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Da Castelli a Rixi, la corsa di «vice» e sottosegretari Rebus capigruppo
I pagamenti digitali? Solo due su dieci
“La confessione” di Peter Gomez vince il TvTalkAwards
“Mattino”, la sede diventerà un outlet
Da Castelli a Rixi, la corsa di «vice» e sottosegretari Rebus capigruppo
Corriere della Sera
PAOLO CONTI
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Il primo vero banco di prova politico per il governo pentaleghista sarà, ancora lui, il Def. Il Documento di Economia e Finanza è stato scritto a suo tempo da Paolo Gentiloni e Pier Carlo Padoan. Poi,il documento è stato approvato lo scorso 16 maggio dalla commissione Speciale costituita in assenza delle commissioni parlamentari ordinarie. Ma ora siamo al dunque. Il governo dovrà mettere a punto e farsi approvare dal Parlamento il documento sul quale si aprirà anche il confronto con l’ Unione europea. Ed è per questo che è così politicamente rilevante. Sarà il primo atto ufficiale in cui si potrà leggere il punto di caduta sugli impegni di spesa contenuti nel «contratto per il governo del cambiamento» di 5 Stelle e Lega. E data la grande aspettativa su temi come la Flat tax, la riforma delle pensioni e il reddito di cittadinanza, il Def andrà gestito oculatamente. Di qui, il grande fermento riguardo ai sottosegretari che affiancheranno il neo ministro all’ Economia Giovanni Tria, così come ai presidenti delle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Da questo punto di vista, nella Lega assai citato è Alberto Bagnai, economista di rango anche se decisamente anti euro. Altro nome molto ripetuto, quello di Armando Siri, che è l’ uomo della Flat tax. E poi quello di Michele Geraci, il professore espertissimo di Cina che ha già lavorato alla fusione dei programmi economici di Lega e 5 Stelle. Per il Movimento, invece, gira il nome di Laura Castelli come viceministro. La partita delle nuove nomine governative dovrebbe coinvolgere 40-50 esponenti legastellati. Con qualche nodo da dirimere sulle competenze: telecomunicazioni, servizi segreti e Cipe. «Ci saranno delle conferme», dicono nei 5 Stelle per spiegare che chi è finito nel toto-ministri o ha lavorato a lungo su alcuni punti del programma avrà spazio. E circolano i nomi di Manlio Di Stefano (Esteri), Nunzia Catalfo o Lorenzo Fioramonti (Lavoro e Sviluppo economico) e Fabiana Dadone (Interno). Sottosegretario leghista assai probabile è il bresciano Guido Bonomelli, direttore generale di Infrastrutture lombarde. Potrebbe essere destinato ai Trasporti. Tra i sottosegretari salviniani, assai probabile il leader della Lega ligure Edoardo Rixi. Altro tema che suscita riflessioni in casa Lega, sono i sottosegretari al ministero dell’ Interno. Salvini vorrebbe accanto a sé i fidatissimi Stefano Candiani e Nicola Molteni. Il problema è che Candiani, navigatore esperto, sarebbe assai utile come capogruppo in Senato, dato che Gian Marco Centinaio è diventato ministro. Lo stesso problema esiste alla Camera, in quanto Giancarlo Giorgetti è il nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Il suo sostituto potrebbe essere Riccardo Molinari. Una partita simile agita anche il Movimento, che dovrà decidere chi prenderà il posto sia di Giulia Grillo sia di Danilo Toninelli. La coincidenza è tecnicamente perfetta. Il governo Conte si è appena insediato e il 30 giugno prossimo scadrà il Consiglio di amministrazione Rai presieduto da Monica Maggioni con la direzione generale di Mario Orfeo. Il 7 maggio è stato approvato, correttamente nei tempi, il bilancio 2017 con un utile di 14,3 milioni di euro. Intanto, il 31 maggio sono scaduti i termini, aperti il 30 aprile, per depositare in Parlamento le candidature per il futuro Consiglio a sette membri, con le nuove regole: due eletti dalla Camera, due dal Senato, due designati dal Consiglio dei ministri su proposta del ministero dell’ Economia (azionista di maggioranza assoluta della Rai) e uno eletto dall’ assemblea dei dipendenti Rai. Un governo nuovo di zecca che deve indicare subito i futuri vertici della tv pubblica: si dice da decenni che la Rai è lo specchio della politica italiana, e stavolta ci sono persino i tempi ideali. La posta in gioco per il Movimento 5 Stelle e la Lega è alta: dovranno dimostrare nei fatti, dopo anni di polemiche con viale Mazzini, che il servizio pubblico non va politicamente occupato, che la lottizzazione deve essere archiviata per sempre, che l’ essenziale è badare alla qualità, alla serietà, agli ascolti, ai bilanci, alla libertà di espressione. Lo sappiamo, un conto è contestare dall’ opposizione, altra faccenda è governare e decidere. Ma la Rai rappresenta un eloquente termometro per misurare le intenzioni del nuovo esecutivo: verranno scelti uomini e donne di «sicuro affidamento», magari pronti a qualche resa dei conti con dirigenti e conduttori, o si opterà per professionisti indipendenti che dovranno rispondere solo agli interessi di un bene collettivo quale è, piaccia o meno, la Rai? Domanda legittima, visto che gli italiani pagano il canone.
I pagamenti digitali? Solo due su dieci
Corriere della Sera
A. Pu.
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MILANO Solo due pagamenti su dieci, il 20%, in Italia avviene in forma digitale: la metà della media europea. Malgrado la diffusione delle carte di credito, di debito e delle app per pagare direttamente dal telefonino. Il Regno Unito arriva al triplo, il 65%; il Nord Europa al quadruplo, l’ 80%, ha calcolato lo studio Ambrosetti. Avanza persino la Cina, dove madri ipertecnologiche sono state filmate mentre danno la paghetta ai figli sullo smart-phone. La testimonianza sarà proiettata alla terza Digital experience week, «Una vita senza contanti», ospitata nella sede milanese della Banca d’ Italia. La manifestazione si apre lunedì 4 giugno e proseguirà fino al 7 giugno al museo della Scienza e della tecnica con laboratori e convegni, organizzata da Mf-Milano Finanza (Class Editori). Quattro giorni dedicati all’ innovazione «no cash» di cui parleranno banchieri, esponenti delle fintech e imprenditori. Fra i temi, la gestione dei risparmi con i robot, le emergenti challenger bank, i bitcoin e la blockchain. Fra i relatori, Paolo Bertoluzzo (amministratore delegato di Nexi, ex CartaSi) e Pietro Sella (amministratore delegato del Gruppo Sella), Gianfranco Torriero (vicedirettore generale dell’ Associazione bancaria italiana) e lo storico della moneta Alex Ricchebono, Paola Giucca (direttore principale del Servizio supervisione sui mercati e sul sistema dei pagamenti della Banca d’ Italia) e Marco Costantini (capo Innovazione in Intesa). «Non è casuale la scelta dell’ apertura della Digital Week in Banca d’ Italia, dove c’ era la ricevitoria per le banconote – dice Paolo Panerai, amministratore delegato di Class Editori -. Passare dai soldi in contanti alle carte di credito e al telefonino è un cambiamento di religione. Oltre che dalla Cina avremo reportage da Nuova Zelanda, Svezia, California». «Nexi sta investendo un miliardo di euro in tecnologia – dice Bertoluzzo -. Il mercato dei pagamenti digitali sarà sempre più affollato: è fondamentale trovare spazi di collaborazione». Concorda Pietro Sella: «Con la collaborazione tra banche, fintech, startup e imprese, i pagamenti saranno sempre più veloci, come nel caso dei bonifici istantanei». Secondo l’ Abi, l’ anno scorso più di nove milioni di clienti hanno avuto accesso ai servizi bancari con lo smartphone, + 31% dall’ anno precedente.
“La confessione” di Peter Gomez vince il TvTalkAwards
Il Fatto Quotidiano
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“La confessione”, la trasmissione condotta da Peter Gomez in onda su Nove, si è aggiudicata il premio per il miglior nuovo programma d’ informazione 2017/2018 dalla giuria dei giornalisti specializzati per i #TvtalkAwards. Il format, scritto dal direttore de ilfattoquotidiano.it con l’ autore e giornalista Luca Sommi, è arrivato nella prestigiosa finale dell’ autorevole trasmissione di critica televisiva Tv Talk (in onda il sabato alle 14:55 su Rai3) insieme a Belve di Francesca Fagnani (altro programma in onda su Nove), Propaganda Live con Diego Bianchi (su La7 e vincitore per i social) e Non è l’ Arena con Massimo Giletti (sempre su La7). Sia La Confessione che Belve sono programmi realizzati da Loft Produzioni, il ramo aziendale dell’ Editoriale Il Fatto, per il gruppo Discovery (trasmessi sul canale 9 del digitale terrestre e sul canale 145 di Sky). Entrambi hanno avuto un ottimo riscontro tra il pubblico e tra i critici, conquistandosi, spesso, le aperture dei magazine online dedicati al piccolo schermo. Due trasmissioni che saranno di nuovo in onda il 6 giugno in seconda serata con l’ intervista di Gomez all’ attrice Anna Falchi e una super ospite, ancora da svelare, per Fagnani che ripartirà il 15 giugno.
“Mattino”, la sede diventerà un outlet
Il Fatto Quotidiano
Vincenzo Iurillo
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Una delle ragioni del licenziamento in tronco di Alessandro Barbano dalla direzione de Il Mattino di Napoli, edito come Il Messaggero dal costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone, è in un documento che Il Fatto è in grado di rivelare. Si tratta della disposizione dirigenziale 297 del 9 marzo 2018 del Comune di Napoli. Un “permesso di costruire per un intervento di ristrutturazione edilizia” che renderà il palazzo di quattro piani di via Chiatamone 65, un immobile elegante nel salotto buono di Chiaia, il punto di riferimento di un piccolo centro commerciale con parcheggio interrato. Un’ operazione immobiliare lecita e autorizzata. Ma che finirà per minare l’ identità di un giornale che è ospitato lì da 55 anni, dal 1962, e che faticosamente provava a mantenere una leadership nel dibattito nazionale sulle questioni del Mezzogiorno. Per effetto di questa licenza, Il Mattino è destinato a essere “deportato” al Centro Direzionale, dove si trova anche il Palazzo di Giustizia, ma che di sera si svuota. E così finirà un pezzo di storia di Napoli, nel silenzio generale della città. Barbano si era opposto, a questo come agli altri tagli e impoverimenti annunciati dall’ editore, determinato a trasformare Il Mattino in una filiale del Messaggero. Dall’ altro ieri non rappresenta più un ostacolo. Nel permesso di costruire, rilasciato dopo il versamento di quasi 114 mila euro di oneri concessori, che impone di iniziare i lavori entro un anno, si legge che “la ristrutturazione edilizia del piano terra ed ammezzato (attualmente ad uso produttivo) in una unità immobiliare adibita a commercio al minuto e contestuale realizzazione di autorimessa pertinenziale al piano interrato a servizio dell’ attività commerciale. () I piani superiori dell’ edificio (1°, 2° e 3°) destinati alle attività di redazione ed organizzazione gestionale del quotidiano Il Mattino saranno stralciati dalla parte commerciale oggetto d’ intervento. Detto intervento, comporta anche il frazionamento della porzione oggetto d’ intervento dal complesso dell’ edificio”. Il richiedente è Marco Torosantucci, rappresentante legale di due finanziarie che fanno parte del Cda di Caltagirone spa. Va ricordato infatti che il palazzo di via Chiatamone, che Caltagirone rilevò nel 1997 dal Banco di Napoli, è confluito in una delle società satelliti del gruppo. La proprietà dell’ edificio non è più nei bilanci del Mattino, relativi a un’ altra società che contiene solo la testata e i 52 giornalisti sopravvissuti ai tagli feroci degli ultimi anni, e che lamenta passività di 3 milioni di euro. La sede della redazione rappresenta un costo iscritto a bilancio del quotidiano. Un fitto di 600 mila euro annui per uffici ospitati solo al terzo piano. Gli altri si sono svuotati nel tempo. La società che possiede il palazzo di via Chiatamone è la stessa proprietaria della Torre Francesco al Centro Direzionale. Il Mattino andrà a occupare entro ottobre gli ultimi due piani, la vecchia sede dell’ Agcom lasciata sfitta. I costi si ridurrebbero a 250 mila euro. Ma sono tutti passaggi di denaro all’ interno dello stesso gruppo. E intanto il più appetitoso immobile di via Chiatamone si libererà del tutto.
L'articolo Rassegna Stampa del 03/06/2018 proviene da Editoria.tv.