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La sede del Mattino in vendita sul Messaggero: sciopero
La Ue in difesa del diritto d’ autore«Le piattaforme web paghino»
«Ma i giganti della Rete potrebbero vendicarsi E i siti d’ informazione perderebbero lettori»
Fox, Disney alza l’ offerta a 71 miliardi. E incassa il sì
Disney rilancia e supera Comcast: oltre 71 miliardi per rilevare Fox
Chessidice in viale dell’ Editoria
Diritti tv, la Serie B verso l’ assegnazione
21st Century Fox, Disney rilancia
Los Angeles Times, il nuovo editore Soon-Shiong nomina Pearlstine alla guida
Rai, il piano giallo -verde: FI e dem fuori dal cda Giochi aperti per la Cdp
Aggredì giornalista, afgano condannato a 5 anni
Disney alza l’ offerta per 21st Century Fox a 71,3 miliardi
La sede del Mattino in vendita sul Messaggero: sciopero
Il Fatto Quotidiano
Vincenzo Iurillo
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Oggi come ieri il quotidiano di Napoli Il Mattino non è in edicola. Secondo giorno di sciopero dei giornalisti. Il motivo è nell’ inserzione pubblicata ieri a pagina 5 de Il Messaggero, l’ altro giornale di punta del gruppo di Francesco Gaetano Caltagirone. Mezza pagina dell’ agenzia immobiliare Gabetti con l’ annuncio della messa in vendita dell’ immobile di via Chiatamone 65, che ospita dal 1962 la sede del quotidiano nel cuore della città. “La manifestazione di interesse può essere formulata entro il 20.07.2018”. L’ editore, proprietario sia della testata che della palazzina di quattro piani, ha deciso di trasferire a settembre Il Mattino presso altri uffici di proprietà del gruppo, in periferia, nella Torre Francesco al Centro Direzionale. Sul punto si è aperta una vertenza tra Cdr e azienda. Poi la scoperta, per caso, dell’ annuncio di vendita su una pagina del Mattino. Lo sciopero, deciso a giornale quasi ultimato, ne ha impedito la stampa e l’ invio in edicola, e ha scongiurato la diffusione dell’ inserzione a Napoli. Ma non a Roma, sul Messaggero, dove è uscita regolarmente.
La Ue in difesa del diritto d’ autore«Le piattaforme web paghino»
Corriere della Sera
MASSIMO SIDERI
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È un fatto che la riforma europea in difesa del copyright online sia stata approvata ieri dalla commissione giuridica dell’ Europarlamento con una maggioranza non plebiscitaria (14 voti a favore contro 9). Ma non chiamiamola link tax, una tassa sui link, come è stata furbamente battezzata da chi non la vorrebbe. La questione è molto più complessa proprio perché riguarda il diritto ad essere informati, quello di cronaca e anche, in maniera più ampia, la democrazia. Nessuno vuole tassare i link che potranno continuare ad essere condivisi liberamente: per restare in tema di informazione sul web se qualcuno scrive questo sta divulgando una fake news. L’ articolo 11 della legge che, ricordiamolo, parte nel 2015 dalla Commissione Ue, è quello più discusso insieme all’ articolo 13. Il primo introduce l’ obbligo da parte delle piattaforme come Google e Microsoft (proprio ieri è stato lanciato il servizio di Microsoft News) di pagare per l’ utilizzo non dei link ma delle notizie, anche sotto forma di snippet, l’ anteprima formata da titolo, sommario e immagini che i motori di ricerca catturano automaticamente formando dei «propri» giornali. Purtroppo la disabitudine alla lettura degli articoli e la velocità della circolazione online delle informazioni tende a soddisfare con questi pochi elementi molti lettori. Lo sanno bene le piattaforme online. Eppure anche fare correttamente queste sintesi è un lavoro che richiede professionalità (le famose «5 W» inglesi: chi, cosa, perché, dove e quando). Insomma, si tratta di pagare il lavoro. Senza il rispetto del diritto d’ autore il rischio è che la percentuale di fake news già diffuse come un virus in Rete aumenti, perché si mina il modello di business dei giornali (che non vivono di fondi pubblici: i principali quotidiani nazionali non ricevono soldi dallo Stato). «La riforma avrebbe potuto essere fatta meglio, in accordo con tutti gli stakeholder e gli Internet provider – sottolinea uno dei padri del diritto all’ oblio, il filosofo Luciano Floridi che insegna all’ Università di Oxford – ma in questo caso mi pare che l’ istanza di fondo non sia sbagliata. Il problema dell’ informazione online esiste. Inoltre c’ è una risposta per chi fa notare che la Spagna e la Germania hanno già provato a introdurre il pagamento per l’ uso degli articoli e che Google semplicemente ha lascia-to questi mercati. Questo non è un buon argomento: la difesa del copyright non funziona a livello nazionale perché ci troviamo di fronte a dei giganti». Più intricata è la questione dell’ articolo 13 che riguarda anche gli utenti che caricano contenuti protetti su piattaforme come YouTube. In questo caso la riforma introduce l’ obbligo per il provider di adottare filtri per bloccare l’ operazione. In effetti questo punto può essere migliorato in quanto non si parla di aziende come nel caso dell’ Art. 11 ma di utenti. E, in ogni caso, un filtro anche algoritmico non saprebbe distinguere tra, per esempio, un video di sana satira e una pura diffusione di contenuti protetti. Il percorso non è ancora concluso – manca il voto in plenaria del 2 luglio che generalmente rispetta l’ indicazione della commissione e il passaggio in Consiglio europeo – e questo lascia presagire altre code polemiche. E scontri.
«Ma i giganti della Rete potrebbero vendicarsi E i siti d’ informazione perderebbero lettori»
Corriere della Sera
GIULIANA FERRAINO
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«Sul serio il Parlamento Ue costringerà Google, Facebook e le altre piattaforme web a pagare gli editori per mostrare frammenti di notizie? Wow! Se succederà davvero, temo conseguenze indesiderate», sostiene Guy Kawasaki, 63 anni, venture capitalist della Silicon Valley ed ex «chief evangelist» di Apple, ieri a Milano per il Digital Convergence Day promosso da The Digital Box in collaborazione con l’ Università Bocconi. Quali conseguenze? «I giganti del web potrebbero decidere di non aggregare più le notizie e quindi i siti di informazione avrebbero meno traffico. Che però, vale di più del pagamento che gli editori pretendono. Ma vedo un rischio maggiore». Qual è? «Meno notizie di qualità e più fake news. Negli Stati Uniti molti miliardari sarebbero disposti a pagare per influenzare l’ opinione pubblica. E non solo loro». Cosa pensa della norma per forzare soggetti come YouTube e Instagram a installare filtri per impedire di caricare materiale con copyright o chiedere la licenza? «Non so se esista la tecnologia per controllare ogni foto, ogni post, ogni video. Anche in questo caso però ho paura degli effetti indesiderati». Il più pericoloso? «Vedremo più informazione partigiana, perché solo i ricchi potranno permettersi di pubblicare contenuti protetti da copyright. Questo è un atto di disperazione da parte degli editori, se ne pentiranno. L’ informazione deve essere libera». Ma se tutto è gratis, chi paga per il giornalismo di qualità? «In Gran Bretagna lo Stato finanzia la Bbc». I governi non bastano. Come si salva il pluralismo dell’ informazione? «Le Fondazioni possono giocare un ruolo importante. Penso, ad esempio, alla Fondazione Pulitzer o alla Fondazione Koch. Oppure al modello di Pro Publica. Ma le cose possono cambiare, forse verrà il momento in cui la gente capirà che è giusto pagare per le notizie di qualità. Io pago per leggere il Washington Post. Forse molti decideranno di pagare una piccola somma anche per proteggere la privacy sui social network». Che cosa intende? «Siedo nel board di Privy, un social network privato appena nato “anti social”, senza pubblicità e algoritmi per tracciare gli utenti. Si entra solo su invito e si paga un abbonamento mensile».
Fox, Disney alza l’ offerta a 71 miliardi. E incassa il sì
Corriere della Sera
Fr. Bas.
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MILANO È battaglia di rilanci tra Walt Disney e Comcast per la conquista degli asset di 21st Century Fox. Il colosso guidato da Robert Iger ha alzato a 71,3 miliardi di dollari la propria offerta, ovvero 38 dollari per azione. Comcast non sembra avere intenzione di mollare e starebbe lavorando – secondo Fox Business – a un rilancio da 41 dollari per titolo, dopo che una settimana fa aveva proposto 35 dollari per titolo (65 miliardi di dollari in contanti) già alzando del 19% la prima offerta di Iger. Fox ha accettato l’ ultima offerta di Disney. In palio ci sono gli asset di Fox che comprendono la britannica Sky, Star India, studi cinematografici e televisivi, reti via cavo dedicate all’ intrattenimento e la quota nel servizio di video in streaming Hulu. Sul tavolo Disney mette 71,3 miliardi di dollari tra contanti e azioni, ai quali si aggiungono altri 13,8 miliardi di debito che il colosso dell’ intrattenimento si metterà in pancia insieme alle attività Fox, per un totale di 85,1 miliardi di dollari. Nel dettaglio, la società di Burbank pagherà cash 35,7 miliardi di dollari ed emetterà circa 343 milioni di nuove azioni destinate ai soci Fox, puntando ad arrivare nel 2021 a realizzare sinergie di costo pari ad almeno 2 miliardi di dollari grazie alla combinazione dei business. Per il presidente esecutivo di Fox, Rupert Murdoch, «la combinazione con Disney libererà ancora più valore per gli azionisti, dal momento che la nuova Disney continua a dettare il passo in un momento dinamico per la nostra industria». Mentre secondo Iger «l’ acquisizione di 21st Century Fox porterà un valore finanziario significativo agli azionisti di entrambe le aziende, e dopo sei mesi di pianificazione dell’ integrazione siamo ancora più entusiasti e fiduciosi rispetto a quanto siano calzanti a livello strategico gli asset e il talento presenti in Fox». La guerra tra le società di intrattenimento e di telecomunicazioni punta alla conquista di più contenuti per poter competere con l’ offerta delle società tecnologiche come Amazon e Netflix. Lo scenario è in movimento. Giovedì scorso la giustizia americana ha dato il via libera alla maxi-fusione tra AT&T, secondo operatore della telefonia mobile negli Usa, e Time Warner: operazione da 85,4 miliardi.
Disney rilancia e supera Comcast: oltre 71 miliardi per rilevare Fox
Il Sole 24 Ore
Marco Valsania
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new york Disney fa scattare un forte rilancio per conquistare la 21st Century Fox e tenere a bada le mire della grande rivale Comcast sull’ impero di Rupert Murdoch. E Murdoch e Fox rispondono con soddisfazione alla nuova offerta, 71,3 miliardi di dollari in contanti e azioni. Il nuovo prezzo comporta una revisione dell’ accordo di fusione tra Disney e Fox. Ma l’ azienda di Murdoch ha esplicitamente definito l’ offerta «superiore» a quella da 65 miliardi interamente cash messa sul tavolo da Comcast. Di sicuro rappresenta un drastico miglioramento rispetto all’ originale proposta da 52,4 miliardi in titoli lanciata da Disney a dicembre. L’ aggressività della mossa, secondo gli analisti, potrebbe complicare ulteriori controproposte di Comcast, già appesantita da un indebitamento stimato in 170 miliardi. Ma la partita non è affatto conclusa. Gli asset di Fox, la sua produzione di contenuto e il suo raggio d’ azione internazionale, sono considerati di grande importanza strategica nel nuovo clima di rapido consolidamento nel settore dei media, che premia particolarmente il content di qualità e vede oggi entrare in gioco anche colossi delle telecomunicazioni quali AT&T e dell’ hi-tech come dello streaming, da Netflix e Amazon. Proprio il recente via libera della magistratura al merger da 85 miliardi tra AT&T e Time Warner, nonostante obiezioni antitrust del governo, ha incoraggiato la battaglia per Fox. Né mancano rivalità personali: l’ amministratore delegato e chairman di Comcast, Brian Roberts erede della dinastia che controlla il gruppo, in passato aveva cercato di comprare la stessa Disney prima di «accontentarsi» nel 2013 di NbcUniversal. Il nuovo accordo di fusione presentato da Disney, pari a 38 dollari per azione targata Fox, offre flessibilità tra titoli e cash attorno ad un livello del 50 per cento. Disney si farà inoltre carico di 13,8 miliardi di debiti di Fox, facendo lievitare il valore complessivo del deal a 85 miliardi. Iger ha indicato che, pur di finanziare l’ ingente operazione, è pronto a sospendere il completamento di piani di buyback da 20 miliardi. Il rilancio è stato messo a punto all’ indomani di un faccia a faccia tra Iger e Murdoch. Che, in un comunicato, ha messo nero su bianco le ragioni della sua predilezione per Disney: «Crediamo fermamente che la combinazione generi ancora maggior valore per i soci, con la nuova Disney che continuerà a dettare il passo nel settore durante un momento dinamico», ha indicato il patriarca. Il matrimonio, ha aggiunto, «creerà una delle più grandi e innovative aziende al mondo». Murdoch ha deciso di cedere gran parte del suo gruppo ritenendolo ormai inadeguato a reggere in futuro il confronto con i protagonisti in espansione delle rivoluzioni tecnologiche e digitali. Nell’ unione con Disney vede tuttavia la possibilità di mantenere una quota in un nuovo impero mediatico con uno storico pedigree. I Murdoch, in ogni caso, preserveranno alcuni asset pregiati, quali l’ informazione di Fox News e canali sportivi, dando i natali a una «New Fox» guidata dal figlio di Rupert, Lachlan Murdoch. A passare di mano saranno invece la leggendaria casa di produzione cinematografica 20th Century Fox, gli Studios Tv, reti e canali televisivi, la quota nel colosso britannico ed europeo Sky, il controllo del gigante Star in India e una partecipazione del 30% nel servizio di streaming Hulu. Un’ incognita riguarda tuttora Sky: Fox è impegnata a rilevare la quota del 61% che non possiede, se possibile prima di completare una fusione con Disney, ma è ostacolata da una separata e più generosa avance, sempre ad opera dell’ avversaria Comcast. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Chessidice in viale dell’ Editoria
Italia Oggi
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Genish (Tim): da Lega A bando miope, se ne pentirà. «Sono molto dispiaciuto per la decisione della Lega Calcio, che di fatto ha ideato il bando» per l’ assegnazione dei diritti di trasmissione dei prossimi tre campionati di calcio della serie A «in modo a predisporre sul piatto d’ argento la vittoria a Sky». È quanto ha dichiarato ieri l’ a.d. di Tim, Amos Genish, nel corso di un incontro con la stampa. Telecom aveva partecipato al bando, senza tuttavia riuscire a farsi assegnare alcun pacchetto. Il modo con cui la gara è stata istituita, ha aggiunto il manager, «rappresenta una decisione miope che non darà vantaggi alla Lega Serie A, non stimolerà la concorrenza e, soprattutto, costringerà gli abbonati a pagare di più. Penso pertanto che la Lega se ne pentirà. Non è onesto nei confronti degli abbonati: mi auguro che si rendano conto degli impatti della loro decisione». L’ Associazione per l’ aforisma premia Basili. L’ Associazione italiana per l’ aforisma ha assegnato il premio alla carriera al giornalista Dino Basili, ritenendolo «particolarmente autorevole e rappresentativo del genere letterario». Il riconoscimento sarà consegnato il 27 ottobre nell’ ambito di Torino in sintesi, col patrocinio della regione Piemonte e del Comune. Basili ha lavorato in numerosi quotidiani e settimanali, all’ Ansa e alla Rai, dove ha diretto Radiodue e le relazioni esterne. È stato anche capo dell’ ufficio stampa del senato e consigliere per gli affari costituzionali al Quirinale. Ha scritto sei i libri di aforismi, tra i quali i best seller Tagliar Corto e Amici Amici. Morcellini (Agcom), investire su informazione di qualità. «L’ universo della comunicazione digitale ha bisogno ora più che mai di regole. Dobbiamo rivendicare una nuova forza regolamentare nei confronti dei social network». Lo ha detto il commissario dell’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni intervenendo ieri a Roma al convegno «Dove non arriva la privacy. Come creare una cultura della riservatezza», cui ha preso parte tra gli altri anche la vicepresidente dell’ Autorità per la protezione dei dati personali Augusta Iannini. Per arginare gli eccessi della comunicazione e dei social, ha sostenuto Morcellini, «occorre stressare questo risveglio che si sta diffondendo (o almeno affacciando) tra gli utenti della rete nei confronti dell’ informazione, investendo in un nuovo rapporto di fiducia, ossia nella qualità e nella professionalità dell’ informazione prodotta». Fox Sports chiuderà il 30 giugno. Finirà il 30 giugno la storia di Fox Sports in Italia. A confermare la notizia (anticipata da ItaliaOggi nelle edizioni del 16 e del 20 giugno) della chiusura del canale a causa del mancato rinnovo del contratto di esclusiva con Sky è stato ieri il sito internet del canale sportivo, che ha ripercorso i 5 anni di vita della rete nella Penisola. A LaPresse gli archivi e i brand Olycom e Olimpia. LaPresse ha acquisito il ramo d’ azienda fotogiornalistico, giornalistico, cineteleaudiovisivo e fotografico di Olycom. L’ agenzia guidata da Marco Durante implementa così il proprio archivio fotografico (oltre 30 milioni di immagini dal 1939 a oggi) con le libraries analogiche e digitali di Olycom, l’ agenzia fotografica milanese fondata nel 1958 da Walfrido Chiarini come Olimpia Fotocronache. Dal punto di vista dei contenuti si tratta del marchio Publifoto, degli archivi storici Olimpia e Olycom e relativi marchi a copertura di tutto il Novecento. Agcom: accordo con Iap per il controllo della comunicazione commerciale. Contribuire a garantire maggiormente il consumatore nella fruizione delle comunicazioni a carattere commerciale, anche quelle online. È questo il senso dell’ accordo quadro sottoscritto dall’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con l’ Istituto dell’ autodisciplina pubblicitaria (Iap).
Diritti tv, la Serie B verso l’ assegnazione
Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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I vertici della Lega Serie B ieri hanno incontrato i quattro broadcaster (Sky, Perform, Mediaset e MediaPro) che hanno manifestato l’ intenzione di acquisire i diritti tv del campionato cadetto di calcio per il triennio 2018-2021. I colloqui si sono conclusi attorno all’ ora di pranzo, e oggi è stato convocato un consiglio direttivo di Lega per stabilire se accettare la migliore delle quattro proposte, o chiedere un supplemento di trattativa. C’ è comunque un certo ottimismo tra i club di Serie B, poiché la migliore proposta ricevuta (non sono trapelate indiscrezioni circa il soggetto, ma potrebbe essere Sky) ha già superato i 23 milioni di euro annui, migliorando, quindi, quanto incassato annualmente dalla Serie B nel passato triennio. La Serie B, peraltro, è un evento molto strategico nella costruzione di una offerta commerciale sul territorio italiano, poiché consente di avere ottime leve di marketing da sviluppare a livello locale in moltissime province spesso trascurate dal battage mediatico.
21st Century Fox, Disney rilancia
Italia Oggi
MARCO LIVI
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21st Century Fox e Walt Disney hanno raggiunto un nuovo accordo per la loro fusione. Per raggiungere la nuova intesa è stata aumentata la valutazione degli asset di proprietà di Rupert Murdoch: il colosso statunitense dell’ intrattenimento, presieduto e guidato dall’ a.d. Bob Iger, ha incrementato infatti a 71,3 miliardi di dollari (61,5 miliardi di euro) l’ offerta per il portafoglio di attività che comprende la britannica Sky, Star India, studi cinematografici e televisivi, reti via cavo dedicate all’ intrattenimento e la quota nel servizio di video in streaming Hulu. Gli azionisti di Fox possono scegliere di accettare la nuova offerta di Disney fino a un massimo del 50% in contante. Il prezzo iniziale era di 52,4 miliardi di dollari in azioni, pari a 45,2 miliardi di euro (mentre Comcast, che punta alla stessa 21st Century Fox, ha messo sul piatto 65 miliardi tutti in contante, ossia 56,1 miliardi di euro). Un gioco complessivo, quindi, di offerte incrociate che il mercato ha comunque giudicato positivamente visto che i titoli Fox e Disney sono saliti mentre quello di Comcast ha ridotto le perdite. Alcuni analisti si aspettano, infatti, che quest’ ultimo colosso diretto dal presidente e a.d. Brian L. Roberts giochi a sua volta al rilancio. E anche se dovesse decidere di non voler acquisire tutti gli asset di Fox, potrebbe fare una seconda proposta solo per Sky. Nel gioco incrociato restano sempre esclusi dalla transazione i canali Fox News, Fox Sports 1 e la rete broadcasting o le stazioni tv di Fox. In ogni scenario atteso (che sia targato Disney o Comcast non importa), queste attività verrebbero scorporate creando una nuova compagnia, chiamata al momento «la nuova Fox», secondo il giudizio della stampa d’ Oltreoceano. Intanto il board e gli azionisti di Fox stanno valutando vari fattori per considerare quale dei due concorrenti sia il migliore offerente. Incide in prima battuta il prezzo totale (o il valore per azione), ma anche la struttura dell’ offerta. Disporre di più azioni previste dall’ accordo finale porta vantaggi fiscali per gli azionisti. Questi vantaggi potrebbero essere particolarmente importanti per gli azionisti di Fox, come la stessa famiglia Murdoch. Soci storici che hanno controllato le azioni della compagnia per molto tempo e potrebbero dover pagare le tasse su un ingente ammontare di capitale, qualora 21st Century Fox dovesse essere venduta in contanti. Rupert Murdoch e famiglia hanno una quota del 17% in 21st Century Fox. Al netto di queste valutazioni, l’ intesa finale dovrà passare anche al vaglio del Dipartimento di giustizia Usa. © Riproduzione riservata.
Los Angeles Times, il nuovo editore Soon-Shiong nomina Pearlstine alla guida
Italia Oggi
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Norman Pearlstine è il nuovo direttore del Los Angeles Times. Con un passato a Forbes, Wall Street Journal, Time Inc. editore di Time, Sports Illustrated ed Entertainment Weekly, e a Bloomberg, Pearlstine è una firma di peso del giornalismo Usa. Quindi la decisione del nuovo editore Patrick Soon-Shiong è stata interpretata come una sfida a New York Times e Washington Post. Tanto più che lo stesso Soon-Shiong ha esplicitamente dichiarato che: «ci sono le condizioni per avere un impatto maggiore sulle nazione. Il Los Angeles Times è uno dei tre quotidiani che possono ambire a un impatto nazionale e internazionale». Soon-Shiong ha rilevato il Los Angeles Times da Tronc per 500 milioni di dollari (431,8 miliardi di euro), a inizio anno. Il Los Angeles Times è il quarto quotidiano degli Stati Uniti. In parallelo, il precedente editore del L.A. Times Tronc sta valutando se tornare al vecchio nome di Tribune Publishing. Ma la stessa vendita del Los Angeles Times ha colto di sorpresa. La mossa di Tronc è stata una vera e propria giravolta rispetto a quanto fatto e detto dal presidente e maggiore azionista Michael Ferro jr negli ultimi due anni, ovvero da quando ha assunto il controllo del gruppo che prima si chiamava Tribune Publishing. Ferro, infatti, aveva respinto con forza i tentativi di acquisizione da parte di Gannett (oltre 860 milioni di dollari offerti per l’ intero gruppo, 742,7 miliardi di euro), editore di Usa Today. Il Times era al centro del suo progetto di realizzare un gruppo con una grande presenza digitale. I modi di Ferro, e il management scelto, però, non avevano fatto che creare attrito all’ interno del gruppo e in particolare con i giornalisti, anche se non può essere sicuramente questo il motivo del cambio di direzione. Invece Soon-Shiong desiderava da tempo avere la proprietà del giornale della propria città. Patrimonio da oltre 7 miliardi di dollari (6,1 miliardi di euro), provenienti per lo più dalla vendita di farmaci generici e dall’ invenzione di una nuova cura contro il cancro, il medico era già un grande azionista di Tronc ed era entrato nella società nel 2016 per aiutare Ferro nel respingere il tentativo di acquisizione da parte di Gannett. Ferro lo aveva anche nominato vicepresidente, salvo poi sollevarlo dall’ incarico quando sono emerse le inevitabili divergenze.
Topolino diventa un gigante Disney si svuota le tasche per Fox L’ impero Murdoch vale 71 miliardi Per battere la concorrenza di Comcast il colosso dell’ animazione offre al magnate australiano 38 dollari ad azione rispetto ai 28 iniziali. Nel …
Libero
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ANTONIO SPAMPINATO Sarà contento Rupert Murdoch. La Disney ha rilanciato, e non di poco, per acquistare alcuni asset della 21st Century Fox del magnate australiano sperando di mettere fine alla battaglia a suon di rialzi che la Comcast, colosso Usa della tv via cavo, la sta costringendo da mesi. Ieri la società di Topolino, Cenerentola e La Sirenetta ha offerto 71,3 miliardi di dollari in cash e azioni, più 13,8 miliardi di debito, per portarsi a casa alcuni asset della Fox: studi cinematografici (Twentieth Century Fox) e televisivi, reti di intrattenimento via cavo (National Geographic), la partecipazione in società streaming come sHulu, quella in Star India e il 39% di Sky. La precedente offerta della Disney era di 52 miliardi di dollari – pari a 28 dollari per azione contro gli attuali 38 – e l’ affare sembrava ormai concluso quando Comcast ha deciso di mettere sul piatto 65 miliardi, tutti cash, per rompere l’ idillio che si era creato tra Murdoch e la Walt Disney Company. LO SQUALO I soldi non sono tutto (incredibile a dirsi per un uomo soprannominato “lo Squalo” di Melbourne) e Murdoch non ha mai nascosto l’ avversione per l’ approccio di Comcast: in precedenza aveva anche rifiutato una sua offerta da 60 miliardi di dollari e ha storto il naso quando la tv via cavo ha alzato di 13 miliardi la proposta di Mickey Mouse. I motivi per preferire Disney sono principalmente due. La prima è che ha sempre ritenuto l’ offerta Comcast più rischiosa dal punto di vista dell’ antitrust Usa, autorità diventata più severa sotto la presidenza Trump. Quella Disney, invece «aveva più probabilità di essere conclusa». E infatti da molti era già stata data per fatta. Il secondo motivo è che grazie a un ampio scambio azionario Murdoch entrerebbe nel salotto buono dell’ intrattenimento mondiale dalla porta principale diventando uno dei maggiori azionisti della Disney accanto a uomini del calibro di George Lucas e Stan Lee. Non che non frequenti la prima classe da decenni, ma la Disney è la Disney. «Crediamo fermamente che questa combinazione con Disney libererà ancora più valore per gli azionisti, dal momento che la nuova Disney continua a dettare il passo in un momento dinamico per la nostra industria», ha commentato Murdoch, anticipando la nascita di «una delle società più grandi e più innovative al mondo». Inoltre conserverebbe sempre qualche asset della 21st Century e il controllo di News Corp, propietario, tra gli altri, di giornali quali il Wall Street Journal attraverso Dow Jones, il New York Post e il Sun. Un altro fronte aperto con Comcast è l’ acquisto delle restanti azioni della tv satellitare britannica Sky. L’ accordo con Disney prevede tutta Sky e non solo il 35% già in possesso della Fox. L’ AFFARE SKY Murdoch lo scorso anno aveva offerto 11,4 miliardi di dollari per portare a termine l’ operazione Sky ma l’ antitrust europeo aveva condizionato l’ acquisto alla cessione di Sky News. A quel punto si era fatta avanti la solita Comcast rilanciando a 22 miliardi di dollari. Poche ore dopo l’ offerta, arrivata un paio di mesi fa, il comitato indipendente di Sky aveva annunciato che avrebbe ritirato il sostegno all’ offerta concorrente, proprio quella della 21st Century Fox, girando di fatto le spalle al suo azionista di controllo. Venerdì scorso l’ antitrust Ue ha invece dato il suo assenso incondizionato all’ operatore via cavo Usa perché l’ eventuale acquisto «non solleverebbe problemi di concorrenza in Europa». Una rogna non da poco per Murdoch ma ora la controfferta della Disney per la Fox potrebbe mescolare nuovamente le carte in tavola. riproduzione riservata Aria di maretta ai piani alti di Tim. L’ amministratore delegato del colosso delle tlc, Amos Genish, non vuole che “voci” messe appositamente in circolazione da alcuni componenti del cda del gruppo possano anche solo rallentare il piano industriale. «Ci sono alcuni membri del cda», ha sintetizzato Genish incontrando ieri la stampa, « che sono molti indaffarati a diffondere delle congetture false e poco attendibili dietro le quinte, così interferendo con le decisioni del management. E’ un cda nuovo (rinnovato appena il 4 maggio, ndr), e forse alcuni consiglieri devono ancora capire il mandato ricevuto dall’ assemblea, ossia avere un cda molto indipendente e non esecutivo e ci aspettiamo che tutti siano indipendenti, avendo in testa l’ interesse dell’ azienda e non dei singoli azionisti. Ci sono voci che minano, che mettono a repentaglio la nostra capacità di centrare i nostri obiettivi ambiziosi, vorremmo che la cosa cessasse il prima possibile». Visto anche che «tanti azionisti importanti del gruppo sono scontenti di questa condotta», ha spiegato. Il top manager ha confermato l’ intenzione di voler rimanere alla guida della società almeno fino al 2020. Assicurando che «nulla di tutto ciò scoraggia me e il management dal realizzare gli obiettivi. E nulla ci impedirà di svolgere il nostro lavoro», ha scandito. Dopo aver chiuso rapidamente la partita degli esuberi (con un accordo per la solidarietà difensiva), entro metà luglio Genish dovrebbe incontrare nuovamente il ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio per affrontare la partita dello scorporo della rete e degli investimenti. C’ è molta attenzione anche per il capitolo prepensionamenti, mentre non sembra destare preoccupazione lo sbarco sul mercato italiano del nuovo operatore francese (Iliad). Più delicata la partita sullo scorporo: «Ci aspettiamo che nel giro delle prossime settimane l’ Authority ci farà sapere il suo parere sulla Netco. Si chiarirà inoltre anche il quadro normativo». AN. C. riproduzione riservata BUDDY FOX “La pacchia è finita”. Questo era il titolo de il Manifesto di venerdì 15/06, ovvero il giorno dopo Draghi. Un tono comune, severo, usato dalla gran parte di quotidiani e media per segnalare che la fine dell’ estate per la finanza è ormai alle porte. E poco importa che le previsioni della vigilia fossero ben più prudenti (il QE terminerà a settembre), poco importa che i tassi rimarranno a zero almeno fino all’ estate del 2019, e poco importa che tutto il protocollo è stato votato all’ unanimità, la pacchia è finita, punto. Resta il mistero a chi, quelli de il Manifesto, volessero indirizzare il messaggio, vari indizi portano agli operatori dei sindacati, agli insegnanti, intellettuali di sinistra, gli abitudinari lettori di quel quotidiano, in ogni caso tutte categorie che per nulla o solo marginalmente hanno beneficiato degli effetti di questo bengodi finanziario. Dunque “pacchia finita” per chi? E soprattutto perché? Non si capisce il motivo di questo bigottismo monetario, l’ enfasi a invocare maggiore rigidità che penalizzerà tutti, se non quella malcelata perversione di essere sempre contro, a prescindere, e soprattutto se si tratta di Italia. Fortunatamente Draghi, un italiano che sembra lottare per l’ Italia, da un lato bacchetta, ma dall’ altro dimostra una profonda generosità cercando di concedere tutto l’ extra time possibile. Anzi, proprio sulla questione dei tempi di chiusura del QE, rispondendo a una domanda con l’ ironia che lo contraddistingue ha detto: «Mi piacerebbe dire l’ ora e il giorno della conclusione, ma ancora non è possibile». Se ancora il concetto non fosse chiaro, a rimarcare le sue scelte, vengono in sostegno le 3 P: Prudenza, Persistenza e Pazienza. A cui personalmente aggiungerei la quarta, Perseveranza, un aggettivo capace di mettere a tacere tutti. La pacchia è finita, lo ripeteranno ancora. Ve la ricordate la favola di “al lupo! Al lupo!”? Il pastorello si annoiava, e ogni notte per prendersi gioco della gente urlava “al lupo al lupo”, la gente accorreva e lui scoppiava a ridere. Poi una notte il lupo arrivò veramente, il pastorello gridò ma nessuno accorse in aiuto, e il lupo si mangiò tutte le pecore. Ora io non vorrei che succedesse lo stesso ai molti risparmiatori, che in tutti questi anni, spaventati dai (falsi) allarmi, non hanno osato negli investimenti, ingoiando amare delusioni. Arriverà il giorno in cui, come un gregge, si avventureranno negli investimenti più arditi senza più ascoltare nessun allarme. Bisognerebbe stare attenti a lanciare tutti questi falsi allarmi che fanno il gioco del lupo, perché il lupo prima o poi arriva veramente, e quel giorno avrà una gran fame. PIAZZA AFFARI: ancora con la storia dei dazi? E Draghi è pronto a riaprire la scatola magica del QE. Ma non avete capito lo schema? La Borsa abbaia, ma non morde. Su Milano ancora stock picking, ovvero, selezione. RISANAMENTO: alla caccia dei titoli Mundial. Risanamento potrebbe vincere la coppa. EUROTECH: come la Russia, un titolo per fare molti goal. BE: come il Belgio, grande potenziale, deve solo osare. paninoelistino@gmail.com riproduzione riservata.
Rai, il piano giallo -verde: FI e dem fuori dal cda Giochi aperti per la Cdp
Il Messaggero
FRANCO DEBENEDETTI, ARTURO DIACONALE, ANDREA CANGINI
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LA TRATTATIVA ROMA Un vertice tra sabato e domenica di Conte con Salvini e di Maio per chiudere il risiko delle nomine. Forza Italia vuole la guida della Commissione di Vigilanza Rai? E allora deve rinunciare ad esprimere un membro del Cda di viale Mazzini. E’ la Lega stessa a mettere alle strette il partito di Berlusconi. A creare l’ impasse sulle commissioni di garanzia non è tanto il braccio di ferro tra Pd e Fratelli d’ Italia. Sia i dem che il partito di Meloni chiedono la presidenza del Copasir, ma in realtà anche per il governo giallo-verde lo schema dovrebbe rispettare le indicazioni fornite informalmente dai vertici istituzionali. Ovvero che il Comitato dei servizi e la Commissione di vigilanza Rai (i grillini preferirebbero affidare al Pd quest’ ultima) siano appannaggio dei due partiti maggiori dell’ opposizione. La vera partita è legata agli equilibri interni a viale Mazzini. Il Carroccio sta trattando con M5s sulla rivoluzione da attuare e vuole tener fuori FI. La maggioranza punta all’ en plein. Potrebbe lasciare solo un componente all’ opposizione «ma solo se ci sarà accordo su tutto», viene spiegato, e trapela la tentazione di consegnare il prezioso seggio a Fratelli d’ Italia. I membri del Cda, secondo la nuova governance, sono sette: due eletti dalla Camera e due dal Senato, due designati dal Consiglio dei ministri su proposta del ministero dell’ Economia, uno eletto dall’ assemblea dei dipendenti Rai. La trattativa tra pentastellati e leghisti è a buon punto, spiega una fonte governativa. E nello schema FI rimarrebbe completamente all’ asciutto. «Sono fuori dalla realtà la reazione di un big azzurro -. Dovranno fare i conti con i numeri, se ci buttano fuori siamo pronti a bloccare tutto e a fare i patti anche con il diavolo». Il Cda nomina tra i suoi membri il presidente ma per farlo ha bisogno dell’ ok della Vigilanza a maggioranza di due terzi. «Finora sottolinea un altro dirigente di FI siamo rimasti buoni». Ieri il Pd ha comunicato di non voler fornire nomi per le commissioni di garanzia «fino a quando la situazione non sarà chiara». Martedì terrà una riunione, alla presenza anche del reggente dem Martina. «Dobbiamo evitare in tutti i modi uno strappo costituzionale», ha spiegato Andrea Marcucci al gruppo del Pd al Senato mentre il deputato Michele Anzaldi denuncia un’ intesa Di Maio-Salvini-Berlusconi per «spartire Vigilanza e Cda Rai». In realtà al momento l’ asse Pd-FI regge. Il Cda nomina anche l’ ad su proposta dell’ assemblea dei soci. Per il ruolo di dg sono sempre alte le quotazioni di Fabrizio Salini. Di Maio ripete di voler riportare «la meritocrazia» nell’ azienda. IN CASSA IPOTESI RINVIO Intanto oggi sono al via le commissioni parlamentari (escluse quelle di garanzia). Nove presidenze a M5S, cinque alla Lega: stesso schema sia alla Camera che al Senato. Per il partito di via Bellerio up grade, tra gli altri, per Bagnai, Borghi, Saltamartini, Giaccone, Borghesi. Per M5s promossi Dadone, Perilli, Catalfo, Giarrusso. Nomina in arrivo anche a Palazzo Chigi. Tra il premier Conte e il sottosegretario alla presidenza, Giancarlo Giorgetti, a spuntarla è il primo. A capo del Dagl ci sarà il consigliere di Stato Ermanno Di Francisco. Nel gioco del domino delle nomine, la tessera della Cdp si incrocia con quelle della direzione generale del Tesoro e, da alcune ore, anche con il vertice delle Fs. Uno dei punti fermi è la designazione della terna delle fondazioni per il cda della Cassa mentre c’ è stallo da parte del Tesoro e, salvo accelerazioni nel week end, non si esclude che l’ assemblea del 28 approvi solo il bilancio 2017; mentre il consiglio uscente potrebbe tornare a riunirsi per convocare un’ altra assemblea entro il 10 luglio con all’ odg la nomina dei vertici. Le fondazioni hanno indicato all’ unanimità, come ha detto ieri Giuseppe Guzzetti al termine del vertice con 30 enti azionisti, l’ ex sottosegretario al Tesoro ed ex presidente di Mps Massimo Tononi alla presidenza; quali consiglieri invece l’ avvocato Matteo Melley (presidente di Cassa Spezia) con la conferma di Alessandra Ruzzu. Ora il pallino è nelle mani del Tesoro, azionista di maggioranza che dovrà fare sei designazioni tra cui l’ ad. «Faremo presto», ha detto Luigi Di Maio riferendosi all’ avvento dei nuovi vertici per sbloccare i debiti della Pa. La partita sulla scelta del nuovo amministratore delegato si è però intersecata con quella riguardante la poltrona di direttore generale del Tesoro in un gioco di sponde dove le fondazioni sono spettatrici non disinteressate, visto che il Mef è il vigilante. Accanto all’ ipotesi esterna di Antonio Guglielmi (Mediobanca), resiste la candidatura interna di Alessandro Rivera. Quanto a Cdp, i Cinquestelle sponsorizzano il cfo Fabrizio Palermo come ad che però sta perdendo quota, mentre nelle ultime ore si sarebbe rafforzata la candidatura di Dario Scannapieco, attuale vicepresidente della Bei. Nella ripartizione delle cariche è entrata anche la poltrona di Renato Mazzoncini, attuale ad Fs, a causa del rinvio a giudizio per truffa. La Lega potrebbe cogliere la palla al balzo per sostituirlo con Massimo Sarmi in uno scenario di maggiore interventismo delle Fs. Rosario Dimito Emilio Pucci © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Aggredì giornalista, afgano condannato a 5 anni
Il Messaggero
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LA SENTENZA Non un avvertimento, una minaccia, ma una imboscata. Una trappola a mano armata con una lama lunga trenta centimetri contro una mamma e la figlioletta di 7 anni impegnate ad andare a scuola. Il ventenne afgano che nel marzo dello scorso anno brandendo un pugnale ha cercato di aggredire alle spalle la giornalista Rai Christiana Ruggeri urlando «ammazzerò te e tua figlia», ieri, è stato ritenuto colpevole di tentato omicidio e condannato col rito abbreviato a cinque anni di carcere. Scontata la pena poi dovrà fare i bagagli e tornare a Kabul. Per Shamin Kabuli il gip ha disposto, infatti, la pena supplementare dell’ espulsione dallo stato italiano. Il pm Elena Neri era partita da una richiesta di condanna a 14 anni di carcere, ridotta a sette tra attenuanti e scelta del rito, ma il giudice ha disposto una pena più mite, che comunque ha rassicurato la vittima, ieri, di nuovo in lacrime nel sentire la ricostruzione dei fatti. «Ci siamo salvate grazie alla prontezza della mia bambina», ha ricordato la giornalista all’ uscita dall’ aula. «Mamma, mamma, mi ha urlato, attenzione, c’ è Sami. L’ avevo appena legata sul seggiolini e stavo facendo il giro dell’ auto. Me lo sono ritrovato alle spalle con quel pugnale. Ho appena fatto in tempo a salire in macchina». GLI APPOSTAMENTI Non erano ancora le otto del mattino e Sami , che stava in appostamento da un pezzo, però, non aveva nessuna voglia di cambiare proposito. Aveva deciso di uccidere la giornalista perché la riteneva colpevole della rottura del suo fidanzamento con una giovane peruviana, tata della bambina della Ruggeri. Allora ha sferrato pugni sull’ auto, ma anche colpi di coltello contro i finestrini che miracolosamente hanno retto, cercato di aprire la portiera fino a smontare la maniglia. «Ho messo in moto la macchina e ho corso. Ma non ci ha mollato nemmeno per i primi duecento metri. Ci rincorreva con l’ arma in pugno». Già qualche settimana prima il giovane aveva organizzato un appostamento contro la giornalista, terrorizzandola. L’ uomo finì in carcere qualche giorno dopo. Due anni prima aveva cercato di strangolare la fidanzata e in casa della giornalista, in quel periodo in vacanza. Eppure il difensore dell’ afgano, l’ avvocato Andrea Palmiero, punta già all’ appello. «L’ arma non è stata trovata, la signora e la bambina non hanno riportato lesioni», ha dichiarato il penalista. «Ritengo che non siano gli estremi del tentato omicidio». Adelaide Pierucci © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Disney alza l’ offerta per 21st Century Fox a 71,3 miliardi
La Repubblica
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ROMA Una somma pesante quella calata sul piatto da Disney per aggiudicarsi gli asset messi in palio da 21st Century Fox: l’ offerta è stata alzata a 71,3 miliardi di dollari o 38 dollari ad azione, che superano i 65 miliardi di dollari, o 35 dollari per titolo, che aveva proposto Comcast la settimana scorsa. Le due compagnie sono in guerra per asset che comprendono la britannica Sky, Star India, studi cinematografici e televisivi, reti via cavo di intrattenimento e la quota nel servizio di video in streaming Hulu. Disney ha convinto così Fox a concludere un nuovo accordo su questi asset, dopo quello firmato a dicembre 2017 per 52,4 miliardi di dollari in azioni, o 28 dollari per azione. Comcast pensa ad un rilancio mentre Disney starebbe anche per ottenere il via libera dall’ Antitrust Usa.
L'articolo Rassegna Stampa del 21/06/2018 proviene da Editoria.tv.