Indice Articoli
L’ azienda è paralizzata mentre tutti aspettano la nuova lottizzazione
Rai, nomine quasi fatte: al Tg1 la sorpresa Sciarelli
Il risiko Rai si inceppa sulla poltrona del Tg1
Indagine Antitrust su Sky per la Serie A
Matteo, Luigi e lo scambio Rai: Tg1 verso la Lega, rete ai grillini
Della Valle separa il controllo di Tod’ s nel futuro del gruppo l’ ipotesi di vendita
Paolo Fietta nominato Cfo del Gruppo 24Ore
Agcm, via a istruttorie Sky-Dazn
Frequenze tv, verso una soluzione per la Rai
Rcs, Cairo: bene risultati dei primi nove mesi
Alleanza delle Cooperative Italiane Comunicazione, no ai tagli, subito un tavolo.
Rai, Foa in campo per le nomine irrita il M5S: ” Non è il suo ruolo”
L’ azienda è paralizzata mentre tutti aspettano la nuova lottizzazione
Il Fatto Quotidiano
Carlo Tecce
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Viale Mazzini ha cambiato tre amministratori delegati in quattro anni. Il terzo è Fabrizio Salini, in carica da due mesi e mezzo. Marcello Foa ha ottenuto la presidenza in differita, un paio di settimane fa. Oltre al solito fluire di indiscrezioni su nomine e poltrone, oltre ai pranzi propiziatori di Gennaro Sangiuliano in mensa, di Alberto Matano da “Pagus” (c’ è pure il piatto alla Matano) e degli ex dirigenti al “Trenino”, sempre nei paraggi di Saxa Rubra, nient’ altro è accaduto in Rai. Così il governo di colore gialloverde rispetta le tradizioni italiane della televisione pubblica: prima la distribuzione dei posti, poi la gestione di un’ azienda con 2,7 miliardi di euro di fatturato e 12.000 dipendenti, più l’ inestimabile valore (potenziale?) culturale. Per i gialloverdi l’ emergenza è il capo del Tg1 o il collega del Tg2, ma quelli forbiti rammentano che Viale Mazzini ha procrastinato molte “scelte strategiche” per troppo tempo. Per ragioni politiche, ovvio. 1. Il contratto di servizio – quello firmato con lo Stato che giustifica il versamento del canone – imponeva alla Rai di presentare un piano industriale e un piano editoriale entro il 7 ottobre 2018. Il vecchio Cda, stordito dai risultati elettorali, anzi delegittimato e ingabbiato, s’ è lasciato morire di inedia. Il nuovo Cda, che di fatto s’ è riunito due volte per questioni formali, non pare interessato all’ argomento, o meglio non lo considera una priorità. 2. Il contratto di servizio, ancora, obbliga di rimodulare le testate giornalistiche e i canali non generalisti. Il testo è complicato, il senso è semplice: a Salini tocca un cospicuo taglio di poltrone. Il governo, però, segue l’ ordine inverso: occupa le poltrone, non le distrugge. Non ha un progetto per la Rai, ma un progetto su chi va mandato o promosso in Rai. 3. Il piano editoriale, va confessato, è lo spettro di Viale Mazzini. Gli ultimi avvistamenti risalgono al gennaio del 2017, all’ epoca di Carlo Verdelli, un giornalista orfano di coperture politiche e perciò rigettato dall’ azienda tra le pernacchie. Verdelli era il direttore editoriale, ingaggiato da Campo Dall’ Orto proprio per non avvicinarsi troppo a una materia incandescente che fa scaldare la politica: l’ informazione. Dal gennaio 2017, fra un po’ si celebra il secondo anniversario, la direzione editoriale è affidata ad interim all’ amministratore delegato. Una burla. Salini resuscita la struttura o la sopprime? Chissà. Per restare in tema: Rai Sport ha un direttore ad interim da giugno, il Gr da agosto, il Tgr da ottobre. 4. Milena Gabanelli ha lavorato invano al sito unico delle notizie, finché non l’ hanno costretta a mollare. Un giorno il sito era nel piano editoriale, un altro era sganciato. Il piano editoriale non esiste e non se ne intravedono i prodromi, dunque la Rai pare condannata all’ obsolescenza su Internet. 5. Antonio Marano, tra i primi leghisti con origini meridionali, è presidente e amministratore ad interim di Rai Pubblicità dal gennaio 2018. L’ ex Sipra è una società controllata da Viale Mazzini con ricavi di circa 700 milioni di euro, la principale concorrente di Publitalia di Mediaset, un gigante del mercato, eppure il Cda a guida Mario Orfeo non è riuscito a scovare un sostituto di Fabrizio Piscopo, che si è dimesso nel dicembre 2017. In realtà, il Partito democratico spingeva per Mauro Gaia, già in affari con il papà di Matteo Renzi (dopo gli articoli del Fatto, la candidatura è fallita). 6. Il mese scorso è scaduto l’ accordo tra Sky Italia e Viale Mazzini per la trasmissione di Rai4 al numero 104 (non 845) della piattaforma satellitare. Un modo, seppur piccino, per aumentare le sinergie tra i due gruppi. Rai ha interrotto il dialogo con Sky, che ormai è in piena sintonia con Mediaset, tant’ è che Canale 5 è già tornato sul 105 e presto sarà il turno di Rete 4. 7. Rai Way, la società che gestisce le torri tv, ha assistito sonnecchiando al patto tra il fondo F2i e Ei Towers (Mediaset) che ha plasmato “2i Tower” con una monetizzazione di 200 milioni di euro per la famiglia Berlusconi. Che discorsi noiosi. Qui vale un motto: o Tg1 o morte.
Rai, nomine quasi fatte: al Tg1 la sorpresa Sciarelli
Il Fatto Quotidiano
Gianluca Roselli
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Settimana decisiva per le nomine Rai, anche se tutto è ancora in sospeso per gli attriti tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Nel M5S non sono piaciute le parole del leghista al Messaggero: “Noi non siamo epuratori, anzi per me qualcuno di quelli nominati da Renzi dovrà restare”. “Basta fare i fenomeni, le nomine non le fa Salvini. Salini e Foa sono garanzia di imparzialità e competenza”, la risposta dei grillini. Il puzzle per le direzioni di reti e tg però è quasi completo, manca solo qualche limatura, con Salvini e Di Maio d’ accordo sul puntare sugli interni, anche per evitare possibili contenziosi con la Corte dei Conti. Il Cda decisivo potrebbe essere convocato per giovedì o venerdì, mentre questa mattina Giovanni Tria sarà ascoltato in Vigilanza. La novità delle ultime ore riguarda il Tg1, per la cui direzione, in quota 5 Stelle, circola il nome di Federica Sciarelli. Non Alberto Matano e nemmeno Andrea Bonini di Sky, dunque, ma la giornalista conduttrice di Chi l’ ha visto sarebbe il nome su cui Di Maio punta per il Tg più importante. In corsa c’ è anche Franco Di Mare, ma su di lui ci sarebbe un veto della Lega, mentre Sciarelli è molto apprezzata anche da Salvini (che non si perde una puntata di Chi l’ ha visto). La rinuncia al Tg1 da parte della Lega comporterà un ulteriore contropartita per il Carroccio. Innanzitutto il Tg2, dove in pole position c’ è il vicedirettore del Tg1, Gennaro Sangiuliano. Ma Salvini potrà ottenere anche la radio, con Ludovico Di Meo o Luciano Ghelfi. Più la poltrona che ha già incassato al Tgr con Alessandro Casarin. Nel mirino leghista ci sono anche Rai pubblicità, con il manager Matteo Tarolli (spinto da Giancarlo Giorgetti), Rai Cinema e Rai fiction. Ma di queste caselle ci si occuperà in un secondo momento. Lo schema delle reti si concluderebbe con Rai Uno alla Lega (Marcello Ciannamea) e Rai Due ai 5 Stelle (Carlo Freccero o Maria Pia Ammirati). Mentre Rai Tre resterebbe com’ è: alla rete Stefano Coletta e al Tg Luca Mazzà, i “renziani” che, secondo Salvini, conservano il posto (anche se Mazzà ha già incontrato il “Capitano” con la mediazione della Isoardi). In casa 5 Stelle, invece, negli ultimi giorni si fa anche il nome di Giuseppina Paterniti, che potrebbe sostituire Antonio Di Bella a Rainews. E, con insistenza, quello del direttore di Fanpage, Francesco Piccinini, molto apprezzato da Di Maio, che potrebbe andare a dirigere il sito www.rainews.it. Dove però, in attesa che diventi una testata autonoma, dovrebbe accontentarsi di una condirezione. La carica offerta e rifiutata, a suo tempo, da Milena Gabanelli, da cui è scaturito il suo addio a Viale Mazzini. Grande attenzione sui criteri di nomina, con una lettera al Cda, è stata infine chiesta dal consigliere eletto dai dipendenti, Riccardo Laganà.
Il risiko Rai si inceppa sulla poltrona del Tg1
Il Giornale
Francesca Angeli
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Francesca Angeli Roma Si avvicina la resa dei conti tra Lega e Cinquestelle sulle nomine Rai che dovrebbero essere chiuse entro fine settimana. Ovviamente anche questa volta ciascuna delle parti in commedia premette la solita tiritera: «partiti fuori dalla Rai» per poi fare l’ elenco dei suoi desiderata. E la sortita pubblica di Matteo Salvini che al Messaggero ha dichiarato di voler «puntare sugli interni» per i tg senza «punire necessariamente i renziani» ha non poco irritato il suo omologo, il vicepremier Luigi di Maio e quindi fatto saltare il banco dell’ accordo, quasi, raggiunto per insediare al Tg1 Gennaro Sangiuliano. Nome difficile da digerire per M5s soprattutto dopo aver ammirato la sfilata dei selfie al fianco di Salvini, orgogliosamente postati sul suo profilo Facebook dal giornalista. «La Rai deve restare libera dalle pressioni politiche. Questo è l’ unico modo per rilanciarla realmente. Fabrizio Salini e Marcello Foa sono garanzia di imparzialità e competenza. Le nomine non le fa Salvini. Basta fare i fenomeni», tuonano i grillini. Ai quali si potrebbe far notare per la verità che le nomine alle testate d’ informazione spetterebbero all’ ad dunque a Salini soltanto e non a Foa. Comunque l’ accordo sulla scelta interna è ancora condiviso quindi sicuramente i nomi di esterni fatti in precedenza a questo punto tramontano. Ad esempio quello di Andrea Bonini, l’ anchorman di SkyTg24. Una scelta quella degli interni dettata anche da ragioni economiche e di opportunità visto che la Rai paga lo stipendio a 1.600 giornalisti e magari anche la Corte dei Conti potrebbe eccepire sull’ uso delle risorse pubbliche. Quindi per il Tg1 se Sangiuliano si incagliasse definitivamente sull’ ostilità grillina potrebbero salire le quotazioni di Franco di Mare, volto familiare per gli spettatori di Unomatti vicino al presidente della Camera Roberto Fico. Quindi sicuramente inviso alla Lega. Ma non esce di scena Alberto Matano, anzi la sua candidatura si rafforza. Per il Tg2 il più quotato rimane Luciano Ghelfi ma in corsa ci sarebbe ancora Carlo Freccero oltre che l’ attuale direttore, Ida Colucci. Alla rete ammiraglia Raiuno Angelo Teodoli dovrebbe essere sostituito da Marcello Ciannamea, che arriva dalle risorse umane. La partita della terza rete si dovrebbe chiudere mantenendo lo statu quo Luca Mazzà al tg3 (sarebbe quindi forse lui il renziano che Salvini magnanimo non vuole epurare) mentre il timone di Raitre andrebbe a Stefano Colletta. Per la direzione di rete però potrebbe spuntare un nome femminile, Federica Sciarelli o Anna Maria Ammirati. Antonio Di Bella confermato a RaiNews 24. A RaiSport dovrebe farcela Jacopo Volpi, dato in quota grillina. Per Radio uno invece due i nomi in ballo: Paolo Corsini, ex consigliere Fnsi, fondatore di Lettera 22 e Flavio Mucciante, già direttore di Radio2, Radio1 e Rai Parlamento.
Indagine Antitrust su Sky per la Serie A
Il Giornale
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L’ Antitrust (nella foto il presidente Giovanni Pitruzzella) ha avviato un’ istruttoria nei confronti di Sky per due condotte che potrebbero aver violato il Codice del Consumo nella fase di promozione dell’ offerta del pacchetto calcio serie A per la stagione in corso, 2018 -19 e nella fase di gestione del contratto. Come noto quest’ anno sono cambiati i pacchetti: se fino allo scorso gli abbonati Sky avevano tutte le partite e quelli Mediaset potevano vedere tutte quelle delle squadre maggiori (Milan, Inter, Juventus Napoli e Roma oltre a Fiorentina, Lazio e Genoa), da quest’ anno Sky ha solo 7 partite su 10 ogni turno. Le altre 3 si vedono sulla piattaforma Dazn. Ebbene, nel dettaglio – si legge nel bollettino settimanale dell’ Autorità – con la prima violazione, nella fase di presentazione dell’ offerta, Sky «avrebbe posto in essere, nei confronti dei nuovi clienti, una condotta ingannevole inerente alla modalità di presentazione, sul web e tramite spot televisivi, dell’ offerta del pacchetto Sky Calcio. Infatti non avrebbe informato adeguatamente il consumatore sui limiti dell’ offerta relativa alla trasmissione e fruizione delle partite di serie A, in particolare, con riferimento alle fasce orarie». La seconda violazione riguarda la gestione del contratto Sky, che «avrebbe indotto i propri clienti, già abbonati al pacchetto calcio, al rinnovo automatico del suddetto contratto nell’ erronea convinzione di poter disporre, anche per la stagione 2018/19, del medesimo contenuto del pacchetto dell’ anno precedente». Sky, spiega l’ Antitrust, «non avrebbe inoltre prospettato a tali clienti la possibilità, a fronte della modifica dell’ offerta, di recedere senza il pagamento di penali, costi di disattivazione e restituzione degli eventuali sconti di cui hanno fruito». L’ istruttoria non è nuova: ieri è stato pubblicato sul Bollettino Antitrust l’ avvio dell’ istruttoria, ma il procedimento è quello annunciato il 28 agosto scorso.
Matteo, Luigi e lo scambio Rai: Tg1 verso la Lega, rete ai grillini
Il Messaggero
Mario Ajello
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LA PARTITA ROMA Quando c’ è qualcosa da segnalare nel clima politico, appena c’ è un passaggio importante, una situazione che cambia, non c’ è nessuna spia migliore della Rai. Dunque, appena leggono sul Messaggero qual è la strategia di Salvini sulla televisione pubblica, i vertici M5S ieri mattina insorgono: «Il capo leghista si sta allargando. Le nomine non le fa lui, spettano a Salini. Basta fare i fenomeni». Questo attacco pentastellato è Rocco Casalino che lo sferra – con una nota attribuita a fonti del M5S – ossia il plenipotenziario della comunicazione grillina che sulle prime era stato escluso dalla ricerca e dall’ accordo sui nuovi direttori della tivvù, poi con l’ aggrovigliarsi e il prolungarsi della questione è rientrato in partita. Ma il punto è che nel corso della giornata in cui i vari capitoli in discussione – come la pace fiscale in cui il Carroccio non ha stravinto ma si può accontentare o come il superamento della legge Fornero su cui l’ accordo è stato trovato – perdono la loro esplosività e trovano un punto di equilibrio tra i partner di governo, anche il meteo Rai vira verso il (relativo) sereno. IL FACCIA A FACCIA Luigi Di Maio e Matteo Salvini – che restano distanti sulla legge per la legittima difesa o sul decreto sicurezza che per certi aspetti a M5S dà l’ orticaria, e la spina Fico su questi aspetti non è da poco per i vertici grillini – si appartano a Palazzo Chigi per parlare delle nomine televisive. Nessuno dei due ha particolare voglia di forzare sui propri interessi e sulle persone gradite, ben consapevoli che su un tema come la Rai – di grande rilevanza di potere ma di poco interesse da parte dei cittadini quando si parla di poltrone – sarebbe stato controproducente allungare la partita con il rischio di finire per pestarsi i piedi. La rete ammiraglia di Viale Mazzini e Saxa Rubra è stato fin dall’ inizio il nocciolo della questione. E il faccia a faccia di ieri tra Di Maio e Salvini sembra aver favorito una svolta (ma le sorprese e i cambi di marcia sono sempre possibili) sul Tg1. Si starebbe facendo più vicina la nomina come direttore di Gennaro Sangiuliano, attuale vice, gradito a Salvini ma dotato di frequentazioni accademiche con il premier Conte (la cui parola conta sul principale telegiornale nazionale) e di relazioni trasversali da professionista di lungo corso. La la carta Sangiuliano per il Tg1 significa che Rai1, la super-corazzata, la rete di Sanremo, delle grandi fiction nazional-popolari, del principale strumento di racconto del Paese, sarebbe destinata – non era affatto scontato negli schemi iniziali – all’ area grillina. Forse a una donna, Maria Pia Ammirati, che già è stata vicedirettrice di Rai1 e ha lunga esperienza in azienda, cioè quella conoscenza della Rai che è uno dei requisiti che l’ ad Salini ma anche il presidente Foa, Di Maio e Salvini, hanno scelto come criterio fondamentale in queste scelte. A proposito di donne, per poltrone direttoriali, in pista ci sono anche Giuseppina Paterniti (RaiNews) e Federica Sciarelli. Franco Di Mare, che era stato in corsa per il Tg1, se davvero Sangiuliano sarà destinato a quel posto potrebbe ottenere la guida di Rai1. Il Tg2 dovrebbe essere destinato a un professionista gradito a M5S (come Giuseppe Carboni) e Rai2 a Ludovico Di Meo, altro uomo azienda di lungo corso (per Rai3, la conferma di Stefano Coletta). Per vedere apertamente sul tavolo questi schemi e nomi, che possono cambiare anche all’ ultimo istante, si tratta ormai di aspettare poco.
Della Valle separa il controllo di Tod’ s nel futuro del gruppo l’ ipotesi di vendita
Il Messaggero
L. Ram.
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LA RIORGANIZZAZIONE ROMA Ieri Tod’ s in Borsa si è mossa in controtendenza rispetto ai titoli del lusso. Mentre il settore ormai da giorni sta perdendo quota soprattutto a causa delle turbolenze sui mercati legate alla guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina, i titoli dell’ azienda del lusso che fa capo alla famiglia Della Valle hanno chiuso a 51,3 euro con un guadagno dell’ 1,5% dopo aver segnato un progresso superiore al 3%. Il mercato tiene sotto controllo la società marchigiana, dopo che nelle ultime settimane si sono rincorse indiscrezioni sul riassetto a monte della società. Secondo queste indiscrezioni, la famiglia Della Valle avrebbe avviato un processo di riorganizzazione della finanziaria, DiVi Finanziaria, il cui risultato finale sarà di isolare la quota del 50,3% in Tod’ s rispetto ad altre partecipazione, ossia gli immobili e la quota del 2,77% in Rcs, che verranno scorporate e confluiranno in una nuova holding, la DiVi Immobiliare Holding. Nella DiVi Finanziaria resteranno solamente la quota di controllo di Tod’ s e due polizze vita del controvalore di 130 milioni. In più, ricorda il quotidiano, Diego Della Valle controlla un ulteriore 9,6% della società tramite un’ altra holding, la Diego Della Valle & C. LA QUOTA ISOLATA Quest’ ultima detiene a sua volta il 4,8% di Rcs e il 90% del club Fiorentina, oltre al cash-in (in origine erano 339 milioni) derivante dalla cessione della quota in Ntv. «Nel complesso l’ operazione di riassetto, con l’ isolamento della quota in Tod’ s, sembra potenzialmente propedeutica ad un eventuale futura cessione della società», hanno commentato ieri gli esperti di Equita, che pur confermando il giudizio di hold (tenere) non escludono una buona performance del titolo grazie all’ elemento speculativo. Invece Equita teme che anche i conti del terzo trimestre non conterranno evidenze particolari sul rilancio della casa di moda. L’ eventuale cessione di Tod’ s – che per il momento non trova conferma presso il gruppo Della Valle – non sarebbe una sorpresa, visto che negli ultimi anni numerose sono le società del lusso made in Italy che hanno preso il volo verso gruppi stranieri allo scopo di accrescere la loro massa critica onde competere con maggiori possibilità di successo sul mercato mondiale. Tod’ s Group ha nel frattempo annunciato l’ ingresso di Michele L quale men’ s collections visionary. È un ruolo innovativo quello creato per Lupi, già direttore di testate internazionali come GQ, Rolling Stone, Icon e Icon Design. Il giornalista entra a far parte del team del gruppo Tod’ s «con l’ obiettivo di arricchire la squadra che si sta formando – spiega la nota – in vista delle sfide future che rientrano nel progetto Tod’ s Factory, nel quale Lupi sarà coinvolto».
Paolo Fietta nominato Cfo del Gruppo 24Ore
Il Sole 24 Ore
R.Fi.
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MILANO Paolo Fietta ha assunto a partire da ieri il ruolo di Chief financial officer del Gruppo 24 Ore. Fietta, 50 anni, «porta al Gruppo 24 Ore la grande esperienza maturata nel corso della sua carriera professionale all’ interno delle maggiori multinazionali e aziende italiane leader in differenti settori economici – dal fashion al food, dall’ information technology al digital – dove ha seguito diverse Ipo, importanti processi di ristrutturazione e lo sviluppo nei mercati emergenti», si legge in una nota diffusa ieri dal Gruppo 24 Ore. In particolare, in passato Fietta ha ricoperto il ruolo di Chief financial officer in Illy Caffè, dove ha supportato lo sviluppo dei canali retail e ecommerce, in Twin Set, società italiana leader nell’ abbigliamento caratterizzata da una forte espansione nel retail e all’ estero, e in Yoox, azienda leader nelle vendite online di beni di moda, lusso e design, dove ha guidato con successo la società nel percorso che l’ ha portata alla quotazione in Borsa. In precedenza ha contribuito al piano di ristrutturazione e risanamento di due grandi realtà italiane, Tecnosistemi e Parmalat, di cui ha seguito anche il processo di ri-quotazione dell’ azienda. Fietta è stato Chief financial officer anche in Cifa, uno dei maggiori gruppi europei nel settore dei macchinari per l’ edilizia, e in Aion Renewables, e, più recentemente, in Irideos, la nuova iniziativa del fondo F2i nel settore delle telecomunicazioni. Sposato, tre figli, si è laureato in Economia aziendale presso l’ Università Commerciale Luigi Bocconi. Ha iniziato la carriera nella multinazionale americana di information technology Unisys, passando da controller per l’ Italia alla responsabilità a livello mondiale. È Presidente del Comitato Tecnico Corporate Finance di Andaf, l’ associazione che a livello nazionale riunisce i direttori amministrativi e finanziari.
Agcm, via a istruttorie Sky-Dazn
Italia Oggi
MARCO LIVI
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L’ Antitrust ha avviato l’ istruttoria con cui mette sotto indagine il calcio in tv di questa stagione, 2018/19, ovvero le pubblicità e le modalità di offerta di Sky e Dazn, i due aggiudicatari dei diritti della Serie A. Ieri l’ autorità ha pubblicato l’ avviso sul proprio bollettino «in ragione del numero elevato di istanze di intervento pervenute», così che gli interessati che avevano presentato richiesta possano presentare i propri atti. In particolare, a Sky sono contestati due comportamenti in violazione del Codice del consumo, uno che ha a che fare con la presentazione del pacchetto Calcio ai potenziali nuovi abbonati, il secondo relativo al trattamento di chi abbonato lo era già. Nel primo caso, Sky avrebbe presentato l’ offerta del pacchetto Calcio tramite web e spot televisivi senza mettere in evidenza i limiti dell’ offerta, in particolare, «con riferimento alle fasce orarie». Sulle pagine del suo sito, per contro, l’ operatore ha messo enfasi sul claim «Il tuo calcio, tutto da vivere» e nello spot televisivo, spiega l’ antitrust, «masse di tifosi con le maglie di varie squadre si dirigono verso uno stadio alla ricerca di un posto a sedere senza alcun messaggio esplicativo circa il contenuto specifico dell’ offerta». Altra contestazione, come detto, riguarda invece la gestione del contratto dei clienti già abbonati al pacchetto Calcio, indotti al rinnovo automatico «nell’ erronea convinzione di poter disporre, anche per la stagione 2018/19, del medesimo contenuto del pacchetto Sky Calcio dell’ anno precedente», ovvero la visione di tutte le partite di calcio della serie A. Di fatto, invece, Sky ha quest’ anno sette partite su dieci della serie maggiore a giornata, mentre le altre tre sono trasmesse da Dazn. Sky, è il rilievo, non avrebbe prospettato ai propri clienti la possibilità, a fronte della modifica dell’ offerta, di recedere senza il pagamento di penali, costi di disattivazione e restituzione degli eventuali sconti di cui hanno fruito. Di fatto, secondo l’ Antitrust che nel dare il via all’ istruttoria ha accolto le tesi delle associazioni dei consumatori, la condotta di Sky potrebbe essere una violazione del Codice del consumo nella misura in cui non avrebbe acquisito il consenso all’ adesione a un servizio nuovo rispetto all’ abbonamento principale sottoscritto, perché l’ offerta relativa al pacchetto calcio non era la «medesima di un anno prima ma modificata e significativamente ridimensionata». Tre invece le contestazioni al servizio di streaming on demand Dazn. La prima riguarda la presunta ingannevolezza dei messaggi promozionali in cui si dice che il consumatore può fruire del servizio ovunque si trovi, «senza alcun riferimento alle numerose limitazioni tecniche che potrebbero, invece, renderne difficoltosa o addirittura impedirne la fruizione». La seconda contestazione riguarda la presunta ingannevolezza delle informazioni che fanno riferimento al mese gratuito di offerta del servizio senza contratto. In realtà, scrive l’ Antitrust, il consumatore stipula un contratto, come risulta solo entrando in altre pagine relative alle specifiche condizioni, per il quale è inoltre previsto il rinnovo automatico, cosicché è necessario esercitare l’ eventuale recesso per non rinnovarlo. Terza contestazione riguarda la presunta «aggressività» derivante dall’ addebito automatico dei costi mensili «in assenza dell’ acquisizione di un consenso consapevole da parte del consumatore». In particolare, il consumatore sarebbe indotto a credere, avendo creato solo un account sulla homepage di Dazn, di poter fruire del servizio per il primo mese senza alcun addebito. In realtà, l’ iscrizione per la fruizione gratuita del primo mese comporterebbe l’ automatico addebito dell’ importo per i mesi successivi di utilizzo a meno che non si eserciti il recesso.
Frequenze tv, verso una soluzione per la Rai
Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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I problemi della Rai per il passaggio della banda 700 alle tlc potrebbero trovare una soluzione più velocemente del previsto. Ieri nel Tavolo Tv 4.0, presso il ministero dello Sviluppo economico, Confindustria Radio Televisioni ha presentato una proposta che ridisegna il processo di liberazione delle frequenze e il passaggio al digitale terrestre di seconda generazione rispondendo a gran parte dei rilievi fatti dalla tv pubblica ma ovviamente contemperando anche le richieste degli altri operatori. Con la proposta di Crtv si eviterebbe l’ oscuramento di Rai 3 in molte aree del paese in cui le case sono sprovviste delle antenne per la ricezione in Vhf perché il multiplex 1, destinato al terzo canale, sarebbe completamente in Uhf. Questo comporterebbe un minor investimento da parte della Rai (circa 200 milioni di euro, secondo le stime) e minori disagi per i cittadini che non hanno la specifica antenna (un tempo tutti avevano l’ antenna in Vhf per ricevere il primo canale, con l’ avvento del Dtt non è stata più necessaria perché gli stessi canali sono visibili anche in Uhf). L’ allarme della Rai era scattato già la scorsa settimana quando viale Mazzini ha presentato ricorso al Tar del Lazio contro il piano delle frequenze redatto dall’ Agcom come prescritto dalla Legge di bilancio 2018 che ha avviato il processo di transizione. Fra i punti contestati l’ obbligo che il mux 3 della tv pubblica restasse soltanto in Vhf (oggi ha una doppia trasmissione in tutta Italia) e la conseguente necessità di un suo adeguamento. Inoltre la Rai contestava anche l’ obbligo di riservare l’ 80% della capacità trasmissiva del mux alle locali. Ma i correttivi proposti da Crtv vanno ovviamente anche oltre questo. L’ associazione che riunisce i maggiori broadcaster richiede infatti 12 frequenze per le tv nazionali, in luogo delle 10 previste dal piano dell’ Agcom. Le due frequenze in più dovrebbero arrivare dalle locali, che attualmente hanno la riserva di un terzo delle risorse disponibili, ovvero 4 (più parte del mux 1). Non solo, anche alcune nazionali, non interessate al passaggio al digitale terrestre di seconda generazione (Dvb-t2) potrebbero lasciare le proprie frequenze. Per questo nella proposta oltre alla rottamazione volontaria delle locali si prevedono anche indennizzi per le nazionali. Fra gli operatori interessati potrebbero esserci Europa7, Retecapri e anche H3G. Recuperare questi spazi consentirebbe di non avere condomini fra operatori nei multiplex. A coloro che oggi hanno 5 mux (Rai, Mediaset, Persidera) ne sarebbero infatti garantiti 3, in luogo dei 2,5 previsti originariamente. I tre rimanenti andrebbero a Cairo, PrimaTv e a uno degli altri operatori eventualmente non uscito. Una situazione del genere comporterebbe un esborso anche per le nazionali, ma bloccherebbe i ricorsi che la maggior parte degli operatori ha presentato al Tar. Per garantire il sostegno alle locali rimanenti dovrebbero inoltre essere stabilizzati i contributi annuali. Proprio dall’ associazione Aeranti-Corallo è arrivata però ieri la puntualizzazione: «È inaccettabile che si discuta solo dell’ ipotesi di soppressione della riserva a favore delle tv locali di un terzo della capacità trasmissiva del piano di assegnazione delle frequenze», ha detto il coordinatore Marco Rossignoli, «senza affrontare, allo stesso tempo, il tema di come garantire, attraverso norme organiche, la continuità aziendale e il futuro delle tv locali, a seguito del rilascio della banda 700 e del passaggio al DVB-T2. Occorre infatti considerare che le tv locali danno occupazione a quasi 3 mila lavoratori dipendenti, di cui circa il 50% giornalisti e che le stesse svolgono un importante ruolo di informazione sul territorio».
Rcs, Cairo: bene risultati dei primi nove mesi
Italia Oggi
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«Abbiamo avuto un semestre buonissimo. Adesso ci sarà il cda che comunicherà i risultati dei nove mesi, però direi bene, ottimamente». Lo ha dichiarato ieri il presidente e amministratore del gruppo Rcs, Urbano Cairo, a margine del premio Cairo 2018. L’ imprenditore ha quindi confermato l’ obiettivo di riduzione dell’ indebitamento: «Noi scendendo sotto i 200 milioni di euro facciamo già dei passi in avanti notevoli. Soltanto due anni fa, quando io arrivai, erano 430 milioni. L’ obiettivo è di azzerare il debito, a meno che non ci siano opportunità talmente interessante da fare ulteriori investimenti in attività editoriali. Vediamo, se ci saranno opportunità le valuteremo». Al riguardo, Cairo non ha però rivelato se vi siano già dei dossier aperti. «Finché i dossier non si chiudono in senso positivo non ha senso parlarne», ha affermato. Per quanto riguarda il possibile taglio dei contributi all’ editoria, Cairo ha spiegato che non ha questo timore: «Noi non riceviamo contributi. Mi dispiacerebbe per quelle aziende che invece ricevono contributi importanti, tipo l’ Avvenire o lo stesso Libero, che in questo caso avrebbero un forte ammanco nel bilancio e questo sarebbe un peccato. Se ci sono quei contributi evidentemente qualche titolo ce l’ hanno e sarebbe un peccato toglierli, tenendo conto che questi contributi una volta erano 180 milioni e adesso sono scesi in maniera molto importante, a 60 milioni. Quindi direi che sono davvero ridotti al minimo».
Alleanza delle Cooperative Italiane Comunicazione, no ai tagli, subito un tavolo.
Italia Oggi
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«No a tagli indiscriminati di risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, ma la proposta, al sottosegretario Vito Crimi e al governo, di avviare subito un tavolo di confronto con tutte le categorie impegnate nella fi liera editoriale dell’informazione per ricercare, a partire dalla legislazione attuale, nuovi possibili miglioramenti sul terreno del rigore, della trasparenza e dell’innovazione». Lo sostiene in una nota l’Alleanza delle Cooperative Italiane, la sigla che raccoglie le cooperative che agiscono e lavorano nel mondo della comunicazione in Italia. «La legge sull‘editoria, frutto di un lungo e spesso diffi cile confronto tra governo, parlamento e parti sociali nella precedente legislatura ha certamente ancora molte cose da migliorare, ma rappresenta un primo punto fermo da cui partire. In particolare, la nascita del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione si è accompagnata alla scelta di inasprire controlli e procedure di verifi ca sulle condizioni di accesso ai contributi e, nel contempo, a quella di limitarne la soglia massima, in cambio di una diversa certezza per le imprese giornalistiche di risorse, di tempi e modalità di erogazione dei contributi».
Rai, Foa in campo per le nomine irrita il M5S: ” Non è il suo ruolo”
La Repubblica
GIOVANNA VITALE
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roma Non c’ è solo il braccio di ferro sul Tg1, che la Lega vorrebbe diretto da Gennaro Sangiuliano ( « L’ unico in grado di cambiare la narrazione del Paese, raccontare al meglio il progetto sovranista » ) e il M5S invece affidare a Giuseppina Paterniti, una donna, vicedirettrice dei Tg regionali, per molti anni corrispondente da Bruxelles. A frenare la chiusura dell’ accordo sulla Rai, oltre ai dissapori fra Salvini e Di Maio, è anche il protagonismo di Marcello Foa. Da un paio di settimane il presidente organizza colloqui riservati con i candidati ai ruoli di vertice. Chiede curricula e raccoglie informazioni come se fosse lui a dover firmare le nomine. Si confronta un giorno sì e l’ altro pure col vicepremier padano. Un filo diretto che bypassa completamente l’ amministratore delegato Fabrizio Salini, a cui in realtà spetterebbe il compito di scegliere direttori di Rete, Tg e controllate. Di disegnare, in sostanza, il servizio pubblico dell’ era giallo-verde. Un movimento parallelo, quello di Foa, non solo irrituale rispetto al passato, ma in contrasto con la funzione di garanzia assegnata dalla legge. Così sfacciato da non passare inosservato: non nei corridoi di Viale Mazzini, che rimbombano di commenti al vetriolo, e neppure nei palazzi della politica targata Cinquestelle. Dove il malumore, mescolato all’ attendismo sospetto del Carroccio, si sta progressivamente trasformando in insofferenza nei confronti di chi è ormai vissuto come il cavallo di Troia piazzato al settimo piano della tv di Stato per colonizzarla a discapito degli alleati. Un rischio da soffocare sul nascere. Accelerando i tempi, che invece Salvini sembra voler rallentare: un po’ perché la Lega, come dimostrano i sondaggi, ad assetti invariati continua a mantenere una notevole ( e benefica) visibilità su tutti i notiziari Rai; un po’ per la speranza di strappare, nel protrarsi del tira e molla, condizioni di miglior favore. Non è allora un caso che l’ ad Salini stia facendo gli straordinari per concludere al più presto la partita delle nomine: al cda di dopodomani, o al più tardi venerdì. Mentre ieri, raccontano i bene informati, è stato il senatore grillino Gianluigi Paragone a incaricarsi di chiamare Foa per dargli l’ altolà: « Guarda che non puoi metterti a fare l’ ad ombra, non è il tuo ruolo», lo avrebbe redarguito l’ ex direttore di Rai2. La ragione è facile da intuire: tocca al presidente convocare il cda, perciò meglio non fare scherzi. « Altrimenti ci mettiamo cinque minuti a dire pubblicamente che così non va», ha avvertito Paragone buttando giù il telefono. Una controffensiva che trasuda irritazione e impazienza. Tradotta in mattinata nella nota diffusa contro il vicepremier leghista, che la sera prima aveva dichiarato di voler puntare su risorse interne, senza epurazioni, magari con la conferma di nominati del periodo renziano. « La Rai deve restare libera dalle pressioni politiche » , hanno tuonato fonti del Movimento, «questo è l’ unico modo per rilanciarla realmente. Fabrizio Salini e Marcello Foa sono garanzia di imparzialità e competenza. Le nomine non le fa Salvini. Basta fare i fenomeni » . In linea con l’ attacco del Pd: « È gravissimo che Salvini si stia occupando delle direzioni dei Tg » , ha protestato il dem Anzaldi. E siccome a questo punto rimettere in discussione l’ intesa raggiunta a fatica dai giallo-verdi nelle ultime settimane appare improbabile, non resta che limare gli ultimi dettagli. E così se per Salvini non sarà possibile prendere il Tg1, Sangiuliano sarà dirottato sul Tg2. E se la prima testata nazionale andrà alla Paterniti, Marcello Ciannamea prenderà Rai1. Alla Rete2 invece scendono le quotazioni di Maria Pia Ammirati e salgano quelle di Ludovico Di Meo e Federica Sciarelli. La quale, però, è in pista anche per la Rete3 al posto di Coletta, dato in principio per riconfermato. Stessa sorte del direttore del Tg3 Luca Mazzà, che potrebbe essere infine sostituito con un outsider dei Cinquestelle.
Totonomine
La Repubblica
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Giuseppina Paterniti Dal 2015 è vicedirettrice dei Tg regionali, è stata a lungo corrispondente Rai da Bruxelles. I 5S la vorrebbero alla guida del Tg1 Gennaro Sangiuliano 56 anni, dal 2009 vicedirettore del Tg1 ed ex vicedirettore di Libero. La Lega lo vorrebbe alla direzione del Tg1 ma potrebbe andare al Tg2 Luca Mazzà Classe ’62, è direttore del Tg3 dal luglio del 2016, quando ha sostituito Bianca Berlinguer. Possibile la sua riconferma Marcello Ciannamea 53 anni, direttore dei palinsesti della Rai, già in corsa come ad. Gradito alla Lega, è il favorito per la guida di Rai 1.
L'articolo Rassegna Stampa del 16/10/2018 proviene da Editoria.tv.