio – è scritto in una nota delle associazioni della stampa – vanno tenute distinte dalla prospettiva professionale dei giornalisti delle sue testate”. La Giunta Fnsi “rinnova all’ autorità giudiziaria e agli amministratori delle aziende di tenere presente la specificità dell’ impresa giornalistica e la necessità di una interlocuzione con gli organismi rappresentativi dei giornalisti, nell’ ottica di un rilancio delle testate e della salvaguardia dell’ occupazione”.

Rai, rush sulle nomine. La Sciarelli verso il Tg1

Il Giornale
Pier Francesco Borgia
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Pier Francesco Borgia Roma Entro venerdì si dovrebbe concludere il lungo e tormentato toto-nomine. Per allora, infatti, la Rai potrebbe avere i nuovi direttori delle testate giornalistiche e delle sue reti. Anche se la scelta dovrebbe chiudersi già domani per dare al Cda il tempo di vagliare i curriculum dei giornalisti scelti. A chiedere tempi certi e soprattutto stretti è l’ ad Fabrizio Salini che ha intenzione di dedicarsi ad altre priorità, come lo sviluppo del digitale e dell’ area web. Per quanto riguarda la poltrona del direttore del telegiornale della rete ammiraglia si fa sempre più insistente la voce che vuole Federica Sciarelli prendere il posto di Andrea Montanari. Sarebbe un nome sul quale potrebbero convergere Lega e Cinque Stelle (pare che Salvini sia un appassionato spettatore del programma Chi l’ ha visto). In verità il Tg1 dovrebbe andare a Giuseppina Paterni. È lei il nome proposto dai grillini. Già corrispondente da Bruxelles, la Paterniti ha un passato nel sindacato interno, cosa questa mal digerita dalla Lega che, però, come contropartita otterrebbe di affidare la direzione del Tg2 a Luciano Ghelfi. A premere è anche il Pd, intento a difendere senza risparmiare alcun mezzo il direttore del Tg3 Luca Mazzà, che i grillini però vorrebbero spostare alla direzione del Giornale radio. Resiste anche il nome di Gennaro Sangiuliano. È lui il cavallo su cui continua a puntare Salvini. L’ unico, Sangiuliano, ad avere le carte in regola per dirigere qualsiasi tg, dicono quelli del Carroccio. Tanto che non si esclude che possa spuntarla sulla Paterniti o, in subordine, possa arrivare alla TgR (telegiornale regionale), che i leghisti tengono in gran conto. Per quanto riguarda le reti, sono buone le quotazioni di Marcello Ciannamea come sostituto di Angelo Teodoli alla guida della rete ammiraglia di Viale Mazzini, mentre in corsa per la seconda rete resterebbero il «veterano» Carlo Freccero e Maria Pia Ammirati. Se dovesse saltare la nomina al Tg1, per la Sciarelli sarebbe poi pronta la guida della terza rete Rai. Intanto ad alimentare il dibattito politico sulla Rai interviene anche un maldestro tweet del nuovo presidente Marcello Foa, in missione a Gerusalemme. Il tweet con il quale il presidente della Rai ricorda il 16 ottobre del ’43 finisce nel mirino del Pd. «Sono – aveva scritto Foa su Twitter – a Gerusalemme alle celebrazioni per il 65esimo anniversario del rastrellamento del Ghetto di Roma». Il Pd, per voce del capogruppo in Commissione Esteri, Lia Quartapelle, rimprovera a Foa l’ uso di quel «celebrare», poco opportuno visto che si parla di una pagina tra le più tragiche della nostra Storia. «Davvero pensa il presidente Foa che il 16 Ottobre sia da celebrare?»

Editoria, tanto tuonò che piovve

Il Manifesto

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«Tanto tuonò che piovve», frase attribuita persino a Socrate, ben si attaglia alla triste storia del fondo per il pluralismo e l’ innovazione dell’ informazione. Se ne è parlato tante volte su il manifesto, da ultimo con l’ esauriente articolo a firma Matteo Bartocci dello scorso venerdì 12 ottobre. Tuonava, ma ora piove davvero. Con fulmini ben mirati. La novità è duplice. Da un lato in una delle proposte della legge di bilancio si parla del graduale azzeramento del fondo; dall’ altro il ministro dell’ economia Tria ha annunciato, nel corso dell’ audizione presso la commissione parlamentare di vigilanza, l’ abolizione del cosiddetto extragettito del canone rai, circa 100 milioni di euro tra giornali, radio e televisioni locali. La somma è zero, più o meno. L’ ammontare delle risorse che vanno alle testate non raggiunge, infatti, i sessanta milioni. Altro che gradualità. Il combinato disposto, come dicono i giuristi, potrebbe suonare da campanello d’ allarme per prestiti e fidi bancari, essendo gli istituti di credito as sai spicci nel dare -avere. La compagine di palazzo Chigi, cui una parte della sinistra ha voluto guardare magari con simpatia, sta riuscendo dove neppure Berlusconi e Tremonti: far chiudere una bella fetta della comunicazione italiana, con effetti drammatici sull’ occupazione e sull’ intera filiera: dai centri stampa, alla distribuzione, alle edicole. Già si legge pochissimo, ci racconta il Censis. Che accadrà? Si abroga la cultura? Del resto, una platea di cittadini sudditi e ignoranti è ciò che sembra stare a cuore agli attuali potenti. Avvezzi a rompere le stratificazioni intermedie per valorizzare il rapporto diretto tra un gruppo di ottimati e la folla (né classi, né popolo, bensì social -corpi), gli odierni leader hanno fastidio per le voci libere: critiche o anche solo non osannanti. Anni fa, in un’ indimenticabile serata dedicata alla Costituzione, l’ ex presidente Scalfa ro – in bellissimo dialogo con Pietro Ingrao – fece una puntualizzazione storica che ora torna di attualità. Disse che tanti come lui, conservatori e borghesi, non si accorsero subito dell’ avvento del fascismo. La scossa del risveglio furono la promulgazione delle leggi razziali e la soppressione della libertà di espressione. Il decreto di Salvini e la repressione dei migranti forse non sono ancora razzismo, ma ci si avvicinano e lo evocano. Le contumelie e le minacce contro giornalisti e programmi non allineati hanno creato un clima pesante in settori in cui la prevalenza del precariato senza tutele offre il fianco alle censure e alle auto -censure. E’ questo che si vuole? E’ mai possibile che in una transizione prepotente e rischiosa dall’ età analogica al mondo digitale non si pensi ad una strategia adeguata e si prendano -invece- le briciole da un fondo ormai bonificato nei criteri di erogazione e ridotto a ben poco nell’ entità? Ecco, il buongiorno si vede dal mattino, come dice un’ altra massima eterna. E la qualità del diritto all’ informazione è un sintomo chiaro dello stato delle cose. Quindi, la proposta uscita dal consiglio dei ministri ci racconta un pezzo di verità sulla natura profonda della compagine di maggioranza. Facile prendersela con i soggetti deboli e non supportati dal mercato. Meno agevole è aprire uno scontro serio con gli oligarchi della rete, che hanno in pugno i dati e le identità di una cospicua fetta di umanità. E che pagano meno tasse, in proporzione, di un piccolo esercizio commerciale. Da lì, senza inventarsi niente, arriverebbe -senza pesare sui semplici cittadini- un fondo per l’ editoria alla n potenza.

Powell Jobs inaugura il Quotidiano in classe

Il Sole 24 Ore

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Dopo il presidente di Google Eric Schmidt, il fondatore di WhatsApp Jan Koum, il ceo della Twenty Century Fox James Murdoch e il ceo di Apple Tim Cook, Laurene Powell Jobs, fondatrice e presidente di Emerson Collective, ha accettato l’ invito di Andrea Ceccherini ad inaugurare l’ edizione 2018/2019 del progetto di media-literacy dell’ Osservatorio permanente giovani – Editori e sarà a Firenze il prossimo 9 novembre per parlare con gli studenti coinvolti nel progetto Il quotidiano in classe. Da presidente della Emerson Collective, la moglie del fondatore della Apple Steve Jobs oggi gestisce una delle organizzazioni più attive nel comparto sociale, incentrata sull’ eliminazione delle barriere alla giustizia per le persone, le famiglie e le comunità negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Dialogherà con gli studenti italiani in occasione dell’ inaugurazione della nuova edizione del progetto Il quotidiano in classe, l’ iniziativa di media-literacy dell’ Osservatorio permanente giovani – Editori. Laurene Powell Jobs interverrà nell’ ambito di «Nuovi Incontri per il Futuro», ciclo di appuntamenti pubblici dell’ Osservatorio che da diversi anni riunisce e raccoglie i grandi leader del mondo dell’ hi-tech della Silicon Valley e non solo. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Berlusconi raduna i dirigenti: accordo su Premium

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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La parola definitiva Pier Silvio Berlusconi l’ ha detta lunedì, nel corso di una riunione convocata ad hoc con la sua prima linea. A quanto ricostruito dal Sole 24 Ore, parlando con i suoi più stretti collaboratori il vicepresidente e amministratore delegato di Mediaset ha dato ufficialità all’ intenzione di esercitare l’ opzione di cessione a Sky della società R2: la cessione della “piattaforma” su cui gira Premium. Come anticipato sul Sole 24 Ore di venerdì scorso, la finestra per l’ opzione si apre l’ 1 novembre e l’ intenzione di Mediaset sarebbe di esercitarla subito o comunque nei primi giorni del mese. «Ultima tappa, missione compiuta» ha esordito Pier Silvio Berlusconi davanti ai suoi collaboratori. La cessione della R2 controllata al 100% da Mediaset, avrebbe spiegato l’ ad ai suoi, va inquadrata come l’ ultima tappa di un processo che ha visto il cambiamento radicale dell’ assetto di Premium, nel solco di quella digital transformation della pay tv annunciata nel piano “Mediaset 2020” di Londra, necessario «dopo il dannosissimo voltafaccia di Vivendi». In effetti, Premium nel 2016 era stata ceduta al 100% e inserita nell’ orbita di Vivendi-Telecom. Ma dopo la rottura a sorpresa, Mediaset ha dovuto correre ai ripari in emergenza lanciando a Londra il progetto “light pay tv” con la possibilità di rinunciare al calcio. Cosa diventata realtà dopo la conquista da parte di Sky dei diritti per la Champions ed Europa League per il triennio 2018-2021 e, ancora di più, dopo l’ asta dei diritti per la Serie A con condizioni giudicate da Cologno troppo dure. Risultato: la fuga dal calcio pay per Mediaset è diventata realtà ed è iniziato il “reshaping” della pay tv. Durante la riunione l’ ad di Mediaset sarebbe poi stato didascalico anche con i suoi collaboratori nel ripetere il perimetro in cui ci si muove, con una vendita che non riguarda Premium, ma l’ infrastruttura su cui poggia il tutto. Mediaset, insomma, resta editore dei canali cinema e serie a pagamento visibili su tutte le piattaforme e continuerà ad avere la titolarità degli abbonati. Quello di cui il Biscione non si occuperà più è la parte gestionale. Il tutto all’ interno di un accordo complessivo, siglatoil 30 marzo, con vantaggi per Mediaset come per Sky. I canali di cinema e serie Premium sono diventati visibili sulla piattaforma Sky e i canali free di Mediaset lo diventeranno da gennaio 2019 (Canale 5 lo è già). Il che significa più prodotto per gli abbonati Sky e maggiore audience per Cologno oltre ai benefici economici (impatto positivo sull’ Ebit per 60-70 milioni l’ anno). Sky, dal canto suo, ha potuto lanciare la sua offerta sul digitale terrestre e con un reverse outsourcing agreement passerà a ospitare l’ offerta pay di Premium dopo il closing. Conditio sine qua non è comunque l’ ok incondizionato dell’ Antitrust. E il passaggio è variabile sicuramente delicata. L’ ad Mediaset con i suoi ha intanto parlato di «un’ operazione virtuosa» con effetti positivi sul bilancio consolidato di Mediaset «senza impatti né sull’ occupazione né sui nostri abbonati». In questo modo «l’ area Premium chiuderà il 2018 con risultati molto migliori del previsto». Raggiungendo «già nel 2019 l’ equilibrio definitivo promesso al mercato per il 2020». Il che, dalle parole dell’ ad Mediaset, sembrerebbe voler dire il tanto atteso break even. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

La Sky di Comcast già a caccia di prede in Est e Nord Europa

Il Sole 24 Ore
Antonella Olivieri
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Il nuovo corso a Sky è iniziato all’ insegna della continuità. Comcast ha appena ricevuto la girata delle azioni di Rupert Murdoch (un pacchetto che vale il 39% del capitale), ma già nella settimana che inizia il 5 novembre è attesa la visita di Brian Roberts, ceo e azionista di riferimento dell’ operatore Usa. Roberts farà tappa a Londra, Monaco e Milano per prendere contatto con le province europee dell’ impero appena conquistato a suon di miliardi, mercati che Comcast – finora concentrata negli Usa – non conosce. Tant’ è che, pragmaticamente, Roberts ha deciso di confermare la fiducia all’ attuale management guidato da Jeremy Tarroch per il prossimo biennio. Anche perchè gli americani sono convinti che l’ elevato prezzo pagato per rilevare Sky (17,28 sterline per azione, circa 30 miliardi di valorizzazione cmplessiva) sia giustificato alla luce del piano triennale già in corso. Ma il cambio di proprietà è già stato sottolineato da una serie di iniziative. La prima – che può sembrare banale – riguarda la modifica del calendario di bilancio. A giorni Sky pubblicherà il resoconto dell’ esercizio chiuso a giugno che, in tutti i sensi, sarà l’ ultimo dell’ era Murdoch. L’ esercizio in corso, infatti, durerà solo sei mesi per allineare le scadenze con quelle della capogruppo americana. Un passaggio non solo simbolico perchè Comcast, che già oggi controlla il 75% di Sky Europe, si è posta l’ obiettivo del delisting del titolo a Londra. A operazione completata, l’ unico modo di puntare sulle pay-tv europee sarà quello di investire nelle azioni del gruppo quotato a Wall Street che capitalizza più di 160 miliardi di dollari. Nato come operatore via cavo, Comcast si è poi espansa progressivamente nei contenuti. Da qualche anno ha la proprietà del network televisivo Usa Nbc, ha poi la casa di produzione cinematografica Universal Pictures e parchi a tema come gli Universal Studios di Los Angeles. Il modello di business di Sky, cnetrato sulla pay-tv, è dunque una novità per il gruppo americano. Una novità che porta in dote però 23 milioni di abbonati dislocati sui tre mercati principali – Uk, Germania e Italia – cui si aggiungono Irlanda, Austria e Spagna, per ora su scala minore. Comcast sta già ragionando su come ampliare la copertura geografica nel Vecchio Continente e ha già individuato Scandinavia e Europa dell’ Est come aree prioritarie in cui mettere a segno nuove acquisizioni. Per quanto riguarda l’ Italia il perimetro invece è in sostanza definito. Sky Italia (4,8 milioni di abbonati e 2,6 miliardi di sterline di ricavi nell’ ultimo esercizio sui 13,5 miliardi di ricavi complessivi del gruppo Sky) distribuisce principalmente via satellite, cui si è aggiunto il canale Internet tramite gli accordi con gli operatori telefonici Fastweb, Vodafone e Telecom Italia (con quest’ ultima è ancora pendente un contenzioso per i termini contrattuali). E, tramite l’ accordo con Mediaset, è entrata recentemente anche nel digitale terrestre. Il mese prossimo, dal 1° al 30 novembre, il Biscione avrà la possibilità di esercitare l’ opzione put per cedere a Sky Italia l’ infrastruttura di Premium (che significa, per esempio, sistema tecnologico e fatturazione), tenendo per sè la parte editoriale, in un’ operazione che si concretizzerà in sostanza con un trasferimento di costi e il passaggio sotto le nuove insegne di circa 130 dipendenti. Sky, come del resto la stessa Mediaset, avrà però la facoltà di recedere dal contratto se l’ Antitrust dovesse porre condizioni troppo onerose per autorizzare l’ operazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Mediaset punta sui danni contro Vivendi

Il Sole 24 Ore
A.Ol.
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Mediaset rinuncia a chiedere a Vivendi l’ esecuzione del contratto su Premium. Come era ovvio, del resto, dopo che questa primavera, a due anni dall’ accordo disatteso con i francesi, il Biscione ha deciso di risolvere la questione della pay-tv con uno scambio di contenuti e la cessione della piattaforma infrastrutturale a Sky. Nelle memorie depositate quest’ estate per la causa in corso con Vivendi, i legali di Mediaset hanno di fatto aggiornato le rivendicazioni, alla luce delle risoluzioni aziendali, soprassedendo sulla prima richiesta – che era appunto l’ esecuzione del contratto – e passando direttamente alla pretesa di risarcimento danni che, insieme con quella di Fininvest, arriverebbe intorno ai 3 miliardi. I rapporti con Vivendi restano relegati perciò al piano del contenzioso, dopo i tentativi andati a vuoto di riformulare un’ intesa che coinvolgesse anche Telecom. Non avrebbe prodotto risultati neanche l’ ultimo tentativo di mediazione a opera di Tarak Ben Ammar che era stato il sensale dell’ accordo definito nel contratto dell’ 8 aprile 2016 che, oltre al passaggio di Premium a Vivendi, prevedeva uno scambio azionario del 3,5% tra i due gruppi. L’ udienza al Tribunale civile di Milano, che doveva tenersi il 23 ottobre, è slittata al 4 dicembre (ore 12.15) per concedere più tempo al giudice Daniela Marconi, che è subentrata al collega Vincenzo Perozziello, ritiratosi in pensione. La causa è seguita per Mediaset dallo studio Mariconda e per Vivendi da Giuseppe Scassellati, partner dello studio Cleary Gottlieb. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Tria: Rai sana, niente tagli nel 2019 e nel 2020

Il Tempo

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«Niente tagli per la Rai nel 2019 e nel 2020. Nell’ anno in corso, inoltre, si prevede un sostanziale pareggio di bilancio mentre con l’ extragettito del canone 2017 la Rai ha provveduto a effettuare un rafforzamento patrimioniale, una scelta atta a consolidare la situazione finanziaria». Lo ha detto il ministro dell’ Economia, Giovanni Tria, in audizione in commissione di Vigilanza Rai. Tria ha poi spiegato che dal 2019 cesserà la ripartizione dell’ extragettito dovuto dal canone in bolletta, mentre per la quota destina ta alle tv locali «si vedrà». Ma su questo tema la Lega promette battaglia. «La decisione di non destinare l’ extragettito del canone alle emittenti radio televisive locali dal 2019 è una decisione presa tre anni fa dal governo Renzi e il ministro Tria si è semplicemente limitato a constatare lo stato dell’ arte. La Lega farà di tutto perché questo fondo per ilpluralismo dell’ informazione venga ulteriormente implementato in coerenza con quanto abbiamo sempre fatto a tutti i livelli istituzionali», dicono i deputati del Carroccio Paolo Tiramani e Massimiliano Capitanio, membri della commissione di vigilanza Rai. Tria ha poi spiegato che il Cda della Rai ha altri sei mesi di tempo per la definizione del piano industriale ed editoriale. La decisione è stata presa dalla commissione paritetica tra ilministero Sviluppo economico e la Rai allo scopo di verificare il rispetto degli adempimenti del contratto di servizio appena rinnovato dal 2018 al 2022.

Mr Tod’ s smentisce la vendita delle sue aziende: «ca…ate»

Il Tempo

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Le notizie su una possibile vendita della partecipazione di Della Valle in Tod’ s? «Sono solo ca…ate». Non la manda a dire il patron del gruppo Diego Della Valle, che smentisce così le indiscrezioni di stampa sul riassetto delle holding della famiglia Della Valle attraverso la cessione della quota di maggioranza di Tod’ s. «Oggi le chiamano storytelling, un tempo le chiamavamo ca..ate», spiega a margine del Fashion Global Summit di Milano. «Siamo felici, semmai è più facile che compriamo qualcosa», ha aggiunto. Smentita così la ricostru zione giornalistica di La Repubblica secondo cui Della Valle avrebbe avviato un processo di riorganizzazione delle sue quote in vista di una probabile cessione. Per il quotidiano di Largo Foc hetti l’ obiettivo sarebbe stato isolare la partecipazione in Tod’ s, detenuta per lo più (50,3%) tramite la holding di famiglia Di.Vi. Finanziaria, che controlla oggi anche una serie di altre attività, principalmente immobiliari e media (inclusa una parte della quota in Rcs), che avrebbero dovuto essere pert) scorporate e fatte confluire in una nuova holding, Di. Vi. Immobiliare Holding. Così, in Di.Vi. Finanziaria sarebbe rimasta praticamente solo la quota di controllo di Tod’ s. Un’ operazione, avevano osservato gli analisti di Equita, propedeutica a un’ eventuale futura cessione della società. Una fake news, a quanto pare, che pert) aveva messo le ali al titolo su Piazza Affari, dove il prezzo le azioni del gruppo avevano guadagnato quasi il 6% in due giorni. La precisazione, invece, ha ridotto il rialzo, e il titolo ha chiuso in aumento dell’ 1,2% contro il picco del 3% segnato in giornata. Val. Mac.

Le fiction Rai volano Biscione in crisi

Il Tempo

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Viaggia su due binari differenti il racconto televisivo della tv generalista. Mentre la fiction di viale Mazzini conquista un pubblico vasto e raggiunge ascolti superiori al 20% di share, con punte del 25%,, quella made in Cologno Monzese, soffre di un distacco sempre più evidente dai telespettatori perchè non riesce ad intercettarne le esigenze. La conferma viene dai dati di ascolto. Nella prima serata del lunedì la fic tion di viale Mazzini batte, puntualmente, la concorrenza di Canale 5 che manda in onda la terza edizione del Grande Fratello vip. Lunedì scorso, ad esempio, la seconda puntata de I Bastardi di P izzofalcone con Alessandro Gassmann, ha catalizzato l’ attenzione di 5.337.000 telespettatori con il 23.23% di share. La quarta puntata del GF vip 3 si è fermata a 3.242.000 telespettatori con 20.01% di share. Rispetto all’ appuntamento di sette giorni prima, c’ è stato, per il reality, l’ incremento di un punto di share. La rete leader Mediaset cerca di colmare settimanalmente il divario allungando la durata del reality oltre l’ una di notte. Ad esempio, la puntata di lunedì scorso ha chiuso i battenti all’ 1.26 minuti dopo la mezzanotte. Un metodo oramai consueto per i reality di Canale 5. Ciononostante il racconto televisivo di Rai 1 continua a fare adepti. E’ accaduto con La serie La vita promessa con protagonista Luisa Ranieri e sta accadendo con la seconda stagione de I Bastardi di Pizzofalcone che, nella prima puntata andata in onda l’ 8 ottobre, ha sfondato il tetto del 25% di share. Canale 5, invece, ancora una volta, non riesce ad accreditare la propria fiction presso i telespettatori. Due sono gli esempi eclatanti di questo autunno: la seconda stagione della serie Victoria basata sulla vita della regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda vissuta a me tà Ottocento e la seconda stagione di Solo, serie interpretata da Marco Bocci e Peppino Mazzotta. Victoria 2, di importazione britannica è stata un flop clamoroso per la rete leader Mediaset: nell’ ultima puntata andata in onda domenica 14 ottobre, si è fermata addirittura al 7%, calando di settimana in settimana, nelle quattro prime serate in palin sesto. Naturalmente ad avvantaggiarsi dell’ insuccesso è stata Rai 1 con Che tempo che fa condotto da Fabio Fazio. Eppure la fiction era dignitosamente realizzata, girata con una perfetta ricostruzione degli ambienti e dell’ epoca vittoriana con un’ ottima recitazione. Ma su Canale 5, il pubblico abituato ai reality ed ai contenitori in rosa, non l’ ha gradita. Altro caso clamoroso è stato il risultato fatto registrare da Solo 2. La serie sta andando in onda il venerdì, in prima serata su Canale 5 ed ha come diretto competitor Tale e quale show su Rai1. Marco Bocci non è riuscito ad andare oltre il 10.2% nella seconda puntata, doppiato letteralmente, da Carlo Conti con il 20.8%. Nella prima si era fermato all’ 11.3%. Nel cast c’ è Peppino Mazzotta, il Fazio del Commissario Montalbano, abituato a share stratosferiche. Il motivo è da ricercarsi nell’ inconsistenza delle trame distaccate dalla realtà e ancora ancorate alle atmosfere di Squadra antimafia.

Mondadori, al via i nuovi Donna Moderna e Tu Style

Italia Oggi

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Da questa settimana Donna Moderna e Tu Style si presentano in contemporanea in una versione rinnovata. Due operazioni con cui il Gruppo Mondadori innova la propria offerta nel segmento femminili, nel quale detiene oltre il 50% del mercato di riferimento a livello diffusionale. «I femminili sono da sempre parte della forza del nostro portafoglio ed è compito di un editore leader nei magazine e nel digitale come Mondadori seguire costantemente lo sviluppo degli interessi e delle abitudini di consumo dei lettori per continuare a evolversi», ha dichiarato Carlo Mandelli, direttore generale Periodici Italia del gruppo. Mandelli ha spiegato che dopo le celebrazioni per l’ 80° anniversario di Grazia il gruppo si è ora concentrato sulla nuova formula di Donna Moderna e sul posizionamento di Tu Style, guidati da Annalisa Monfreda.

Rai, niente tagli né aggiunte

Italia Oggi
MARCO LIVI
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Nessun taglio per la Rai nella manovra finanziaria, così come nessuna aggiunta di risorse specifiche, cosicché il bilancio di Viale Mazzini quest’ anno dovrebbe rimanere invariato. Lo ha riferito il ministro dell’ economia, Giovanni Tria, ieri in audizione davanti alla commissione di Vigilanza. Tria ha anche parlato dell’ extragettito, l’ incasso sopra ai livelli precedenti del canone ottenuto grazie all’ introduzione della tassa in bolletta. Il ministro ha ricordato come nel 2019 terminerà il meccanismo di riparto dell’ extragettito e se ci sarà un surplus andrà nel bilancio dello stato: il governo precedente aveva infatti stabilito che solo parte del gettito sopra l’ ammontare del canone indicato nel bilancio di previsione 2016 sarebbe andato all’ erario: il 33% dell’ extragettito nel 2016 e il 50% nel 2017 e nel 2018, il resto alla Rai. Dall’ erario trovava poi diversi impieghi: l’ aumento della soglia di esenzione per chi ha più di 75% e ha un basso reddito, il fondo per il pluralismo e il fondo per la riduzione della pressione fiscale. Tria ha spiegato che «le risorse da destinare alla Rai saranno unicamente riferite ai dati del capitolo di entrata del bilancio dello stato (nel 2019-2020 le risorse per la tv pubblica ammontano a 1,75 miliardi, ndr)». Per quanto riguarda invece la ripartizione dell’ extragettito del 2018, il ministro ha spiegato che «le risorse stanziate nel bilancio 2019 sul capitolo di spesa dell’ extragettito con riferimento ai dati di previsione e riscossione sono stimati in 1,921 miliardo di euro. Dopo l’ approvazione dell’ assestamento si dovrà procedere ad accertare eventuali quote di competenza dell’ extragettito 2018. L’ eventuale surplus, se c’ è un surplus, come stabilito dalla legge, verrà ripartito per il 50% a beneficio della Rai e la restante parte a tre obiettivi: l’ ampliamento della soglia reddituale esenzione dal pagamento del canone, il finanziamento fondo editoria in particolare dell’ emittenza locale, riduzione pressione fiscale». Il costo della fornitura del servizio pubblico a carico dello stato è passato da poco più di 2,3 miliardi nel 2012 a 2,1 miliardi nel 2016. «Negli ultimi anni», ha detto Tria, «si è manifestata chiaramente una tendenza alla riduzione senza che si sia arrecato particolare pregiudizio alla qualità e alla quantità del servizio reso rispetto agli anni precedenti». Miglioramento che, secondo il ministro, non è solo riconducibile alle nuove modalità di riscossione del canone ma anche per «effetto di risparmi su alcune voci di spesa conseguenti ad iniziative di ottimizzazione nel pieno rispetto dei seguenti obiettivi fondamentali: il potenziamento dell’ offerta e degli investimenti del digitale, il rafforzamento della struttura patrimoniale e finanziaria, la tutela dei livelli occupazionali preesistenti con il turnover ed esodi incentivanti che hanno consentito di fare nuove assunzioni». In ogni caso, è fondamentale secondo il ministro assicurare alla Rai un profilo temporale almeno triennale per quanto riguarda le risorse pubbliche su cui fare affidamento. Tria ha inoltre osservato che la Rai non ha elaborato il piano industriale nei tempi previsti dal contratto di servizio, ovvero entro sei mesi dall’ entrata in vigore, perché il precedente cda ha voluto lasciare questo adempimento strategico al consiglio subentrante, che è stato nominato recentemente. La Commissione paritetica Mise-Rai ha quindi deciso di prorogare di sei mesi il termine previsto per il piano industriale, quindi a marzo 2019. L’ Usigrai, il sindacato dei dirigenti Rai, ha chiesto chiarezza sull’ extragettito: «Dal prossimo anno la Rai incasserà l’ intero ammontare del canone? Oppure lo stato tratterrà il restante 50% per destinarlo ad altre finalità? Se così fosse, sarebbe un ulteriore grave scippo ai danni della Rai, molto simile ai 150 milioni scippati nel 2014 dal governo Renzi, e sul quale attendiamo il pronunciamento del consiglio di stato». L’ assicurazione per le tv locali è invece arrivata dalla Lega: «La decisione di non destinare l’ extra gettito del canone alle emittenti radio televisive locali dal 2019 è una decisione presa tre anni fa dal governo Renzi e il ministro Tria si è semplicemente limitato a constatare lo stato dell’ arte. La Lega farà di tutto perché questo fondo per il pluralismo dell’ informazione venga ulteriormente implementato», hanno detto i deputati Paolo Tiramani e Massimiliano Capitanio, membri della commissione di vigilanza Rai.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Omnicom, nel terzo trimestre utile netto a 298,9 mln di dollari. Il gigante americano dell’ industria pubblicitaria Omnicom ha riportato risultati che hanno battuto le attese grazie a una crescita organica del 2,9% nel terzo trimestre. L’ azienda ha riportato un aumento dell’ utile netto per il trimestre a 298,9 milioni di dollari (258 milioni di euro), a fronte dei 263,6 mln di dollari (227,6 milioni di euro) dello stesso periodo dell’ anno precedente. L’ aumento è stato favorito da un calo delle tasse negli Stati Uniti e da una crescita in Europa. I ricavi del gruppo sono calati dello 0,1% a 3,71 miliardi di dollari (3,2 miliardi di euro), a causa soprattutto di tassi di cambio sfavorevoli e di una debole performance in America del Nord. Gli analisti di FactSet si aspettavano ricavi pari a 3,71 mld di dollari (3,2 mld di euro). L’ azienda, che controlla le agenzie pubblicitarie Bbdo e Omd, ha registrato una crescita organica del 2,9%, superando le attese degli analisti del 2,7%. I ricavi sono aumentati dello 0,6% in America del Nord e del 6,9% in Europa. Nella regione Asia-Pacifico sono invece aumentati del 14% e in America latina sono saliti dell’ 1,7%. I ricavi sono invece calati dello 0,3% nel Regno Unito e dello 0,4% in Medio oriente. Google: addebiterà le app preinstallate ai produttori. I produttori di telefonia mobile che distribuiscono i loro prodotti in Europa dovranno pagare le app di proprietà di Google, come Gmail, YouTube e Google Maps. L’ azienda Alphabet, che fa capo a Google, ha annunciato che inizierà ad applicare ai produttori un costo per la pre-installazione delle app Google sui telefoni con sistema operativo Android distribuiti in Europa. Si tratta di un brusco cambio di rotta nel modello di business dell’ azienda, che finora aveva distribuito gratuitamente i software sui telefoni cellulari. Il cambiamento fa parte del piano necessario per adeguarsi alla direttiva antitrust di luglio dell’ Unione europea, che aveva comminato alla società una sanzione di 3,34 mld euro. Google ha presentato ricorso, ma deve porre rimedio entro il 29 ottobre se non vuole incorrere in ulteriori sanzioni. A Radio Italia torna Oscar di Montigny. Esperto di marketing, comunicazione e innovazione, divulgatore internazionale dei principi dell’ economia 0.0, autore del libro Il tempo dei nuovi eroi, Oscar di Montigny riprende, su Radio Italia, a dialogare con le persone che hanno preso la loro vita e l’ hanno trasformata in un piccolo capolavoro. La seconda serie de Il tempo dei nuovi eroi sarà on air su Radio Italia da oggi ogni mercoledì alle 23,00 e ogni giovedì su Radio Italia Tv alle 22,20. Tanti gli ospiti che racconteranno la loro storia di nuovo eroismo a Oscar di Montigny, il primo sarà lo scultore Lorenzo Quinn. Google, Sky, Rai, Ert, Kineton e Skyworth in HbbTV. Sono sette le nuove società che hanno aderito negli ultimi 12 mesi all’ Associazione HbbTV, una iniziativa globale dedicata alla definizione di standard aperti per la distribuzione di servizi interattivi, sia via broadcast che via broadband, attraverso televisori e set-top box connessi alla rete. Tra i nuovi membri figurano Google, Sky, Rai, Ert (l’ emittente pubblica greca), l’ italiana Kineton (che fornisce soluzioni tecnologiche per il broadcasting) e Skyworth, produttore cinese di elettronica di consumo.

Foa ” celebra” la Shoah, sbaglia data e irrita i suoi fan

La Repubblica
CONCETTO VECCHIO
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roma In un tweet da Tel Aviv postato lunedì ( « Domani parteciperò a Gerusalemme alle celebrazioni per il 65esimo anniversario del rastrellamento del ghetto di Roma » ) il presidente della Rai Marcello Foa è riuscito a infilare due gaffe: gli anni dalla razzia nazista del 16 ottobre 1943 sono 75, e c’ è poco da celebrare naturalmente, semmai da commemorare. Gliel’ hanno fatto notare in tantissimi sul social, dove Foa ha 30mila follower. «Inadatto al ruolo che occupa » , ha protestato la capogruppo pd in Commissione Esteri alla Camera Lia Quartapelle. «Ho sbagliato, per l’ emozione di essere qui, una parola e una data», si è giustificato Foa ieri sera. Ma colpisce anche la reazione del suo seguito social, quello in teoria benevolente verso questo giornalista sovranista, filo Putin e con un figlio che lavora nello staff di Salvini, che l’ ha imposto al vertice Rai. I suoi follower sono sommamente imbufaliti, ma non per l’ infortunio su Twitter, bensì perché Foa è andato in Israele a perdere tempo ” in tournee”, invece che restarsene a Roma a «rivoltare come un calzino » Viale Mazzini, ripulendolo «a fondo dalle zecche rosse » . La Rai, è il coro, sarebbe ancora filo Pd. Scrivono: «Caccia la Botteri». «Basta Fazio». «Via Cottarelli » . « Via la feccia dei sinistri » . « Non ti abbiamo messo lì a fare cerimonie». Non mancano i tweet antisemiti: « Scusa Marcello, ma ci siamo un po’ stufati della storia degli ebrei, ogni volta che qualcuno acquisisce posizione, deve subito andare a baciare la pantofola degli ebrei e indossare la kippah… anche basta » . Oppure: « Mandi affanculo i sionisti per me». E ancora: «Spero che quanto torni i tuoi abiti saranno ampiamente disinfettati » . Un plotoncino di ultrà che si è fatto sentire tra i circa 400 che hanno lasciato un commento. Un utente ha sottolineato peraltro che Foa ritwittava in passato spesso e volentieri un autore che passa per antisemita, # coerenzaquestasconosciuta » , l’ hashtag usato per ricordarglielo. Proprio nelle stesse ore alla Camera, si presentava la prima proiezione del documentario sul 16 ottobre 1943, ” La razzia”, di Ruggero Gabbai: la vicepresidente della Camera Mara Carfagna ha invitato a « non minimizzare l’ antisemitismo », perché ciò «mette a repentaglio la democrazia e i diritti umani di ognuno». Mentre Foa ha poi partecipato alla cerimonia allo Yad Vahsem e ha elogiato il programma di Alberto Angela sulla Shoah. A Tel Aviv, invitato dall’ Istituto italiano di cultura, ha tenuto una conferenza su «Manipolazione dei media e fakenews: la democrazia è in pericolo? » , dove ha attaccato il Guardian che a sua volta lo aveva definito un «fake news journalist».

Slitta ancora l’ accordo sulla Rai La Lega in pressing per il Tg1

La Stampa
ALESSANDRO DI MATTEO
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Matteo Salvini prova la stretta finale sulla Rai: il leader della Lega vuole chiudere in settimana la partita delle nomine di Tg e reti e nelle ultime ore avrebbe messo Luigi Di Maio di fronte a un bivio, arrivando a rivendicare quel Tg1 che finora i Cinque stelle consideravano di propria competenza. Un affondo che ha spiazzato il Movimento, perché – raccontano – tra i consiglieri di Di Maio su questa materia c’ è chi considera la Rete 1 ancora più importante del Tg. A metà giornata, ieri, in ambienti leghisti si dava quasi per fatto l’ accordo, ma in realtà l’ intesa ancora non c’ è, i dubbi tra i Cinque stelle sono molti, e il cda Rai non è ancora stato convocato. Il presidente Marcello Foa è in viaggio in Israele, tornerà a Roma solo in serata, e realisticamente il consiglio di amministrazione per le nomine non può essere convocato prima di venerdì prossimo. Raccontano fonti leghiste che di fronte al no M5S a Gennaro Sangiuliano direttore del Tg1, Salvini avrebbe replicato con un rilancio secco: ok, a questo punto a Rai 1 va Marcello Ciannamea, senza se e senza ma. Una presa di posizione che avrebbe fatto vacillare Di Maio, perché tra i consiglieri del vice-premier M5S c’ è chi pensa che i programmi di intrattenimento e gli approfondimenti incidano sull’ opinione pubblica molto più dei «pastoni» dei Tg. Per questo, raccontano, Di Maio potrebbe persino rivedere lo schema iniziale e accettare Sangiuliano alla guida del Tg1, con Ciannamea che slitterebbe alla direzione di Rai 2. Secondo questo impianto, al M5S toccherebbe il Tg2, con Franco Di Mare o Giuseppina Paterniti (in corsa anche per Rainews), mentre la Rete 1 andrebbe a Maria Pia Ammirati o a Carlo Freccero. Al Tg3, poi, resterebbe Luca Mazzà, ma non è esclusa Federica Sciarelli, che in alternativa potrebbe ottenere anche Rai 3. A Fi potrebbe andare Rai Parlamento, affidata ad Antonio Preziosi, e per una direzione continua a circolare anche il nome di Paolo Cosini in quota sovranista. Soprattutto, alla Lega andrebbe anche la TgR, con la conferma di Alessandro Casarin, e Rai Sport con Iacopo Volpi o Maurizio Losa. Proprio per questo M5S ancora non ha siglato l’ intesa. Salvini alla fine, in questo modo, avrebbe Tg1 e TgR, due poltrone-chiave. Forse troppo, per i Cinque stelle. Salvini e Di Maio dovranno trovare la quadra entro oggi, per poter fare le nomine in questa settimana. «Altrimenti si rimanda tutto di sette giorni», aggiunge un parlamentare leghista. Intanto è scontro sul gettito extra del canone Rai, che, secondo quanto spiegato dal ministro Tria in commissione, dal 2019 andrà tutto al bilancio dello Stato e non verrà usato anche per finanziare le tv locali. Il Pd attacca: «Danno il colpo di grazia alle tv locali», dice Michele Anzaldi. Replicano Paolo Tiramani e Massimiliano Capitanio: «I tagli sono stati decisi da Renzi, noi rimedieremo». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

Laurene Powell Jobs ospite dell’ Osservatorio Permanente Giovani-Editori

La Stampa

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L’ Osservatorio Permanente Giovani-Editori che si terrà a Firenze il 9 novembre per parlare con gli studenti coinvolti nel progetto «Il Quotidiano in Classe» avrà come ospite Laurene Powell Jobs. Fondatrice e presidente di Emerson Collective, gestisce una delle organizzazioni più attive nel comparto sociale, incentrata sull’ eliminazione delle barriere alla giustizia per le persone, le famiglie e le comunità negli Usa e nel resto del mondo. Il progetto «Il Quotidiano in Classe», presieduto da Andrea Ceccherini, è dedicato a sviluppare il pensiero critico dei giovani. Nell’ era dominata dalle fake news, dalle verosimiglianze e dalle post verità emerge una nuova necessità: quella di allenare i giovani a riconoscere l’ attendibilità di una notizia.

Gruppo Mondadori rinnova i femminili Donna Moderna e Tu Style

Prima Comunicazione

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Da oggi i due magazine, sotto la direzione di Annalisa Monfreda, si rivolgono al pubblico con un approccio completamente nuovo, che attraverserà tutto l’ ecosistema delle due testate, dalla carta al digitale fino alla comunicazione sui social. “Donna Moderna da sempre è un giornale da leggere dalla prima all’ ultima pagina per ricchezza di contenuti. A questa esperienza di lettura diamo ora una forma più distesa, un design che inviti all’ approfondimento. Una specie di oasi dal brusio in cui siamo immersi”, dichiara Monfreda parlando del restyling dei due magazine. “Con Tu Style invece abbiamo costruito il magazine che ancora non c’ era, dinamico e rinnovato, destinato a tutte coloro che si esprimono con i propri look e cercano ispirazioni praticabili. Il nuovo Tu Style spiccherà come un evidenziatore per fornire preziose lezioni di stile”. Per quanto riguarda Donna Moderna, moda e bellezza acquistano più spazio, grazie all’ arrivo del fashion director Paola Salvatore, e il mondo digital si rinnova con un nuovo design. I temi principali sono sempre il beauty e il fashion, con consigli pratici pensati per le donne che hanno poco tempo. Contemporaneamente vengono lanciati i nuovi format short video ‘Right/Wrong’ (cosa fare e cosa evitare nel make-up tutti i giorni) e ‘Beauty Shades’ (come valorizzare al meglio ogni carnagione di pelle). Il rilancio di Donna Moderna è supportato da una campagna di comunicazione ideata da Hunbranded sui canali tv, radio web e social, magazine del Gruppo Mondadori e quotidiani. Per Tu Style, realizzato con la consulenza editoriale di Sabrina Barbieri, il restyling è evidente già dalla copertina del magazine, con una cornice fluo e strilli più evidenti. Ognuna delle tre sezioni in cui è articolata la rivista inoltre avrà una copertina dedicata. Nella prima, Up to date, sono raccolte le news; la seconda, Stylish, contiene i consigli e i suggerimenti per le appassionate di moda; la terza, Social, è pensata per la lettrice che ama essere sempre connessa e leggere di lifestyle ed eventi. La strategia social del nuovo Tu Style punta sull’ uso di Instagram per comunicare i progetti editoriali del brand che da oggi si propone come una “finestra sulle tendenze”. In occasione di questo rilancio è stata inoltre sviluppata una iniziativa di engagement che prevede il coinvolgimento di dodici fashion influencer affini ai valori del magazine, di cui diventeranno ambassador. A loro si affiancano quattro content creator che condivideranno e racconteranno il mondo di Tu Style a una community di 1 milione di follower. La campagna per il rilancio di Tu Style è stata realizzata da Wm Content su radio, social e sui magazine del Gruppo Mondadori. “I femminili sono da sempre parte della forza del nostro portafoglio ed è compito di un editore leader nei magazine e nel digitale come Mondadori seguire costantemente lo sviluppo degli interessi e delle abitudini di consumo dei lettori per continuare a evolversi” dice Carlo Mandelli, direttore generale Periodici Italia del gruppo. “I due brand insieme rappresentano la più grande grande piattaforma femminile in Italia, con una reach di 15,6 milioni di contatti unici stampa e digital”. “Il mercato si evolve e il continuo rinnovamento dei prodotti è indispensabile. In questa occasione siamo dinanzi a due love brand che si contraddistinguono come piattaforme multicanali”, dichiara Davide Mondo, amministratore delegato della concessionaria Mediamond. Sul versante della raccolta pubblicitaria il digitale è sempre più importante e rappresenta oggi più del 30% della raccolta complessiva di Donna Moderna e Tu Style, con 900 investitori presenti nell’ ultimo anno sulle piattaforme multicanali dei due brand, precisa un comunicato.

L'articolo Rassegna Stampa del 17/10/2018 proviene da Editoria.tv.


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