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Rassegna Stampa del 03/10/2018

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Indice Articoli

Il settembre nero del Biscione: Canale5 è scomparsa

Mediaset e le 5 sorelle: chi vince nel grande risiko delle radio

Chessidice in viale dell’ Editoria

Ue, spot più liberi in televisione

È Rai Play la Netflix italiana

La Stampa in tour per l’ Italia a parlare delle Sfide dell’ innovazione

Sassoli de Bianchi: il servizio pubblico non deve essere audience-dipendente

Il cinepanettone finisce su Netflix. Con Ghini che fa Conte

Paragone: il Tg1 sul Pd? Infantile. Caso Cottarelli in vigilanza

Venti eurodeputati contro Foa: da lui fake news

Arrestato il sindaco paladino dei migranti

Sky a Mogol: sempre pronti al dialogo con Siae

Lo strumento dei cattolici che scoprirono il sociale

Della Valle fa il riassetto E mette Rcs col mattone

La due giorni di Sky Arte a Palermo

La fiction sospesa dalla Rai: attendiamo l’ inchiesta

È polemica sulla possibile partecipazione di Antonio Ricci (nella foto) al ricordo di Enzo …

COMUNICATO SINDACALE

Zingaretti-Ranieri La coppia record straccia il GF Vip

“Denuncio la Rai ha svelato a mia figlia che ero un killer”

Con i misteri di “Manifest” parte il connubio Sky-Mediaset

Dalle fatine Winx ai “44 gatti” partono dai colli marchigiani i cartoon per i bimbi del mondo

«Sono in salute», la rivista che fa star bene la famiglia

La fiction tv che fa ricco il cinema

I SIGNORI DELLA NOTTE

Il settembre nero del Biscione: Canale5 è scomparsa

Il Fatto Quotidiano
Carlo Tecce
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Mediaset non funziona più. Il lifting di Rete4 – passata da piazza pullulante di rancore a salotto di pensose riflessioni – non copre le rughe di un gruppo incapace di inventare e reinventarsi.Il mese di settembre boccia con severità il Biscione. Un paio di numeri: in prima serata, Canale 5 si ferma al 12,29 per cento di share (Rai1 è al 20) e Italia 1 sprofonda sotto il 5 per cento. Mediaset crolla, la Rai sale. Il confronto è inevitabile per comprendere i rispettivi quadri clinici. Il vicepremier Luigi Di Maio, negli studi di La7, una concorrente del servizio pubblico, è stato molto scettico: “La nostra più grande sfida è mettere le mani sulla Rai, rimetterla in moto e garantire il merito. Una cosa è certa: gli italiani non possono pagare il canone per una Rai in queste condizioni”. Quali condizioni? Nel giorno medio di settembre, il pacchetto di Viale Mazzini – generaliste e tematiche – agguanta il 36,6 per cento di share con una crescita dell’ 1,5 sul 2017, mentre Mediaset arranca al 29,2 per cento (-2,16 sul 2017). In sintesi: il servizio pubblico stacca di 7,4 punti Mediaset. Gli inserzionisti pubblicitari, però, osservano con maggiore attenzione la fascia pregiata che va – almeno ancora per l’ Auditel – dalle 20:30 alle 22:30. I primi tre canali di Viale Mazzini, sempre in settembre, sono al 33,6 per cento di share (+2,86 sul 2017); quelli del Biscione, invece, perdono l’ 1,87 per cento e si fermano al 21,8. Vuol dire che il divario tra la Rai e Mediaset è di 11,56 punti: una voragine. Nel complesso, in prima serata (includendo le tv tematiche), un milione di italiani ha abbandonato il Biscione. I canali della famiglia Berlusconi soffrono in maniera indistinta. Canale5 si è ristretta, Italia1 pure e Rete4 – pompata ovunque – aumenta di neanche mezzo punto al 4,62, tampinata da La7 al 4,43 in prima serata. Ora al Biscione devono sperare che le impressioni di settembre siano sbagliate e che il pubblico all’ improvviso ritorni su Canale5, considerato un canale che si accende a tratti – con qualche trasmissione, con qualche partita – e non più centrale nell’ intrattenimento. A Maria De Filippi e colleghi, ancora una volta, il compito di risollevare il Biscione. C’ è un dubbio, però: i centri media possono continuare a dirottare oltre 2 miliardi di investimenti pubblicitari su Cologno Monzese? È vero che i telespettatori Mediaset sono più giovani e più “consumatori” di quelli del servizio pubblico, ma è anche vero che è complicato ottenere in eterno il 55/60 per cento del mercato degli spot in tv.

Mediaset e le 5 sorelle: chi vince nel grande risiko delle radio

Il Fatto Quotidiano
Marco Maroni
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Durante la campagna per le Politiche del 2006, il premier uscente Silvio Berlusconi fece un intervento da 24 minuti a Isoradio, l’ emittente Rai per gli automobilisti, nel momento di massimo traffico: ci furono proteste delle opposizioni e del sindacato Usigrai (le elezioni poi le vinse di misura l’ Unione di Prodi). Allora, il gruppo Mediaset dei Berlusconi non possedeva emittenti radio mentre oggi è leader, con oltre 12 milioni di ascoltatori al giorno dichiarati. L’ ultimo acquisto, a inizio settembre, è Radio Montecarlo, quasi 1,5 milioni di ascoltatori. In termini economici, la radio ha un peso marginale: secondo l’ Agcom, 629 milioni di giro d’ affari nel 2017 (compresi 101 di canone Rai e 38 di contributi pubblici), contro gli 8 miliardi della televisione e i 2,2 del web. Gode però di buona salute. “A parte Internet, è il mezzo che è uscito prima dalla crisi, il fatturato è in crescita”, dice Marco Rossignoli, presidente del Tavolo editori radio (Ter), che cura la rilevazione degli ascolti. Secondo i dati di Fcp-Assoradio (federazione delle concessionarie di pubblicità), nei primi sei mesi del 2018 il fatturato pubblicitario delle emittenti è aumentato del 6,8% sul primo semestre 2017. Gli ascolti sono formidabili: in media, 34,5 milioni al giorno, compresa l’ emittenza locale che fa un terzo del settore. Con pochi mezzi si raggiunge una platea enorme. Gli ascoltatori sono in aumento con le nuove tecnologie, soprattutto il digitale terrestre Dab (digital audio broadcasting), il cui segnale per legge dal 1° giugno arriverà a tutte le autoradio e dal 2020 a tutti gli apparecchi radiofonici. Accanto, l’ uso del web e di piattaforme tv da parte delle emittenti radiofoniche e la crescente interazione tra radio e utenti sui social che aumenta audience e affari. Mediaset. Col nuovo acquisto Radio-Mediaset raggiunge, tra network nazionali (Radio 105, R101 , Virgin Radio e Rmc) e sovra-regionali (Subasio, leader nel Centro Italia, 1,8 milioni di ascoltatori, acquistata nell’ agosto scorso per 25 milioni), 12,7 milioni di utenti; anche se va notato che il dato non tiene conto delle duplicazioni: gli ascoltatori che seguono nella giornata più di un canale del gruppo. Quest’ anno il fatturato pubblicitario dovrebbe avvicinarsi ai 70 milioni rispetto ai 60 previsti senza Rmc. A parte la crescente influenza culturale e politica, l’ aggregazione è un’ opportunità per la concessionaria Mediamond (50% Mediaset, 50% Mondadori), che affianca il più giovane pubblico della radio a quello di tv e stampa. Le offerte di spazi pubblicitari a pacchetto, tv più stampa più radio, faranno però verosimilmente calare il costo/contatto degli annunci radio, mettendo in difficoltà le altre emittenti. A rendere il gruppo dominante sono poi le sinergie nel marketing: promozione delle radio gratis o a prezzi fuori mercato in tv, e viceversa. Qualificando gli spot radio come “autopromozione”, Mediaset può sforare il tetto del 15% che limita per legge l’ affollamento pubblicitario in tv, senza rinunciare ad altri introiti pubblicitari. Secondo i concorrenti con tale espediente le radio del gruppo nel 2017 hanno evitato costi per quasi 25 milioni. Nel gennaio 2018 Agcom ha diffidato la holding R.t.i. dal proseguire la prassi. Pende un ricorso al Tar, prima udienza fissata per il 28 novembre. Gedi. Il gruppo nato dalla fusione dell’ Editoriale L’ Espresso di De Benedetti e la Itedi di Fca (editrice de La Stampa e del Secolo XIX ) è il secondo per ascoltatori radio. Possiede la storica emittente milanese Radio Deejay, terza in Italia per ascolti, oltre a Radio Capital e M2o. Con 118 addetti in organico di cui 16 giornalisti, nel 2017 ha fatturato 59 milioni. Il risultato operativo di 15,5 milioni ne fa uno dei gruppi più redditizi del settore. Nell’ ottobre 2017 ha acquisito dall’ azionista di controllo Mario Volanti, per 6,5 milioni, il 10% di Radio Italia che ha 5,1 milioni di ascoltatori. Rai. È il primo gruppo per ricavi grazie al canone, 101 milioni l’ anno; la pubblicità ne fa 27,9. Cinque canali storici, 1, 2 e 3 più Gr Parlamento e Isoradio, e dal 2017 cinque canali digitali. Ha l’ 11% di quota di mercato, ma gli ascolti sono in costante calo: -6% nel 2017. La qualità del servizio resta alta, ma senza i soldi prelevati nelle bollette elettriche Radio Rai, con oltre 600 dipendenti, sarebbe fuori mercato. Rtl. È suo il primo posto tra le emittenti private, da oltre 10 anni: sono 7,6 milioni gli ascoltatori nel giorno medio; 70,5 milioni il fatturato consolidato nel 2017 (comprende anche ricavi come le produzioni discografiche), in crescita del 6%. Nel 2016 ha acquistato per 13 milioni Radio Zeta, emittente pluri regionale del Nord con un milione di ascoltatori e l’ anno scorso ha rilevato per 2,1 milioni dalla Lega Nord le frequenze e parte degli impianti della disastrata Radio Padania Libera (altro bacino d’ utenti da un milione) grazie alle quali ha lanciato l’ emittente rock Radio Freccia. Rtl 102,5 Hit Radio srl è della famiglia Suraci. Il capo, Lorenzo Suraci, arrivato a Bergamo da Vibo Valentia, aveva acquistato nel 1987 la Radio Trasmissioni Lombarde per pubblicizzare la sua discoteca il Capriccio, di Arcene (Bg); dopo un inizio stentato, decide di cominciare ad aumentare i ripetitori, poi ad acquistare frequenze, fino a diventare leader in Italia. “Siamo stati tra i precursori del settore insieme a Radio Deejay e 105 – spiega Suraci, che è anche produttore discografico (ha lanciato lui, per esempio, i Modà) – ma i primi a trasmettere a livello nazionale in isofrequenza” (con lo stesso canale, i 102,5 megahertz, ndr). Rds. L’ emittente romana Radio Dimensione Suono, fondata nel 1978, è stata rilevata nel 1981 da Edoardo Montefusco, classe 1953, napoletano, commendatore della Repubblica, ex vicepresidente di Confindustria Roma. Ha fatturato nel 2017 55 milioni. Nel 2017 la concessionaria Rds Advertising ha avuto una crescita dei ricavi di oltre il 10% grazie anche alla raccolta nazionale del circuito di 21 radio locali 100% Special Radio, nato l’ anno scorso per sfruttare il potenziale pubblicitario di contenuti Rds premium (come “100 secondi con Enrico Mentana”). L’ audience è a 5,6 milioni. Punta molto sull’ integrazione delle piattaforme: “Il canale Fm, il Dab, i social network, il sito e le applicazioni – spiega Massimiliano Montefusco, general manager – portano circa un milione e mezzo di utenti in più, dato che viene valorizzato nella raccolta pubblicitaria”. Rds prosegue nel suo sviluppo autonomo, ma stringendo accordi e acquisendo partecipazioni, come il 19% di Radio Italia (società in cui convive con Gedi) e il 25% di Via Radio nel 2017. Dell’ anno scorso anche il tentativo di entrare nel capitale di Radio 24, respinto: “Non è in vendita”, gli è stato risposto. Radio 24. Comprensibile che l’ emittente di Confindustria non sia in vendita, visto che a differenza del quotidiano va bene. Con 2,2 milioni di ascoltatori concentrati nella fascia che il marketing classifica ad alta capacità di spesa, ha registrato ricavi per 17,8 milioni nel 2017 e un margine lordo del 9,4%. Nel primo semestre 2018 la raccolta segna +6,1%.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Ubisoft, partnership con Google per lo sviluppo della tecnologia streaming per i giochi. Ubisoft, l’ azienda produttrice di videogiochi, ha avviato una partnership strategica con Google per lo sviluppo e l’ elaborazione del nuovo sistema streaming Project Stream. Attraverso il Project Stream, Google intende risolvere i problemi legati alla sua tecnologia streaming e la partnership le consentirà di utilizzare il videogioco di Ubisoft, Assassin’ s Creed Odyssey, come base per i suoi test. Vision Distribution, accordo con Cloud 9 Film. Vision Distribution, la nuova società di distribuzione italiana nata nel dicembre 2016 dall’ accordo di Sky con Cattleya, Wildside, Lucisano Media Group, Palomar e Indiana Production, ha scelto Cloud 9 per sviluppare ulteriormente il proprio posizionamento sul cinema internazionale di qualità e commerciale e la ricerca sui mercati di titoli interessanti per il panorama italiano. Cloud 9 Film, fondata da Angelica Canevari, Amedeo Bacigalupo e Sergio Giorcelli, nonostante la sua essenza di start-up vanta già la titolarità di alcuni titoli di library, tra cui Jane Got a Gun con Natalie Portman e Destination Wedding con Keanu Revees. Al festival di Toronto ha acquisito i primi film destinati alla sala a partire dal 2019. Al via la Deejay Ten a Milano. Per la quattordicesima edizione della corsa non competitiva sono più di 35 mila gli iscritti che, domenica 7 ottobre alle 10, si posizioneranno sulla linea di partenza. Si parte da Piazza Duomo, dove già dalle 9:30 il Trio Medusa e altri personaggi di Radio Deejay, animeranno la piazza. Gazzetta, torna Time Out, l’ inserto speciale sul campionato italiano di basket. Con la partenza del 97° campionato di Serie A, la Gazzetta dello Sport offre ancora ai lettori Time Out, lo speciale di basket del mercoledì. Cracco e Bottura gli chef più citati sui media italiani. Secondo Mediamonitor.it, che analizza oltre 1500 fonti informative, a contendersi lo scettro tra gli chef che spopolano ormai anche sui media italiani sono Carlo Cracco e Massimo Bottura con più di 2.000 citazioni a testa e il primo che, dall’ inizio di marzo al 27 settembre scorso, ha raccolto 80 citazioni in più. Al terzo e quarto posto della classifica stilata da Mediamonitor.it ci sono due volti ben noti del panorama culinario televisivo: Antonino Cannavacciuolo e Alessandro Borghese. Disney Channel compie 20 anni. Oggi Disney Channel (Sky, canale 613) spegne 20 candeline. Un compleanno che diventa occasione per celebrare la storia del canale lanciato il 3 ottobre 1998 con la messa in onda di uno dei classici d’ animazione Disney più amati di sempre, Il Re Leone. Antitrust: multe da 576 mila euro per spot ingannevoli sugli integratori. L’ Antitrust ha concluso un procedimento istruttorio nei confronti dei professionisti che vendono e promuovono gli integratori alimentari «Life 120» attraverso il sito internet Life120.it e la trasmissione televisiva «Il cerca salute», diffusa da numerose emittenti televisive locali. Per informazioni ingannevoli e modalità non trasparenti di promozione degli integratori l’ Autorità ha irrogato sanzioni per complessivi 426 mila euro.

Ue, spot più liberi in televisione

Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Le televisioni avranno meno vincoli nel piazzare gli spot televisivi durante la giornata, inseguendo i picchi di audience, mentre anche le piattaforme di video streaming on demand avranno le loro quote di opere europee da rispettare, alla pari dei broadcaster tradizionali. Sono alcune delle novità contenute nel progetto di riforma della direttiva sui media audiovisivi del 2010 che il Parlamento europeo ha definitivamente approvato ieri dopo gli accordi raggiunti nei giorni scorsi con gli altri organi dell’ Unione. Il provvedimento dovrà ora essere approvato formalmente dal Consiglio dei ministri Ue e successivamente gli stati membri avranno 21 mesi di tempo per recepirlo. Attenzione però, su molti di questi punti l’ Italia è già avanti e anzi ha una legislazione più restrittiva, quindi è da vedere quale sarà l’ effetto concreto nel nostro paese. Per quanto riguarda la pubblicità, la direttiva anziché imporre un limite orario come è attualmente, lo pone su fasce orarie: un massimo del 20% di spot dalle 6 alle 18 e sempre un massimo del 20% dalle 18 alle 24. Una maggiore flessibilità richiesta dalle emittenti che così potranno programmare gli spot nei momenti di maggiore ascolto. La formulazione originaria fatta dalla Commissione allentava ancora di più le redini, perché il 20% era calcolato sull’ intera giornata, dalle 7 alle 23. L’ aver introdotto due fasce garantirebbe maggiormente i telespettatori su un eccessivo scivolamento degli spot verso il prime time, la fascia in cui sono venduti a un prezzo maggiore. In Italia attualmente i tetti sono del 12% all’ ora per la Rai e per le pay tv (la prima ha anche un massimo del 4% settimanale) e del 18% all’ ora con un limite massimo del 15% al giorno per le televisioni nazionali gratuite. Vedremo cosa accadrà con l’ entrata in vigore della direttiva, ma ciascun paese può decidere limiti più stringenti rispetto alle norme europee oppure mantenere quelli che ha già come in questo caso. Di sicuro si apre una finestra per rivalutare la disciplina e il governo ha tutta la possibilità ora di allentare la normativa. Anche per quanto riguarda il secondo grande intervento, quello sulle quote di programmazione europea, il nostro paese è andato oltre. La proposta di modifica della direttiva, infatti, prevede per le piattaforme di video on demand l’ obbligo di avere nel catalogo almeno il 30% di opere europee, una quota più alta rispetto al 20% della formulazione originaria della Commissione. Gli over the top, inoltre, dovranno contribuire alle produzioni locali proporzionalmente ai ricavi che generano in ciascun paese. Si ristabilisce, insomma, almeno un po’ di equilibrio rispetto all’ obbligo già esistente in capo ai broadcaster tradizionali, di una quota di programmazione di opere europee almeno pari al 50%. In Italia il decreto Franceschini del 2017 (e le successive modifiche) prevedono quote più alte per i broadcaster e disciplinano già anche l’ on demand. La norma ha alzato l’ obbligo già esistente per le televisioni, dalla quota del 50% di opere europee nella programmazione per quest’ anno, al 53% nel 2019, 56% nel 2020 e 60% nel 2021, con una serie di sottoquote specifiche per le produzioni italiane. Per le piattaforme di streaming on demand dall’ anno prossimo c’ è l’ obbligo di destinare almeno il 30% del catalogo a opere europee e ancora una serie di sottoquote. Si prevede inoltre una quota di investimento del 20% degli introiti netti anni nelle opere europee degli ultimi cinque anni. «Nel 2007 il legislatore comunitario ha evitato di zavorrare servizi emergenti con un carico regolatorio troppo oneroso», commenta Ernesto Apa dello studio legale Portolano Cavallo. «Invece nel nuovo testo si registra una forte spinta all’ avvicinamento del regime dei servizi a richiesta a quello dei servizi lineari: oltre alla facoltà di imporre un contributo finanziario, sono stati introdotti una specifica quota di catalogo e l’ obbligo di dare rilievo (prominence) alle opere europee. In materia di prominence, tra l’ altro, la regolamentazione italiana è tra le più avanzate d’ Europa: Agcom ha individuato ben 14 diverse misure tecniche ed editoriali per dare rilievo alle opere europee». Infine nella proposta dell’ Ue si prevede una maggiore protezione dei minori dai contenuti che incitano alla violenza, all’ odio e al terrorismo: nessun filtro preliminare, ma l’ obbligo di creare un meccanismo trasparente e facile da usare per consentire agli utenti di segnalare i contenuti. © Riproduzione riservata.

È Rai Play la Netflix italiana

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Il nuovo presidente della Rai, Marcello Foa, si auspica che la tv pubblica diventi una sorta di Raiflix. Il nuovo amministratore delegato Fabrizio Salini spiega che «la Rai deve sfidare Netflix per conquistare i giovani». E pure Luigi Di Maio, vice premier, ministro del lavoro e dello sviluppo economico, parla dell’ esigenza che «nasca una Netflix tutta italiana». Insomma, tutti sembrano avere in testa solo Netflix, che è un over the top (ott) americano, privato, quotato in borsa, che produce contenuti (in prevalenza serie tv e film) quasi esclusivamente in inglese, e poi li doppia e li distribuisce in streaming a pagamento in tutto il mondo. Un mestiere, occhio e croce, molto diverso da quello di un servizio pubblico finanziato in gran parte dal canone dei cittadini italiani. Peraltro la Rai avrà anche qualche ritardo sul digitale (soprattutto nell’ informazione, le news), ma è già molto ben messa sul fronte ott. Il lavoro di chief digital officer, in Rai, lo fa Gian Paolo Tagliavia, manager esperto, per 20 anni nel privato (Publitalia, Mtv, Ipg mediabrands), e che dal 2015 è a viale Mazzini proprio per portare la tv pubblica nell’ era digitale. Come ha spiegato di recente al Prix Italia di Capri, sa bene come una media company di servizo pubblico debba lavorare su piani molto diversi da Netflix: «La Rai deve intercettare i bisogni della società. E per farlo, nel concreto, deve individuare attività, prodotti digitali, prodotti televisivi, prodotti editoriali, deve capire cosa si vede e come lo si vede. Ci sono alcune cose che solo il servizio pubblico può fare, come il documentario sui minatori del Sulcis di Rai Radio Tre che ha vinto il Prix Italia, con cui si è arricchito il panorama mediale italiano. Oppure prodotti destinati ai non vedenti, a categoria disagiate, a minoranze. Queste sono cose che i broadcaster privati non fanno. Poi la Rai può lavorare in ambiti che pure i concorrenti coprono. Lì, però, ci vuole uno sguardo diverso rispetto ai player commerciali, prodotti con sensibilità che altri non hanno. Pensiamo solo al mercato bambini, ai canali Rai o alle app di Yo-Yo senza pubblicità». Nel processo di digitalizzazione, quindi, la Rai ora si presenta con Rai.it, e poi l’ ott Rai Play, esteso anche alla radio con Rai Play Radio, e quindi Rai Play Yo-Yo. «A luglio, inoltre», prosegue Tagliavia, «abbiamo iniziato la digitalizzazione della Tgr, i telegiornali regionali. A Bolzano abbiamo aperto tre siti di informazione, in italiano, in tedesco, in ladino. Questo è servizio pubblico. Stiamo lavorando per lanciare nuovi servizi Rai in digitale sul meteo, il traffico, la cultura. L’ unico tasto dolente è nella informazione nazionale, con i siti dei vari tg che non possono essere nelle posizioni in cui sono ora quanto a audience». In questo universo che chiede a gran voce una Rai digitale ci si deve però confrontare con alcune contraddizioni: «Da un lato», continua Tagliavia, «il mondo digitale va verso una personalizzazione dei contenuti, dall’ altro, però, si chiede al servizio pubblico di essere universale. Ci chiedono di ridurre il digital divide, il divario tecnologico tra generazioni, tra zone geografiche. Però ci viene anche richiesto di ingaggiare il pubblico dei teen, dei giovani adulti che ti sei perso alla tv». Un mix di scelte di cui, ovviamente, Netflix non deve farsi carico. Ma la Rai sì. Come se ne esce? «Beh, in tema di universalità ci viene incontro il network Rai, il lavoro che facciamo con i direttori della fiction, dei canali, del cinema, dei grandi eventi. Quanto alla personalizzazione, quando abbiamo lanciato Rai Play, sin da subito abbiamo registrato gli utenti, per riconoscerli singolarmente, sapere i loro gusti. La Rai Play di mio figlio non può essere la mia, i suggerimenti dei contenuti devono essere diversi. Le tv connesse e le teche Rai ci aiuteranno a ridurre il gap, il digital divide, ingaggiando anche un pubblico più adulto che cerca materiale d’ archivio». Una vera grande rivoluzione che Netflix ha introdotto nel mondo dell’ intrattenimento è il cosiddetto binge watching, la modalità di consumo di molti episodi di una serie uno dopo l’ altro, in sequenza bulimica. E qui la Rai è già attrezzata molto bene: «Prima degli ott», aggiunge Tagliavia, «e quindi parliamo di due-tre anni fa, bisognava sempre raccontare dove erano i prodotti online, richiamando l’ url del sito internet e quant’ altro. Ora tutto questo non c’ è più, la mera distribuzione del contenuto è data per scontata. Dal mio punto di vista, era però importante che determinate pratiche fruitive, tipo il binge watching, non fossero esclusiva di offerte pay. Se ci pensiamo, prima di Netflix, anche le offerte pay erano o live, oppure on demand ma solo dopo la messa in onda live. Dopo Netflix, invece, si può vedere una intera serie tutta in una volta, senza aspettare che vada prima in tv, o che il film esca prima al cinema. Ecco, Rai Play è il primo servizio ott gratuito a puntare sui cosiddetti box sets, tutte le puntate di una serie che si possono vedere una via l’ altra». Insomma, la Netflix italiana, e di servizio pubblico, probabilmente già esiste. E si chiama Rai Play. © Riproduzione riservata.

La Stampa in tour per l’ Italia a parlare delle Sfide dell’ innovazione

Italia Oggi

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La Stampa lancia una serie di 7 incontri assieme a Il Mattino di Padova, Il Piccolo e Il Messaggero Veneto, in Toscana con Il Tirreno e in Liguria con Il Secolo XIX, per capire come la tecnologia sta cambiando quotidianamente il mondo intorno a noi e come sia possibile coglierne appieno i vantaggi. Oltre alle firme del quotidiano torinese e a quelle delle testate Gnn (Gedi news network, dell’ omonimo gruppo di cui fa parte il giornale diretto da Maurizio Molinari), partecipano al confronto rappresentanti delle istituzioni, delle aziende, delle scuole, delle start-up e un gruppo di lettori. Gli appuntamenti de Le sfide dell’ innovazione faranno tappa a Torino, Udine, Alba, Livorno, Genova, Trieste e Padova fino a marzo 2019; primo incontro nel capoluogo piemontese sabato prossimo (alle ore 18 alle Ogr di Torino). Tra gli ospiti, oltre a Pepper il robot umanoide dell’ Intesa innovation center, la sindaca di Torino Chiara Appendino, il presidente di Prima Industrie Gianfranco Carbonato, il fondatore di Reply Mario Rizzante e il rettore del Politecnico Guido Saracco. E ancora il commissario straordinario per l’ attuazione dell’ Agenda digitale Diego Piacentini, a pochi giorni dalla fine del suo mandato. Chiude la giornata il dialogo tra il direttore Molinari e Carlo Messina, a.d. di Intesa Sanpaolo (main partner dell’ iniziativa). Il sito www.lesfidedellinnovazione.it, La Stampa e i quotidiani partner copriranno l’ iniziativa e i singoli contributi emersi, oltre ad assicurare la diretta streaming.

Sassoli de Bianchi: il servizio pubblico non deve essere audience-dipendente

Italia Oggi

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Il servizio pubblico Rai non deve essere audience-dipendente, bisogna lavorare per obiettivi diversi da quelli delle tv commerciali. Lo ribadisce a gran voce Lorenzo Sassoli de’ Bianchi, presidente di Upa (Utenti pubblicità associati) nel corso di un recente convegno al Prix Italia di Capri: «Gli italiani sono contrari alla privatizzazione della Rai. La tv pubblica deve essere un totem, un pilastro della società italiana. E proprio per questo io credo che la Rai debba fare societing (termine secondo cui l’ impresa non è più un semplice attore economico che si adatta al mercato, ma un attore sociale incastonato nel contesto sociale, ndr), essere esemplare, molto di più dei concorrenti privati. Quanto a Upa», conclude Sassoli de’ Bianchi, «gli investitori pubblicitari sono molto più interessati a lavorare con Rai su progetti di comunicazione specifici e unici, mentre sono meno interessati a mettere nei canali Rai dei semplici spot, cosa che già facciamo in tutte le altre televisioni».

Il cinepanettone finisce su Netflix. Con Ghini che fa Conte

Italia Oggi
GIORGIO PONZIANO
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Massimo Ghini (protagonista del film A casa tutti bene, regia di Gabriele Muccino) ingaggiato da Netflix per impersonare il presidente del consiglio, Giuseppe Conte. Il film si intitolerà Natale a 5 stelle. Il regista Carlo Vanzina aveva pensato (come sempre) a un film nelle sale per le feste di fine anno ma si è fatta avanti Netflix e la pellicola anziché nelle sale approderà in tv e sarà trasmessa a dicembre. Anticipa Ghini: «Racconteremo la storia di un primo ministro in viaggio di lavoro con il proprio staff. Ho studiato il premier Conte, anche se il riferimento non è imitativo, non sono un imitatore, pure se nel film c’ è un riferimento al governo, ai ministri, a quelli che sono ora sul ponte di comando. Parliamo di una commedia e una commedia fa sicuramente meno danni della politica». Inoltre Netflix proporrà, dal 30 novembre, Baby, altra produzione made in Italy, che racconta il caso di cronaca che vide coinvolte delle minorenni del quartiere Parioli, a Roma, che si prostituivano per noia. Luca Manfredi dopo la regia della fiction (Rai1) dedicata a suo padre, In arte Nino, dirigerà una serie (sempre per Rai1) su un amico di famiglia, Alberto Sordi, che sarà interpretato da Edoardo Pesce (comparso tra l’ altro, su Canale5, nei Cesaroni). Sarà in palinsesto il prossimo anno. Dice: «Alberto era un amico di famiglia. Lo conoscevo molto bene perché veniva a pranzo o a cena spesso a casa nostra. Era veramente divertente. Ma non basta: sto studiando molto e sto leggendo vari libri su di lui». Elisa Isoardi (nonostante gli auguri del fidanzato, Matteo Salvini) non riesce a mantenere gli ascolti di Antonella Clerici alla Prova del cuoco (Rai1). È sotto di 600 mila telespettatori e viene a volte addirittura superata da Barbara Palombelli col suo Forum (Canale5): 12,6% di share contro 18,9%, una débâcle per la rete diretta da Angelo Teodoli che da tempo aveva il primato in questa fascia oraria e che ora invece deve cedere lo scettro a Canale5. Stefano Coletta, direttore di Rai3, scippa a Sky il programma I miei vinili e fa traslocare sulla sua rete Riccardo Rossi che condurrà ben 20 puntate dall’ 11 ottobre (in seconda serata) con ospiti (Renzo Arbore, Claudia Gerini ecc.) che racconteranno ricordi e aneddoti legati ai dischi in vinile, che per altro stanno vivendo un certo revival. Stesso copione della scorsa stagione, quando il programma andò in onda su Sky. Dice Rossi: «Il disco in vinile è come un profumo e non si scorda, così come tutti gli uomini di una certa sensibilità ricordano il profumo che portava la ragazza del primo bacio». Sergio Castellitto è tornato su un set di Rai1 dopo avere interpretato Aldo Moro nell’ omonima fiction. Questa volta però nessun riferimento alla politica. Svela: «Ho quasi finito di girare a Firenze, si tratta di una serie dedicata alle botteghe storiche, un’ esperienza del tutto nuova per me». Max Giusti cercherà, da domenica 7 ottobre, di farsi posto nell’ affollata proposta dei cooking show. Condurrà su Nove il nuovo programma C’ è posto per 30? In ogni puntata una giuria popolare di 30 persone valuterà le specialità proposte da due ristoranti della stessa zona per decretare qual è il migliore. Intanto Food Network (appartiene a Discovery, come il canale Nove) festeggia il superamento delle 800 ore di produzioni originali, un tormentone tra i fornelli. Anche Italia1 in cerca di audience si affida al cibo, ma quello di strada. Dal 7 ottobre lo chef Simone Rugiati insieme a Ludovica Frasca condurranno la seconda stagione di Street Food Battle, sfida per individuare i migliori food truck italiani. Il tutto sponsorizzato dalla Coca-Cola. Alda D’ Eusanio, messa alla porta dalla Rai nel dicembre 2013 per alcune frasi pronunciate alla Vita in diretta (Rai1) sull’ opportunità o meno della vita vegetativa per chi si ritrova in coma, ritorna in tv con un suo programma (ha partecipato a Matrix Chiambretti, su Canale5, ma come ospite). Titolo: Vite da copertina, dal lunedì al venerdì alle 17,45 su Tv8. In particolare saranno proposte le sfide Vip (o quasi) come quelle tra Selvaggia Lucarelli e Alba Parietti, Barbara D’ Urso e Federica Panicucci, Giancarlo Magalli e Adriana Volpe. Accanto alla risorta D’ Eusanio vi sono i giornalisti Alessio Viola e Barbara Tarricone e l’ avvocato Alessandro Simeone. Cristina Parodi sembra mal digerire il successo di Mara Venier che ha preso il timone di DomenicaIn (Rai1) dopo la sfortunata scorsa stagione da lei condotta. Così riferendosi alla Venier e a Barbara D’ Urso (che la asfaltava con la sua DomenicaLive su Canale5) dice: «Ah lo so si vedono le mie rughe! Non mi faccio mettere un armamentario di luci come hanno loro, perché la mia faccia è questa e va bene così. Non posso apparire come la Madonna, non mi piacerebbe». Karen Wakefield, regista della serie tv Marte, tiene a battesimo National Geographic+ (nuovo canale su Sky on Demand). Il pianeta sembra assai trendy. Infatti a esso dedica un programma, domani in seconda serata, anche Focus, la rete tematica (canale 35 del digitale terrestre) Mediaset diretta da Marco Costa. Saranno intervistati gli scienziati italiani che hanno verificato la presenza di acqua sul pianeta. Prima dello speciale, firmato da Mario Cirus, sarà trasmesso (alle 21,15) il film Missione su Marte, regia di Brian De Palma. Insomma, una serata davvero marziana. Lilli Gruber torna in Rai ma come ospite di Caterina Balivo su Rai1 che tenta di ravvivare il suo programma, Vieni da me (Rai1), con un po’ di pepe. Perciò domanda alla Gruber: «Hai fatto l’ amante?». E lei risponde: «Con mio marito ci siamo conosciuti a Bagdad sotto le bombe, ci siamo innamorati ma eravamo entrambi impegnati, quindi ci siamo aspettati». Buona la prima? Intanto, come si addice alle primedonne, Lilli Gruber pizzica Barbara Palombelli, che con Stasera Italia (Rete4) va in onda contemporaneamente a Otto e mezzo (La7): «La trasmissione della Palombelli? In tv c’ è spazio per tutti, l’ ho vista un paio di volte prima che iniziasse il mio Otto e mezzo. Non voglio dare giudizi sul programma, dico solo che da quando abbiamo cominciato noi, salvo il primo giorno, battiamo Rete4 tutte le sere». Buona anche la seconda? Mara Venier e Barbara D’ Urso pari e patta. La sfida della domenica pomeriggio tra DomenicaIn (Rai1) e DomenicaLive (Canale5) continua sul filo del rasoio. Nell’ ultima puntata la D’ Urso ha ottenuto il 15,7% di share, la Venier il 15,5%. La serata è stata vinta da Fabio Fazio con Che tempo che fa al 16,09% (3,7 milioni di telespettatori). Sabato sera l’ esordio di Belén Rodriguez con la quinta stagione di Tu sì que vales (Canale5) ha come previsto battuto Ulisse (Rai1) di Alberto Angela, il quale però si è difeso bene e va dato atto al direttore di Rai1, Angelo Teodoli, di avere fatto una scelta da servizio pubblico proponendo un programma di divulgazione culturale in una serata in genere riservata ai lustrini. Ulisse ha registrato quasi 4 milioni di telespettatori (21%), Tu sì que vales ne ha ottenuti 4,7 milioni (28,8%). Infine sconfitto sonoramente, lunedì sera, il Grande Fratello Vip (Canale5), condotto da Ilary Blasi, doppiato (3,2 milioni, 19%) dall’ ultima puntata (su Rai1) della fiction La Vita promessa (6,1 milioni, 26,2%) diretta da Ricky Tognazzi. Valentina Bellè (è stata nel cast di Genius Picasso, su National Geographic) interpreterà la blogger Valentina Santandrea in una fiction per Rai2, Volevo fare la rockstar. Accanto a lei, Giuseppe Battiston. È la prima serie Rai dedicata alle problematiche legate ai web influencer. Saranno 18 puntate in onda in primavera. Csaba dalla Zorza (esperta di galateo), Roberto Valbuzzi (chef) e Diego Thomas (architetto) sono i giudici di Cortesie per gli ospiti, appuntamento quotidiano feriale (alle 20,10) di Real Time (canale 31) dall’ 8 ottobre. In ogni puntata si sfideranno due squadre che avranno carta bianca sul tema da affrontare tra un piatto e l’ altro. Ma i concorrenti sono seguiti anche durante la spesa, mentre scelgono ciò che utilizzeranno per la loro cena. Vince la coppia che meglio si propone non solo nel cibo ma anche nel way of life. © Riproduzione riservata.

Paragone: il Tg1 sul Pd? Infantile. Caso Cottarelli in vigilanza

Corriere della Sera
Antonella Baccaro
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Gianluigi Paragone, giornalista, oggi senatore del M5S e capogruppo nella Commissione di Vigilanza Rai, la cito testualmente dal Blog delle Stelle di lunedì scorso: «I telegiornali vendicativi sono una scorrettezza, a maggior ragione se sono pagati coi soldi del canone. Ed è quello che ormai accade puntualmente col TgUno». Per caso sta chiedendo la testa del direttore Andrea Montanari? «No, sto contestando la gerarchia delle news del suo Tg. La notizia della manifestazione del Partito democratico di domenica scorsa non era da apertura del telegiornale delle 20. Del resto, sul Corriere della Sera di lunedì la stessa notizia era confinata a pagina dieci». Cosa avrebbe dovuto aprire il telegiornale delle 20? «Ad esempio il Documento di economia e finanza con tutte le sue polemiche, per carità. Questa idea che la politica debba prevalere nei telegiornali non la capisco. Alla gente interessa quel che riguarda il portafoglio. Lo dico da giornalista». Ma lei ora è un politico, vigila sulla Rai. Quel che dice ha delle conseguenze. Non è un’ osservazione tra colleghi. «In questo caso sto parlando da giornalista che ha diretto testate e ideato programmi e che non dimentica come si fa un notiziario. Come un commentatore sportivo, ex giocatore, non dimentica il suo passato in campo». Da direttore del quotidiano leghista la Padania, ai suoi tempi, avrà messo in prima pagina tutte le manifestazioni del Carroccio. Pensa che il TgUno si sia comportato come un organo di partito del Pd? «No, quello che è successo mi è sembrato piuttosto un dispettuccio, un infantilismo giornalistico. Mentre mi sembra una malizia forte il fatto che da Fabio Fazio, a “Che tempo che fa” sia ospite fisso Carlo Cottarelli (ex commissario alla spending review, per pochi giorni premier incaricato dopo il passo indietro di Giuseppe Conte,ndr)». Qual è la sua contestazione nel merito? «Mi sembra che Fazio voglia fare con questa “omelia della domenica” di Cottarelli un lavaggio del cervello agli italiani per convincerli che le manovre di un governo populista facciano male. E non c’ è neppure un contraddittorio!». Non mi pare che voi del M5S ne accettiate in televisione… «Il M5S fa il contraddittorio almeno con un giornalista e poi nelle urne con la democrazia. Cottarelli invece è un accademico e non mi risulta che Fabio Fazio sia giornalista». Lei è capogruppo in Vigilanza, intende tradurre queste accuse in qualche atto concreto? «Sì, mi piacerebbe capire con chi ha stipulato il contratto Cottarelli. Con la Rai o con Fabio Fazio? Perché forse l’ ex commissario non sa che il costo della trasmissione cui partecipa non corrisponde al suo reale valore di mercato». I vertici della Rai sono stati faticosamente nominati. Ora tocca ai telegiornali. Ha qualche suggerimento, da giornalista, su chi possa dirigerli? «Le nomine dei telegiornali non attengono a un membro della Vigilanza o ai politici. Questa sì, sarebbe un’ indebita interferenza».

Venti eurodeputati contro Foa: da lui fake news

Corriere della Sera

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La nomina di Marcello Foa a presidente Rai arriva fino a Bruxelles, dopo la lettera inviata dall’ eurodeputata olandese Marietje Schaake (Alde), e firmata da oltre 20 colleghi, ad Antonio Tajani nella quale chiede al presidente del Parlamento europeo di discuterne al tavolo dei capi di stato e di governo il prossimo 17 ottobre. Nella lettera Schaake si dice preoccupata per la nomina, sottolineando che «Foa è stato riportato essere come un assiduo contributore della propaganda russa» tramite «Russia Today e Sputnik e ha spesso condiviso informazioni online che possono essere qualificate come disinformazione», citando il caso della presunta «partecipazione di Hillary Clinton a cene sataniche». Schaake loda la «forte presa di posizione assunta da Tajani» sulle «sfide che l’ Europa sta affrontando per contrastare la disinformazione online». «Vi esortiamo ad usare la vostra leadership e affrontare questo tema al prossimo summit del Consiglio europeo», chiede quindi, domandando infine «in che modo questa nomina possa essere in linea con gli sforzi del Consiglio per creare una risposta coordinata alla sfida della disinformazione: in che modo i piani del Consiglio garantiranno che i suoi sforzi per contrastare la disinformazione non si limitino solo alle piattaforme online, ma includano anche le notizie dei media tradizionali e le emittenti?».

Arrestato il sindaco paladino dei migranti

Corriere della Sera
Carlo Macrì
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Riace (Reggio Calabria) Paladino dell’ accoglienza e dell’ integrazione ma, sindaco «spregiudicato» per aver «favorito matrimoni di comodo», tra cittadini riacesi e donne straniere e per aver consentito a due cooperative, prive di requisiti, di assicurarsi il servizio della raccolta dei rifiuti. Questi i reati contestati a Mimmo Lucano l’ uomo che ha ideato il modello Riace, finito agli arresti domiciliari, su provvedimento del gip di Locri Domenico Di Croce. Nella richiesta di arresto di 1.200 pagine la Procura ipotizzava nei confronti di Lucano e altre 14 persone (gli indagati in tutto sono 31), reati molto più gravi: associazione per delinquere, truffa aggravata, falso, concorso in corruzione, abuso d’ ufficio, malversazione. Il gip, invece, nelle 132 pagine del provvedimento non solo ha rigettato queste ipotesi accusatorie, ma ha criticato l’ attività d’ indagine della procura e della Guardia di Finanza bollandola come «acritico recepimento delle prove», non «integranti alcuno degli illeciti penali contestati in alcuni capi d’ imputazione». Le prove acquisite dall’ inchiesta «Xenia» non sarebbero sufficienti a dimostrare che Lucano abbia favorito l’ immigrazione clandestina e stornato i fondi comunitari e del ministero dell’ Interno, per fini privati. Anche se nei confronti del sindaco di Riace, che la rivista Fortune nel 2016 aveva inserito tra le 50 personalità più influenti al mondo, sono emerse, a parere del gip, «diffuse e gravi irregolarità» e una gestione «tutt’ altro che trasparente» del progetto d’ integrazione. L’ arresto di Lucano ha scatenato una serie di reazioni. Il ministro dell’ Interno Matteo Salvini ha twittato: «Chissà cosa diranno Saviano e tutti i buonisti che vorrebbero riempire l’ Italia di immigrati!». Lo scrittore ha replicato su Facebook: «Questo governo, attraverso questa inchiesta giudiziaria, da cui Mimmo saprà difendersi in ogni sua parte, compie il primo atto verso la trasformazione definitiva dell’ Italia da democrazia a Stato autoritario». Mentre il vice sindaco di Roma Luca Bergamo critica i toni di Salvini, definendoli «non adeguati alla funzione che riveste». Parla di «attacco personale» Beppe Fiorello, protagonista, nelle vesti di Lucano, della fiction Rai girata l’ anno scorso a Riace, proprio per sostenere il modello di accoglienza. «C’ è una differenza immensa tra favoreggiare e accogliere – afferma-. Se Lucano è colpevole allora bisognerebbe arrestare tutti coloro che si impegnano nell’ accoglienza». E poi: «A questo punto siamo tutti in pericolo, arrestateci tutti». «È un reato l’ umana solidarietà?» s’ interroga don Luigi Ciotti. «Sono convinto – dice il fondatore di Libera- che le leggi vadano rispettate, ma sono certo che se Mimmo ha imboccato delle scorciatoie, lo ha fatto per un eccesso di generosità. Nessun tornaconto personale, solo il desiderio di sostenere la speranza».

Sky a Mogol: sempre pronti al dialogo con Siae

Corriere della Sera
Ufficio Stampa Sky Italia
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Caro direttore, a beneficio dei suoi lettori e di tutti gli autori che sono direttamente coinvolti, crediamo sia necessario fare qualche breve precisazione a margine dell’ intervista del neo presidente Siae Giulio Rapetti, in arte Mogol. A conferma della nostra piena disponibilità al dialogo, è infatti in corso da tempo tra Sky e Siae una negoziazione per la definizione di un nuovo accordo, tanto è vero che siamo in attesa che Siae comunichi la data del prossimo incontro per la prosecuzione delle trattative. Fatto non trascurabile, che può portare in tempi brevi alla sigla di un nuovo accordo che disciplini il rapporto tra Sky e Siae alla luce del nuovo contesto liberalizzato della gestione collettiva dei diritti d’ autore. E’ inoltre altrettanto importante sottolineare che Sky, non solo ha sempre voluto pagare i corrispettivi agli autori, ma lo ha anche fatto concretamente: ha infatti versato integralmente tutto quanto previsto dall’ ultimo accordo sottoscritto con Siae, in un regime di proroga come avviene nella prassi di Siae con le emittenti televisive nazionali. Sky ha anche fornito una reportistica dettagliata dei repertori a cui i pagamenti si riferiscono. Immaginando che Siae condivida la necessità di ripartire al più presto tra gli autori gli importi già versati da Sky, auspichiamo che nel più breve tempo possibile si possa concludere positivamente la lunga e controversa negoziazione. Tutto ciò nell’ interesse degli autori e del principio di tutela del copyright, principio su cui Sky fonda la sua stessa presenza sul mercato e che sostiene tutti i suoi investimenti nel settore.

Lo strumento dei cattolici che scoprirono il sociale

Corriere della Sera
MARCO GARZONIO
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Il centenario di Vita e Pensiero è occasione di rileggere la storia italiana d’ un secolo e capire perché i cattolici si siano affermati come classe dirigente, abbiano contribuito in modi importanti alla fase costituente della Repubblica, siano rimasti al governo sino a Tangentopoli e, con la fine della Dc, siano finiti in diaspora. Dispersione in cui Vita e Pensiero si candida a punto di riferimento, caso unico nel Paese di impresa editoriale che dura un secolo e ha energie per rilanciarsi. È una grande parabola collettiva la vicenda dell’ editrice. Nata nel 1918, premessa della fondazione dell’ Università Cattolica di cui sarà la voce, fu il punto di svolta nel coinvolgimento del mondo culturale, politico, economico, sociale che ha nella Chiesa il suo riferimento. Si esauriva la stagione del non expedit sancito nel 1874, il divieto ai cattolici di partecipare alle elezioni, vertice drammatico delle ostilità tra Regno e Santa Sede culminate con Porta Pia, la fine dello Stato Pontificio, Roma capitale. Benedetto XV firmerà l’ abrogazione nel ’19, un anno dopo la nascita di Vita e Pensiero. Alle spalle stava un moto di popolo e di intellettuali, laici e sacerdoti. Sul finire del XIX secolo e gli inizi del nuovo, tra tolleranza e resistenze della gerarchia, ostilità di conservatori e liberali, diffidenza di molta borghesia, i cattolici s’ erano buttati nel sociale (sindacati, cooperative, casse rurali, mutue) e avevano incominciato a elaborare pensiero politico e socioeconomico. Leone XIII, con la «Rerum Novarum» nel 1891, aveva indicato una via dei cattolici tra capitalismo e socialismo. La spinta, i protagonisti, l’ avevano raccolta già quattro anni prima. Nel 1914 Agostino Gemelli, Ludovico Necchi e Luigi Olgiati avevano fondato la rivista che avrebbe dato nome all’ editrice. La testata Vita e Pensiero nasceva con posizioni dure contro la modernità. In realtà il manifesto medievalista che ispirava il periodico era rivolto all’ interno del mondo cattolico, smarrito tra suggestioni idealiste e richiami a un positivismo correlato a sviluppo economico, scoperte scientifiche, emancipazione delle persone. Gemelli si rivelò simbolo d’ un risveglio collettivo delle coscienze e un impegno nella vita pubblica. Battagliero, brutto carattere ma ubbidiente a Roma, con la sua vicenda personale (medico ateo, convertito, frate francescano, sacerdote dal 1908) rappresentava il paradigma d’ una catarsi collettiva dei cattolici: da espulsi (o auto-emarginati, a seconda dei punti di vista) a protagonisti. Il clima era cambiato. Un anno dopo la nascita dell’ Editrice, gli stessi Gemelli, Necchi e Olgiati fondavano l’ Istituto Toniolo prologo alla costituzione della Cattolica, nel 1921. Intanto a Roma, sempre nel ’19, don Sturzo dava vita al Partito Popolare dei «liberi e forti». Appena fondata, la Cattolica divenne un faro nelle discipline filosofiche, giuridiche, letterarie, psicologiche. Presero ad accorrere da tutta Italia studenti sostenuti da una rete capillare di decine di migliaia di Amici. Vita e Pensiero vantò un catalogo ragguardevole: docenti propri e autori da Guardini a Maritain. L’ abilità di Gemelli, divenuto rettore, fu di giostrarsi tra aperture (nel ’31 De Gasperi, non gradito al regime, con lo pseudonimo Mario Zanatta pubblicò l’ opuscolo «I tempi e gli uomini che prepararono la Rerum Novarum») e derive filo fasciste e razziste. Un mix di opportunismo e convincimenti che garantì transizione alla ripresa postbellica. Ai cattedratici che avevano fatto scuola nel formare pensatori per le nuove generazioni (due nomi: Sofia Vanni Rovighi e Gustavo Bontadini) si aggiunsero negli anni duri della guerra e della Liberazione giovani poi protagonisti alla Costituente: Dossetti, Fanfani, Lazzati. Quest’ ultimo, tornato dal lager nazista, pubblicò da Vita e Pensiero un libretto assurto a manuale di impegno: «I fondamenti di ogni Ricostruzione». Il secondo dopoguerra riprodusse in largo Gemelli ciò che accadeva in altri ambiti del mondo cattolico: attenzione all’ economia (si pensi a Vito primo successore di Gemelli), alla formazione politica (i premier De Mita e Prodi uscirono di lì), alle scienze sociali (Alberoni esordì con Vita e Pensiero) in un clima di egemonia del partito dei cattolici. L’ impreparazione dell’ Ateneo alla stagione del Concilio fu uno dei risvolti di tale orientamento. L’ Editrice pagò il passaggio e la crisi del mondo di cui era espressione. Crisi generale che però oggi è opportunità. Coi cattolici ormai minoranza si è ripreso a pensare, scrivere, «a sognare» come raccomanda il Papa ai giovani. Vivacità e autorevolezza della rivista, piani editoriali, centenario preludono al rilancio d’ un editore vitale dopo un secolo e d’ un intero mondo teso a coniugare Vangelo e sfide epocali. La nuova stagione della Chiesa di Francesco ha casa anche a Milano.

Della Valle fa il riassetto E mette Rcs col mattone

Il Giornale
Camilla Conti
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Camilla Conti Diego Della Valle riorganizza la «galassia» di famiglia e apre una nuova holding dove custodire anche la quota del 2,77% di Rcs. Lunedì 1 ottobre nella sede della Tod’ s di Sant’ Elpidio a Mare, è stata infatti costituita la Di.Vi Immobiliare Holding srl, tramite la scissione della Di.Vi Finanziaria di Diego della Valle & C. Anche la nuova società è basata a Sant’ Elpidio, ha un capitale di 50 milioni, è controllata dallo stesso Diego, che è anche amministratore unico, e partecipata dal fratello Andrea, dal cugino Fabrizio, dal direttore finanziario della Tod’ s, Emilio Macellari, e dalla Diego Della Valle & C. Nella holding verranno trasferite numerose partecipazioni: oltre al 2,77% del Corriere della Sera, anche il 5% della DDV Partecipazioni, il 5% della ADV Partecipazioni, il 5% della ADV Media, il 5% della Divimedia e il 100% della società immobiliare De.Im. Quest’ ultima srl immobiliare a gennaio ha acquistato terreni e aree edificabili dalla Cine Green Park e dalla International Studios & Services, società controllate dalla Italian Entertainment Group (vede fra i maggiori azionisti gli stessi Della Valle, Luigi Abete e Aurelio De Laurentis), che a fine settembre sono state a loro volta fuse con l’ obiettivo di concentrare nella International Studios tutte le attività immobiliari tese ad ospitare anche iniziative nel settore dell’ intrattenimento collegate al Parco tematico di Roma, Cinecittà World. Tornado alla nuova cassaforte istituita lunedì, restano fuori la Interbasic Holding, che controlla il marchio di alta moda Schiapparelli, la Acf Fiorentina, la francese Difran – intestataria della villa dell’ imprenditore a Saint-Tropez – il 34,7% di Italian Entertainment Group (holding a monte di Cinecittà) e il 10,5 per cento della quotata Bialetti. Ma anche gli investimenti finanziari, che comprendono il 5,5% di Piaggio, oltre ad azioni Mediobanca, Safilo e le quote nei fondi Charme dell’ amico Luca Cordero di Montezemolo. Tutti in pancia alla Diego Della Valle & C. Non è la prima volta che Della Valle cambia assetto: nel 2016 aveva varato con la regìa di Mediobanca il passaggio del marchio di scarpe Roger Vivier dalla Gouisson Consultadoria alla Partecipazioni Internazionali, controllata da Tod’ s. Lo scorso 14 maggio, inoltre, lo stesso Della Valle aveva annunciato una riorganizzazione dei vertici: «Entro poco tempo conto di delegare la gestione ordinaria dell’ azienda ai nostri uomini, mio fratello Andrea (attuale vice presidente, ndr) sarà capo di questa struttura».

La due giorni di Sky Arte a Palermo

Il Giornale

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Sky sceglie Palermo per il Festival del canale Arte e porta sul territorio una serie di iniziative dedicate alla città. Il capoluogo siciliano, capitale italiana della cultura per il 2018 e sede della biennale europea d’ arte nomade contemporanea, ospiterà il 12 e il 13 ottobre attività, incontri, proiezioni, concerti, eventi sportivi, in alcuni dei luoghi più significativi e suggestivi della città. Il cuore delle numerose iniziative sparse per la città sarà la Kalsa, quartiere arabo a due passi dal mare, autentico e affascinante nel suo duplice aspetto di quartiere popolare ma che conserva ancora testimonianze di sfarzo. Tra i protagonisti Brunori Sas (un omaggio a Come è profondo il mare di Lucio Dalla), Manuel Agnelli, Ambra Angiolini, Isabella Ragonese, Oliviero Toscani, Carlo Lucarelli, Tea Falco.

La fiction sospesa dalla Rai: attendiamo l’ inchiesta

Il Mattino

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Sull’ esperienza di Riace e il modello di accoglienza portato avanti dal sindaco Mimmo Lucano, oggi finito ai domiciliari con l’ accusa di favoreggiamento dell’ immigrazione clandestina, la Rai ha realizzato una fiction, dal titolo «Tutto il mondo è paese», che pur essendo pronta per la messa in onda non verrà trasmessa, almeno nell’ immediato futuro.Viale Mazzini infatti ha precisato che la messa in onda della fiction «è stata sospesa» in attesa che la magistratura faccia luce sulla vicenda e sulla posizione di Lucano. La decisione è stata fortemente criticata dall’ attore Beppe Fiorello (nella foto), che interpreta il ruolo del sindaco di Riace nella fiction. L’ attore ha affidato a un post di Twitter il suo sfogo, scrivendo «Siamo tutti in pericolo. Il sindaco #domenicolucano è stato arrestato per aver accolto non per aver favoreggiato, allora #arrestatecitutti». «Crederò in te più di prima – scrive inoltre Fiorello -. Qualcuno si porterà sulla coscienza la vita di un uomo straordinario». Fiorello ha poi invitato il Papa a intervenire: «a lei la parola, la spieghi lei a questa politica la differenza tra accogliere i bisognosi e favorire le mafie».

È polemica sulla possibile partecipazione di Antonio Ricci (nella foto) al ricordo di Enzo …

Il Mattino

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È polemica sulla possibile partecipazione di Antonio Ricci (nella foto) al ricordo di Enzo Trapani in Rai. Così sostiene un comunicato dell’ ufficio stampa di «Striscia la notizia» secondo cui qualche mese fa il papà del tg satirico di Canale 5 «è stato contattato da Giorgio Verdelli, autore Rai e amministratore unico di Sudovest Produzioni, che gli ha chiesto di intervistarlo per un programma di Raidue dedicato a Enzo Trapani. Ricci di solito molto restio a parlare davanti ai microfoni, in questo caso aveva accettato: ha sempre riconosciuto Trapani come suo maestro (gli ha dedicato anche un programma televisivo in 16 puntate. E di Trapani è stato l’ allievo prediletto. A pochi giorni dalla data fissata (il 16 ottobre) è giunta però un’ imbarazzata telefonata dell’ autore: tutto cancellato (questa la sintesi), dal momento che Andrea Fabiano, direttore di Rai2, non gradisce la presenza di Ricci nei programmi del servizio pubblico». «L’ editto Fabiano è una discriminazione gaglioffa e inconcepibile», dice Ricci: «Non sono dipendente Mediaset, ma un libero professionista senza vincoli di esclusiva. A me non piace comparire in tv, ma mi ero messo gratuitamente a disposizione del servizio pubblico per il debito di riconoscenza che provo tuttora per il mio maestro Enzo Trapani». Ma la Rai replica su quanto dichiarato da Ricci «si precisa che a nessun dipendente o collaboratore di Raidue è stato mai dato il consenso di chiedere una sua intervista per una trasmissione tv della Rete. Un’ eventuale richiesta al signor Ricci – si dice in una nota – in questo senso, sarebbe da considerarsi frutto di iniziative personali prive della necessaria autorizzazione preventiva». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

COMUNICATO SINDACALE

Il Sole 24 Ore

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La redazione del Sole 24 Ore trova sorprendenti le risposte del direttore e dell’ editore al comunicato pubblicato ieri sul giornale in cui il Cdr ha rivendicato l’ autonomia e l’ indipendenza dei giornalisti del Sole. Al direttore, che considera “inaccettabile” che venga messa in dubbio l’ autonomia della testata essendone egli stesso il garante, rispondiamo accogliendo le sue rassicurazioni, ricordando che questa autonomia trae forza anche dalla terzietà del suo ruolo. Prendiamo inoltre atto delle precisazioni del presidente Boccia sulla vicenda che lo ha visto coinvolto, in merito alle sue pur legittime prese di posizione nei confronti di un partito politico, e accogliamo le parole dell’ editore laddove considera “autonomia e indipendenza” valori fondanti dell’ informazione del Sole 24 Ore. Risulta pertanto incomprensibile quell’ invito dell’ editore al Cdr “ad un maggiore equilibrio” per non compromettere l’ azione di rilancio del gruppo. Incomprensibile perché l’ equilibrio da sempre connota le scelte e l’ azione dei giornalisti del Sole 24 Ore, unica componente – vale la pena ricordarlo ancora una volta anche e soprattutto ai nostri lettori – che per anni ha denunciato inascoltata, in tutte le sedi (a partire dall’ assemblea degli azionisti oltre che con i consueti strumenti sindacali) le gravi scelte dell’ azienda e dello stesso editore, intervenuto solo quando la drammaticità della situazione lo ha costretto. Il Comitato di redazione.

Zingaretti-Ranieri La coppia record straccia il GF Vip

Il Tempo

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La seconda puntata del Grande Fratello vip 3 è stata letteralmente travolta dall’ appuntamento conclusivo con la serie La vita promessa. Il principale reality di Canale 5 si è fermato al 19% mentre Luisa Ranieri ,protagonista della fiction di Rai1 ha assicurato alla rete il 26.2% di share e 6.115.000 telespettatori. A seguire Canale 5 sono stati ,invece 3.2000.000 telespettatori. Tutto ciò nonostante il protrarsi del reality che si è concluso poco prima dell’ una di notte. Per la seconda settimana consecutiva la principale rete Mediaset deve cedere le armi e inchinarsi dinanzi al potere evocativo del racconto televisivo che ha colpito i telespettatori più delle dinamiche obsolete del GF vip. E dire che ,lunedì sera, c’ era un evento del quale si parlava già da tempo nei vari salotti televisivi: l’ entrata nella casa di Cinecittà, di Lory Del Santo a distanza di solo un mese dalla tragica scomparsa del figlio Loren. La notizia era iniziata a circolare nell’ imminenza dell’ esordio della terza edizione del GF celebrity ,con una intervista rilasciata dalla show girl ed attrice a Silvia Toffanin nel suo programma del sabato pomeriggio Verissimo. Poi tutti i contenitori di Canale 5 ,tra cui Pomeriggio 5 e Domenica live ,hanno dato spazio alla new fino a quando si è arrivati alla certezza dell’ entrata della Del Santo nell’ appartamento più spiato d’ Italia. Una certezza che si è concretizzata lunedì sera: la show girl ha spiegato le motivazioni che l’ hanno spinta a cercare di elaborare il dolore partecipando al reality. Ma, sorprendentemente , il pubblico si è allontanato da Canale 5 ed ha preferito seguire il finale ,al trettanto drammatico , di La vita promessa: anche la protagonista Carmela Carizzo (Luisa Ranieri) assisteva ,impotente ,alla morte di uno dei suoi figli. Certamente ,con l’ entrata nella casa di Lory Del Santo, molte dinamiche del reality non saranno più le medesime. Il rischio , adesso , è strumentalizzare ,forse anche in volontariamente , la sofferenza per fini d’ audience. La realtà è sotto gli occhi di tutti: la morte è entrata nella casa di Cinecittà. E seppure l’ elaborazione di un lutto devastante come la morte di un figlio ,è un fatto personale da rispettare in qualsiasi situazione, l’ immagine della madre sofferente e distrutta farà parte di un contesto considerato fino Rail Luca Zingaretti e Luisa Ranieri, euforia per l’ ottimo risultato della fiction ra giocoso in tutta l’ ipocrisia delle dinamiche. Sarà difficile anche per il telespettatore accettare la nuova realtà ,sarà complicato considerare la Del Santo una concorrente qualsiasi alla quale non verrà fatto alcuno sconto ,come ha sottolineatola conduttrice Ilary Blasi. Lastrada da percorrere per il GF vip 3 è ancora lunga. E Rai 1 dalla prossima settimana ,lunedì 8 ottobre, manda in onda la seconda stagione di I bastardi di Pizzofalcone con Alessandro Gass mann. La serie è stata già gratificata da successo quando è andata in onda lo scorso anno. Ma c’ èl’ incertezza di sapere se avrà il medesimo positivo impatto sul pubblico. Intanto la serata ha decretato la prima eliminazione: ad uscire dal reality è stata la subrettina Lisa Fusco che era tra le nominate della scorsa settimana. I nuovi nominati sono Valerio Merola ,Elia Fongaro ,Jane Alexander e Ivan Cattaneo. A proposito di Cattaneo: il cantante è stato accusato per aver pronunciato alcune frasi pesanti su stupri e desiderio sessuale delle donne. Tutto è stato chiarito nel corso della diretta, ma le spiegazioni alla fine non hanno convinto tutti.

“Denuncio la Rai ha svelato a mia figlia che ero un killer”

La Repubblica
SALVO PALAZZOLO
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PALERMO Un uomo in fuga dalla mafia e la figlia che scopre all’ improvviso il segreto della sua famiglia guardando una serie Tv. «Da sei mesi, ormai, lei non mi rivolge la parola, nemmeno uno sguardo. Voglio fare causa alla Rai». L’ uomo in fuga da Palermo, che parla al telefono, è Pasquale Di Filippo, all’ inizio degli anni Novanta era uno dei sicari della cosca di Brancaccio, nel 1995 la Dia lo ferma e lui capisce che la sua vita deve cambiare: fa arrestare il cognato di Riina, Leoluca Bagarella, e poi il killer di don Pino Puglisi, Salvatore Grigoli. Il nuovo collaboratore di giustizia confessa quattro omicidi e svela molti dei segreti delle bombe piazzate da Cosa nostra fra Roma, Milano e Firenze. Cosa sapeva sua figlia di Palermo e della mafia? «Lei ha 14 anni, è nata quando ormai ero un altro uomo, con una nuova identità. Fino a qualche tempo fa, sapeva soltanto che avevo aiutato il mafioso Bagarella a nascondersi. Solo questo le avevo detto, fra qualche anno le avrei raccontato tutto». Poi, cosa è accaduto? «Una sera, abbiamo visto una puntata della serie di Rai2 “Il cacciatore”, che racconta del magistrato palermitano Alfonso Sabella e di quella importante stagione di reazione dello Stato dopo le stragi del 1992. A un certo punto, l’ immagine si ferma sull’ attore che interpreta il mio personaggio. Spunta una scritta: “Pasquale Di Filippo, oltre 20 omicidi”. E vengo dipinto come un torturatore, addirittura coinvolto nel sequestro del piccolo Di Matteo, il figlio del pentito. Tutte falsità, ma intanto il mondo ci crolla addosso». Sua figlia sa che lei a Palermo si chiamava Pasquale Di Filippo, cosa le dice? «In lacrime mi urla: “Papà cosa hai fatto?”. E poi si rinchiude nella sua stanza. Da sei mesi vive lì dentro, esce soltanto per andare a scuola, frequenta il liceo classico». Perché, adesso, vuole raccontare questa storia? «Perché ho già pagato un prezzo altissimo per contribuire a fare giustizia, soprattutto per bloccare altre bombe. Ora, pende sulla mia testa la condanna a morte di Cosa nostra, per questo sono costretto a cambiare spesso città. Ma continuo a essere fedele al mio patto con lo Stato, fino alla settimana scorsa ho deposto al processo per la strage di Capaci. Però, non sopporto di essere diffamato, mi sono rivolto al mio avvocato, Carlo Fabbri, che mi segue fin dal primo giorno che ho scelto di collaborare. Alla Rai e alla società produttrice chiedo un risarcimento di un milione di euro. La storia non si può falsare». Quanto ha scontato per i quattro omicidi di cui si è autoaccusato? «Dieci anni. Ma la vera condanna la porto dentro. Non potrò mai avere una vita normale, e dovrò continuare a guardarmi le spalle. I nipoti di Bagarella sono tornati a Corleone. E, poi, c’ è Messina Denaro ancora libero». Perché, secondo lei, non si riesce ad arrestare Messina Denaro, latitante dal 1993? «Nei primi anni Novanta eravamo noi di Brancaccio ad occuparci di lui. Si nascondeva a Bagheria, alle porte di Palermo, e Giorgio Pizzo lo portava in giro con il Fiorino dell’ azienda acquedotti per cui lavorava. Messina Denaro ha avuto sempre un’ attenzione maniacale per la sua sicurezza». Possibile che non ci sia più traccia di lui? «Ci deve essere per forza un mandamento che si occupa del latitante. È la regola». Qualche giorno fa, Papa Francesco ha lanciato un appello agli uomini della mafia, perché si convertano. Che effetto potrebbero avere quelle parole? «Grigoli, l’ assassino di don Puglisi, mi diceva: “Ma tu ci pensi che noi leviamo la vita alle persone?”. Aveva fatto 40 omicidi. La sera, i mafiosi ci pensano a quello che hanno fatto. Le parole del Papa apriranno di sicuro una breccia». Ha provato a parlare con sua figlia? «Non ci sono ancora riuscito. Non ci crede che in quel film sono state raccontate tante falsità su suo padre. Magari, leggendo il giornale ci crederà». Lo sa che la serie “Il cacciatore”, della Cross production, basata sul libro di Sabella, ha ricevuto apprezzamenti dalla critica e ha fatto grandi ascolti? «A me interessa soltanto che venga ristabilita la verità su di me, perché non posso essere condannato anche a perdere mia figlia». © RIPRODUZIONE RISERVATA Lei è nata quando ero già un altro uomo. Ma guardando in tv su Rai2 la fiction “Il cacciatore” ha scoperto il mio passato, comprese tante falsità La serie A sinistra, Pasquale Di Filippo, interpretato da Dario Aita.

Con i misteri di “Manifest” parte il connubio Sky-Mediaset

La Repubblica

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Canal Grande Il mainstream Usa – canale Nbc in chiaro, partenza una settimana fa, dieci milioni di spettatori – da noi diventa il vero lancio del connubio tra le pay tv: quelle di Mediaset e Sky, ormai avviluppate. Su Premium Stories, che ora si vede anche al 122 di Sky, è partita lunedì questa Manifest, serie che richiama Lost ma ne è l’ esatto contrario. Qui infatti i passeggeri dell’ aereo che scompare non si ritrovano fuori dal mondo ma tornano nel mondo medesimo, a New York. Solo che per loro è passato il tempo del volo (con una brutta turbolenza in mezzo): ma per il resto del mondo sono passati invece cinque anni Ovvero dal 2013 al 2018: nel senso che il volo è stato dato per disperso, sparito nel nulla, passeggeri considerati tutti morti e famiglie e singoli che si rifanno una vita. Invece quelli tornano e non solo, hanno anche acquisito poteri strani, premonizioni etc. Manifest, prodotto anche da Robert Zemeckis, è una sfida frontale alla moda delle serie tv complicate: è per tutti, ha la Bibbia come libro di riferimento per i versetti a chiave. E usa il vecchio trucco di alzare ai limiti l’ incredulità, inducendo a fermarsi per scoprire cosa si sono inventati davvero gli autori.

Dalle fatine Winx ai “44 gatti” partono dai colli marchigiani i cartoon per i bimbi del mondo

La Stampa
ADRIANA MARMIROLI
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Controllo creativo. Sono le parole più ripetute nell’ incontro che Iginio Straffi, inventore delle Winx, ha organizzato nella sua tana mimetizzata nel verde dei colli tra Loreto e Recanati. Da qui governa quella che, in poco più di 20 anni, da piccola factory dell’ animazione italiana è diventata una realtà mondiale dell’ intrattenimento. Controllo creativo significa seguire tutto, dal primo schizzo al film finito. E poi, ancora, ogni aspetto collaterale: libri, riviste, pupazzetti, magliette, bambole, zaini, web e live show. Un principio faticoso che ha permesso ai cartoon Rainbow di essere distribuiti in 800 paesi, da 150 piattaforme, e vedersi aprire porte che, provenendo da quell’ angolo di Italia, sembravano invalicabili. Di passare da 10 a circa 1000 dipendenti: qualche centinaio in Italia, e 700 in Canada, dove i cartoon sono realizzati da una società comperata un paio di anni fa, che l’ Italia controlla in tempo reale. In questo momento due i titoli in “osservazione”: Winx Club 8 e 44 gatti , in passerella mondiale al Lucca Comics & Games 2018. I brani dello Zecchino d’ oro 44 gatti come quelli della canzone. E infatti il progetto di Straffi è in collaborazione con l’ Antoniano, che oltre a questa mette altre canzoni dello Zecchino d’ Oro e le voci dei bimbi del Coro. Pensato per un pubblico in età prescolare, andrà in onda dal 12 novembre su Rai Yoyo. «Mi piaceva e incuriosiva quel mondo di gatti, che “marciarono compatti in fila per sei col resto di due”. Come mai? Dove vanno?». Da qui anche l’ idea di usare altre canzoni della manifestazione. «Sono orecchiabili e allegre. Piene di contenuti da usare come trama di puntata». Protagonisti sono 4 mici, vivono con Nonna Pina, suonano in una band. A ogni puntata il gruppo cresce fino al fatidico 44. Nel pilot, per esempio, fanno amicizia con un cane molto espansivo (canzone Zecchino: Cane e gatto ). Amicizia, magia, ecologia A Lucca il via anche alle celebrazioni dei 15 anni delle Winx (nate il 28 gennaio 2004): previste una mega mostra itinerante (Lucca, Milano e poi chissà), uno show dal vivo Rainbow Made , «avendo a modello quelli del Cirque du Soleil», la messa in onda della stagione 8. Che Straffi promette ricca di novità, glitter e con le fatine ringiovanite. «Non solo d’ aspetto. Dopo stagioni più avventurose, si torna allo spirito originario: amicizia, magia, fantasia, ecologia. Se nel 2004 ci rivolgevamo a bambine tra gli 8 e i 12 anni, oggi a questa età guardano le serie live action. Le Winx funzionano fino ai 6-7 anni». Vittima di questo mutamento la serie World of Winx , più action e dark, che dopo due stagioni è stata stoppata. La sostituirà su Netflix una serie live action. «Il target si alza: dai 16 in su; produzione Usa con budget importante. Dovrebbe essere pronta per il 2020». Missione Colorado Intanto le serie con attori in carne e ossa crescono: a fine 2019 sarà pronta la 4° stagione di Mia & Me ; è scritta anche la 4 di Maggie & Bianca Fashion Friends . «Aspettiamo gli esiti del live show invernale (tappa a Torino il 26 gennaio)». E poi c’ è Club 57 , progetto di e con Nickelodeon. E per finire l’ ultima acquisizione, Colorado, ovvero il pubblico adulto. Va avanti sulla sua strada, commedie e show tv, «con più progetti internazionali». Con Sky una serie da Il tribunale delle anime di Donato Carrisi, il secondo film di questo scrittore ora anche regista, L’ uomo del labirinto , in inglese. «I risultati li vedremo tra un paio d’ anni». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

«Sono in salute», la rivista che fa star bene la famiglia

Libero

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TIZIANA LAPELOSA Le edicole italiane si arrichiscono di un nuovo mensile, segno che la carta stampata (per fortuna) gode di ottima salute. Che poi è l’ obiettivo della nuova rivista, edita da Dico, che non a caso di chiama Sono in Salute. E, a giudicare dall’ ottima risposta dei lettori per i primi due numeri – in edicola c’ è ora il numero di ottobre -, tutto fa pensare che gli ingredienti con i quali viene “cucinata” la nuova pietanza siano di ottima qualità. Certo, da sempre si parla di temi che hanno a che fare con il benessere psico-fisico, con pagine dedicate nei settimanali, inserti nei quotidiani e giornali specializzati. In questo caso, però, il “troppo” non “stroppia”. «Per fortuna la salute non passa mai di moda ed è uno dei migliori investimenti su cui non lesinare», spiega Laura Avalle, che di Sono in Salute è il direttore. «La gente è sempre più attenta agli stili di vita e con stile di vita intendiamo quell’ attitudine a voler prevenire eventuali patologie, ma anche a far fronte ad eventuali problemi di salute». Del resto, la direzione di questa nuova scommessa editoriale non poteva che essere affidata a lei. Giornalista da venti anni, da quindici specializzata nel settore con una precedente esperienza di circa otto anni al timone di un’ altra rivista di salute. «Ma c’ è ancora tanto da dire», spiega. Cosa ce lo spiega lei stessa: «Partiamo dal concetto che se un familiare non sta bene, che sia il marito, il figlio, la mamma, il gatto o il cane, si rompe quell’ equilibrio psicofisico necessario allo stare bene». Da qui l’ idea di creare una specie di universo in cui le necessità e le aspettative di ognuno convivano alla perfezione. Al centro c’ è la famiglia, madre, padre e figlio, nonna e nipoti… intorno «ci sono i “pianeti”». Donna, uomo, argento «per gli over 60», famiglia, psiche, benessere, alimentazione, scienza. «Otto pianeti con una distinzione sui sessi visto che hanno differenti patologie e affrontano diversamente la vita». Del resto, per esempio, la dieta che va bene per una donna non sempre lo è per gli uomini, oppure, i disturbi e le esigenze femminili sono ben lontani da quelli dell’ universo maschile. «Diamo voce alle differenze, allo stesso tempo abbiamo voluto rompere gli schemi anche dal punto di vista grafico. Non vedrete mai una sola persona in copertina», fa osservare la Avalle. Non mancano i consigli e i suggerimenti per bambini e adolescenti e, soprattutto, c’ è una risposta per i dubbi di tutte le età. «Siamo particolarmente orgogliosi di avere con noi 23 medici specialisti che si sono messi gratuitamente a disposizione per rispondere ai quesiti dei lettori nel “pianeta” Scienza». Ogni pianeta ha un colore nelle quasi 120 pagine di “Sono in Salute” e utili sono anche i suggerimenti sull’ alimentazione e sulle ricette dove c’ è sì la cucina mediterranea, ma anche quella vegetariana e vegana «per non trascurare nessuno». Infine, uno spazio è dedicato a smontare le fake news che, in fatto di salute, possono essere davvero pericolose. «Chiunque scrive di qualsiasi cosa, noi facciamo da filtro», chiosa il direttore. riproduzione riservata

La fiction tv che fa ricco il cinema

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FRANCESCA D’ ANGELO I dati parlano chiaro: la tanto temuta interazione tra cinema e tv paga. A dispetto dei Netflix-patici e degli integerrimi delle finestre di sfruttamento, piccolo e grande schermo possono dialogare e, quando lo fanno, ne giovano entrambi. La prova è nel Box Office di ottobre: il 1 del mese, la classifica dei più alti incassi italiani schierava, in vetta, il cartone della Disney Gli incredibili2, tallonato al secondo posto da L’ amica geniale. Una fiction. La casa di produzione Wildside, insieme a RaiFiction e TimVision, ha infatti tentato l’ azzardo di proporre nelle sale, in anteprima assoluta, le prime due puntate della serie, ispirata all’ omonimo romanzo di Elena Ferrante. Certo, il progetto era attesissimo. La Ferrante è una fuoriclasse dell’ editoria. Il regista Saverio Costanzo sa il fatto suo. CLAMOROSO SUCCESSO Però restava una sfida: sull’ operazione pendeva, come una spada di Damocle, l’ annoso luogo comune «Perché andarlo a vedere al cinema se puoi vederlo in tv?» (vi ricorda qualche recente dibattito? Un indizio: inizia per N e finisce con -etilix). Inoltre il gap tra l’ anteprima nelle sale, programmata da Nexo Digital nelle giornate del 1 – 2 – 3 ottobre, e la messa in onda tv, a novembre su Rai 1, avrebbe potuto scoraggiare più di un fan. Invece è stato un clamoroso successo: la fiction ha incassato 121.393 euro, classificandosi a un soffio da Gli incredibili2, primi con 131.629 euro. Dietro di loro, a distanza, l’ horror The Nun – la vocazione del male, a quota 89.109 euro, mentre al quarto posto troviamo il documentario d’ arte Michelangelo – Infinito (71.861), peraltro prodotto dalla televisiva Sky, insieme a Lucky Red. Dunque in un colpo solo il contenuto televisivo ha messo d’ accordo la platea sofisticata del cinema con quella più familiare di Viale Mazzini. Il box office ne ha tratto profitto e, a sua volta, anche Rai 1: a novembre il titolo sbancherà in ascolti, anche grazie al traino cinematografico. Venezia inclusa. L’ anteprima mondiale all’ ultima Mostra del Cinema è stata infatti una vetrina importante per la serie che, a sua volta, può vantare un respiro internazionale: tra i coproduttori figura Hbo e il titolo andrà in onda anche in Usa, dove la Ferrante è molto letta e amata. Ma torniamo al caso italiano. IL PRECEDENTE L’ amica geniale ha dimostrato quello che già si era intuito con Gomorra: le serie tv possono avere uno sfruttamento cinematografico, che aiuta peraltro a svecchiare il bacino di utenza della nostra Settima Arte. Quando Sky decise di portare nelle sale, in anteprima, gli episodi della terza stagione di Gomorra, raccolse oltre 500mila euro in due giorni. Naturalmente occorre che il titolo sia di grande richiamo. La nuova serie di Rai 1 ha alzato infatti l’ asticella della qualità produttiva: solo il casting è andato avanti otto mesi e, alla fine, comprendeva qualcosa come 150 attori e 5mila comparse. Quanto alla storia, regala uno spaccato ispirato di Napoli, che inizia tra i banchi di scuola degli anni 50. Protagoniste, due bambine: Elena Greco e la sua “amica geniale”, Lila. riproduzione riservata Le due protagoniste della fiction diretta da Saverio Costanzo.

I SIGNORI DELLA NOTTE

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OLGA MASCOLO Piero Marrazzo, ex uomo del Pd e governatore del Lazio coinvolto in uno scandalo erotico qualche anno fa, ha raccontato loro la sua seconda vita da inviato Rai a Gerusalemme. E “Loro” sono Roberto Arduini (33 anni) e Andrea Di Ciancio (36 anni), due speaker giovani ma dalla lunga esperienza approdati su Radio2 con un programma di diretta notturna, I Lunatici , che va in onda tutte le notti (tranne domenica) in diretta dall’ 1:30 alle 6. E a loro Marrazzo ha detto che si può uscire dallo scorno e rialzarsi, «la forza di un uomo non si esprime nel non cadere ma si esprime nel sapersi rialzare». Quanto ai conduttori dei Lunatici per il momento non sono mai caduti, ma anzi sono entrati in Rai dopo una bella gavetta. Con formazione l’ uno in legge e l’ altro in filosofia: sono nati con ECG un programma di informazione che andava in onda su Radio Cusano Campus. ARRIVO IN RAI Si sono fatti strada nel salotto buono dei media, facendo crescere anche la radio che li ha accolti, una delle prime universitarie. Il loro arrivo in Rai risveglia la notte in diretta della radio pubblica pronta ad accogliere politici persi, gente dello spettacolo dimenticata, gente di cui si parla, ma soprattutto il vero cuore della radio: gli ascoltatori. Che di notte sono insonni. O hanno appena finito di concepire un bambino che ci permetterà di ricevere la pensione, o di scrivere un libro da premio Nobel. Già sono intervenuti Matteo Salvini, Luigi Di Maio, ovviamente. Alba Parietti ha ribadito di essere di sinistra. Milena Gabanelli ha definito Marcello Foa un uomo preparato e competente. Renzo Arbore dice che la comicità è in crisi e rimpiange di non essersi creato una sua famiglia. Renato Pozzetto si lamenta perché non gli fanno fare il remake de Il ragazzo di campagna, quasi a ribadire la triste legge del cinema in base alla quale la giovinezza è perduta per sempre. SERVIZIO SOCIALE Massimo Ghini ha detto che sarà protagonista del nuovo cinepanettone politico, che andrà in onda su Netlix, e che si ispira al premier Conte. I Lunatici si configura come un lazzaretto radiofonico, quasi nel vero senso della parola: «Riceviamo cento telefonate a notte, chiamano gli insonni, le persone che sono in ospedale per passare il tempo», racconta Roberto Arduini. E poi, non solo, la gente che di notte lavora «Le guardie giurate, camionisti, chi fatica ad addormentarsi». La Rai quindi concede un servizio non solo pubblico, ma anche sociale. E come novità gli speaker chiamano in diretta le questure delle città per sapere i crimini, e gli ospedali per sapere le nascite: il male e il bene, lo yin e lo yang della notte (anche se ad oggi non è successo nulla di grave dicono le questure). riproduzione riservata Al centro, “I Lunatici” Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, assieme ai colleghi di “Caterpillar”

L'articolo Rassegna Stampa del 03/10/2018 proviene da Editoria.tv.


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