Indice Articoli
Berlusconi si libera pure di Panorama: lo prende Angelucci
Comcast e Disney ai rilanci sulla Fox dopo la fusione AT&T e Time Warner
Serie A, Mediaset si sfila: diritti tv a Sky e Perform
Calcio, i diritti tv a Sky e Perform
Salvini come Silvio contro i tg Rai l’ editto padano
La A vale 973 mln il calcio italiano a Sky e Perform
Fischio finale sui diritti tv Sky e Perform si prendono la serie A per 973 milioni
Berlusconi si libera pure di Panorama: lo prende Angelucci
Il Fatto Quotidiano
Daniele Martini
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L’ ex deputato Antonio Angelucci, il “re” delle cliniche private laziali, sta per acquistare Panorama, la storica testata di Mondadori. Nel frattempo, bisogna sforbiciare: in omaggio alla moda che impone ampie dosi di macelleria sociale come preliminare necessario per la vendita delle attività in crisi, anche alla Mondadori stanno cercando di imporre ai circa 250 giornalisti dei periodici un taglio drastico degli stipendi fino al 40 per cento per poi poter piazzare più agevolmente le testate. Evidentemente sta facendo scuola il modello Alitalia dove l’ acquirente più accreditato, i tedeschi di Lufthansa, si dicono disposti a prendersi pure la compagnia, anzi, pezzi di essa, a patto che chi ce l’ ha in mano ora provveda a fare le pulizie, cioè mandi via in un modo o nell’ altro migliaia di dipendenti. Alla Mondadori, al momento, si stanno concentrando su una riduzione sanguinosa del costo del lavoro. Nelle intenzioni dei capi del gruppo di Segrate le prime testate a uscire dal perimetro berlusconian-mondadoriano dovrebbero essere TuStyle e Confidenze, accompagnate appunto da quella che fu la corazzata della casa: Panorama. Settimanale blasonato, che un tempo arrivò a vendere tra abbonamenti ed edicole circa 800 mila copie puntando al traguardo del milione, Panorama è ormai l’ ombra di se stesso, con poche migliaia di copie vendute e soprattutto con bilanci sempre in negativo dell’ ordine di circa 30 milioni di euro negli ultimi 4 anni. A tirarlo fuori dai guai per provare a rilanciarlo ci vorrebbe provare il gruppo Angelucci, che è in mano a due vecchie conoscenze di Silvio Berlusconi: il capostipite Antonio, eletto in Parlamento nel partito berlusconiano per più legislature, e Denis Verdini che di Berlusconi è stato a lungo l’ ombra e che da un po’ di tempo è diventato proprio il factotum della parte editoriale degli Angelucci. Ieri si è diffusa con insistenza la voce che l’ affare fosse ormai concluso, ma il gruppo Angelucci in serata al Fatto Quotidiano ha ufficialmente negato che sia così. Le trattative sono comunque ben avviate da giorni e la parte tecnica della faccenda viene trattata per conto degli Angelucci dal giovane manager Daniele Cavaglià. Gli Angelucci già dominano su un piccolo regno di carta che va da Libero al Tempo fino alla sfilza dei giornali locali del Centro Italia: il Corriere dell’ Umbria, Viterbo, Siena e Arezzo. Il settimanale Panorama potrebbe diventare l’ allegato a uno di questi quotidiani sul modello del Venerdì di Repubblica e di Sette del Corriere della Sera. Anche per TuStyle e Confidenze le trattative per la vendita vanno avanti tra alti e bassi da settimane. Il primo a proporsi per l’ acquisto è stato un mezzo sconosciuto imprenditore croato, Angelo Aleksic, capo di un gruppo che si chiama European Network, forte in Italia di un solo dipendente. Dopo Aleksic anche Urbano Cairo, editore di La7 e del Corriere della Sera, si è affacciato al palazzo di Segrate sede della Mondadori con una proposta giudicata però inaccettabile dal venditore. Nelle intenzioni dei capi di Segrate il taglio degli stipendi dei giornalisti dovrebbe rappresentare una specie di viatico per le vendite dei periodici. L’ operazione dovrebbe riguardare in prima battuta i 16 giornalisti di TuStyle e gli 8 di Confidenze, ma è ovvio che una volta fatto passare il principio, il taglio sarebbe esteso a tutti i redattori, a cominciare da quelli di Panorama che è l’ altro settimanale per cui le trattative sono in fase avanzata. Il 40 per cento di riduzione delle retribuzioni è la proposta choc di partenza dei capi Mondadori, ma è chiaro che ci saranno margini per la trattativa con i sindacati. Questa mattina i giornalisti di Segrate si riuniscono in assemblea per decidere quale tipo di mandato conferire ai propri rappresentanti in vista dell’ incontro con l’ azienda tra una settimana.
Comcast e Disney ai rilanci sulla Fox dopo la fusione AT&T e Time Warner
Il Sole 24 Ore
Marco Valsania
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NEW YORK Archiviato il grande merger da 85 miliardi tra AT&T e Time Warner, con il successo in tribunale delle aziende contro l’ antitrust dell’ amministrazione Trump, gli occhi sono tutti puntati sulla prossima, imminente partita da decine di miliardi nei media e nelle telecomunicazioni: quella che vede in palio gli asset della 21st Century Fox, con nelle carte l’ offensiva di Comcast per strappare l’ impero di Rupert Murdoch alla Disney. Comcast ha già preparato un’ offerta nelle scorse settimane, in attesa del “precedente” d’ un verdetto adesso arrivato a favore di nuove stagioni di consolidamento nel settore. Ha mobilitato finanziamenti per un’ offerta in contanti fino a 60 miliardi, che secondo voci si apprestava forse a lanciare già nella notte di ieri. Una avance che, anche qualora non usasse subito tutte le “munizioni”, supera i 52,4 miliardi in azioni messi sul tavolo da Disney e finora accettati da Murdoch. Una controfferta dovrebbe scatenare un duello con pochi precedenti: gli investitori scommettono che Disney rilancerà e che Fox finirà al centro di un’ asta in grado di rivaleggiare per valore con l’ operazione AT&T-Time Warner, raggiungendo gli 80 miliardi. Segno di quanto, nel pieno della rivoluzione digitale, sia oggi considerato prezioso il matrimonio di contenuto e piattaforme di distribuzione per rimanere tra i protagonisti. Lo scontro promette ramificazioni oltreatlantico, su offerte e controfferte per il gruppo satellitare britannico Sky controllato da Fox. Fox, prima della cessione a Disney, vorrebbe assorbire il 61% di Sky che ancora non possiede, ma Comcast fa leva su una proposta più generosa da 31 miliardi. Altri merger sono in discussione: leader del content del calibro di Cbs e Viacom potrebbero unirsi o concedersi a corteggiatori esterni, compresi re di Internet e hi-tech. Manovre sono allo studio da parte della Liberty Media di John Malone come del gruppo di tlc Charter Communications di cui è azionista. La rivale diretta di AT&T, Verizon, potrebbe a sua volta scendere in campo, nonostante appaia più concentrata nell’ investire su reti mobili di nuova generazione. Come potrebbe intervenire Apple, che scommette sempre più sul content. È stato questo il messaggio – un via libera alla merger-mania – lasciato in eredità dalla decisione su AT&T-Time Warner del giudice federale Richard Leon, che ha bocciato le accuse del Dipartimento della Giustizia al nuovo gigante “verticale”, che cioé combina distribuzione e content, di danneggiare consumatori e concorreti. Leon ha legittimato sotto il profilo legale la trasformazione ormai avvenuta nei media con l’ avvento di nuovi leader quali Netflix (re della market cap di Borsa nel settore con 164 miliardi), Amazon, Alphabet e Facebook. Nel mutato clima un merger verticale, ha detto, avvantaggerà gli utenti e non eliminerà rivali. «Se mai c’ è stato un caso dove le parti hanno mostrato valutazioni drammaticamente diverse sullo stato del mercato in questione e una visione fondamentalmente diversa dei suoi sviluppi futuri, siamo davanti a quel caso», ha scritto Leon in apertura delle 172 pagine di motivazioni. Poi ha fatto sapere che dava ragione alle aziende e che non avrebbe neppure imposto restrizioni al merger, invitando l’ antitrust a desistere da ulteriori ricorsi. Ancora nel 2011 lo stesso Leon, approvando la fusione Comcast-Nbc Universal, aveva invece inserito condizioni a protezione dei consumatori. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Serie A, Mediaset si sfila: diritti tv a Sky e Perform
Il Sole 24 Ore
Marco Bellinazzo
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Milano Il dietrofront di Mediapro, dopo le vicissitudini giudiziarie delle ultime settimane, è costato alla Serie A poco più di 230 milioni di minori introiti nell’ arco del triennio 2018/21. La Lega e i 20 club del massimo campionato italiano ieri sono però finalmente riusciti a chiudere la faticosa procedura di vendita dei diritti tv domestici. Dopo una lunga giornata iniziata con l’ apertura delle buste e ulteriori colloqui con gli operatori, in serata il presidente della Lega, Gaetano Micciché ha annunciato la fumata bianca: «È stato raggiunto un importo di più di 973 milioni di euro a stagione, circa il 20% rispetto alle offerte avute a gennaio, a cui si potrà aggiungere una parte variabile fino a 150 milioni totali legata ad abbonati e ricavi». La cifra è inferiore alla soglia minima di 1,1 miliardi. Ma come ha spiegato Miccichè, «calcolando anche i diritti venduti all’ estero, il calcio italiano ha un valore complessivo che supera 1,4 miliardi di euro». Che può avvicinarsi a 1,5 miliardi con i diritti tv residuali ancora da vendere e i bonus. I pacchetti principali venduti per prodotto, vale a dire su esclusive per fascia oraria, e non per piattaforma come avvenuto negli ultimi trienni, sono andati a Sky, l’ altro a Perform. Mediaset dunque è rimasta fuori, così come Tim e i giganti del web come Amazon da poco sbarcati invece in Premier. Mentre è stata salvata la finestra in chiaro per gli highlights della domenica che la Rai potrà usare per “90° Minuto”. Lo stesso numero uno della Lega ha ricordato come i due assegnatari siano già state avviate trattative, essendo previsto dal bando il cosiddetto diritto di ritrasmissione (aperto a tutti gli operatori anche quelli fin qui esclusi). In questo modo dovrebbe essere scongiurato il pericolo per i telespettatori di dover sottoscrivere due abbonamenti per vedere tutti i match della propria squadra. In particolare, Sky ha ottenuto per 780 milioni i due pacchetti più pregiati, quello quotato nel bando 452 milioni, con tre partite a giornata (sabato alle 18, domenica alle 15 e 20.30), e quello da 408 milioni con quattro match (sabato alle 15, domenica alle 15 e 18, e il monday night). Per 193 milioni, il terzo pacchetto, quotato 240 milioni, con tre gare (sabato alle 20.30, domenica alle 12.30 e 15), è andato a Perform, società inglese che con la piattaforma Dazn on-demand è attiva in Germania, Austria, Svizzera, Giappone e Canada. La delibera per l’ aggiudicazione è stata approvata all’ unanimità. Prima di procedere, la Lega ha acquisito un parere dallo Studio Bonelli Erede che ha confermato la legittimità della risoluzione del contratto con Mediapro. I catalani che hanno perso la battaglia legale con Sky, dopo aver vinto il bando quali intermediari indipendenti per un miliardo e 50 milioni a stagione, non hanno partecipato all’ asta di ieri. Ma è probabile che non si asterranno da nuove iniziative legali avendo già versato una caparra da 64 milioni. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Calcio, i diritti tv a Sky e Perform
Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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La Serie A ha finalmente trovato casa in televisione: la Lega ha assegnato ieri i diritti per le prossime tre stagioni a Sky e Perform, alla fine di una giornata in cui si è arrivati ai rilanci perché le buste presentate in mattinata non avevano raggiunto il minimo dell’ asta, pari a 1,1 miliardi di euro. «È stato raggiunto un importo superiore ai 973 milioni, circa il 20% in più rispetto all’ ultima offerta avuta a gennaio», ha annunciato il presidente della Lega, Gaetano Micciché, al termine dell’ assemblea. Secondo indiscrezioni, Sky ha messo sul piatto circa 780 milioni per i due pacchetti più pregiati e quindi Perform intorno ai 190 milioni. La Lega, inoltre, è riuscita a ottenere una parte variabile pari a 150 milioni di euro (oltre ai 973 milioni dell’ assegnazione) legata alle performance dei due operatori su ricavi e abbonati. Considerando anche i diritti ancora da assegnare come gli highlights, la Coppa Italia all’ estero, la Supercoppa all’ estero e i diritti radiofonici, l’ ammontare totale dell’ incasso per la Lega sfiorerà il miliardo e mezzo di euro. «Il calcio italiano è stato considerato una delle realtà più importanti a livello internazionale», ha commentato ancora Micciché, mentre per il presidente del Genoa Enrico Preziosi le offerte sono state migliori rispetto alle attese. Resta fuori Mediaset, che pure aveva presentato la propria offerta ma ha abbandonato via Rosellini prima dell’ ultimissima fase salvo poi rilasciare un comunicato polemico sul bando ad assegnazione compiuta annunciando di voler chiedere gli accordi di ritrasmissione a Sky e Perform per Premium. Restano fuori anche Telecom Italia, Italia Way e Mediapro che alla fine della trattativa privata non avevano presentato la propria offerta. Sky si è aggiudicata i due pacchetti maggiori e con la migliore possibilità di scelta delle partite (i cosiddetti pick), il 5 che comprende 114 partite e che aveva come base i 452 milioni a stagione (ore 18 sabato, 15 domenica e 20,30 domenica), e il 6 con 152 incontri e 408 milioni di base (ore 15 sabato, 15 e 18 domenica, 20,30 lunedì). Il pacchetto 7, invece, va a Perform con 114 partite a 240 milioni di base (20,30 del sabato, 12,30 e 15 della domenica) l’ operatore inglese il cui piano è di realizzare un’ offerta ott in Italia ma che potrà offrire le partite anche a Sky grazie alla possibilità dell’ wholesale inserita nel bando. Micciché ha detto di ritenere che le trattative fra le due società per la ritrasmissione siano in corso e che perciò dovrebbe essere evitato il problema del doppio abbonamento per i tifosi. Il gruppo guidato da Andrea Zappia potrà quindi avere l’ intera offerta della Serie A, anche se non avrebbe potuto acquisire tutti e tre i pacchetti. Risolto il problema di 90° Minuto, perché la Lega è riuscita a «ottenere maggiore elasticità» per la trasmissione delle partite in chiaro per cui il programma andrà in onda per i prossimi 3 anni, mentre resta sempre l’ embargo delle immagini in chiaro per il sabato sera (il divieto era fino alle 22 della domenica). La notizia dell’ assegnazione è arrivata intorno alle 19,30, ovvero mezz’ ora prima della scadenza della fase dei rilanci, dopo una lunga sospensione dell’ assemblea della Lega, dalle 14 alle 19, che evidentemente ha permesso di mettere a punto le offerte. Tornando a Mediaset, «il bando per i diritti tv della Serie A era totalmente squilibrato», si legge nella nota del Biscione. «Basta pensare che fino a oggi i pacchetti per il digitale terrestre avevano sempre contenuto tutte le partite delle migliori otto squadre italiane. Mentre il bando di oggi offre 3-4 match per turno, oltretutto senza club chiaramente definiti e quindi senza nessun appeal per i tifosi delle singole società». Nonostante questo, si spiega ancora, Mediaset ha partecipato per il pacchetto meno penalizzante (il 6) «offrendo una cifra rilevantissima, un totale di 600 milioni di euro in tre anni». Malgrado l’ esito delle assegnazioni, come detto, il gruppo si è mosso «per far riconoscere a favore degli abbonati Premium il diritto di accesso alla Serie A attraverso i diritti di ritrasmissione». © Riproduzione riservata.
Salvini come Silvio contro i tg Rai l’ editto padano
La Repubblica
FILIPPO CECCARELLI
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Un Salvini ormai stabilmente imbaldanzito e se possibile altrettanto ego-riferito («Ho le spalle larghe», «Ho la nave ormeggiata», «io adoro la critica», «io mi sono sentito dare», «io non faccio il piangina» eccetera, in appena 2 minuti e 40 secondi), insomma il consueto Salvini con cipiglio retrattile e sorrisone a comando se l’ è presa ieri anche con i tg della Rai, che gli sembrano «quelli degli anni 20 e 30», che allora non c’ era proprio la televisione, ma non fa niente, ci siamo capiti, e soprattutto si è capito lui con gli italiani che l’ hanno votato, a differenza di «qualche intellettualoide». Un altro (grande) ministro dell’ Interno, Mario Scelba, era in proposito un tantino più elegante e invece che “intellettualoidi” disse (1949): «Culturame». Anche Forlani, d’ altra parte, appena preso il potere nella Dc (1989) in nome degli italiani se la prese con i tg della Rai e, visto che c’ era, anche con La Piovra (non molto tempo dopo fu ucciso Salvo Lima). Secondo Salvini «alcuni tg» – qui ha fatto un po’ il furbo, così come l’ ha fatto lodando quello de La7 fanno «un’ opera di disinformazione che non ha precedenti». Mentre pronunciava quest’ ultima frase, per un attimo, è parso di risentire Bettino Craxi: anche lui ogni tanto se la prendeva con i telegiornali. Anzi, a dirla tutta non gli andavano mai bene e infatti cambiò almeno tre o quattro direttori di quello, il Tg2, che la lottizzazione aveva assegnato al garofano. Se è per questo, fece anche saltare tre presidenti di fila e svariati direttori di rete, che a loro volta facevano capo, in concorrenza, a Martelli, a Massimo Pini, a Pillitteri e infine a Intini. Ma non è che poi, al momento della verità, gli servì a molto. Allora Salvini faceva i quiz nelle tv private. Quando prese il potere Berlusconi la seconda volta (2001), Matteo era comunista padano, con l’ orecchino, e gli era precluso di intervenire sulle strategie leghiste in materia radiotelevisiva. Bossi si era messo in testa di trasferire una rete a Milano. Il suo plenipotenziario era una singolare figura di pugliese fedele al Sole delle Alpi, Antonio Marano, che Dagospia si ostinava a menzionare come “Marano mezzo banano”. Marano andava davvero molto d’ accordo con il Cavaliere. In pratica fecero finta che il trasloco di Rai2 ci fosse stato. In cambio Bossi si accontentò di ottenere un costosissimo polpettone, “Il Barbarossa”, presentato al Castello sforzesco con guerrieri, bracieri e pure un cavallo. Ebbe anche una particina, nobile lombardo, in tunica. Per quanto riguarda i tg e la Rai in generale, nonostante il volto feroce di Salvini, il governo del cambiamento offre in realtà un cambiamento molto relativo. Da sempre chi vince si vuole mangiare l’ azienda e intanto alza la voce. Il termine “Raibaltone” risulta censito nel 1999. Scalpo dei vincitori, preda di razzie e bottino di guerra, l’ azienda si farà mangiare con l’ astuta arrendevolezza di un ente finora destinato a sopravvivere ai suoi conquistatori (alcuni dei quali si fidanzarono con attrici, soubrette e conduttrici: almeno in questo Salvini è avvantaggiato). Berlusconi cacciò via diversi personaggi a lui ostili. L’ editto bulgaro nel 2002. Poi spesso e volentieri intrugliò in sintonia con le reti Mediaset (che però non gli sistemavano un certo numero di amichette). Ma anche lui ogni tanto diceva: «Bisogna riprendere in mano la Rai», perché, forse senza nemmeno volerlo, trasmetteva ansia e sfiducia sulle sorti dell’ economia. Appena arrivato, Renzi disse che andava “restituita al paese”: bùm. Quando per qualche ragione gli fu impedito di andare in onda nella “partita del cuore” prese cappello e si comportò come tutti gli altri. Anche lui mise i suoi, chiuse programmi, ne pretese di nuovi e interruppe contratti a giornalisti irrispettosi. Magari Salvini farebbe addirittura meglio a pensare alle navi. I cinque stelle, intanto, da oggi si mettono in fila. © RIPRODUZIONE RISERVATA
La A vale 973 mln il calcio italiano a Sky e Perform
La Repubblica
MARCO MENSURATI
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La lunga partita chiusa con la nascita della Netflix del pallone accanto alla tv di Murdoch. È salvo anche 90° Minuto ROMA Per i prossimi tre anni, la Serie A si vedrà tutta quanta, 7 partite su 10 in esclusiva, su Sky. Ieri l’ assembea della Lega Calcio ha messo la parola fine a quella che ormai persino gli addetti ai lavori chiamavano la « telenovela dei diritti tv » . E dopo due commissariamenti, tre aste, una causa in tribunale e un paio di interventi dell’ antitrust, i presidenti, che chiedevano 1,1 miliardi di euro, sono riusciti a portare in cassa 973,3 milioni. Date le premesse “politiche” e le condizioni del mercato televisivo italiano, senza dubbio, un buon risultato. Merito di uno schema di vendita che, per la prima volta nella storia della Serie A, era «allineato agli standard internazionali » , per usare un’ espressione molto in voga ieri negli uffici di Sky. Invece di vendere il calcio per piattaforme (digitale, satellite, internet), la Lega ha infatti scelto per questo terzo, decisivo bando, di dividere il campionato in vari eventi ( anticipo del sabato, posticipo della domenica, monday night, ecc.) e di confezionare tre pacchetti da vendere in esclusiva assoluta, indipendentemente dalla piattaforma. I due principali se li è aggiudicati Sky per 780 milioni di euro. Il terzo è andato a Perform, una società inglese che realizzerà la Netflix del pallone, per 193,3 milioni. I due vincitori – che pagheranno anche dei bonus legati alla crescita degli abbonati – si accorderanno adesso per ritrasmettere gli eventi su un’ unica piattaforma ( quella di Sky) e risparmiare così agli utenti che vogliano vedere l’ intera Serie A l’ acquisto di due diversi abbonamenti. Alla fine, così, erano tutti contenti. Festeggiava la Lega di Gaetano Micciché che, grazie anche alla perseveranza dell’ ex commissario Paolo Nicoletti, è riuscita a chiudere bene – e in maniera trasparente, come hanno riconosciuto e apprezzato sia in antitrust che in tribunale – un processo che si era molto complicato; ottenendo, inoltre, di far entrare in Italia un nuovo interessante investitore. Festeggiava Luigi De Siervo, advisor di Infront, che è riuscito ad attivare, sia pure in modo un po’ burrascoso, un processo competitivo in un mercato rimasto ormai con un solo vero protagonista di primo piano ( a tale proposito da registrare la scomparsa dalla scena delle compagnie ” telefoniche”). Festeggiavano, ovviamente, gli operatori aggiudicatari. E festeggiavano persino in Rai, grazie al salvataggio in extremis di quei diritti in chiaro che permetteranno la sopravvivenza a 90° minuto. Gli unici scontenti, quelli di Mediaset. In un comunicato Cologno si è scagliata contro il bando definendolo « totalmente squilibrato » a svantaggio della piattaforma digitale. Mediaset si è però riservata la possibilità di ottenere la ritrasmissione di alcuni eventi sulla propria piattaforma. Resta infine da chiarire la posizione di Mediapro. Gli spagnoli, che hanno accarezzato il sogno di realizzare il canale di Lega, hanno anticipato ai club un pagamento di 64 milioni di euro. Ora ne chiedono la restituzione. La Lega è spaccata. L’ impressione è che si arriverà ad un accordo. Altrimenti si tornerà in tribunale.
Fischio finale sui diritti tv Sky e Perform si prendono la serie A per 973 milioni
Corriere della Sera
Monica Colombo
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MILANOA poco più di due mesi dall’ inizio del campionato la partita dei diritti tv arriva al fischio finale. Senza raggiungere come basse fissa la soglia dell’ obiettivo minimo di 1,1 miliardi ma registrando un aumento significativo rispetto al bando del triennio precedente (quando i club incassarono 945 milioni a stagione), i presidenti di A assegnano i diritti del campionato 2018-2021. Si conferma Sky, si affaccia la britannica Perform, scompare Mediaset Premium. La parte del leone la fa l’ emittente di Murdoch che mettendo sul piatto 780 milioni si accaparra i primi due pacchetti, mentre irrompe sul mercato italiano la sport media company Perform, che con 193,3 milioni si aggiudica il terzo restante. In totale la Lega incassa 973,3 milioni annui, a cui va ad aggiungersi una quota variabile di 150 (100 dalla tv satellitare, 50 da Perform) legata ai ricavi e alla crescita del numero degli abbonati dei licenziatari dei pacchetti. «Il calcio italiano è ampiamente considerato a livello nazionale e internazionale», ha sottolineato il presidente della Lega Gaetano Micciché, soddisfatto di aver concluso una trattativa non semplice. Dopo le turbolenze con Mediapro, che avendo discusso una transazione con la Lega per evitare strascichi legali, non ha presentato buste, ieri in via Rosellini sono arrivate le proposte, oltreché dei broadcaster sopra citati, anche di Mediaset. Peccato che per il pacchetto 6 – base minima d’ asta di 408 milioni – il Biscione ne abbia offerti solo 200. In serata ha diffuso un comunicato per definire il bando «totalmente squilibrato» e per informare i propri abbonati, temendone la fuga, di aver già chiesto agli aggiudicatari dei pacchetti il diritto di ritrasmissione delle partite sulle proprie piattaforme. Si scongiura infatti per il consumatore il rischio di dover sottoscrivere più abbonamenti per poter vedere le partite della propria squadra del cuore poiché il licenziatario di un pacchetto è libero di vendere il diritto di ritrasmissione a chi lo chiede. Tradotto: grazie agli accordi fra operatori, su Sky sarà ancora possibile vedere tutta la serie A. Lega e Infront festeggiano perché sommando i ricavi fra i diritti tv del calcio nazionale e internazionale di campionato, Coppa Italia e Supercoppa nelle casse di via Rosellini entrano 1,4 miliardi di euro di base fissa. «Sono soddisfatto per il risultato ottenuto» ha dichiarato il presidente del Torino Urbano Cairo. «L’ incremento rispetto al bando di gennaio è stato significativo, quasi del 20%, e ottenerlo non era certo scontato. E con la quota variabile di 150 milioni abbiamo la possibilità di migliorare ulteriormente i nostri ricavi. Come Lega saremo al fianco di Sky e Perform per combattere la pirateria». In vendita restano gli highlights e i diritti radiofonici. «Novantesimo Minuto è salvo. Con gli aggiudicatari dei pacchetti abbiamo raggiunto un accordo secondo cui in chiaro le immagini più significative delle partite potranno andare in onda dalle 19 della domenica» ha concluso Micciché. Sorrisi a Santa Giulia («Sky si conferma la casa dello sport» esclama l’ ad Andrea Zappia) ma pure a Saxa Rubra.
L'articolo Rassegna Stampa del 14/06/2018 proviene da Editoria.tv.